venerdì 24 maggio 2013

«Io, chirurgo, torno ad operare in sedia a rotelle»


Tornare a occupare la propria posizione lavorativa dopo un trauma, un incidente che lascia strascichi sul corpo o sulla mente, è per alcuni la realizzazione di un sogno. Quasi quell’evento rappresentasse una cesura tra il passato e il futuro che appare, soprattutto nelle prime fasi della riabilitazione, oscuro e inesistente. Eppure qualcuno riesce a coronare questa aspirazione. Come è accaduto il 28 aprile 2013 a Gianluca Toniolo, 56enne pisano autore del libro autobiografico Una vita in un attimo (http://www.pacinieditore.it/?p=13040): «Dopo 3 anni dall’incidente stradale (avvenuto a giugno del 2010, n.d.r) sono tornato in sala operatoria», racconta, «non per subire un altro intervento ma per eseguirne uno. Sono un chirurgo coloproctologo ed endoscopista presso l’Azienda ospedaliero universitaria di Pisa e opero da una sedia a rotelle».

Gianluca, con caparbietà, è riuscito in qualcosa che purtroppo per altri è stato impossibile, tornare al suo lavoro. Troppo volte sottovalutato, il reinserimento lavorativo ha un grande effetto riabilitativo: spinge a tentare nuove vie e nuove soluzioni, fa sentire indipendenti, fa riacquistare quella posizione nella società che spesso si pensa perduta. «Dietro quella scrivania in ambulatorio, in sala endoscopica o in sala operatoria, come per magia, mi dimentico dei miei problemi. Quando, con il camice bianco, percorro i lunghi corridoi o passo tra i letti dei pazienti mi dimentico delle mie ruote, anche se ancora ogni tanto – come diceva Gaber – di nascosto, vorrei vedere l’effetto che fa», prosegue Toniolo. «Ma forse la risposta me la sono già data: mi sono accorto “stranamente” che questa condizione  porta con se un’“aumentata sensibilità” e avvicina il paziente creando una sintonia speciale».

«Il passaggio da paziente a nuovamente medico mi è costato tanta fatica: dovevo recuperare l’autostima e la sicurezza indispensabili per essere io nuovamente di aiuto agli altri… Forse ancora più di prima sento vicine la sofferenza e il dolore perché ora fanno parte anche della mia vita e senza inutili protagonismi cerco di avvicinarmi al malato in punta di piedi (o di ruote…)», confessa il chirurgo. Un lungo percorso non certo privo di ostacoli. In primis quelli psicologici: «risalire dal fondo delle mie paure, dalla consapevolezza di limiti fisici evidenti non è stato facile».

Una bella storia in cui colleghi e l’azienda sanitaria si sono battuti a fianco del medico per fargli recuperare la sua professione sia abbattendo gli impedimenti burocratici-amministrativi sia acquistando una sedia particolare che consente al medico all’occorrenza di operare da in piedi. Un bell’esempio di come la persona con disabilità non sia considerata un vuoto a perdere, ma una risorsa da reinserire in organico. Una bella speranza in un momento in cui il lavoro è, sì, una chimera per tutti, ma lo è ancora di più per le persone con disabilità che secondo il rapporto Anmil presentato nel 2012 sono i più penalizzati nell’inserimento lavorativo: gli uomini disabili occupati sono solo il 29%, mentre le donne non superano l’11%.

di Simone Fanti


8 maggio 2013

FONTE: invisibili.corriere,it
http://invisibili.corriere.it/2013/05/08/io-chirurgo-torno-ad-operare-in-sedia-a-rotelle/


Una storia bellissima, che ci insegna una volta di più quelle che sono le possibilità delle persone con disabilità, in tutto e per tutto simili a quelle delle persone "normalmente" abili (e forse, aggiungo io, con un tocco di "sensibilità" in più), se messe nelle condizioni di poter lavorare come loro. Ed è bello vedere come i colleghi di lavoro di Gianluca nonchè la sua Azienda sanitaria, si sono battuti al suo fianco per fargli riavere il lavoro, con assoluta e totale fiducia nelle sue capacità di recupero. Un plauso va dato quindi anche a loro, per la loro amicizia, vicinanza e fiducia mai venute meno nei confronti dell'amico e collega disabile.

Marco

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