lunedì 27 settembre 2021

Convivere con la fibromialgia

Giovanna è una giovane mamma molisana che solo pochi anni fa ha scoperto di essere affetta da una sindrome che la costringe a convivere con il dolore ogni giorno. Su Facebook ha creato il gruppo “Fibro non ti temo”, per aiutare altri ad affrontare questa malattia.

Non ci si può sentire sempre stanca a vent’anni, non riuscire ad alzarsi al mattino, giorno dopo giorno, avere il corpo invaso da dolori costanti, fortissimi, senza trovare una ragione, una causa. «Pur non facendo grandi sforzi a casa o con i bambini, ero sempre affaticata, dolorante – mi racconta Giovanna, che oggi ha trentasei anni, occhi azzurrissimi, capelli biondi e un sorriso luminoso, solare, che non fa certo trasparire il suo malessere, anzi –. È iniziato tutto all’improvviso, con dolori simili, per farti capire, ma più forti, a quelli tipici di uno stato influenzale».

Giovanna a quei tempi ha 24 anni, è sposata da tre con Antonio e ha appena avuto la sua prima figlia, Francesca. Vivono a Boiano, in Molise.

«Iniziamo gli accertamenti, gli esami. Passavamo da uno specialista all’altro, anche fuori regione. Ma i risultati erano sempre tutti negativi… Sono stata anche ricoverata in ospedale. Quando mi hanno dimessa, pensavano che l’unica cosa che potessi avere era la sclerosi», ricorda Giovanna. Ma di nuovo, la diagnosi viene smentita dai risultati degli esami successivi. «I medici mi rimandavano via dicendomi: “signora, non sappiamo cosa lei possa avere”. Mi prendevano quasi per pazza! Al che, un giorno, ho guardato mio marito, sono scoppiata a piangere e gli ho detto: io non ce la faccio più, non voglio cercare più nulla».

Poi, nel 2014, un’amica le propone di farsi vedere da un professore di Iesi. «Mi sono detta, ne ho passate tante, facciamo anche questo. Dopo avergli elencato tutti i sintomi, tutti i fastidi, lui mi ha visitato usando i cosiddetti tender point, dei punti specifici del corpo che vanno “premuti” per costatare l’entità del dolore».

È così che, finalmente, Giovanna può dare un nome al suo malessere: fibromialgia, una sindrome attualmente considerata reumatica idiopatica e multifattoriale che oltre al dolore è caratterizzata da disturbi del sonno, causa, a loro volta, della stanchezza cronica. Il medico le prescrive dei farmaci che però hanno effetti collaterali debilitanti sul suo fisico. «Passano gli anni, e comincio a capire che l’alimentazione può aiutarmi. Ho dovuto eliminare la pasta, il riso, il pane, a porre attenzione alla lievitazione della pizza. Se mangio queste cose, non riesco ad alzarmi dalla sedia, i dolori invadono il corpo ancora di più, e sono come morta. Così, per i latticini…» racconta.
Giovanna nota che altri fattori incontrollabili influiscono sul suo stato fisico: il tempo, l’umidità, il ciclo mestruale. «Ad un certo punto, ho deciso di cambiare stile di vita. La mia forza è stata quella di capire che dovevo trovare il coraggio di affrontare il mio stato in maniera diversa, dovevo smettere di lamentarmi per il dolore e cercare il positivo in ogni cosa. Ogni giorno mi dò un obiettivo diverso: nel lavoro, in famiglia, nello sport. Per esempio, a ottobre scorso, mi sono iscritta in palestra e sono andata anche nel periodo invernale, quando il dolore è perenne. Malgrado il male che provavo, ho scoperto che alla fine dell’allenamento mi sentivo meglio, provavo benessere. Tutto parte dalla testa e dal cuore. Ho dovuto tirar fuori sia la mia forza mentale che fisica. Ho una famiglia e non posso abbattermi, rovinare la loro vita. Sono loro a darmi lo stimolo ad andare quotidianamente oltre il dolore».

Da questa esperienza personale, da questa malattia che le ha cambiato la vita, è nata l’idea di creare il gruppo Facebook “Fibro non ti temo”: «Io non sono nessuno, né un medico né una specialista, sono solo una fibromialgica ma penso che si possano usare i social per incoraggiarsi, per condividere, per dare a chiunque vive questa malattia la possibilità di non sentirsi solo e sperare».


di Tamara Pastorelli

22 luglio 2019

FONTE: Città Nuova

lunedì 20 settembre 2021

Inquinamento Elettromagnetico

L’inquinamento elettromagnetico è cresciuto in maniera inarrestabile, pericoloso e invisibile costituendo una minaccia pericolosa per la salute pubblica.

I campi elettromagnetici inquinanti sono milioni di volte superiori a quelli naturali. Con le installazioni e diffusione degli impianti di telecomunicazioni 5G gli effetti nocivi saranno preoccupanti e aggraveranno inevitabilmente i sintomi delle persone affette da elettrosensibilità (EHS).

Bisogna sensibilizzare tutti per fermare e dire STOP al 5G poiché gli effetti nocivi sono a breve e lungotermine con sintomatologia multiforme che colpisce il sistema nervoso centrale: microscosse, disturbi di memoria, disturbi del sonno, concentrazione, etc., etc. Disturbi metabolici, sistema immunitario, poiché il 5G sono una fonte di alte frequenze che interferiscono a livello energetico e su tutti i tessuti, cellule, organi con mutazioni del DNA. Gli effetti a lungo termine sono tumorali: tumori nel sangue, sistema nervoso centrale, etc. Soprattutto nei bambini che sono maggiormente soggetti a rischio di leucemie. Già i cellulari operano alla frequenza di 900 Mhz (oggi 1800) le radiazioni di questa lunghezza d’onda vengono assorbite dai tessuti, (figuriamoci cosa accadrebbe con il 5G). Sono già stati fatti studi sugli effetti pericolosi e nocivi dei campi elettromagnetici all’università di Nottingham (Inghilterra) sono state sottoposte a radiazioni (identiche a quelle emesse dal cellulare) le larve e si è notato che la divisione cellulare risultava accelerata, quindi, una crescita abnorme di cellule che sviluppa tumori cancerogeni.

Bisogna prendere atto che è un continuo proliferare delle malattie ambientali: elettrosensibilità (EHS), sensibilità chimica multipla (MCS) e patologie correlate. Le malattie causate dall’ambiente hanno messo in crisi la salute dell’ambiente e dei suoi abitanti; la maggioranza delle patologie dipendono dal logoramento del sistema immunitario provocato dal degrado ambientale e della incredibile diffusione di sostanze tossiche presenti nell’aria, acqua, cibo, inquinamento elettromagnetico, etc.

La medicina allopatica o “chimica di sintesi” non è più in grado da sola di affrontare le malattie provocate dall’inquinamento elettromagnetico e ambientale. Molti medici hanno ancora oggi una visione meccanicistica, nata con la scienza ai tempi di Cartesio e Newton, supportata dal pensiero scientifico dominante tuttora nella medicina occidentale che considera il corpo come una macchina che può essere analizzata e scomposta nelle sue parti. Fortunatamente, alcuni medici, incominciano ad avere una visione olistica, termine che deriva dalla parola greca “holos” e significa “intero” e cioè che tutti gli organi interagiscono con il TUTTO. Bisogna che i medici siano preparati in medicina ambientale, epigenetica, fisica quantistica, etc. È ormai superato il concetto che la salute dipende soltanto dalla genetica e si incomincia a parlare in termini di epigenetica, poiché l’ambiente in cui viviamo determina la nostra salute, abitudini, comportamento, stile di vita e abitudini alimentari.

Ogni singola cellula del corpo umano contiene nel DNA l’informazione globale del corpo e della mente, grazie alle quali riesce a comunicare e relazionarsi continuamente con il sistema cellulare. Siamo fatti di energia NON separabili tra fisico e spirito, tutto interagisce con il TUTTO e con TUTTI. La medicina in futuro dovrà orientarsi, più di quando non abbia fatto finora sul profilo metabolico individuale del paziente dal momento che NON esiste l’individuo normale o il quadro “normale”.

È così difficile comprendere che il 5G costituisce una seria minaccia per la nostra salute!?
Chiedetelo agli ammalati di elettrosensibilità, sensibilità chimica multipla, etc., quanta sofferenza procurano i sintomi molteplici delle suddette patologie oltre alla privazione delle relazioni sociali, perdita del lavoro, etc. I campi elettromagnetici e inquinamento ambientale sono una minaccia per l’equilibrio interno delle funzioni vitali (omeostasi) nel nostro organismo.

Come si può guarire dalle MALATTIE AMBIENTALI se si continua a inquinare e le condizioni ambientali persistono poiché nessuno tutela la salute dei cittadini?
Se le condizioni di inquinamento ambientali persistono i disturbi si cronicizzano e peggiorano nella misura in cui le nostre forze di adattamento vengono logorate dal continuo bombardamento degli inquinanti. Il continuo logorio di sostanze nocive fa crollare anche la resistenza delle persone più sane e robuste e sono destinate a cedere modificando anche le cellule e DNA. Il miglior PARTITO è quindi la PREVENZIONE che è la messa a punto per neutralizzare il più possibile lo stress ambientale. Oggi l’inquinamento elettromagnetico è talmente elevato che bisogna rafforzare e supportare il sistema immunitario con ottimi integratori per sostenere le funzioni di detossificazione dell’organismo. Altri danni che procura l’inquinamento ambientale sono le anomalie all’apparato riproduttivo, diabete di tipo due, etc.

Non dimentichiamo che stiamo parlando di malattie ambientali e che la salute è il nostro patrimonio e quindi è un nostro DIRITTO essere tutelati da chi dovrebbe far rispettare la COSTITUZIONE art. 32 e art 3. Va ricordato che il DIRITTO alla salute comporta anche il diritto alla salubrità ambientale e prevenzione al DIRITTO dell’integrità dell’individuo. La protezione della salute è stata inserita nella carta dei DIRITTI fondamentali dell’unione europea. Purtroppo!!! In Italia, il mancato riconoscimento delle malattie ambientali e violazioni dell’art. 32 ha fortemente danneggiato gli ammalati aggravando i sintomi per mancanza di cure detossificanti. Ci sono stati giovani morti per mancanza di cure che potevano essere curati e salvati. Colgo l’occasione per ringraziare Maurizio Martucci, Sara Cunial, Davide Barillari e tutti i medici, ammalati e tutte le persone impegnate attivamente per far riconoscere il diritto alla salute e tutela ambientale.


di Filomena Pavese

14 settembre 2021

FONTE: OrticaWeb

martedì 14 settembre 2021

Antonio Pizzarella e il suo calvario con il dolore neuropatico: «Non riesco più nemmeno a star fermo, cerco aiuto almeno per sopravvivere»

26 anni, già affetto da nevralgia del pudendo, gli è stata diagnosticata una sindrome dolorosa regionale complessa ora diffusasi in tutta la parte destra del corpo. Vana un’operazione subita a gennaio. Ha scritto agli amici: «Non posso né camminare né stare fermo, sono disperato»

Laddove non sono arrivate medicine, terapie e perfino una delicata operazione chirurgica, Antonio Pizzarella spera possa giungere la viralità dei social network. È a Facebook che il 26enne padovano, studi classici e una laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna, ha affidato la sua storia affinché possa incrociare lo sguardo della persona giusta: qualcuno che sia in grado di offrirgli una via d’uscita dal patimento.

Già affetto per lungo tempo da nevralgia del pudendo, è costretto a letto da quasi un anno e mezzo a causa di una sindrome dolorosa regionale complessa (Crps) diagnosticatagli a settembre 2020: una condizione di dolore neuropatico cronico gradualmente peggiorato di ricovero in ricovero fino a rendergli pressoché impossibile permanere in qualsiasi posizione e svolgere ogni tipo di attività.

Il male ha ormai raggiunto un’intensità tale da rendergli insopportabile anche solo indossare dei vestiti o coprirsi con un lenzuolo.

Una luce in fondo al tunnel sembrava essersi accesa il 15 gennaio, quando un luminare della materia era appositamente sceso dal Belgio per un intervento che si auspicava potesse essere risolutivo. Al contrario, il dolore, fino a quel momento localizzato nell’area pelvica, si è poi esteso all’intera parte destra del corpo.

L'appello

«Mi fa tanto male la faccia, la nevralgia si estende fino ai denti — ha scritto sabato ai suoi più cari amici in un messaggio successivamente diffuso su Facebook —. Sono disperato, nonostante il dolore lancinante oggi ho macinato chilometri in casa perché non potevo più stare fermo ma ormai non posso né camminare né stare immobile. Ormai è troppo avanti. Mi hanno aumentato i farmaci al massimo ma niente, e questa volta non fanno più effetto i vari integratori. La carnitina non fa più effetto da quando il nervo si è reincastrato. Non posso più sentire alcun suono».

Da qui la necessità di un immediato appello sul web: «Durante questo anno e mezzo Antonio e i suoi genitori ne hanno provate tante: visite in molti ospedali italiani, medici esperti in materia che hanno dato le loro opinioni a riguardo, psicologi e psichiatri l’hanno visitato per escludere una patologia mentale – ha raccontato un compagno di classe del liceo –. Le sue condizioni in questo momento sono critiche e cerca aiuto. Sia la sua famiglia che noi, i suoi amici, non sappiamo più cosa fare per aiutarlo. Abbiamo bisogno di voi. Abbiamo bisogno del “potere dei social”, ossia della condivisione, della possibilità che questo post diventi virale».

Due, in particolare, i profili che potrebbero determinare una svolta positiva nello stato di salute del 26enne, perlomeno dal punto di vista della riduzione della sofferenza (a questo link il nostro forum dedicato): «un medico che abbia l’idea giusta» oppure «una persona che come lui ha sofferto dello stesso dolore e che in qualche modo ne è uscita».

La cartella clinica a disposizione

Proprio a proposito di medici, piena è la disponibilità del ragazzo a fornire a chi ne farà richiesta la propria cartella clinica, «completa di ogni esame, operazione, i farmaci utilizzati in questi mesi, infiltrazioni, agopuntura, la terapia farmacologica che sta seguendo in questo periodo». L’indirizzo email di riferimento, autorizzato dallo stesso Antonio, è: jacoposalvatore.esposito@gmail.com.

«Mi dispiace dover rattristare le persone che mi sono affezionate condividendo la situazione tragica in cui mi trovo — ha scritto il diretto interessato tra i commenti del post — ma quella della condivisione, ammesso che esista qualcuno che possa aiutarmi anche solo a rendere il dolore sopportabile, è diventata la mia più grande speranza».

Per questo anche su Instagram sono state diffuse delle card in doppia lingua (italiano-inglese) pronte per essere rilanciate anche oltre i confini nazionali.

«Rientrare nei limiti della sopravvivenza»

«Perdere i miei anni migliori e accantonare i progetti che con tanto sacrificio stavo portando a termine è sicuramente un dramma – ci scrive Antonio, che non riesce più a parlare al telefono –. Queste cose però diventano molto piccole di fronte al fatto di chiedere solamente di poter sopportare il dolore. Non mi interessa la qualità della vita: mi basterebbe rientrare nei limiti della sopravvivenza, anche a letto o in qualsiasi posizione forzata».

Poi un messaggio di sensibilizzazione collettiva: «In Italia la Crps è ancora sconosciuta o quasi e viene mediamente diagnosticata con cinque anni di ritardo. Questo aumenta le probabilità non solo di rendere incurabile la nevralgia al pudendo, ma anche e soprattutto che insorgano, come nel mio caso, situazioni complesse apparentemente incurabili. Spero quindi che la mia esperienza possa fungere da monito per medici e familiari: occorre spingere le persone che sono all’inizio di questo calvario ad agire subito perché è tutta una questione di tempismo. Mai sottovalutare l’importanza di ascoltare e, parallelamente, di chiedere aiuto».


di Alessandro Vinci

7 settembre 2021

FONTE: Corriere della Sera