giovedì 22 marzo 2018

Raccolta fondi per Manuel, nato con una malattia rara: "Voglio una vita normale"


La madre ha aperto una raccolta per comprare un'automobile per portarlo all'asilo e al parco

La vita di Manuel è cambiata il 24 giugno del 2014, quando è venuto al mondo in un ospedale di Milano e i medici gli hanno diagnosticato un “linfangioma cistico bilaterale”. Una malattia rara che gli ha letteralmente stravolto la vita. Malattia che durante la gravidanza si era nascosta, ma che si è manifestata nei giorni successivi.

Dopo soli 10 giorni di vita era stato sottoposto ad un delicato intervento dove i medici gli hanno asportato una massa grande come un mattone composta da tante piccolissime cisti, che andava dalla regione mandibolare al pavimento orale e alla regione linguale. Il decorso post-operatorio è stato complicato, si era verificata la presenza di segni clinici di paralisi periferica del nervo facciale di sinistra, la ferita non voleva guarire e così i dottori al suo 24esimo giorno di vita hanno dovuto far intervenire il chirurgo plastico per ricostruirgli il collo.

I medici dicevano che c'era 13% di possibilità di recidive, purtroppo la malattia si è ripresentata e le cisti si sono riformate invadendo anche la lingua. Manuel non si è arreso nonostante la sua vita fosse iniziata in salita: si è aggrappato con tutte le sue forze alla vita e superato tutti i continui ricoveri in ospedale. E ce la sta mettendo tutta per realizzare il suo sogno: vivere la sua vita.
Ma Manuel, che ora ha quasi 4 anni, vorrebbe andare all'asilo, giocare con i suoi amici senza preoccuparsi delle malattie e poter andare a spasso senza doversi portare tutti i macchinari che gli servono per mangiare, dormire o in caso dovesse sentirsi male.

Avrebbe bisogno di un’auto attrezzata per lui e grande abbastanza da contenere tutti i macchinari di cui ha bisogno. Ma la macchina della sua mamma è vecchia, ha qualche problema e soprattutto non riesce a trasportare il passeggino di cui ha bisogno e così ha lanciato una raccolta fondi. In pochi giorni la sua storia ha commosso centinaia di persone e sono stati raccolti quasi 5mila euro, ma l'obiettivo è ancora lontano, all'appello mancano oltre 30mila euro.

21 marzo 2018

FONTE: Milano Today


Questa è un'altra di quelle storie che non lasciano indifferenti e che toccano veramente il cuore.
Ancora e sempre mi sento di invitare tutte le persone che leggeranno questo post ad aiutare Manuel e la sua famiglia ad esaudire il loro desiderio di acquistare questa macchina attrezzata per poter contenere tutti gli ausilii di cui Manuel ha bisogno. La proverbiale generosità degli italiani non si è fatta attendere e la risposta è stata subito notevole, ma siamo ancora lontani dal raggiungere la cifra necessaria. Per chi volesse seguire la storia di Manuel più da vicino, rimando tutti alla sua pagina Facebook "Una mano per Manuel".
Grazie di cuore a tutti coloro che, come sempre, vorranno e potranno aiutare questo bambino e la sua famiglia. Tante piccole gocce, tutte insieme, non dimentichiamocelo mai, formano l'oceano.

Marco

martedì 20 marzo 2018

«Devo difendermi da tutto, anche dall'aria»


Marina soffre di Sensibilità Chimica Multipla, una malattia che rende il corpo intollerante a moltissime sostanze

testo raccolto da Rossella Briganti

In famiglia mi chiamano “ecobiotester”. Un soprannome affettuoso che si riferisce alla mia capacità di “fiutare” e intercettare qualsiasi sostanza chimica. Vuoi sapere se una mela è biologica al 100%? Provo ad assaggiarla e, se mi si fissura la lingua appena la metto in bocca, significa che qualche residuo di pesticida c'è. Se poi ne ingoio una fettina e vengo assalita da coliche addominali il test è positivo. Soffro di Sensibilità Chimica Multipla, una malattia dovuta alla carenza di enzimi deputati alla detossificazione dell'organismo. Così, qualsiasi sostanza chimica per me è una micidiale tossina che mi avvelena la vita.

SCOPERTA CON L'ARIA CONDIZIONATA


I primi sintomi si sono manifestati nel 2004, quando avevo 22 anni e lavoravo come ortottista in ospedale. Da un giorno all'altro cominciai a non sopportare più l'aria condizionata né quella che esce dalle ventole del computer. Provavo un forte bruciore al naso e alla gola, come se quel debole getto d'aria mi ustionasse le prime vie aeree, fino a farmi uscire il sangue del naso. Gli otorini e i neurologi non capivano cosa avessi e mi parlavano di rinite vasomotoria. Non sospettavano minimamente che i filtri dell'aria condizionata e le ventole del pc riversassero una ventata di sostanze chimiche. Tossiche per me, non per gli altri. Arrivai a non sopportare più l'elettrosmog, a stare male quando parlavo al cellulare. Tutt'oggi, riesco a parlare a lungo solo con un telefono a fili e a usare per un massimo di 10 minuti un certo tipo di cellulare. Scrivo al computer ma ho problemi a tollerare il monitor e i miei hanno “bucato” le pareti di casa per fare in modo che ventole di raffreddamento e prese d'aria siano installate in un'altra stanza.

LA DIAGNOSI E' ARRIVATA TARDI

Nonostante i sintomi così acuti, ho faticato per avere una diagnosi corretta. Nessuno capiva cosa avessi e si limitavano a dirmi che soffrivo di allergie multiple. Solo nel 2013, al Policlinico Umberto I di Roma, scoprirono che non solo il mio organismo non era in grado di metabolizzare i farmaci (l'ultima assunzione mi aveva procurato una tendinite ai piedi per sei mesi), ma che avevo delle mutazioni genetiche tipiche della Sensibilità Chimica Multipla. Ho sviluppato la malattia vera e propria da 12 mesi, quando la mia situazione è precipitata. Vivo (a pochi chilometri da Milano) in regime di isolamento perché ogni persona che mi viene incontro è una nube tossica che si avvicina. Anche i miei genitori e mio fratello appena entrano a casa devono fare le “procedure di bonificazione”: si fanno una doccia e si lavano i capelli con detergenti speciali (gli stessi che uso io, dove la lista dei “senza” è chilometrica) e usano solo vestiti di tessuti naturali, non trattati. Anch'io posso indossare solo pochi vestiti “certificati” da me stessa, dormo sul pavimento su due coperte perché i materassi sono lavorati con sostanze chimiche, mangio solo farine senza glutine macinate a pietra, frutta e legumi “superbiologici”, acqua in bottiglie di vetro e carne da mucche allevate sopra i 1500 metri. Non esco quasi mai e i miei contatti sono ridotti al minimo. Se incontro un'amica in una stanza bonificata o in un territorio neutro, come un parco, indosso una mascherina leggera che ha una media capacità filtrante. Se invece devo andare in ospedale, cioè in un ambiente non bonificato e pieno di sostanze tossiche, copro il volto con una pesante maschera in fibra di carbonio dotata di filtri elevati, la stessa che usano i carrozzieri per verniciare le auto. Vivo nell'ombra: intossicarmi ulteriormente mi procurerebbe perdite di memoria, transitori cali dell'udito e difficoltà di deambulazione. E faccio flebo disintossicanti tutti i giorni.

IL MIO APPELLO DISPERATO

Eppure una cura esiste: è la microimmunoterapia che viene studiata in base al profilo genetico di ogni paziente per detossificare e insegnare gradualmente al corpo a tollerare un mondo fatto di formule chimiche. Purtroppo, questa terapia è molto costosa e prevede tre ricoveri annuali, che costano 25.000 euro l'uno per un totale di 75.000 euro all'anno. Lo stato italiano non “passa” la cura perchè non riconosce la patologia, né esistono ospedali in grado di accoglierci in caso di emergenze. Per il ministero della salute noi non esistiamo. Siamo dei malati invisibili affetti da turbe psichiche, non da difetti genetici. Un modo di travisare la realtà che mi fa soffrire e mi condanna a vivere in un cono d'ombra due volte; per la malattia e per l'insensibilità delle istituzioni. Qualcuno ci viene a strappare da questa vita-fantasma?


Le cure ci sono ma costano troppo

La Sensibilità Chimica Multipla è una patologia immunoneurotossica dovuta al fatto che il sistema immunitario reagisce in maniera abnorme a degli stimoli chimici, non per forza di sintesi ma presenti anche in natura. Può reagire, ad esempio, ai terpeni, molecole odorose presenti nel legno di pino o di abete con cui si fabbricano i mobili o racchiusi in un profumo, in uno shampoo o in una crema balsamica. «La reazione di intolleranza coinvolge sempre il sistema nervoso centrale con astenia, perdita di equilibrio, svenimenti, difficoltà di concentrazione, improvviso calo della vista o dell'udito», spiega il dottor Adriano Anglara, medico ambientalista a Roma. «Ma può interessare anche il sistema respiratorio (asma, dispnea, adema delle mucose, laringospasmo e broncospasmo), la cute (eritema, prurito, bruciore) o l'apparato gastrointestinale, provocando colite, gonfiore addominale, dissenteria o blocco intestinale. Esistono dei geni predisponenti alla malattia, che non va confusa con una poliallergia e che, ufficialmente, interessa meno dello 0,5% delle persone. Si calcola, però, che in realtà ne sia affetto l'1% della popolazione che ha dei sintomi non diagnosticati o sottostimati».
La microimmunoterapia viene fatta solo in centri specializzati in Spagna, Germania, Inghilterra e Stai Uniti. Prevede la somministrazione, per via sottocutanea o sublinguale di 40-50 sostanze chimiche estremamente diluite e prive di eccipienti, conservanti e coadiuvanti. Va assunta per molti mesi, a dosi crescenti per abituare a poco a poco l'organismo a tollerare il pool di sostanze chimiche. Costa diverse migliaia di euro all'anno e, come ha spiegato Marina, non è rimborsata dal nostro Servizio sanitario nazionale.

23 gennaio 2018

FONTE: Starbene

sabato 3 marzo 2018

“La mia vita con la fibromialgia” (la stessa malattia di Lady Gaga!)


Cecilia si racconta. Una donna magnifica, che vive con regalità, creatività e fede una prova davvero estenuante.

Cecilia Mazzeo Orlandi, 40 anni, un marito, due figli, vive a Bologna, scrittrice e blogger.

L’ho incontrata sui social. Difficile non notarla e non restare colpiti dalla sua bellezza, femminilità e dal suo dolore. Con lei ho preso maggiore confidenza con il nome e le tante facce, tutte brutte, di una malattia non ancora abbastanza riconosciuta. Nemmeno il programma di videoscrittura la vuole tra i piedi, insiste a segnarla in rosso: la fibromialgia. Per il dizionario è: “Sindrome caratterizzata da dolore e rigidità muscolare diffusi, spesso associati a cefalea, astenia, disturbi dell’umore e del sonno”. Sì, ora ci sono anche star dello showbiz internazionale che ne parlano per sensibilizzare sul tema, ne siamo contenti. Grazie anche a Lady Gaga.

Ma noi abbiamo una storia intensa e vera, dove la protagonista è una donna normale e meravigliosa e non la sua malattia.

Ho chiesto a Cecilia di raccontarci di sé e di questa importuna, sebbene non sterile, compagna di vita.

Sembrerà anche voi, leggendo le sue parole, di veder sbocciare florilegi e decori argentati, foglioline dentellate e ramoscelli ritorti attorno alle iniziali della prima pagina di un libro miniato? Seguiteci.

Cara Cecilia, la prima cosa che ti chiedo è come stai. Ma potrebbe pure essere l’unica!

Come stai? Che bella domanda, che dolce suono! Ci si dimentica spesso di chiederlo e soprattutto di ascoltare la risposta. Mi capita di rispondere con questa immagine sul mio stato: “sto come una in bilico tra i morsi agli inferi e la risalita tachicardica verso la luce!”. Il dolore cronico è una lotta quotidiana, a partire da tutte quelle piccole cose che per gli altri sono banali e ordinarie. Il dolore cronico sfibra, svuota, sfinisce, ti fa scavare a mani nude nel tuo io più profondo. Ti mette alla prova, ti pone dei limiti che devi imparare ad accettare, ma paradossalmente ti fa “mettere a fuoco” ciò che conta, regala una specie di terzo occhio che sa essere contemporaneamente compassionevole e feroce.

Quando hai scoperto di soffrire di fibromialgia?

L’ho scoperto all’incirca una decina di anni fa, due anni dopo la nascita di Maria Sole – la mia secondogenita, ma chissà che non fosse già latente in me, accucciata nelle fibre muscolari, fin dal mio primo vagito! Ci sono ancora teorie confuse e contraddittorie circa la sua origine.

Ho letto che colpisce principalmente le donne. Cosa sai tu al riguardo? Qual è la ragione di questa sgradita preferenza?

Sì, pare che colpisca soprattutto le donne con un rapporto di 5 a 1. Credo che questa preferenza sia da imputare alla variabilità ormonale che ci caratterizza. Variabilità che ci espone in maniera differente a ogni tipo di stress: organico e non. Poeticamente mi piace dire che la donna, nella sua immagine archetipica di “madre che accoglie”, sia biologicamente ed emotivamente più predisposta alla permeabilità, alla vulnerabilità e allo stato di allerta. Ecco, nella fibromialgia l’allerta non si spegne mai, rimane acceso l’interruttore centrale d’allarme e le connessioni vanno in tilt, mandando informazioni sbagliate.

Mi dicevi che nel tuo caso, non l’unico, è direttamente correlata alla endometriosi. Raccontaci un po’ il percorso diagnostico.

E’ una storia lunga la mia, che comincia lontano, a 19 anni, ma forse addirittura prima, con tanti sintomi che non erano stati capiti. Venivano scambiati per colite, per somatizzazione, per appendicopatia e, invece, ero affetta da endometriosi.
Mi è stata diagnosticata appunto a 19 anni dopo una colica tremenda. Fui operata pochi mesi dopo la diagnosi. A intervento finito il chirurgo venne nella mia stanza e disse a me e al mio ragazzo (marito da 17 anni): “Non so cosa vogliate fare voi da grandi: fare carriera, viaggiare, divertirvi; ma sappiate che tutto questo tempo non l’avete! Ho fatto del mio meglio, ho ripulito bene, ma se volete diventare genitori vi consiglio di non aspettare troppo.” Quelle parole, “non avete tempo”, furono un calcio nel cuore. Avevo tanti sogni artistici e creativi nel cassetto, tanti talenti ed ero anche confusa su quale fosse il talento giusto da coltivare, ma in quella confusione, quel aut aut ebbe sì l’effetto di un calcio sulle prospettive umane, ma anche quello di una luce potentissima, di un faro abbagliante.

Non mi ci volle molto per capire che l’unica cosa che in fondo volevo davvero era diventare madre. Col senno di poi mi è capitato di pensare: “e se questo fosse stato un dono? Se io avessi messo al primo posto la mia realizzazione e avessi perso tempo, ora Samuele e Maria Sole, non ci sarebbero? Ho pensato che in quel dolore e in quei tagli potesse esserci una specie di “chiamata”, un raccordo anulare Divino nel traffico dell’anima. Ché, a volte, nelle cose degli uomini ci si perde e certi inciampi in realtà potrebbero essere una protezione, una rivelazione, una manna.

di Paola Belletti

14 settembre 2017

FONTE: Aleteia