venerdì 26 febbraio 2021

Anselmo, il 60enne mantovano che nella notte realizza bici per ragazzi con disabilità: “Ho fatto tandem a 3 ruote o con scivolo-cingolato”

Anselmo Sanguanini ogni mattina alle 3.30 si alza e si infila nel garage della sua villetta di Borgo Virgilio per lavorare il materiale a sua disposizione: fino ad oggi ha realizzato 250 bici speciali, definite da lui stesso "Diversamente Sta...Bili". Veicoli speciali che permettono a chi ha gravi disabilità di riuscire a pedalare o sentire l'aria fra i capelli: "Ognuna è realizzata in base alle disabilità del ragazzo. Chiedo solo un rimborso spese per l'acquisto di alcuni materiali, poi la manodopera me la pagano i ragazzi e il loro genitori con i sorrisi"

Ilaria ha 7 anni e l’aria fra i capelli, quella piacevole sensazione che si può provare semplicemente andando in bicicletta, non ha mai potuto sentirla. Per Ilaria, che vive nel milanese, nulla è semplice. È affetta da Sma, l’atrofia muscolare spinale, una malattia neuromuscolare rara che provoca debolezza progressiva agli arti inferiori e ai muscoli respiratori. Non ha forza nelle gambe, non riesce a camminare, tantomeno a pedalare. Vedeva gli altri bambini sorridere quando andavano in bicicletta. Le sarebbe piaciuto provare quella sensazione, liberare il suo sorriso con l’aria fra i capelli. Sembrava impossibile, ma non aveva fatto i conti con Anselmo, un 60enne mantovano che qualcuno ha già definito un realizzatore di sogni.

Come un moderno demiurgo, Anselmo Sanguanini ogni mattina alle 3 e 30 si alza e si infila nel garage della sua villetta di Borgo Virgilio, un paese in provincia di Mantova che ha dato i natali al poeta latino, e inizia a lavorare la materia a sua disposizione per dar forma ai sogni: pezzi di biciclette usate, malandate, vecchie, rottami a due ruote che nessuno usa più, quando passano fra le sue mani diventano veicoli speciali, in grado di far sorridere bambini e ragazzi affetti da gravi disabilità. Nel garage ci rimane fino all’ora di andare al lavoro, intorno alle 8, alla Lubiam di Mantova, una casa di moda dove fa il manutentore e dove tutti sanno qual è il suo hobby, che nel tempo è quasi diventato una missione. I colleghi per questo lo aiutano, procurandogli le biciclette da riadattare, ma anche i datori di lavoro gli danno una mano permettendogli di utilizzare alcuni dei macchinari che nel suo garage non possiede. Grazie ad Anselmo e alle sue bici speciali, definite da lui stesso “Diversamente Sta…Bili” fino ad oggi 250 ragazzi con disabilità sono tornati a pedalare o a provare l’ebbrezza di farsi scivolare l’aria fra i capelli.
Non c’è una bici uguale all’altra – spiega Anselmo a ilfattoquotidiano.it – perché ognuna è realizzata in base alle disabilità del ragazzo o della ragazza a cui è destinata. Ho realizzato tandem a tre ruote per ragazzi ipovedenti, bici con scivolo-cingolato che caricano carrozzelle, bici con motorino incorporato per accompagnare la pedalata di quei bambini che non riescono neppure a muovere un muscolo. Pensi che per realizzare il primo mezzo di questo tipo mi sono recato in un grande negozio di giocattoli di Mantova e ho chiesto di poter smontare una macchinina elettrica, per capirne il funzionamento e replicarlo con un motorino da mettere sulla bicicletta. Me l’hanno fatto fare”. Tutto quello che fa Anselmo ha un costo, ma non c’è guadagno: “Chiedo solo un rimborso spese per l’acquisto di alcuni materiali, come selle o copertoni, poi la manodopera me la pagano i ragazzi e il loro genitori con i sorrisi che vedo sui loro volti una volta che salgono sulla bicicletta e iniziano a pedalare o a farsi trasportare”.

Tutto è iniziato più di dodici anni fa. Anselmo ha un figlio, Francesco, disabile non verbale, che oggi ha 27 anni e la prima bicicletta "Diversamente Stabile" l’artigiano mantovano l’ha costruita proprio per lui: “I nostri ragazzi speciali – confessa Anselmo – finché sono bambini giocano con tutti indistintamente, senza problemi. Poi crescono e si rendono conto che non possono fare le stesse cose che fanno gli altri. Andare in bici, per molti di loro, è una di queste cose. Permettergli di farlo, realizzando un mezzo adatto alle loro necessità, mi creda, per loro è una grande conquista e per me una gioia che faccio fatica a descrivere. Si commuove, Anselmo, mentre racconta queste cose.
Dopo la prima bicicletta speciale realizzata per il figlio, una tre ruote di un bell’azzurro sgargiante con tanto di nome, ne sono arrivate molte altre e tutto grazie al passaparola: “Negli ambienti che frequentiamo con i nostri ragazzi – spiega – e mi riferisco a centri diurni per disabili, piuttosto che strutture per la fisioterapia, logopedia e molte altre ancora, ci capita di entrare in contatto con molte persone che stanno affrontando le nostre stesse difficoltà. In quegli ambienti la voce che io facevo biciclette un po’ particolari si è diffusa man mano e sono iniziate ad arrivarmi sempre più richieste da tutta Italia”. Anselmo, nonostante le difficoltà create dal Covid per gli spostamenti e i trasporti, continua a lavorare e ha una lunga lista d’attesa: “Attualmente – racconta – sto finendo di realizzare una bicicletta per una bimba romana di 7 anni in carrozzina. Per lei ho realizzato una bicicletta con due ruote davanti e una pedana alta 12 centimetri da terra. Ma ne ho altre tre in coda…”.

Intorno al mondo di Anselmo, si è generato spontaneamente un movimento di solidarietà sempre più ampio: c’è chi ordina una bici per il proprio figlio e paga il materiale anche per le famiglie dei ragazzi che non possono permetterselo, c’è anche chi organizza eventi per raccogliere fondi. E di questo movimento solidale fanno parte anche alcuni autotrasportatori che per lavoro si recano nel mantovano e, gratuitamente, caricano le biciclette di quei ragazzi che vivono al centro e al sud e gliele fanno arrivare a domicilio. Tra poco Anselmo andrà in pensione e allora chissà quante altre bici "Diversamente Sta…Bili" potrà realizzare, chissà quanti desideri potrà esaudire: “Per il momento non ci penso – conclude – e continuo ad alzarmi alle 3… Magari continuerò a farlo anche quando non dovrò più andare al lavoro, avrò più tempo per lavorare alle mie biciclette”.


di Emanuele Salvato

17 febbraio 2021

FONTE: il Fatto Quotidiano

giovedì 18 febbraio 2021

Mi chiamo Graziano Isabella… e ho la fibromialgia

Mi chiamo Graziano Isabella, sono siciliana, da anni vivo a Brescia con mio marito e mio figlio. Ho 49 anni, da circa due anni mi è stata diagnosticata la fibromialgia.

Arrivare a questa diagnosi non è stato facile: questa malattia comprende una lunga serie di sintomi e svariati problemi.

La mia storia incomincia nel 2009 con la comparsa improvvisa di un’algodistrofia ad un ginocchio. Questa malattia è poco conosciuta e con poche probabilità di guarigione, così i dottori mi consigliarono di lasciare subito il lavoro: facevo le pulizie ed era molto pesante. Sono incominciate così una lunga serie di visite ed esami in svariati ospedali, con pesanti terapie.

Sono per fortuna guarita dall’algodistrofia, ma ho scoperto poi che era stata causata probabilmente da una malformazione congenita e dall’usura stessa di ambedue le ginocchia, questo mi ha portata a tre interventi chirurgici al ginocchio ma che non hanno risolto niente.

I dottori dicono che neanche le protesi potrebbero andare bene per il mio caso.

Intanto passava il tempo e i dolori avevano coinvolto anche i piedi, le gambe, le ossa delle anche, la schiena, spalle, collo, mani. Sotto consiglio dei dottori ho provato anche la terapia del dolore. Dopo qualche mese però ero arrivata alla morfina con il solo risultato di stare ancora peggio: il mio fisico era intollerante e avevo solo effetti collaterali.

Cosi sono andata avanti solo con le infiltrazioni alle ginocchia e il movimento fisico per i muscoli delle gambe. Stavo sempre peggio e avevo costantemente dolori in tutto il corpo, forti cefalee, problemi gastrointestinali, insonnia, palpitazioni, acufeni e capogiri notturni, una profonda stanchezza, problemi cognitivi e tanto altro ancora…

Tanti anni passati dentro e fuori gli ospedali e tanti interventi chirurgici uno dopo l’altro.

Gli ultimi due anni mi sono aggravata tantissimo e infatti dopo l’ennesima visita medica facendo il lungo elenco dei miei disturbi il medico ha avuto un sospetto. Senza dirmi quello che sospettava mi ha fatto fare una serie di esami e una volta pronti mi ha mandato a fare una visita dal reumatologo.

Il reumatologo dopo un’accurata visita mi ha confermato il sospetto del mio medico: ho la sindrome Fibromialgica.

Per me è stato un durissimo colpo. Sapevo che avevo qualche malattia ma speravo fosse qualcosa che si potesse curare, invece con questa malattia dovrò conviverci per sempre.

Dovrò convivere con i dolori a tutti muscoli che irrigidiscono causando dolore e anche crampi. Specialmente la notte il corpo diventa un pezzo di legno rigido e dolorante, il minimo movimento è doloroso. Non dormo, non riposo e spesso ho capogiri.

La mattina mi sveglio già stanca, senza forze e ci metto tanto tempo a fare tutto. Serve un grande sforzo per incominciare una semplice giornata.

Io ci metto tutto il mio impegno fisico e morale ma il mio corpo ormai decide da sé. Succede improvvisamente: comincio a sudare, tremo, mi viene la nausea e mi sento mancare. Il corpo è privo di ogni forza e diventa come privo di ossa e muscoli. Si ha la sensazione di essere una bambola di stoffa, priva di vita.

Questo mi succede sempre più spesso e non sai mai quando né dove. E’ capitato che mi succedesse fuori casa e diventa molto difficile da gestire. Può durare poco o tanto creando molti disagi.

Quello che mi dispiace di più è il fatto di non ricordare quello che sto dicendo. Scambio le parole, io so di sapere quello che voglio dire ma non ci riesco, non ricordo le persone e i loro nomi e non sono degli sconosciuti ma gente che conosco da sempre.

Ci sono giorni che non ricordo come si stira una camicia (cosa che ho sempre fatto anche nel lavoro). Ci sono giorni di grande confusione: la testa sembra vuota e non è in grado di elaborare nulla.

Questi sono i problemi cognitivi che causa questa malattia. Però mi fa rabbia il non essere capita o vista male. Questa malattia apparentemente dall’esterno non ci fa apparire come persone malate. Capita spesso di sentirsi dire ma ti trovo bene, oppure non si vede niente, oppure non si ricordano che hai questa malattia e ti dicono (oggi non stai bene?). Come fanno a non capire che ogni santo giorno sto male?

Forse perché non mi vedono a letto oppure perché non mi lamento mai, ma non posso permettermi di lasciarmi andare e sopraffare dai miei dolori.

Io posso contare solo sulle mie forze. Non ho nessun sostegno o aiuto oltre a quello di mio marito.

Una vita non è un periodo che poi passa, qui si tratta di tutta la mia vita. Spesso mi soffermo a pensare di cosa ne sarà di me fra qualche anno, non riesco a pensare al mio futuro in modo positivo visto le problematiche. So solo che non voglio pesare su nessuno e per questo motivo nonostante tutto cerco di fare una vita quasi normale, non mi fermo perché so che il giorno in cui mi fermerò è perché avrà vinto Lei.

Come dice il mio reumatologo, questa malattia non ci toglie un’ora di vita, ma avvelena ogni giorno della nostra vita.

Scrivo questa lettera perché mi piacerebbe che la gente capisse e conoscesse questa maledetta Malattia. Vorrei che la gente si prendesse la briga di leggere, fare una ricerca su internet, informarsi. Solo cosi può veramente comprendere cosa si prova, come ci si sente.

Forse così capirete il perché ci sono giornate in cui non abbiamo voglia di ridere o semplicemente di parlare. Se non abbiamo la forza di fare certe cose, se ci sentiamo confuse, smarrite, stanche, avvilite e tanto altro ancora. Voi come vi sentireste, ci avete mai pensato? Ci sono persone ammalate come me che provano vergogna o disagio. Penso che si dovrebbero vergognare le persone che ci lasciano sole, quelli che si allontanano e non ci sostengono, quelli che non si ricordano neanche il nome della tua malattia.

Ci sono giornate molto pesanti e difficili e dobbiamo sempre far finta di niente, stamparci un sorriso e andare avanti. Non credete che sia facile vivere cosi, abbiamo un peso enorme che ci teniamo dentro per non avvelenare la vita anche di chi ci sta accanto.

Però non dimenticate chi avete accanto. Spesso noi dobbiamo risolvere problemi o aiutare e sostenere gli altri. Questo ci rende ancora più fragili e vulnerabili.

Viviamo in un corpo che adesso ha delle limitazioni e per quanto vorremmo comandarlo decide lui per noi. Io sto imparando a convivere con lei, ma non c’e un giorno che non abbia dolore. Un dolore non visibile agli occhi degli altri.

Se anche rido, è perché non voglio rinunciare alle cose che amo fare o facevo prima. Ma non vuol dire che stia bene. Cerco solo di essere normale. Cerco di essere sana come voi.

Con affetto, Isabella.


19 settembre 2019

FONTE: Popolis

martedì 16 febbraio 2021

La storia di Gian Carlos: il piccolo guerriero che realizza portachiavi per curarsi

Questa è la storia di un bambino messicano che ha deciso di sconfiggere la sua malattia impegnandosi in prima persona per guadagnare i soldi necessari a pagarsi le cure.

La storia di Gian Carlos, un piccolo bambino originario del Messico e malato di cancro, sta commuovendo migliaia di persone in tutto il mondo. Da circa tre anni, il piccolo Gian Carlos sta combattendo la sua battaglia per la vita, ma le cure per debellare il tumore che l'ha colpito sono molto costose e così i suoi genitori riescono a far fronte solo ad una parte delle spese necessarie. Carlos non si arrende, anzi è lui stesso a prendere in mano la situazione e decidere che è arrivato il momento di aiutare i suoi genitori a trovare i soldi necessari per pagarsi le cure di cui ha bisogno.
Partendo da alcuni suoi disegni, decide di realizzare dei bellissimi portachiavi tutti colorati e venderli.

GIAN CARLOS: LA SOLIDARIETA' ARRIVA DAL WEB

Grazie ai suoi genitori che su una pagina Facebook dedicata al figlio e costantemente aggiornata sull'andamento delle cure, Gian Carlos riesce a far conoscere al pubblico i suoi portachiavi e venderli.
La solidarietà delle persone non si fa certo attendere e in breve tempo iniziano ad arrivare richieste di acquisto, nonché migliaia di donazioni in grado di aiutare la famiglia del bambino a sostenere le costosissime cure cui Carlos dovrà sottoporsi per diverso tempo ancora.
La solidarietà arriva non solo dalla gente comune, ma anche da diversi personaggi famosi che grazie alle donazioni di oggetti da mettere all'asta hanno contribuito non poco alla raccolta fondi. Anche una compagnia Facebook, la Donartex, ha dato una mano a Gian Carlos, invitandolo insieme ai suoi genitori a partecipare ad un laboratorio per migliorare le tecniche di realizzazione dei portachiavi, nonché regalandogli una serie di portachiavi di Vip da vendere sulla sua pagina social.
Ora non resta che augurare ogni bene al piccolo Gian Carlos.


17 settembre 2019

FONTE: Mamme.it

venerdì 12 febbraio 2021

Elena Delle Donne, star del basket, malata di Lyme, costretta a scegliere tra il rischiare la vita e lo stipendio

La star del basket statunitense femminile Elena Delle Donne è costretta a decidere se “rischiare la vita” o perdere i suoi stipendi dopo che le è stata negata l’opportunità di rinunciare alla prossima stagione. La cestista che lotta da anni con il morbo di Lyme infatti non vuole giocare per non correre il rischio di contrarre il Covid.

Rischiare la vita continuando a giocare, o perdere i suoi stipendi? Elena Delle Donne, star del basket femminile, si è trovata a fare i conti con questo triste dilemma a pochi giorni dalla ripresa della stagione. L'atleta che soffre di una malattia cronica (il morbo di Lyme che indebolisce il sistema immunitario), aveva chiesto ai vertici del massimo campionato di pallacanestro femminile americano di rinunciare a giocare per motivi di salute, alla luce del rischio di contrarre il Covid. Una richiesta che è stata respinta, con la WNBA che ha evidenziato che in caso di forfait la Delle Donne dovrebbe fare a meno degli stipendi.

Elena Delle Donne è una delle stelle del basket americano capace di vincere in carriera anche un oro olimpico e un mondiale. L’atleta di origini italiane è salita alla ribalta per una situazione che sta facendo molto discutere oltreoceano. La classe 1989 soffre infatti del morbo di Lyme, una malattia infettiva che oltre a colpire la cute intacca anche organi interni, articolazioni e sistema nervoso provocando stanchezza, dolori muscolari e febbre. La malattia cronica indebolisce anche il sistema immunitario, una situazione che ha spinto la Delle Donne alla luce dell'emergenza Coronavirus a richiedere di non giocare la stagione 2020. Anche se il campionato femminile di basket americano si giocherà in una "bolla" in Florida con le giocatrici isolate e costantemente controllate, la cestista non vuole correre rischi.

La WNBA, la massima lega della pallacanestro in rosa degli States ha rispedito al mittente la richiesta della Delle Donne, costringendola di fatto a scegliere tra la propria salute e lo stipendi. Secondo i vertici del basket infatti se la trentenne si rifiutasse di giocare lo farebbe per una sua scelta e non avrebbe dunque diritto al salario. La malattia di Lyme non è inclusa nell'elenco dei Centri statunitensi per il controllo delle malattie e la prevenzione, ma è innegabile che la Delle Donne potrebbe andare incontro a gravi conseguenze in caso di positività al Covid. La sua domanda, presentata sulla linea del protocollo di valutazione medica della WNBA, è stata negata da un gruppo di tre medici. Questo il suo commento: "Ora mi sono rimaste due alternative: posso rischiare la vita o perdere la busta paga. Onestamente fa male. Non ho i soldi dei giocatori della NBA. Non ho il desiderio di andare in guerra con la Lega su questo. E non posso fare appello".


di Marco Beltrami

16 luglio 2020

FONTE: Fanpage

mercoledì 10 febbraio 2021

Metodo Di Bella, paziente guarisce dal cancro al pancreas. Il tribunale di Catanzaro: farmaci gratis

Un paziente malato di cancro al pancreas ultimo stadio guarisce con la terapia Di Bella. Il tribunale di Catanzaro riconosce al paziente il diritto di poter avere tutti i farmaci della terapia gratis. Una svolta che ha riacceso i riflettori sul Metodo Di Bella. Il professor Luigi Di Bella non era amato dalla scienza ufficiale e oggi come allora il suo “metodo” continua a scatenare i suoi oppositori. Il professore ha introdotto una nuova concezione terapeutica biologica nella prevenzione e cura del cancro. In passato spesso sono stati i giudici a riconoscere ai malati il diritto di potersi curare con il metodo. Poi è intervenuta la Cassazione che ha messo la parola fine alla possibilità di avere il rimborso delle cure dalle Asl. Ora questa nuova sentenza riaccende le speranze per i malati che si curano con la terapia Di Bella.

Metodo Di Bella, la sentenza del tribunale di Catanzaro

«Con sentenza in data 23.11.2020 il tribunale di Catanzaro – si legge sul sito ufficiale metododibella.org – ha riconosciuto il diritto di un paziente del dottor Di Bella, malato di tumore al pancreas, ad ottenere la somministrazione gratuita dei farmaci da parte dell’Asl. Il tribunale ha riconosciuto inoltre che, nel caso specifico, i farmaci del Mdb sono allo stato attuale e in virtù degli atti documentati, l’unica cura in grado di portare sul paziente “un miglioramento del quadro sintomatico della patologia tumorale, non altrimenti realizzabile coi farmaci elencati in classe a) e b) utilizzati dalla medicina ufficiale per la cura delle patologie tumorali”».

Il caso clinico

Il paziente è Aldo Bencivenni, nel 2017 ha scoperto di avere il cancro al pancreas. Inizialmente si era sottoposto ai cicli di chemioterapia. Ma senza ottenere risultati sperati. Poi si è affidato al Metodo Di Bella. «Le ultime risonanze magnetiche – spiega il dottor Giuseppe Di Bella, figlio del professore – non registrano il tumore. Il tumore al pancreas rappresenta una delle maggiori cause di decessi al mondo. Questo paziente ha iniziato la cura nel 2017. Qui la guarigione e l’assenza di tumore sono documentati oltre che con l’esame del sangue con esami strumentali: sia da una risonanza magnetica che dalla Pet. Parliamo di un esame metabolico e un esame iconografico».

Metodo Di Bella, parla l’avvocato

La vicenda è stata trattata anche da Radio Radio che ha intervistato sia l’avvocato Gianluca Ottaviano che il paziente stesso. «Il signor Aldo non è in condizioni economiche tali da poter sostenere gli elevatissimi costi della terapia. Quindi – ha spiegato il legale – con un ricorso di urgenza abbiamo chiesto l’erogazione del Metodo Di Bella, con costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Purtroppo, tutti i provvedimenti dei vari giudici italiani intervenuti fino al 2011, sono stati contraddetti da una Cassazione graniticamente contraria».

Che cosa riconosce la sentenza

E poi ancora: «Noi stiamo chiedendo che il singolo soggetto venga tutelato. Abbiamo dimostrato il miglioramento graduale fino alla remissione, che poi è stata certificata dagli esami. Si trattava di un quarto stadio, che per la letteratura ufficiale non offre chance di sopravvivenza. Nel caso di specie la terapia ha portato l’effetto benefico».

Il paziente Aldo Bencivenni

Dal canto suo, il paziente Aldo Bencivenni ha sottolineato: «Io ero contrario a fare la chemio terapia, però poi la pressione della famiglia mi ha fatto desistere. Anche se non ero convinto della chemio, perché in testa avevo sempre il Metodo Di Bella. Già nel ’95 mi aveva colpito, quando seguì tutto l’iter in televisione. Quando facevo la chemio stavo malissimo, non era una cosa da tirare avanti. Già al pensiero stavo malissimo. E lasciando la chemio mi dissero “guardi se lasci la chemio tra 6 mesi non c’è più nulla da fare”. Poi ho chiamato il dottor Di Bella e sono stato a Bologna. Il dottore Di Bella mi ordina la cura. Da quel momento ho iniziato subito a sentirmi meglio. Ho continuato e continuo ancora, ormai la faccio a vita».


di Giovanna Taormina

13 dicembre 2020

FONTE: Secolo d'Italia