giovedì 25 giugno 2015

«Sto malissimo, vivo dentro un'auto. Fatemi curare»


L´APPELLO. Cinzia Pegoraro, 44 anni, affetta da MCS, una malattia rara.

La sindrome è all´ultimo stadio: dolori fortissimi: «Servirebbero 30 mila euro, in Inghilterra esiste un centro specializzato e la cura dà ottimi risultati»

«Non ce la faccio più. Sono costretta a dormire in auto con un collare a causa di forti dolori alla testa. Sono all´ultimo stadio. Ogni agente chimico mi distrugge; da Caldogno mi sono spostata a Tonezza, ma è sufficiente il fumo di una stufa a cherosene per farmi svenire. Sto impazzendo e chiedo aiuto. Voglio solo avere la possibilità di curarmi, come altre pazienti con la mia malattia hanno potuto fare in Inghilterra».
Si sfoga Cinzia Pegoraro, 44 anni, affetta da MCS, Sensibilità Chimica Multipla. Una malattia rara che le impedisce di vivere a stretto contatto con la maggior parte delle sostanze chimiche che ci sono nell´ambiente: dai detersivi a tutti i preparati cui possono essere trattati mobili, pavimenti ed altre suppellettili. Non può entrare in ospedale, viaggiare su un tram. In sostanza le è precluso il mondo e quindi anche l´esistenza. La malattia avanza e le fa perdere le forze, i dolori si fanno insopportabili. «Sfido chiunque a vivere in queste condizioni - prosegue - e non sono sola. Altre pazienti sono riuscite a raggiungere l´Inghilterra dove sono state curate con vaccini disintossicanti e ora stanno meglio. Vorrei avere questa possibilità. Per la mia vita, per le mie figlie. La Regione Veneto doveva dotarsi di un centro contro le malattie rare, ma ci sono state solo promesse». Di Cinzia Pegoraro si è occupata anche la parlamentare del Partito democratico, Daniela Sbrollini. «La seguo da alcuni anni, la sua è una sindrome multi-sistemica di intolleranza ambientale totale alle sostanze chimiche, che può colpire vari apparati e organi del corpo. Per questo -  aggiunge Sbrollini - voglio rivolgere un forte appello a tutta la sanità veneta perché venga al più presto istituito un centro che possa occuparsi con competenza dei pazienti e trattare questa complessa malattia. Anche il Veneto deve rispondere. Venne promessa una struttura quando ci fu il riconoscimento ufficiale dell´MCS. Cinzia è una ragazza coraggiosa e va sostenuta nella sua battaglia». «Cambierebbe tutto se in Veneto ci fosse un centro di cura, però con la stessa dotazione che esiste in Inghilterra o in America. Nessuno psicofarmaco, bensì vaccini disintossicanti per proseguire una vita normale. Mi rendo conto - aggiunge Cinzia Pegoraro - che la spesa è notevole, ma Mariella Russo siciliana e Federica Cannas della Sardegna sono riuscite ad arrivare in Inghilterra. Una di loro non riusciva più a mangiare, aveva problemi a camminare, ora sta meglio. Perché non posso avere anch´io questa possibilità? Perchè non vengo trattata come tutti i malati?». Domande a cui è difficile rispondere, ma il suo appello è chiaro. «Da sola non ce la farò mai - prosegue - chiedo un aiuto concreto alla Regione, allo Stato, a chiunque mi voglia dare una mano. Posso solo aggrapparmi a questa speranza, ma vorrei fosse qualcosa di più di un sogno. C´è pur sempre una vita in ballo». Quelle inglesi sono cure costose ed è necessario organizzare anche un viaggio che solitamente lo Stato mette a disposizione, ma non a titolo gratuito.
«Sto chiedendo aiuto a molti - conclude l´on. Sbrollini -. Vorrei iniziare in questi giorni una raccolta fondi».

di Chiara Roverotto

8 giugno 2015

FONTE: Il Giornale di Vicenza

giovedì 18 giugno 2015

Ha una malattia rara, «L'Asl autorizzi le cure per la nostra cliente»


BARLETTA - Un’odissea. Una battaglia contro una malattia rara e contro la Asl di Barletta Andria Trani che «si ostina a non coprire le spese mediche». Una donna che potrebbe ricevere ulteriori e gravi ripercussioni. Insomma una situazione che merita attenzione. Massima. A raccontare i particolari di questa triste vicenda gli avvocati Roberto Cao, del foro di Cagliari, e Francesco Mazzola, di Trani, rappresentati legali della donna barlettana affetta da questa malattia che per ovvie ragioni non citiamo. Lei ha già speso circa novantamila euro. Ma ora i soldi sono finiti. «La signora è gravemente malata essendole stata diagnosticata la MCS ovvero Sensibilità Chimica Multipla e la Sindrome da Stanchezza Cronica associata ad Elettrosensibilità», scrivono gli avvocati.

«Chi è colpito da tale patologia deve stare assolutamente lontano da tali fonti d'inquinamento, conducendo una vita totalmente ritirata con evidenti ripercussioni depressive e le patologie sono state diagnosticate dal prof. Giuseppe Genovesi dell'Umberto I di Roma, referente per il Lazio per la diagnosi e cura della MCS - hanno proseguito gli avvocati -. La MCS pur essendo riconosciuta in molte nazioni del mondo (Germania, Spagna, Austria, Danimarca) non è riconosciuta in Italia dal Servizio Sanitario Nazionale, pur giacendo in Parlamento ben due disegni di legge per il suo riconoscimento ma a livello regionale, peraltro, la patologia è riconosciuta da alcune regioni, come la Puglia».

«La nostra cliente, difatti, ha trovato grande giovamento dalla immunosensibilizzazione a basso dosaggio, praticata presso il Breakspear Hospital di Londra, pagando di tasca propria le relative spese, circa 90mila euro in pochi anni - hanno continuato gli avvocati -. Pertanto, avendo esaurito le proprie disponibilità finanziarie ed essendosi autoridotta le indispensabili cure (i cui benefici sono stati accertati e certificati dallo stesso prof. Genovesi), ha fatto istanza alla Asl Bt affinché tali spese fossero coperte dal Servizio sanitario regionale».

«È opportuno sapere che, in almeno due casi, la Regione Puglia aveva già autorizzato malati di MCS al trattamento presso il Breakspear con la maggior parte delle spese a carico della Regione. Sennonchè, la Asl Bt si è rifiutata illegittimamente di autorizzare le cure all'estero della nostra cliente sostenendo l'esistenza di analoghi centri di cura in Italia, tra cui, ironia del tutto involontaria, quello del professor Genovesi che consigliava proprio le cure al Breakspear in ragione dei grandi miglioramenti ottenuti - hanno evidenziato gli avvocati -. La nostra cliente ha presentato due distinti ricorsi d'urgenza ma entrambi, purtroppo, nonostante numerosi precedenti favorevoli, anche di Tribunali pugliesi, non sono stati accolti. In particolare, il secondo ricorso è stato rigettato con condanna alle spese della cliente, la quale è dunque tenuta a pagare la somma di euro 1.200 oltre oneri alla Asl Bt, la quale ha sostenuto nella propria difesa che la ricorrente ingolfasse "il carico giudiziario con iniziative il cui esito appare già segnalato" per cui "probabilmente una condanna al pagamento delle spese di lite potrebbe servire da deterrente in futuro"».

«La nostra cliente è stata ulteriormente costretta a presentare due distinti reclami che verranno discussi entrambi il 13 gennaio e i giudici relatori sono gli stessi che hanno rigettato i ricorsi, stante il numero esiguo di magistrati della Sezione lavoro - hanno rimarcato gli avvocati -. Nonostante la grandissima fiducia nel lavoro della magistratura, si ha timore di un risultato ulteriormente negativo che farebbe sprofondare nella più nera disperazione la nostra cliente in quanto sarà costretta ad abbandonare le cure sino ad ora eseguite all'estero, con una progressione fatale della sua patologia».

La conclusione di Cao e Mazzola: «La Asl Bt insiste, contro ogni evidenza, nell'inesistenza della patologia, citando una deliberazione della Regione Veneto, successivamente smentita dal riconoscimento della stessa MCS come patologia rara propria in questa ultima Regione».

di Giuseppe Dimiccoli

10 gennaio 2015

FONTE: Lagazzettadel mezzogiorno.it
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/homepage/affetta-da-malattia-rara-la-asl-autorizzi-le-cure-per-la-nostra-no782862

sabato 13 giugno 2015

Marco e gli altri: quei bambini disabili gravissimi strappati all'ospedale

Otto anni, nato in un campo rom, ha una encefalopatia progressiva: non parla, non piange, non si muove. È rimasto per un anno al Bambin Gesù prima che una comunità (Casa Betania) fosse disposta ad accoglierlo. Aprendo la strada ad altri casi “irrecuperabili” come il suo

ROMA - Marco non parla, non piange, non si muove. Ma è un bambino forte, che suscita coraggio e domande in chi ogni giorno si prende cura di lui. Forte non solo perché dopo pochi mesi dalla sua nascita, presso il campo rom di via di Salone a Roma, i medici gli avevano dato - a causa della grave encefalopatia progressiva di cui è affetto - sei mesi di vita e, invece, tra un mese Marco compirà otto anni.
Abbandonato dalla sua famiglia, è restato quasi un anno ricoverato presso il reparto di terapia intensiva dell’ospedale “Bambin Gesù” di Palidoro, prima che si riuscisse a individuare una comunità disposta ad accoglierlo. Il 16 giugno 2008, dopo che il Tribunale per i Minorenni ne ha dichiarato lo stato di adottabilità, si sono aperte per Marco le porte di "Casa Betania", casa famiglia socio-assistenziale per minori con disabilità e in stato di abbandono, dove tuttora abita.

Marco non ha alcun tipo di autonomia, ha un ventilatore meccanico che lo aiuta a respirare nei momenti di maggiore fatica, soprattutto nel sonno. Ma crediamo che anche i bambini come Marco abbiano tutto il diritto di non vivere in una corsia ospedaliera: è possibile e auspicabile infatti accogliere bambini disabili gravi in una casa famiglia, dove l’affettività, l’intimità, le cure personalissime da parte di operatori professionali permettono a questi bimbi di sentirsi amati e di avere delle evoluzioni cliniche e generali inaspettate
, spiega Marco Bellavitis, responsabile de L’Accoglienza Onlus, che, in oltre 20 anni di attività, a partire dall’esperienza di "Casa Betania", ha ospitato 19 minori affetti da grave disabilità e oggi gestisce tre case famiglia, per un totale di 15 bambini e ragazzi disabili (cinque per ciascuna casa).

Ma come si fa a capire quali sono i bisogni di una persona come Marco? “E’ stato lui stesso a indicarci la strada - ci racconta Flavia, la referente operativa della piccola casa dove vive Marco -, nel senso che abbiamo imparato a decodificare le sue esigenze attraverso l’osservazione di ogni suo minimo segnale. Ad esempio, dopo il bagnetto il piccolo riesce a respirare in maniera autonoma per qualche minuto e, quindi, questo momento è per lui estremamente piacevole e di relax. Il contatto fisico, come appunto prendersi cura del suo corpo, è la chiave per entrare in relazione con lui. Ci sono anche degli specifici parametri medici, come quello della saturazione, che ci fanno capire il suo stato; ma, in definitiva, ogni giorno percepiamo e sperimentiamo un amore che sappiamo che lui sente”.
Ma la condizione sanitaria di Marco impone, anche ogni mese, decisioni difficili da assumere insieme al tutore e ai medici dell’ospedale che lo hanno in cura, prese “tenendo al centro la dignità della vita”. “Mi piace immaginare che se Marco potesse parlare ci direbbe: "qui mi sento riconosciuto, sento che le mie esigenze vengono ascoltate". Credo che il senso della nostra accoglienza sia l’accompagnare, l’andare insieme a Marco, sia pure verso la morte”, riflette Bellavitis.

Intanto però la vita di Marco ha fatto da apripista: ha permesso l’accoglienza di altri bambini con situazioni meno complesse ma comunque gravi: “Se non avessimo incontrato Marco, non saremmo stati in grado di accogliere poi altre realtà, superando anche certe nostre paure”.

di Carmela Cioffi

10 giugno 2015

FONTE: Redattoresociale.it
http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/485350/Marco-e-gli-altri-quei-bambini-disabili-gravissimi-strappati-all-ospedale


Meno male che esistono luoghi e persone che si occupano di casi gravissimi come quelli di Marco..... e se non ci fossero queste persone, questa case famiglia come "Casa Betania", cosa sarebbe di loro?
Un enorme senso di riconoscenza si apre nel mio cuore verso tutti coloro che si adoperano per dare assistenza e Amore a questi ragazzi. Grazie, grazie di vero cuore per tutto quello che fate !!!

Marco

domenica 7 giugno 2015

Gerardo, padre di una ragazza con 3 malattie rare, ha un disperato bisogno di lavorare per sostenere la sua famiglia!

Mi chiamo Gerardo Giovine, abito a Muggiò (MI), non lontano da Monza e sono il padre di una ragazza affetta da tre malattie rare: esattamente agenesia del corpo calloso, olopronsencefalia, e diabete insipido adispico. Le prime due patologie sono due malformazioni cerebrali e delle due, la seconda è la piu pericolosa perche Giulia non trattiene i liquidi perciò è a costante rischio di disidratazione.
A questo si aggiunga che Giulia soffre anche di microcefalia e ha i trigliceridi costantemente alti.
A causa della crisi ho perso il lavoro e sono fermo da un paio di anni. Mia figlia non è autosufficiente e va accudita giorno e notte: la mamma non può separarsi mai da lei. Inoltre la ragazza assume farmaci salvavita che vanno somministrati con regolarità, oltre al fatto che bisogna assicurarsi che beva molta acqua sennò, a causa della sua patologia, si può disidratare e rischiare addirittura la vita. Io non voglio soldi o donazioni. Io chiedo solo di poter fare quello che so fare e che ho fatto con coscienza tutta la vita: lavorare per mantenere la mia famiglia!
Io ero muratore, ma per crearmi altre opportunità, in questo periodo, mi sono anche messo a studiare ed attraverso Corsi di specializzazione, ho conseguito il  patentino per la guida del muletto ed attestati  per il montaggio e smontaggio ponteggi, per la bonifica dell’amianto e  per lavorare sulle gru. Sono pronto per qualsiasi lavoro da subito e disponibile anche a viaggiare e peraltro rientro nella categoria di lavoratori per cui l’Azienda che mi dovesse assumere potrà usufruire di agevolazioni.
Qualsiasi genitore vive per i suoi figli e sapere di non poter assicurare a Giulia, così si chiama la mia bambina (perché è per noi ancora una bambina) le cure necessarie per un'esistenza dignitosa, è un dispiacere che mortifica l’anima e ti logora profondamente.
Mia figlia è comunque, nonostante le sue difficoltà, una ragazza allegra e ha voglia di vivere e, credetemi, chi l’ha conosciuta  dice che la sua simpatia e la sua allegria sono assolutamente contagiose. Ecco, io più di ogni altra cosa  vorrei che Giulia non perdesse mai il suo sorriso e la voglia che ha di stare con gli altri.
Vi ringrazio con la speranza che da qualche parte ci sia una via d’uscita.
Grazie,

Gerardo Giovine

Per contattare Gerardo scrivere a: giovine.gerardo15@libero.it



Mi è giunto questo importante appello che riporto immediatamente sul mio blog.

Gerardo, padre di Giulia, una ragazza affetta da ben 3 malattie rare (per lei è stata aperta una pagina su Facebook:
"Insieme per Giulia"), non chiede soldi, ma vuole solamente lavorare, lavorare per guadagnare onestamente il necessario per poter mantenere la sua famiglia, nella delicata situazione in cui si trova. Chiunque potesse e volesse aiutarlo non esiti a scrivergli all'indirizzo e-mail sopraindicato.
Grazie di vero cuore.

Marco