lunedì 21 settembre 2020

Giulia Centonze, la colletta delle amiche per curarla a Innsbruck: «Servono 100mila euro»

 

La studentessa 23enne è in stato di «minima coscienza» dopo un incidente stradale. La famiglia non può permettersi il ricovero nella clinica in Austria che potrebbe aiutare la ragazza. La sorella: «Sono disposta anche a fare l’elemosina»

Benedetta dice che «Se oggi tornasse a essere la Giulia di prima l’abbraccerei e le direi: bentornata, mi sei mancata tanto». Federica ricorda il bene che Giulia riusciva a dare a tutti, «c’era sempre, cercava di capire, di aiutare chiunque le ponesse un problema... vederla così è straziante». «Così» è in stato di «minima coscienza», per dirla con le parole dei medici. Giulia Centonze, 23 anni — vita e famiglia in provincia di Reggio Emilia, studentessa di psicologia con il sogno di diventare criminologa — il 3 maggio dell’anno scorso ha avuto un incidente. Per motivi che nessuno ha saputo ricostruire, ha perso il controllo dell’auto che guidava, è finita contro un’altra macchina e la sua vita si è ridotta al minimo. Lei c’è ma è un’altra Giulia quella che di tanto in tanto sorride dal suo letto d’ospedale, a Ferrara.

«Adesso tocca a noi»

La sua famiglia è in contatto con una clinica austriaca, ad Innsbruck, che ha già esaminato il suo caso, che ipotizza la possibilità di «piccoli passi avanti» e che sarebbe disposta a prenderla in carico. Le sue sorelle, Valentina e Serena, sono convinte che lì la sua situazione potrebbe davvero migliorare. Ma i costi per ricoverarla sono alti, inarrivabili date le condizioni economiche di casa Centonze. Così sono le amiche di Giulia a provare l’impresa. Federica, Benedetta, Gaia e Francesca — legate a lei dai tempi delle scuole medie — hanno deciso di aprire una pagina facebook per raccogliere fondi per le cure. «Adesso tocca a noi esserci» riassume Federica. «Vogliamo che niente resti intentato, lo dobbiamo a lei e alla nostra amicizia».

«Quel nodo che ci lega a Giulia»

Il gruppo si chiama "Quel nodo che ci lega a Giulia". Valentina, la sorella più grande, spiega che il nome viene da un regalo che proprio Giulia fece alle quattro amiche: «Era Natale del 2018. Mi chiamò e mi disse che per loro aveva pensato a un pensierino per tutte uguali: un anellino con un cuore annodato e un messaggio per raccontare quanto fossero speciali e legate l’una all’altra». Finora la raccolta fondi è passata dal conto bancario pubblicato sulla pagina facebook, nei prossimi giorni Benedetta, Gaia, Francesca e Federica lanceranno la raccolta con GoFoundMe, sperando «di riuscire ad aiutare lei e la sua famiglia a fare tutto quel che è possibile per vederla migliorare».

Quanto serve

«Per tre mesi nella clinica austriaca servono più di centomila euro» sospira sua sorella Valentina. «Noi siamo una famiglia modesta, molto unita. Giulia è la piccola di casa, aveva tanti sogni, tanto futuro davanti a sé e invece...». La voce è rotta dall’emozione e dal pianto. «Se servirà per vederla migliorare — promette Valentina — io andrò anche a fare l’elemosina, non mi vergogno a dirlo. Ogni tanto lei ci sorride, per noi è un modo per dirci: ci sono, sono qui. Non la lasceremo andare via».


di Giusi Fasano

30 agosto 2020

FONTE: Corriere della Sera


Per aiutare Giulia Centonze con un contributo:

IBAN IT49I0303266290010000399334
(Dopo il 49 c’è la i di Imola)

Intestatario: PATRIZIA OZZI

Causale: FONDO SOLIDARIETÀ CURE PER GIULIA.

lunedì 14 settembre 2020

Giò verso l'ultimo intervento ma servono altri 150mila euro


L'appello di mamma Erika: «Un'opportunità, ma c'è la paura di non farcela»
Donazioni dirette o acquistando dolci, biscotti, magliette e infine la raccolta tappi


di Paola Pilotto/Piazzola

Doppia sfida per il piccolo Giò: l'ultimo intervento per consentirgli di correre come gli altri bambini e 150mila euro per poterlo sostenere.
La data del nuovo intervento sarà il 23 marzo, sempre in Florida nella clinica del Dottor Paley, la St Mary's Medical Center di West Palm Beach dove Giovanni è già stato sottoposto in quest'ultimo anno a 3 operazioni. Nelle scorse settimane mamma Erika Molinarolo ha versato la caparra di 10mila dollari per confermare l'operazione chirurgica alla gamba destra di Giò, 3 anni e mezzo, affetto da emimelia tibiale. Mancano dunque 140mila euro per regalargli la normalità di giocare e correre come gli altri.
«L'emozione è grande nell'avere questa grande opportunità per nostro figlio» confessa mamma Erika rinnovando l'appello «ma altrettanta è la paura di non farcela. Sono con il cuore in mano, stretto in una morsa, tante lacrime, quello strascico di dignità che mi resta, e quell'accenno di sorriso che non posso perdere, a chiedere di aiutarci, di rendere possibile questo miracolo. Aiutateci a non perdere questa battaglia».
Niente asilo per Giovanni, quest'anno dove anche l'emergenza sanitaria è un grosso ostacolo per il sogno di raggiungere una normalità. La sua storia ha commosso tutti. Giovanni Piccolo è un bimbo dolcissimo, vivace, con due occhioni scuri che fanno una tenerezza unica. Dopo un primo intervento non riuscito in Liguria, la prospettiva era l'amputazione. Mamma Erika però non ci sta e smuove il mondo per trovare una alternativa dignitosa. Parte la raccolta fondi, vengono organizzati eventi e donazioni che in pochi mesi consentono di arrivare ad un obiettivo enorme: 400mila euro per sostenere 3 interventi in Florida dal luminare dottor Paley. Giò passa un anno oltreoceano assieme alla famiglia, entrando ed uscendo dalla sala operatoria per recuperare l'articolazione del ginocchio e 4 cm di lunghezza. Prima battaglia vinta, ma arriva il Covid che li blocca a Miami. Tornano in Italia a luglio e dopo un mese arriva la data del quarto, probabilmente ultimo intervento dove verrà affettuato l'allungamento, che attualmente ha una discrepanza di 6 cm. Inizia la nuova battaglia. Giò continua costantemente a fare fisioterapia in Italia con il suo paladino Federico Pierpaoli dell'Osteomed da sempre in contatto con i colleghi americani. Nei giorni scorsi la gambina però era dolente: ha dovuto fare i raggi e inviarli a Paley che ora è in Polonia: «Nessun ingranaggio si è spostato», ha assicurato il luminare, ma nel caso il dolore tornasse si devono fare le valigie per Varsavia. «Giovanni non si è più lamentato, speriamo continui così con la fisioterapia fino a marzo». Per aiutare Giovanni, ci sono i biscotti, la pasta, i cioccolatini, le magliette, le caramelle e la raccolta tappi. Oppure versamenti al conto corrente IT14G0760112100001045433644 intestato a Molinarolo Erika con la causale “Diamo il meglio a Giovanni”

Agosto 2020

FONTE: Il mattino di Padova


Come tante gocce formano il mare, ciascuno di noi può donare il proprio contributo al piccolo Giovanni, tanto desideroso di poter camminare e correre come tutti i bambini sani del mondo. Non facciamoci mancare la possibilità di fare questo grande Bene a questo bambino, che necessita, come scritto nell'articolo, di quest'ultima delicata, importantissima operazione.
Grazie di vero cuore a chi lo vorrà aiutare.

Marco

mercoledì 9 settembre 2020

La puntura di un tafano e la tua vita è sconvolta per sempre


Donata Rotondo colpita dalla Borrelliosi. Da Baldissero lotta per impedire che dilaghi

BALDISSERO E' bastata la puntura di un tafano a sconvolgere per sempre la vita di Donata Rotondo, nove anni fa. Aveva 56 anni. Era a letto. Lì per lì non diede molto peso a quel fatto. Non sapeva che stava iniziando la sua lotta contro una malattia subdola: la Lyme. Oltre a combatterla dentro se stessa, Donata Rotondo ha deciso di darle battaglia anche in campo aperto, raccontando cos'è e come la si può affrontare.
«Per il primo anno non mi sono accorta di essere stata infettata. Però mi sentivo strana, avevo sbalzi d'umore inspiegabili. Circa un anno dopo la puntura, ha iniziato a gonfiarmi un braccio e, nei giorni successivi, la stessa cosa è successa anche ad altre parti del corpo».
Non capisce di cosa si tratta fino a quando, un giorno, una dermatologa, da cui va per altri motivi, ha il sospetto che possa trattarsi di Lyme: identificata nel 1975 in una contea del Connecticut, negli Stati Uniti, è una malattia infettiva di origine batterica, provocata dalla Borrellia burgdorferi. Si trasmette in prevalenza attraverso il morso della zecca, ma altri vettori di contagio possono essere insetti come tafani, zanzare, pulci.
«Il problema maggiore di questa malattia è proprio la diagnosi: spesso i sintomi che provova vengono scambiati per altro e non si riesce ad intervenire quando è necessario farlo», racconta Rotondo.
Il primo classico sintomo della malattia è un eritema migrante, cioè un arrossamento della cute localizzato nella zona del morso, che però si presenta solo nel 30-40% dei casi, rendendo più complicata la diagnosi.
La signora Rotondo viene sottoposta al test per la Borrellia, a cui risulta positiva. Così inizia la terapia per contrastare la malattia.
La Lyme si manifesta attraverso febbre e sudorazione, problemi intestinali, dolori al collo e alle articolazioni e uno stato di malessere generale, che rendono difficile vivere una quotidianità normale. «Ma non solo: spesso ho anche mal di testa, pelle sensibile, soffro di amnesie e ho difficoltà di concentrazione – racconta – Mi sono poi rivolta all'Ospedale Maggiore di Trieste, dove sono stata ricoverata una prima volta a Natale del 2012 e una seconda nel 2015, quando ho scoperto dell'esistenza di possibili coinfezioni collegate alla Lyme».
Dopo i trattamenti comincia a stare meglio: «Non è stato facile, ero in continuazione sotto antibiotici: se non si debella la malattia, appena vengono smessi gli antibiotici, i sintomi possono ripresentarsi e c'è bisogno di un continuo confronto con il medico curante».
La battaglia con la malattia costringe anche a cambiare le proprie abitudini alimentari, per ridurre i rischi di complicanze da farmaci.
Adesso Donata Rotondo è nella fase di remissione della malattia: ha sconfitto le coinfezioni. «Sto meglio e conduco una vita dignitosa, prima non era vita. Anche se per due anni ancora i sintomi potrebbero ripresentarsi».
Per permettere ad altre persone di conoscere la malattia, ha creato su Facebook il gruppo “aggiornamento ricerche sul Lyme”, dove pubblica materiale informativo. Per saperne di più sulla Lyme, esiste inoltre l'Associazione Lyme Italia e coinfezioni, una rete di malati, familiari e professionisti sanitari che si occupa di sensibilizzazione (per informazioni: infoassociazionelyme@gmail.com, www.associazionelymeitalia.org o 338.18.43.725, il sabato in orario 10-13).
Sul sito dell'Istituto superiore di sanità , si legge che “la malattia di Lyme è oggi la più diffusa e rilevante patologia trasmessa da vettore con diffusione nelle zone geografiche temperate, ed è seconda, per numero di casi, solo alla malaria fra le malattie che richiedono un vettore artropode per la diffusione”. Rotondo sottolinea che ormai la Lyme è endemica su tutto il territorio italiano. «E il problema diventa più grave se si considera che le zecche sono in aumento: è necessario fare quindi attenzione e prendere le dovute precauzioni».
Ma è possibile prevenire la Lyme? «Purtroppo non esistono vaccini: si può solo cercare di evitare la puntura delle zecche». L'Associazione Lyme Italia consiglia, quando si fanno passeggiate in aree verdi, di usare repellenti per insetti sulla pelle scoperta, di indossare indumenti chiari per meglio individuare le zecche e coprire gambe e braccia.
E' inoltre utile camminare al centro dei sentieri e, al termine dell'escursione, controllarsi su tutto il corpo, dato che la presenza delle zecche non è percepita sulla pelle. «Se per caso si viene punti, è meglio non rimuovere da soli la zecca, a meno che non si sia esperti. Conviene recarsi al pronto soccorso e poi far analizzare la zecca: a Torino ci si può rivolgere all'istitutozooprofilattico per capire se è infetta».

di Vladimire Labate


Dall'eritema migrante ad artriti, cefalee e disturbi neurologici

Dr. Maria R. D'Alterio

La malattia di Lyme o Borrelliosi, è causata dal morso di una zecca infettata da un batterio detto Borrelia Burgdoferi. L'infezione, nell'uomo, procede attraverso vari stadi che si manifestano con un'eruzione cutanea: eritema migrante, artriti, artralgie o mialgie migranti, rigidità o dolore del collo; problemi neurologici: sensazione di “annebbiamento”, amnesie, difficoltà di concentrazione, cefalea, parestesie, paralisi facciale, meningite, neurite multipla, encefalite, sintomi neuropsichiatrici; cardiologici: arresto cardiaco, pericardite; oculari: uveite. cheratite. L'eritema migrante, che ricorda la forma di un bersaglio, costituito da cerchi concentrici di zone più rosse alternate a zone di cute più chiara, è la reazione della pelle caratteristica della malattia e si manifesta dopo il morso della zecca. Purtroppo questa lesione non sempre è presente, notata o riconosciuta.
Può comparire da 1 settimana a 3 mesi dopo il morso e perdurare per diverse settimane. Non provoca prurito, né calore, né dolore.
La diagnosi della malattia di Lyme si fa attraverso un test a elevata sensibilità, l'Elisa. Quando il risultato è positivo o dubbio, si approfondisce con un altro test, più specifico, l'Immunoblot. In caso di conferma, si procede con la terapia. Doxiciclina o amoxiciclina per almeno 3 settimane sono gli antibiotici maggiormente efficaci.
La prevenzione delle punture delle zecche è l'arma più valida per proteggersi dalla malattia di Lyme. E' consigliabile usare spray repellenti da spruzzare su pelle e abiti quando ci si avventura, maggiormente in primavera ed estate, in zone boscose, tra l'erba alta, in prossimità di corsi d'acqua dove si abbeverano gli animali selvatici che possono trasportare questi insetti.
Al rientro dalle escursioni, è bene controllare abiti e scarpe. Ispezionare accuratamente il corpo durante la doccia e contattare il medico in caso di presenza di zecche, di comparsa di lesioni eritematose a/o di febbre e malessere generale.


25 aprile 2019

FONTE: Corriere di Chieri