venerdì 28 febbraio 2014

Sorridere nonostante la malattia che imprigiona. La storia di Alona


Una grave malattia congenita costringe Alona sulla sedia a rotelle e all’assistenza perpetua. Lei e sua madre Alla vivono in un piccolo appartamento di Tbilisi, capitale della Georgia. Per anni la loro casa ha costituito il suo unico spazio vitale, la finestra in soggiorno il suo unico ponte verso l’esterno. Impossibile per sua mamma trasportarla su e giù per i diversi piani del palazzo in stato di abbandono.

In un Paese martoriato dalla guerra, le barriere architettoniche e l’indifferenza della gente possono diventare ostacoli insormontabili.
Imprigionata per 10 anni nella sua dimora, Alona ha sempre potuto contare sulla presenza e sull’aiuto di sua madre. Ma una ragazza ha bisogno del contatto e dei sorrisi dei suoi coetanei, di relazionarsi agli altri. Col tempo, Alona si è chiusa in se stessa, sviluppando una comprensibile avversità al contatto umano.


Eppure, oggi, Alona è una persona diversa. Minuta, due occhi azzurri vivissimi e padrona di un’ironia che trovi solo nelle persone che hanno vissuto delle forti esperienze nella vita. Attraverso una vicina, infatti, Alona e Alla vengono a conoscenza del Day Hospital all’interno del Poliambulatorio Redemptoris Hominis, gestito dai Camilliani, un Ordine di Religiosi medici e infermieri, che intervengono in tutte le zone di emergenza nel mondo.
Il Poliambulatorio presta la sua opera, in forma assolutamente gratuita, in numerose specialità: Farmacia, Ostetricia e Ginecologia, Ortopedia, Chirurgia, Cardiologia, Pediatria, Neurologia, Laboratorio di Analisi e Radiologia e molte altre.

Aiutata dal personale del centro, in grado di ospitare 50 persone in day hospital e 18 in modo residenziale, Alona ha potuto finalmente tornare a varcare la soglia di casa, a interagire (inizialmente con fatica) con gli altri e, in qualche modo, a sorridere.
La sua storia è stata documentata nelle immagini scattate dal fotografo argentino Guillermo Luna, che realizza splendidi reportage sull’opera dei Camilliani nei cinque continenti.
L’Ordine, al quale è stato affidato anche il centro di Tbilisi, è costituito da religiosi e laici che cooperano per assistere chi ha più bisogno. Si occupa di costruire e gestire ospedali e infermerie, di intervenire in caso di disastri naturali, di svolgere attività di ricerca contro malattie come l’AIDS o malattie rare come quella che ha colpito Alona.

Per saperne di più sui Camilliani, sulla loro attività e sul loro Fondatore, il primo infermiere della Storia, cliccare qui: 



di Niente Barriere

23 aprile 2013


FONTE: nientebarriere.blogspot.it

http://nientebarriere.blogspot.it/2013/04/sorridere-nonostante-la-malattia-che.html


Oggi, 28 febbraio, è la Giornata Mondiale delle Malattie Rare. Per questo giorno molto significativo ho pensato di postare la storia di Alona, una persona malata e disabile, una persona che, come ogni altro malato, vive una vita, difficile, tortuosa, piena di ostacoli e... diversa, almeno rispetto alla maggioranza delle persone.
Non dimentichiamoci MAI di loro, non dimentichiamoci mai dei malati rari, uomini, donne, bambini ed anziani che portano una croce quotidiana molto pesante, spesso senza avere neppure il beneficio di una qualche cura efficace, perchè le malattie rare sono tante (si stima, tra le 6000 e le 8000) e colpiscono, per ciascuna di essa, un limitato numero di persone, tale da rendere molto difficile, complicata e dispendiosa la ricerca.
Ricordiamoci spesso di loro, non soltanto oggi, ricordiamoci di tutte queste persone, per lo più sconosciute al mondo, che vivono, soffrono, rinunciano, pazientano, sperano.... e Amano, probabilmente più delle persone cosiddette sane.  Un grande, forte, solidale abbraccio da parte mia a tutti loro!

Marco

lunedì 24 febbraio 2014

La Progeria. Che cos'è?


La Progeria o Sindrome di Hutchinson-Gilford è una malattia genetica rara e fatale caratterizzata dall’insorgenza di un invecchiamento precoce in età infantile. Il suo nome deriva dal greco e significa “invecchiamento precoce”.
Essa colpisce un neonato ogni 4-8 milioni, si presenta in tutte le etnie e colpisce indifferentemente maschi e femmine.
Esistono diverse forme di Progeria e la più comune è la Sindrome di Hutchinson-Gilford, dai nomi dei medici che l’hanno descritta per primi in Inghilterra (il dottor Jonathan Hutchinson nel 1886 e il dottor Hastings Gilford nel 1897). L’HGPS, la forma classica di Progeria, è causata da una mutazione genetica nel gene LMNA che si verifica durante la formazione degli spermatozoi, quindi è di origine paterna, come molte mutazioni spontanee. La ragione è attribuibile al grande numero di divisioni necessarie che le cellule progenitrici fanno per diventare spermatozoi maturi. Il gene LMNA produce una proteina che si chiama Lamina e che si trova al di sotto della membrana nucleare, formando una sorta di reticolo strutturale dove trovano ancoraggio molte proteine diverse della membrana stessa e i cromosomi. La mutazione porta alla formazione di una lamina più corta (progerina) che diventa tossica per le cellule rendendolo più sensibili ai danni esterni e alterando numerosi collegamenti interni dal punto di vista funzionale.

La Fondazione per la Ricerca sulla Progeria (PRF) ha avuto un ruolo fondamentale nella scoperta del gene responsabile della Progeria riportando, nell’aprile 2003, sul prestigioso giornale scientifico Nature, la scoperta del gene responsabile della Progeria, avvenuta grazie allo straordinario lavoro di un team di scienziati del Genetics Consortium della PRF. Secondo i ricercatori, il processo di invecchiamento precoce tipico della Progeria dipenderebbe proprio da un difetto della Lamina A, che rende il nucleo instabile, provocando instabilità cellulare.

SINTOMI

I sintomi della Progeria assomigliano fortemente al normale invecchiamento umano, ma si verificano in bambini piccoli.  I bimbi affetti da progeria che sono apparentemente sani alla nascita, già dal primo anno di vita mostrano i primi segni della malattia.

I sintomi principali sono:

Mancata crescita durante il primo anno di vita

Pubertà ritardata/ipogonadismo

Senilità precoce/invecchiamento prematuro

Macrocefalia (grande testa rispetto alle dimensioni del viso)

Fontanella bregmatica larga/ritardo di chiusura

Pelle secca, squamosa e sottile

Pelle glabra/assenza di peli

viso stretto, rattrappito e spiegazzato

Calvizie

Perdita di ciglia e sopracciglia

Esoftalmo

Formazione ritardata o assente di denti

Piccola mandibola (micrognazia)

Labbra sottili/retratte

Lobo piccolo/ipoplasico/aderente

Naso a becco d'uccello

Perdita di peso

Lussazione delle anche

Idartrosi/artrosi

Aterosclerosi generalizzata

Osteoporosi


Difficoltà di alimentazione

Anomalie della fonazione/pianto/voce debole o acuta

Ipoplasia delle falangi distali delle dita

Unghie sottili/ipoplasiche (mani e piedi)

Rigidità articolare

Lussazione delle anche

Anomalie/agenesia della clavicola


I bimbi colpiti da Progeria sono geneticamente predisposti all’insorgenza progressiva e prematura di malattie cardiocircolatorie e il loro decesso è dovuto quasi sempre a disturbi cardiovascolari diffusi. Soffrendo di malattie cardiovascolari, presentano: pressione alta, insorgenza di ictus, angina (dolore al petto dovuto ad un ridotto afflusso di sangue al cuore), ingrossamento del cuore e infarto.

ASPETTATIVE DI VITA

I malati di Progeria di solito vivono solo fino all’adolescenza, l'età media è di 13-14 anni, anche se alcuni riescono a raggiungere i 20 anni.
I bambini colpiti da Progeria invecchiano 8 volte più velocemente del normale: in pratica, sono creature il cui corpo è intrappolato in quello di un anziano, pur con uno sviluppo mentale corrispondente all’età anagrafica, con intelligenza ed emozioni legate ad esso.
Di solito la Progeria non viene tramandata attraverso le famiglie e raramente si è visto più di un bambino in una famiglia. L’HGPS è caratterizzata da una mutazione autosomica dominante (perchè è sufficiente solo la mutazione di una copia del gene per il suo manifestarsi) sporadica (perchè è una nuova mutazione). Per i genitori che non abbiano mai avuto un bambino con Progeria, la possibilità di mettere al mondo un bimbo con HGPS è di 1 su 4-8 milioni, mentre nel caso in cui abbiano già avuto un bambino con Progeria, il rischio che riaccada, è circa del 2-3%. Questo aumento della percentuale di rischio è legato al mosaicismo, una condizione in cui un genitore ha la mutazione genetica della Progeria in una piccola percentuale delle sue cellule, ma non ha la Progeria.

TERAPIE

Dato che il gene della mutazione responsabile della Progeria è stato identificato, la Fondazione per la Ricerca sulla Progeria (PRF) ha in programma un Test diagnostico con cui identificare il cambiamento, la mutazione del gene che causa la sindrome HGPS. Dopo la visita medica e la raccolta dell’anamnesi viene analizzato un campione di sangue per cercare il gene della Progeria, con una precisione scientifica ed in modo precoce, in modo da poter curare i bambini in modo adatto.
Non esistono al momento rimedi risolutivi per la Progeria, ma soltanto trattamenti per curare o prevenire alcune conseguenze provocate dalla malattia come i rischi vascolari, l’ictus, l’infarto e le cardiopatie. La ricerca sta però tentando di invertire il processo genetico, cercando di limitare i danni della tossicità della progerina mediante l’impiego di inibitori specifici che la rendono più instabile e quindi più facilmente eliminabile.
Attualmente esistono protocolli sperimentali diversi utilizzati in Francia, Stati Uniti e Italia che riguardano l’impiego combinato di farmaci già noti per altre malattie: la Pravastatina e Acido Zoledronico. Questi farmaci agiscono sulla via di formazione della lamina (progerina) matura e quindi interferiscono con la sua modificazione chimica (farnesilazione), rendendo la proteina meno tossica. Altri studi hanno utilizzato un farmaco sperimentale, il Lonafarnib, che sarebbe in grado di bloccare alcuni degli effetti devastanti della proteina progerina: in tutti i bambini trattati con questo farmaco, sono stati registrati degli effetti positivi, come un aumento di forza muscolare o un miglioramento della condizione dei vasi sanguigni.

FONTI: meteoweb.eu, wikipedia.org

martedì 18 febbraio 2014

A 17 anni sono già vecchio: colpa della mia rarissima malattia, la Progeria

Ricordate il film Il curioso caso di Benjamin Button? La vicenda del protagonista (Brad Pitt) è ispirata alla rarissima sindrome di Hutchinson-Gilford, o Progeria, che causa l’invecchiamento precoce. La stessa malattia che ha colpito Sammy Basso, 17 anni, studente di Tezze sul Brenta (Vicenza), uno degli 80 casi conosciuti al mondo. Questa è la sua toccante testimonianza.

«Mi chiamo Sammy, ho 17 anni e una rarissima malattia che causa un veloce e progressivo invecchiamento. Sono il ragazzo più vecchio in Europa affetto da sindrome di Hutchinson-Gilford, o Progeria, e uno degli 80 casi conosciuti nel mondo con questa patologia. Il mio aspetto e la mia salute sono quelli di una persona anziana, ma la mia voglia di vivere e il mio modo di essere sono quelli di un qualsiasi ragazzo della mia età.

Non mi sono mai chiesto perché questa malattia sia capitata proprio a me visto che colpisce appena un bambino ogni otto milioni di persone, sono credente e ho sempre pensato che fosse questo il progetto di Dio per me. Sia i miei genitori che i medici non mi hanno mai nascosto nulla, neanche il fatto che per chi è affetto da progeria l’aspettativa media di vita in genere non superi i 13 anni: ebbene, a dicembre io diventerò maggiorenne. E come tutti i ragazzi della mia età non penso ai miei acciacchi ma ho voglia di divertirmi: ho tanti amici con cui trascorro il mio tempo libero, i fine settimana o le ore pomeridiane dopo la fisioterapia, indispensabile per le mie ossa delicate come cristallo.

La mattina vado a scuola: frequento la quarta liceo scientifico, le mie materie preferite sono matematica, fisica, scienze. Sto già pensando all’università, penso che mi iscriverò alla facoltà di fisica o di biologia: il mio sogno sarebbe diventare fisico nucleare o ingegnere genetico. Intanto progetto le prossime vacanze estive, adoro viaggiare, mi piacerebbe poter presto andare in Sud America, in Perù in particolare, e poi vorrei un giorno visitare Gerusalemme.

Per ora sono gli Stati Uniti il posto dove più spesso mi sono recato: ci sono già stato diverse volte dal luglio 2007, quando ho iniziato delle terapie sperimentali a Boston dove c’è la dottoressa Leslie Gordon a capo della Progeria Research Foundation, il principale ente di ricerca a livello mondiale che studia la mia rara malattia, il cui gene è stato scoperto solo dieci anni fa. All’inizio andavo a Boston ogni quattro mesi, ora in media ogni sei, ed è sufficiente circa una settimana in day-hospital e poi proseguire la somministrazione dei farmaci a casa.

La cosa più difficile per me è stata affrontare la paura che ho degli aghi perché uno dei farmaci di queste terapie viene somministrato in endovena. Ma ne vale la pena, spero di avere presto i risultati dei primi cicli di sperimentazione. È importante per me sperare che un giorno ci possa essere una cura per la progeria e sapere che in qualche modo posso aver contribuito nello studio di terapie sperimentali: lo faccio per me ma lo faccio anche per gli altri. Per questo stesso motivo i miei genitori e i miei amici hanno dato vita alla A.I.Pro.Sa.B. Onlus – Associazione italiana progeria Sammy Basso
, (http://www.progeriaitalia.org/ita/index.php (http://www.progeriaitalia.org/ita/index.php) di cui sono particolarmente orgoglioso perché è una delle due sole associazioni in Europa a occuparsi della progeria.

Oltre a fare informazione sulla malattia e a sostenere la ricerca, nel settembre 2012 abbiamo organizzato, con altri ragazzi europei che vivono la mia stessa situazione, il primo meeting in Italia Italy Progeria Reunion 2012, a Montegrotto Terme (Padova). È stato scelto Montegrotto Terme perché lì l’acqua è calda, indicata per la nostra pelle così delicata e le nostre articolazioni. Eravamo un centinaio di persone tra medici e ricercatori, ragazzi e bambini con le rispettive famiglie. Questi meeting sono iniziati nel 2002 e vengono organizzati a rotazione in diverse città d’Europa; quest’anno l’incontro si terrà in Inghilterra.

Ogni due anni medici e ricercatori si confrontano sul grado di conoscenza della sindrome e su quali concrete possibilità di combatterla si profilino all’orizzonte, ma siamo tutti ben consapevoli che al momento non c’è cura contro la sindrome di Hutchinson-Gilford. Per questo incontrare altre persone affette da questa rara malattia è un momento importante per noi ragazzi ma anche per le nostre famiglie, in particolare per i nostri genitori.

A volte vedo la preoccupazione negli occhi di mia madre e di mio padre: anche se non so cosa significhi essere genitore, cerco di immaginare che cosa possano aver provato quando gli fu detto che il proprio figlio di pochi mesi, nato sano, era affetto da una patologia rara. Ma se c’è una cosa che ho imparato in prima persona, proprio dai miei genitori, è che non bisogna arrendersi mai. E vivere la vita col sorriso anche se devi portare scarpe con il rialzo e plantari su misura perché a 17 anni hai già l’anca lussata.

Ogni giorno per me è un regalo della vita e per questo cerco di ritagliarmi con costanza del tempo da dedicare alle cose che più mi piacciono, come leggere: sono appassionato del genere fantasy, storico e di attualità. E mi piace tanto anche ascoltare musica, passando dalla classico alla leggera, dal pop allo spiritual e ai cantautori.

Mi piace molto anche il musical. Qualche anno fa ho avuto la fortuna di conoscere la Compagnia del villaggio con cui ho persino recitato: mi hanno dato un ruolo in alcuni recital come La bella e la bestia, Il re leone e Aladdin. Piccole parti, ma è stata un’esperienza incredibile: salire sul palco e recitare, cantare, in mezzo a professionisti, è stato davvero emozionante, anche perché il ricavato di questi spettacoli è stato devoluto alla mia associazione.

Molte persone mi dicono che trovano ammirevole il mio equilibrio. Come se la malattia avesse dovuto cambiare oltre al mio aspetto fisico, anche il mio modo interiore di essere… Io so solo che sono sereno e credo che un grazie particolare lo devo ai miei genitori, Laura e Amerigo, che con la loro saggezza e il loro amore mi hanno fatto da sempre sentire non diverso, ma speciale
».

Sammy Basso,
17 anni, Tezze sul Brenta (Vicenza)

17 maggio 2013

FONTE: blog.ok-salute.it

http://blog.ok-salute.it/salute-storie-lettori/2013/05/17/a-17-anni-sono-gia-vecchio-colpa-della-mia-rarissima-malattia-la-progeria/


Ho già avuto modo di parlare di Progeria sulle pagine di questo blog con la morte di Sam Berns, questo ragazzo americano affetto da questa malattia rarissima che ci ha lasciato all'inizio di quest'anno. Sammy è uno degli appena 80 casi presenti in Europa con questa patologia, e nonostante le aspettative di vita siano brevissime per chi ne è colpito (appena 13 anni.... il che significa che Sammy è già andato ben oltre) è bello vedere quanto ottimismo, naturalezza e voglia di vivere ci sia in questo ragazzo, che non manca di fare le cose che fanno tutti i ragazzi della sua età, come giocare, leggere, ascoltare musica, andare a scuola.... il tutto condito dalla sua Fede in Dio e dal grande Amore per i suoi genitori, che lo hanno sempre fatto sentire speciale.
Una cosa bellissima che è capitata recentemente a questo ragazzo, è stata quella di ricevere una telefonata nientemeno che da Papa Francesco
(http://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/papa_telefonata_ragazzo_malattia_progeria/notizie/348790.shtml)
che aveva conosciuto la sua storia e che ha voluto colloquiare con lui, come si fa tra due vecchi amici. Un gesto semplice, ma splendido, che ci dice una volta di più, quanto grande sia questo Papa. E ora Sammy, divenuto maggiorenne (ha compiuto gli anni il 1° dicembre) conta di realizzare altri desideri, come laurearsi e fare dei viaggi all'estero.

Buona fortuna per tutto caro Sammy.... e che la vita ti sorrida sempre, come tu sorridi a lei.

Marco

venerdì 14 febbraio 2014

L'ultimo desiderio di Keegan: aiutare i senzatetto


Keegan Keppner è un bambino dell’Oregon di 10 anni che nonostante sia malato terminale di cancro, non desidera nulla per se stesso ma solo per gli altri. Lui vuole solo aiutare i senzatetto.

La storia di Keegan Keppner è quella di un bambino di 10 anni che nonostante la sua giovane età è da tempo abituato a soffrire e a combattere. I suoi genitori sono entrambi disoccupati e soprattutto lui è stato costretto, sin da piccolino, a combattere una rara forma di cancro al cervello. Keegan è, infatti, un malato terminale di cancro. Ma non per questo è un bambino che ha perso la voglia di vivere e soprattutto di fare qualcosa per gli altri, per chi crede ancora più sfortunato di lui. Come tanti bambini con una storia tristemente simile alla sua, anche lui aveva un ultimo desiderio. Ma non desiderava nulla per se stesso: né viaggi, né incontri speciali, né giochi.

Il piccolo ha fatto mangiare i senzatetto di Eugene

Il bambino dell’Oregon ha voluto aiutare i senzatetto, ha voluto rendersi utile per chi ha giudicato più sfortunato. E così, anche grazie al suo patrigno, Keegan ha esaudito il suo desiderio e ha dato da mangiare i clochard di Eugene. Gli ha portato la colazione sperando di vederli felici: la reazione dei senzatetto è stata, ovviamente, di grande commozione. C’è chi ha ringraziato il piccolo Keegan, chi lo ha abbracciato, chi ha giocato con lui. Lui ha detto che “era triste vederli soffrire”, che laggiù “ci sono tante persone simpatiche”.


21 gennaio 2014


FONTE: fanpage.it
http://www.fanpage.it/l-ultimo-desiderio-di-un-bimbo-malato-terminale-di-cancro-aiutare-i-senzatetto/


Una storia di grande dolore e Amore! Dolore perchè quando c'è di mezzo un bambino malato, ancor più se malato terminale, non si può non provare dolore.... ma anche di Amore, per il gesto di grande sensibilità e solidarietà di questo bambino, Keegan, nei confronti dei senzatetto di Eugene. Onore e merito a lui e al suo grande cuore.... un esempio bellissimo e un insegnamento per tutti quanti noi.

Marco  

lunedì 10 febbraio 2014

Una bambola sulla sedia a rotelle: il desiderio di Melissa


Melissa ha il volto sorridente, una maglietta a righe e una bambola in braccio. Appare così nel video pubblicato sul sito change.org in cui racconta la sua storia e lancia il suo appello: la creazione di una bambola con disabilità.

Melissa ha dieci anni, vive in Pennsylvania e fin dalla nascita è costretta a convivere con la malattia di Charcot-Marie-Tooth, una patologia degenerativa per la quale non esiste cura, che colpisce il sistema nervoso periferico, costringendola su una sedia a rotelle. Come molte sue coetanee, adora American girl, collezioni di bambole molto particolari: ognuna di loro ha una storia, proviene da un paese, un’etnia o un’epoca diversa, per trasmettere alle bambine l’importanza di valori come l’amore per la famiglia, l’amicizia, la responsabilità, il perdono. Quelle che Melissa ama maggiormente sono le bambole “Girl of the Year” , che cambiano ogni anno e che riflettono i gusti, le aspirazioni e le sfide delle bambine di oggi. Ogni personaggio insegna che superare gli ostacoli e vincere le proprie sfide è possibile, credendo in se stesse. Però nessuna di queste “Girls of the year” è davvero come lei, perché nessuna di loro ha una disabilità.

Essere una ragazza disabile non è facile. La distrofia muscolare mi impedisce, per esempio, di correre o di pattinare sul ghiaccio, oppure di fare tante altre cose che molte ragazze danno per scontato. Per una volta non voglio essere invisibile o un personaggio di secondo piano che la protagonista deve aiutare. Voglio che le altre ragazze capiscano cosa significhi essere me, attraverso la storia di una American Girl con disabilità” si legge sul testo della petizione.
La richiesta di Melissa ha finora raccolto più di centotrentaduemila firme da quando è stata lanciata lo scorso 27 dicembre, diventando una delle cinque petizioni degli Stati Uniti cresciute più velocemente sul sito change.org, e ha avuto risalto anche sui media nazionali. Secondo quanto riportato da HLNtv.com, l’azienda American Girl ha rilasciato una dichiarazione il 3 gennaio sulla petizione di Melissa, non svelando però se verrà da loro accolta: “Apprezziamo l’entusiasmo e la fiducia che i nostri sostenitori hanno in noi per creare prodotti e storie di diversità e inclusione, e noi plaudiamo Melissa Shang per il suo spirito e per il suo atteggiamento sorprendente e positivo. Riceviamo centinaia di richieste per la creazione di bambole e libri basati su un’ampia gamma di circostanze e prendiamo sempre in considerazione nuovi modi per migliorare le nostre linee di prodotto.

Ying Ying Shang, la sorella diciassettenne di Melissa che l’ha aiutata a realizzare la petizione, spera che questo desiderio possa davvero diventare realtà anche grazie all’attenzione ricevuta. “Le ragazze amano American Girl perché ogni bambola ha una propria storia - ha sottolineato - e quella di Melissa è eccezionale. Ciò che chiediamo è che venga raccontata”.

di Mariangela Celiberti

17 gennaio 2014

FONTE: pronews.it

venerdì 7 febbraio 2014

L'Amore di Rowena, oltre la morte

Questa storia non è una favola, perché pur essendo piena di candore, manca di elfi e di principi azzurri, tuttavia c’è una damigella in pericolo ed un drago da sconfiggere. Questi non sputa fuoco e non ha squame verdastre. Questo mostro si chiama cancro. Ed è molto più pericoloso, perché si insinua nella vita delle persone ed a poco a poco cerca di distruggerle e di disarmarle sino a sfinirle. Ma Rowena, giovane londinese, affetta da una grave forma tumorale non si è persa d’animo.

Ho scoperto di avere il cancro dopo la gravidanza, ma i medici non se ne sono accorti subito” ha dichiarato la donna al tabloid Daily Mail aggiungendo: “Ero spaventata, poi ho capito che dovevo pensare a mio figlio Freddie e prepararlo alla mia futura assenza
. Per questo consapevole di dover morire, Rowena ha iniziato a stendere al suo piccolo una serie di lettere, messaggi che riguardano anche il giorno del diploma, della laurea, del matrimonio e di quelle tappe fondamentali per la vita di ognuno, durante le quali lei purtroppo non ci sarà. Ci sono anche i classici biglietti di auguri per Natale e tutti quei consigli che Rowena avrebbe voluto dargli nel vederlo crescere. Parole scritte per non far sentire la sua mancanza e per colmare quel vuoto.
La donna sta cercando di abituare il piccolo alla sua assenza dicendogli di parlare ogni qual volta si sentirà solo con il suo orsacchiotto. “Sara come avermi accanto, continuo a ripetergli
.

Ma sarà davvero così? Arriverà un momento in cui Freddie si chiederà: “Dove è la mia mamma? E perché proprio la mia?. Soffrire non dipende dalla volontà, parimenti morire. E questa giovane donna sta impegnando gli ultimi giorni della sua vita cercando di godere pienamente il suo bambino, per lasciargli addosso il suo profumo e nella gola il gusto della sua risata. “All’inizio non avevo paura di non farcela, temevo soltanto che non avrei potuto avere altri figli, io che ne sognavo minimo quattro. Sono gelosa di tutte le persone che vedranno Freddie crescere… E’ straziante.

Le dichiarazioni e la drammatica vicenda di Rowena hanno commosso la Gran Bretagna e fatto riflettere milioni di persone riguardo alla preziosità del tempo. Il desiderio di veder crescere un figlio, di vederlo camminare, sbagliare, ballare, innamorarsi, è il più naturale del mondo per una madre. Tuttavia in questa, come in tanti altri episodi simili, il drago, il mostro, il cancro non vince, perché nessuno si spegne mai davvero se continua a restare nel cuore di chi lo ha amato.



di Cristina La Bella

17 gennaio 2014

FONTE:primapaginaonline.org


Una storia bellissima, commovente, che ci parla ancora una volta del grande, immenso Amore di una madre verso il proprio figlio. Un Amore che neppure la barriera della morte potrà infrangere, un Amore che è e sarà per sempre.

Marco

martedì 4 febbraio 2014

L’oncologo e la battaglia infinita. In tre anni 1500 bambini con il tumore

“I veleni nascono dal lavoro nero: inevitabile che lo smaltimento degli scarti sia illegale”

NAPOLI - «La Terra dei fuochi è l’altra faccia della tragedia di Prato, un problema non solo nazionale ma mondiale. Per questo auspico che la data del 3 dicembre diventi la giornata per la tutela della dignità del lavoro e di conseguenza dell’ambiente». L’oncologo Antonio Marfella è una delle voci storiche della protesta contro l’avvelenamento dei terreni in Campania e di sue dichiarazioni sono pieni i faldoni delle Procure e i resoconti stenografici del Parlamento. Eppure la sua chiave di lettura spiazza. «Perché il problema reale è il traffico illegale di rifiuti industriali. Ora conosciamo la vera emergenza e sappiamo che lo Stato ha preferito chiudere gli occhi piuttosto che affrontarla». Un dramma dai numeri impietosi: ad Acerra, uno dei Comuni della Terra dei fuochi, dal 2009 al 2012 le esenzioni da ticket per tumori maligni sono aumentate dell’81,2%. Nel solo triennio 2009-2011 i bambini con tumore nella provincia di Napoli sono stati 1.519, in quella di Caserta 342.

Il ragionamento di Marfella è logico: se una ditta produce in nero un manufatto in pelle, gli scarti dovranno per forza essere smaltiti illegalmente, quindi bruciati nelle campagne tra Caserta e Napoli. E se in provincia di Napoli si registra il più alto numero d’illegalità diffusa in ambito lavorativo allora il conto torna. «Il problema dei roghi tossici – spiega Marfella – non va confuso con la gestione dei rifiuti urbani». Ancora qualche numero: nel 2012 in Italia (dati Ispra) sono stati prodotti 138 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, di cui 10 altamente tossici, contro i 29 milioni di rifiuti urbani. A questa cifra va aggiunta la quota in «nero», ossia i rifiuti speciali prodotti dall’economia sommersa. «Se questi scarti di lavorazione non saranno più bruciati nella Terra dei fuochi, – continua Marfella – alimenteranno un traffico mondiale. Ritorneranno forse in Cina per poi approdare ancora in Italia sotto forma di giocattoli fatti con plastica tossica».

E la soluzione? Marfella ha la sua: «Per spegnere la Terra dei fuochi occorre avere il coraggio di abbassare le tasse sulle imprese e consentire di far emergere quel sommerso che sversa rifiuti speciali dove capita». E le bonifiche? E l’Esercito? Per Marfella basta dividere i terreni inquinati da quelli non inquinati. Terreni (in Campania sono 800 ettari su 700mila) che potrebbero essere riconvertiti per produrre canapa o per creare spazi verdi. «Un giardino dei giusti, con alberi donati da tutti i Comuni della Campania – continua Marfella – per riabilitare anche all’estero l’immagine della nostra regione e dell’Italia tutta». Ma bisogna fare presto, perché il rischio è che la lentezza dell’azione di contenimento dell’avvelenamento del territorio si scontri con le nuove tecniche adottate della criminalità ambientale. Nelle fabbriche dove tutto è fuorilegge, gli scarti, ormai, non si bruciano più. Troppo rischioso. Meglio obbligare chi lavora lì a portare a casa la sua quantità di rifiuti speciali utilizzando, poi, il sacchetto di casa per farli scomparire.

di Antonio Salvati

4 dicembre 2013

FONTE: lastampa.it


Una situazione che si commenta da sola: quasi 2000 bambini con tumore nelle province di Napoli e Caserta in appena 2 anni. Una vera ecatombe, causati dagli interramenti e dai roghi di rifiuti tossici e non (provenienti non solo da questi luoghi, ma da tutt'Italia), che avvengono in questi posti, denominati appunto "Terra dei fuochi".
Un autentico disastro, ambientale e umano, un dramma che si continua a perpetrare, giorno dopo giorno, causato dalla criminalità organizzata, ma anche dal menefreghismo e dall'inerzia delle istituzioni, nonchè da tutti quegli imprenditori (del nord e del sud) che preferiscono rivolgersi a queste società in mano a organizzazioni criminali deputate allo smaltimento abusivo di rifiuti, piuttosto che pagare le (onerose... bisogna dirlo) tasse che riguardano appunto lo smaltimento dei rifiuti.
Le conseguenze di tutto questo, se non si prenderanno serissimi e urgenti provvedimenti, continueranno per anni e decenni ancora, e non solo in questi posti, ma in tutt'Italia.

Marco

sabato 1 febbraio 2014

Terra dei Fuochi, morto il vigile che lottava contro i veleni della Camorra


Acerra, per anni aveva combattuto una battaglia solitaria alle eco-mafie. Il cordoglio di Napolitano

Il figlio Emiliano era al piano di sopra a pulire la cannula intasata di vitamina K. La moglie Maria, seduta al piccolo tavolo del soggiorno, quasi si giustificava: «Sono un po’ stanca, non sono molto brava in queste faccende. Emiliano, invece, è diverso. Lui è preciso, paziente. Ha 32 anni, ingegnere informatico. Ma si è iscritto a Medicina per aiutare il padre». Le finestre della villetta erano sigillate. Sulla porta d’ingresso c’era scritto a pennarello: «Se avete tosse, raffreddore o influenza, ringraziamo della visita, ma non bussate. Abbiamo già le nostre rogne».

Alle quattro di venerdì pomeriggio, la signora Liguori si è alzata lentamente, ha preso tre faldoni dalla libreria e li ha appoggiati sul tavolo. «Sono tutti gli articoli che parlano di Michele», ha detto. «Questo è lui durante un sequestro. Ecco località Calabricito. La bomba ecologica, la discarica con i fusti. Resti di fonderia, plastica e liquami. Qua invece è a Gorgone, dove ogni volta perdeva completamente la voce. Sui giornali citavano sempre “il nucleo di polizia ambientale”. E noi ridevamo. C’era solo Michele, in verità. Michele era l’unico vigile della sezione ambientale di Acerra. Ha chiesto rinforzi tante volte, ma non glieli hanno mai dati. Certe volte si è portato appresso me e nostro figlio».

In mezzo ai ritagli, c’era anche un articolo recente, non più di trenta righe di taglio basso, in cronaca locale. Era la notizia più importante di tutte, anche se non l’avevamo capita. Titolo: «Il pentito: rifiuti, i Pellini erano coperti. L’eccezione era il vigile Michele Liguori».
I tre fratelli Pellini, con i loro impianti di smaltimento fanghi e un’impresa edile con cemento avvelenato, sono stati condannati per traffico illecito di rifiuti tossici. «Essi erano capaci di corrompere tutti - c’è scritto nell’articolo - amministratori e carabinieri. Solo Liguori dava fastidio, faceva le foto, non offriva coperture». Quando ha rimesso gli articoli in ordine, la signora Liguori ha detto: «Avevo deciso di tenere tutto questo in modo che da nonno potesse raccontare il suo lavoro ai nipoti...». Nella stanza si è allargato un silenzio terribile. «Non diventerà nonno - ha detto - gli restano pochi giorni di vita. Non gli hanno fatto neppure la chemioterapia. Ora che andrete su a intervistarlo, mi raccomando: non dite niente. Michele non lo sa».

Michele Liguori era sotto un piumino rosa, non tirava fuori nemmeno le braccia. La sua camera era ingombra di medicine. «Al Cardarelli mi hanno operato al pancreas e hanno trovato l’alieno - ha detto cercando di sorridere - all’inizio l’ho presa con molta filosofia, poi mi sono abbattuto». Il tumore è stato causato dai veleni che ha cercato di combattere in servizio, lo stesso tipo di diossina che ha sterminato le greggi e ammalato la Regione Campania. Di tutto questo, il vigile Liguori era profondamene consapevole. «E’ la mia terra - ha detto - non potevo far finta di niente. Non mi sono mai piaciuti i vigliacchi. Non so dire se ne sia valsa la pena, però l’ho fatto».

Michele Liguori, 59 anni, figlio di un poliziotto, unico vigile urbano della sezione ambientale di Acerra, è morto alle 6,43 di domenica mattina 19 Gennaio.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato un messaggio alla famiglia: «Partecipo al cordoglio per la scomparsa di un servitore delle istituzioni che si è adoperato nell’affrontare la situazione devastante determinata nella Terra dei Fuochi». Nella domenica del lutto, il figlio Emiliano ritira la flebo e dice: «Papà mi ha insegnato che bisogna crederci sempre, senza mai lasciarsi corrompere. Credeva nel suo lavoro, anche se si sentiva abbandonato. Per me è un eroe senza medaglia». Ieri pomeriggio, il telefono della famiglia Liguori ha incominciato a squillare. Quello stesso telefono che per anni suonava soltanto in piena notte: minacce, silenzi, risate di scherno. Forse adesso qualcuno si ricorderà dell’unico vigile della sezione ambientale di Acerra. Se così non fosse, lui l’aveva messo in conto. Con le ultime forze, tirandosi il piumino rosa fino ai denti, Michele Liguori ha detto: «Meglio soli... Meglio soli che...». 

di Niccolò Zancan

20 gennaio 2014

FONTE: la stampa.it


http://www.lastampa.it/2014/01/20/italia/cronache/morto-il-vigile-della-terra-dei-fuochi-ZfrdEY2hIsUoi9zwkElGiL/pagina.html?fb_action_ids=10201389738160693&fb_action_types=og.recommends&fb_source=other_multiline&action_object_map
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Profondo cordoglio per la morte di questo uomo Giusto, Michele Liguori, vigile di Acerra, che ha sempre svolto il proprio lavoro con coraggio, onesta e professionalità, senza mai piegarsi a compromessi con le mafie del posto e  denunciando gli scempi che si stavano perpetrando in queste zone, che oggi vengono ribattezzate da tutti come "la Terra dei Fuochi". E per fare questo, per documentare e denunciare questi misfatti, ha girato in lungo e in largo questi posti, fino ad ammalarsi, 2 tumori che non gli hanno dato scampo.
E' stato un uomo "Giusto", ricordiamocelo così, Giusto e Coraggioso. Onore e merito a lui e alle persone come lui che danno lustro e onore alla nostra Italia.  Ora Riposa in Pace, nel Regno dei Giusti e dell'Amore senza fine. 

Marco


Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro dipartita da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.


Dal Libro della Sapienza 3, 1-3