lunedì 31 maggio 2010

La Fibromialgia

La parola fibromialgia (FM) deriva dal latino fibra, che sta a indicare i tessuti fibrosi (come tendini e legamenti), e dal greco myo (muscolo) unito ad algos che significa “dolore”.

Nel passato, ovvero fin dai primi dell'Ottocento, la fibromialgia era già nota ma con altri nomi. Nel 1904, per esempio, essa venne chiamata fibrosite da Gowers, sottolineandone, così, l’aspetto legato a supposti fenomeni di tipo infiammatorio. William Richard Gowers, descrivendo una forma bizzarra di lombalgia dei giovani adulti attribuita a un’infiammazione del tessuto fibroso delle masse muscolari, coniò il termine di “fibrosite”, ipotizzando l’origine flogistica (infiammatoria) della malattia. Nel Dopoguerra ci si rese conto che il termine “fibrosite”, con cui la malattia veniva ancora definita, non era appropriato perché non c'erano particolari evidenze della sua natura infiammatoria. Per questo motivo nel 1981 Muhammad B. Yunus e Alphonse T. Masi proposero il termine di fibromialgia, già anticipato da Philip Kahler Hench nel 1976, oggi universalmente accettato.

La malattia

La fibromialgia è detta anche sindrome fibromialgica e, in generale, è una patologia caratterizzata da dolore muscolare cronico che si accompagna a rigidità. Si tratta dunque di una malattia reumatica che interessa i muscoli provocando un aumento della tensione muscolare, ovvero tutti i muscoli, dal cuoio capelluto alla pianta dei piedi, sono in costante tensione.
I disturbi che ne conseguono sono molti:
– dolori localizzati di solito al collo, alle spalle, alla schiena e alle gambe;
– rigidità e quindi mobilità limitata e sensazione di gonfiore a livello delle articolazioni;

– stanchezza cronica dovuta alla costante tensione dei muscoli; – sonno leggero, disturbato e non ristoratore;
– dolori ai tendini.

Le cause

L'origine della fibromialgia è da ricercarsi in un insieme di fattori.
I molti studi svolti sulla patologia hanno riferito di numerose alterazioni dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale. In questo senso la fibromialgia può essere considerata essenzialmente una malattia della comunicazione intercellulare. Le due caratteristiche principali della fibromialgia sono la iperalgia e la allodinia.
Per iperalgia si intende una percezione molto intensa del dolore in risposta a stimoli dolorosi lievi; mentre allodinia significa la percezione del dolore in risposta a stimoli non dolorosi.
Nei pazienti affetti da fibromialgia, sia l'iperalgesia sia l'allodonia sono due condizioni cliniche che si manifestano in modo persistente e diffuso.
Nella sindrome fibromialgica l'insorgenza del dolore è dovuta a un deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare. Tale deficit deriva, a sua volta, da una disfunzione dei neurotrasmettitori e, in particolare, della serotonina e della noradrenalina.
Caratteristica della fibromialgia, così come di altri disturbi neurodegenerativi, è che l'andamento della sintomatologia varia in base a fattori esterni che possono provocare un peggioramento: fattori ormonali (durante il periodo mestruale si ha un peggioramento e anche in caso di disfunzione tiroidea), fattori climatici (i dolori si acutizzano nelle stagioni intermedie) e stress (tensioni sul lavoro, litigi, discussioni).

Sintomatologia

La fibromialgia è una malattia che, oltre ai già accennati dolore e stanchezza, provoca un insieme di sintomi che vanno a coinvolgere varie parti del corpo: dall'apparato osteoarticolare e muscolare all'udito (acufeni, fischi o vibrazioni all'interno dell'orecchio), ai disturbi gastrointestinali (problemi digestivi, dolori addominali, acidità, sindrome del colon irritabile) e dell'apparato urinario (aumentata urgenza alla minzione, dolore a livello vescicale) e genitale (dismenorrea e vaginismo).
In più possono verificarsi anche alterazioni dell'equilibrio (instabilità, sbandamento, vertigini), disturbi cognitivi (difficoltà di concentrazione e perdita di memoria a breve termine), tachicardia, variazioni della temperatura corporea (freddo o caldo diffusi in tutto il corpo), crampi e movimenti incontrollati agli arti nel sonno.
In quest'ultimo caso è da precisare che il riposo notturno nei fibromialgici è decisamente alterato: frequenti risvegli e sonno non ristoratore. Ciò è dovuto alla cosiddetta anomalia alfa-delta, ovvero una condizione per cui, una volta raggiunto il sonno profondo, si ha un brusco ritorno a quello superficiale.
Ulteriore penalizzazione per i malati di fibromialgia sono il mal di testa che si caratterizza come emicrania o come cefalea nucale, temporale o sovraorbitale; il dolore mandibolare o mascellare e i disturbi della sensibilità (formicolii e intorpedimenti). Buona parte dei pazienti affetti da fibromialgia riferiscono di ipersensibilità a numerosi farmaci, allergie stagionali e alimentari.

La diagnosi

La sindrome fibromialgica non può essere diagnosticata con test di laboratorio: i risultati di radiografie, analisi del sangue e biopsie muscolari appaiono infatti normali. La diagnosi si basa su una valutazione clinica dei sintomi da parte di un medico specialista nella patologia. Alcune indagini meno utilizzate nella pratica clinica evidenziano delle alterazioni, non presenti in tutti i pazienti, che necessitano di interpretazione clinica e di conferme su grandi numeri.
Nel 1990, l'American College of Rheumatology (ACR), un'associazione di circa 5000 reumatologi (specialisti in malattie muscoloscheletriche e disordini immunitari), ha sviluppato delle linee guida per aiutare i medici nella diagnosi della fibromialgia. Secondo i criteri ACR, una persona è affetta da fibromialgia se ha una storia di dolore diffuso a tutte i quadranti del corpo, da almeno tre mesi, associato alla presenza di dolore in almeno 11 dei 18 siti specifici chiamati tender points. La presenza di uno di questi due sintomi, dolore diffuso o tender points, separatamente, non permette di fare diagnosi di fibromialgia.

Le cure: quali approcci

Ogni caso di fibromialgia è a sè stante, ma oggi si può dire che la patologia può essere curata, o comunque alleviata, basandosi su una terapia farmacologica che consente di correggere i deficit di serotonina che ne sono all'origine.
Inoltre, esistono anche approcci non farmacologici in grado di modificare l'iperattività neurovegetativa caratteristica della malattia.

Terapia farmacologica e relativi studi di efficacia


Per alleviare il dolore, migliorare la qualità del sonno e il benessere globale nei pazienti affetti da fibromialgia, si può ricorrere a farmaci triciclici (amitriptilina e trazodone) e agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (fluoxetina, paroxetina, sertralina, citalopram).

Analizzando la letteratura scientifica riguardo alla terapia della fibromialgia con gli antidepressivi e in particolare 18 studi randomizzati, per un totale di circa 1.427 soggetti coinvolti, si è potuto calcolare che nel Nord America e in Europa circa il 6% della popolazione soffre di questa patologia, ovvero 5 milioni di americani e 10 milioni di europei.
Fra gli antidepressivi considerati nei 18 studi vi erano i triclici e i tetraciclici (TCA), gli antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina, gli inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI) e gli inibitori della monoamina oxidase (MAOI).
I risultati indicano nel complesso che le TCA sono efficaci nel ridurre il dolore, mentre gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina non danno buoni esiti.
Va altresì precisato che tutti questi farmaci agiscono come antidepressivi nei pazienti che, a causa della malattia, soffrono di varie forme di depressione.
Al momento, comunque, non esistono ancora studi a lungo termine per fornire raccomandazioni certe nell'uso degli antidepressivi.

Prima che qualunque tipo di terapia venga iniziata è fondamentale analizzare con estrema attenzione le eventuali patologie del paziente per individuare i possibili effetti collaterali. Non ci sono infatti dati certi sulle terapie a lungo termine della fibromialgia con gli antidepressivi e ciò significa che è necessario sottoporre il paziente a controlli regolari per capire fino a che punto gli effetti siano validi e se i benefici non siano inficiati dagli effetti secondari.

Approccio non farmacologico

Per trattare i malati di fibromialgia sono stati eseguiti in via sperimentale tutti i tipi di approcci non farmacologici. Ciò significa che è difficile effettuare una valutazione obiettiva su cosa risulti efficace o cosa sia il semplice frutto di una suggestione.
È per questo motivo che è necessario basarsi solo ed esclusivamente su studi scientifici e chiarire in merito alle terapie fisiche, come per esempio la TENS, la ionoforesi e la termoterapia, che tipo di efficacia abbiano. A oggi la TENS dimostra successo terapeutico in circa il 70% dei pazienti trattati a fronte di tutte le altre terapie che non si dimostrano più valide di un placebo.

Esistono almeno due studi che testimoniano una buona efficacia del biofeedback elettromiografico (misura l’attività dei vari gruppi muscolari, per fornire al soggetto informazioni continue e in tempo reale sul proprio stato di tensione muscolare).
Senza dubbio la terapia non farmacologica che in questi ultimi anni ha cambiato radicalmente l'approccio terapeutico e anche la prognosi della fibromialgia è la terapia del rilassamento muscolare basata sul training autogeno di Schultz, la terapia cognitivo-comportamentale e il rilassamento basato sulle tecniche ericksoniane (terapia breve).
La terapia ipnotica ericksoniana non considera l’inconscio dell’individuo come le terapie psicoanalitiche. Essa considera invece l’inconscio umano come una grande risorsa che, così come guida il sistema nervoso autonomo a garantire la sopravvivenza, può essere guidata a far funzionare meglio l’organismo.
La terapia ericksoniana, considera che l’inconscio cerca di agire a fin di bene, come per difendere ciò che ritiene a rischio. Tale approccio risulta essere più efficace degli altri due perché il positivo effetto terapeutico di norma si verifica già dopo la quinta seduta, si ottengono parametri validi per testare l'efficacia (numero di punti tender, ovvero punti di dolorabilità, astenia, dolore diffuso, problemi del sonno) e si garantisce un effetto benefico almeno fino al sesto mese dalla sospensione della cura.

L'attività fisica


Pur esistendo letteratura specialistica che indica l'attività fisica come fondamentale per la cura della fibromialgia, molti malati riferiscono che essa porta a un deciso peggioramento dei sintomi (stanchezza e dolore). Ciò accade perché i pazienti fibromialgici hanno, di norma, un'aumentata tensione muscolare che, a sua volta, provoca una diminuzione del flusso sanguigno che causa mancanza di ossigeno e minor tolleranza allo sforzo. Si consiglia, perciò, di praticare del movimento leggero per fare in modo che i muscoli non si blocchino ma sempre nell'ordine di non eccessiva affaticabilità degli stessi.

L'alimentazione

Come per tutte le patologie anche nella fibromialgia il tipo di alimentazione svolge un ruolo fondamentale.
I consigli più accreditati sono quelli del medico Thomas Weiss (www.weiss.de/340.html) che per i fibromialgici indica di:
● ridurre il più possibile gli zuccheri bianchi e raffinati preferendo lo zucchero di canna;
● poca carne rossa e dieta prevalentemente vegetariana. Preferire le carni bianche, le uova e i latticini se non si ha colesterolo alto o intolleranze ai derivati del latte;
● tanta frutta e verdura per l'effetto antiossidante e il necessario apporto di sali minerali;
● cereali integrali ben cotti, conditi con olio d'oliva ed erbe aromatiche;
● limitare il consumo di pomodori, patate, melanzane e peperoni che scatenano facilmente fenomeni di intolleranze alimentari con manifestazioni a livello muscolare;
● limitare il sale per scongiurare ristagni ed edemi. Per lo stesso motivo è fondamentale ingerire molta acqua, infusi e tisane.

Agire sulle allergie e intolleranze alimentari può essere molto utile nei malati fibromialgici. Eliminare gli alimenti a cui si è intolleranti può portare spesso a dei notevoli miglioramenti.

Cosa fare se si è in gravidanza

Non esistono molti studi che spieghino con precisione che tipo di relazione possa stabilirsi tra gravidanza e malattia fibromialgica, ma si può affermare che, nella maggior parte dei casi, la maternità provochi un'acutizzarsi dei sintomi della malattia, soprattutto nell'ultimo trimestre. Le testimonianze di molte donne smentiscono, invece, queste 'credenze' descrivendo anzi il periodo della gravidanza come un momento in cui si sentivano meglio.
Sicuramente, a influenzare la sintomatologia fisica, influisce l'umore della paziente e l'aumentata produzione di un ormone, la relaxina, che migliora i sintomi muscolari.

FONTI: benessere.com, CFSmagazine

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2012