lunedì 28 dicembre 2020

Maria Chiara, 26enne disabile e cieca, si laurea con 110 e lode al Suor Orsola Benincasa

Maria Chiara, ragazza 26enne non vedente e disabile, si è laureata con 110 e lode in lingue per la comunicazione e la cooperazione internazionale all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Nata prematura a 6 mesi, a causa di un distacco di placenta, fin da piccola, purtroppo, è stata affetta da cecità e tetraparesi spastica. Ma non è mai data per vinta grazie alla passione per le lingue e la musica. Toni Nocchetti: “È un simbolo per tantissimi ragazzi”.

Una bellissima storia quella di Maria Chiara, la ragazza 26enne non vedente e disabile che si è laureata con 110 e lode in lingue per la comunicazione e la cooperazione internazionale all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Maria Chiara, Mary come la chiamano gli amici, è una ragazza molto solare, dolce, simpatica e preparata. Nata a Pisa, ma napoletana d'adozione, parla tre lingue fluentemente: oltre all'italiano e al napoletano, l'inglese, il francese e lo spagnolo. Mary è nata prematura a 6 mesi, a causa di un distacco di placenta, e fin da piccola, purtroppo, è stata affetta da cecità e tetraparesi spastica. Ma non si è mai data per vinta, grazie alle grandi passioni per le lingue e la musica. Studia canto da quando aveva 13 anni ed è anche cantautrice. Dopo il liceo linguistico, ha deciso di continuare gli studi e si è iscritta all'Università Suor Orsola Benincasa, dimostrandosi subito una studentessa modello. Qui, ha conseguito prima la laurea Triennale con il massimo dei voti, 110 e lode. Poi, venerdì scorso, anche quella magistrale dove ha ottenuto ancora 110 e lode, questa volta in una situazione più difficile, a causa degli ultimi mesi di studio trascorsi durante il periodo del lockdown per il Coronavirus. Il suo professore relatore Ciro Ranisi:
Ragazza bravissima, pubblicheremo la tesi.

Una bella soddisfazione per lei e i suoi familiari. A cominciare dalla mamma Iaia Caputo. La tesi di laurea magistrale è stata tutta dedicata alla musica e alle lingue. Scritta interamente in francese, ha meritato il plauso della commissione. “Ringrazio i miei parenti ed i miei amici per essere con me - sono le parole di Mari in francese nel video alla festa di laurea – sono molto felice”. “La sua storia – commenta Toni Nocchetti, da sempre amico di famiglia e impegnato nell'associazionismo e nel terzo settore – è come una partita in due tempi: il primo riguarda lei e la sua famiglia e culmina con una laurea prestigiosa. Il secondo tempo interessa tutti noi, la società, che dovrebbe offrire un lavoro dignitoso a Maria Chiara”. Dopo la laurea, infatti, il desiderio di Mary è quello di trovare un impiego dove possa mettere a frutto le competenze acquisite all'università e utilizzare la sua formidabile memoria. Riuscirà sicuramente a raggiungere anche questo traguardo.


di Pierluigi Frattasi

21 luglio 2020

FONTE: Fanpage

martedì 22 dicembre 2020

Guerriera invisibile: il mio dolore e la mia forza nel silenzio

Ma non sembri malato’’, è una frase che molte persone che vivono con una malattia invisibile si sentiranno dire... Ed è un grosso problema che queste malattie non siano visibili perché ciò comporta delle enormi difficoltà quando si tratta di spiegare gli effetti che hanno nella vita delle persone, soprattutto se si parla con chi non sta vivendo una situazione del genere.

Purtroppo, viviamo in una società in cui moltissime malattie croniche continuano ad essere invisibili.
Solo chi vive con una patologia cronica può capire veramente cosa significhi averla e cosa comporti... si tratta di fare un viaggio lento e solitario dove la prima tappa è la ricerca di una diagnosi definitiva per “tutto quello che mi sta accadendo”. Non è assolutamente facile perchè possono passare anni prima che una persona riesca a trovare un nome per quello che ha. Dopo tutto questo, quando finalmente si ha la diagnosi, secondo me arriva la parte più complessa: trovare una qualità di vita con il dolore come compagno di viaggio.
È questa una delle sfide che le persone che convivono con queste malattie devono affrontare quando parlano in particolare con amici e familiari, che potrebbero non riuscire a comprendere facilmente una malattia di cui non vedono gli effetti. Anche perché magari rimani chiusa in casa imbottita di antidolorifici per un paio di giorni e poi all' improvviso ti vedono uscire e sfoggiare il tuo sorriso più bello... e cosí pensano che stavi facendo la vittima... E invece no!! Ogni giorno ci sono sfide nuove e diverse ed esiste una ragione dietro ogni azione.

Bisogna cambiare mentalità: non c’è bisogno di una ferita evidente perché il dolore sia autentico. E a questo mi collego a ciò che dice il mio specialista di endometriosi ai convegni:
L' endometriosi è come un tumore. Si tratta di una patologia benigna ma viene trattata come un cancro. Bisogna vedere questa malattia con occhi diversi. Chi vi dice che si guarisce vi prende in giro. La paziente deve uscire dalla sala operatoria senza endometriosi: deve mantenere le funzioni viscerali, riproduttiva e delle pelvi’’.

Non è stato facile accettare tutto ciò ma..... si diventa forti quando si impara ad accettare il dolore, altre scelte non ci sono, sei costretta! 💪💪 E se non è visibile agli occhi non significa che non esiste!

L' importanza di avere una diagnosi precoce, di essere comprese e non considerate delle pazze immaginarie in cerca di antidolorifici x sballarsi, o quelle che non sono in grado di sopportare "il classico mal di pancia a causa del ciclo".... E cosa fondamentale, non finire nelle mani sbagliate e vedersi poi la propria vita rovinata...

Ho iniziato a star male a 13 anni con i primi dolori durante il ciclo mestruale, ho dovuto convincermi che era tutto normale e che non ero in grado di sopportare nulla perchè così dicevano i medici... Vivevo chiusa in casa piegata, piangendo: anni di dolori senza essere compresa e creduta (mi sembrava di essere pazza, di esagerare. Mi sentivo dire ad esempio: “E' tutto nella tua testa, non hai niente” oppure “Non sai sopportare il dolore, non fare la bambina. Sii donna”,
Di cosa ti lamenti? dovrai partorire un giorno), assenze a scuola e saltare l' ora di ginnastica indipendentemente dalla presenza del ciclo perché​ stavo male sempre ed essere considerata dagli insegnanti pigra, nullafacente, una studentessa con una bell' immaginazione x saltare compiti, interrogazioni ed altre attività, innumerevoli corse in ospedale ed essere dimesse con una diagnosi errata, sentirsi diverse dalle amiche, rinunciare alla vita di una normale adolescente, difficoltà o impossibilità di urinare e/o evacuare, imbottirsi di antidolorifici... Ad un controllo di novembre 2011, chiesi per la prima volta se potesse trattarsi di endometriosi, avevo fatto una ricerca su internet in base ai miei sintomi e mi risultò questa malattia. I due dottori presenti mi risposero che poteva essere ma essendo seguita dal grande capo se ne sarebbe accorto.
A gennaio 2012 a causa di forti dolori tornai in ospedale e trovai uno dei due medici di novembre. Il primario, colui che mi seguiva, a dicembre era andato in pensione e chissà come mai quel giorno mi arrivó la diagnosi (avevo 26 anni): "Endometriosi profonda 4 stadio del setto retto vaginale". Finalmente, anche se dopo 13 anni di ritardo, il mio dolore aveva un nome. Da allora ho avuto 3 interventi per endometriosi (4 x la ricanalizzazione dell' intestino), sono passati 7 anni e i miei dolori sono cambiati, l' endometriosi non centra più e i miei sintomi sono neurologici (a causa dei danni permanenti ai nervi - da qui la neuropatia bilaterale del pudendo, vulvodinia e sacroileite -, vescica ed intestino neurologici con conseguenze di autocateterismo da 5 anni, selg e moviprep più ausilio x svuotare l' intestino una volta la settimana... a 28 anni ho perso la funzionalità di questi organi, non ho più la sensibilità e gli stimoli a causa di un medico che mi ha operato nel 2014, intervento durato 8 ore). Mi tolse entrambe le tube, sutura della vagina, messo stents bilaterali, shaving intestinale (lasciandomi però 2 noduli infiltrati nell' intestino ed endometriosi diffusa in altre parti). Sono uscita dalla sala operatoria con la bocca blu... ho rischiato... l' anestesista uscí 5/6 volte durante l' operazione x rassicurare mia mamma... e venne ogni giorno a controllare in stanza come stavo almeno 5 volte al giorno... e x 9 giorni, nonostante fossi attaccata ad un palloncino con morfina e altri antidolorifici, io urlavo e piangevo dai dolori. Il medico che mi aveva operato mi diceva di smetterla, che era tutto nella mia testa, che avendomi operato lui ero guarita dall' endometriosi. Mi disse di ritenermi fortunata perchè mi aveva lasciato la casetta ovvero l' utero che a causa dell' adenomiosi molto grave sarebbe stato da togliere ma non era il momento dato la mia giovane etá. Ed ebbe anche il coraggio di smentire tutto... ovvero che non era vero che mi aveva detto di aver visto endometriosi ai nervi e non toccata perché non era in grado, e di non credere a chi dice che può operare quel punto perché non esiste come intervento.... Sicuramente disse ciò per paura che scoprissi tutto quanto!!
A giugno 2015 ho subito il 3° intervento, chi mi ha operato doveva stare molto attento dato ciò che mi aveva causato il medico precedente un anno prima. Fu un intervento tosto di 7 ore: neurolisi, resezione intestinale con stomia, ovaia dx, vescica, rene dx, ureteri, vagina, legamenti utero sacrali, douglas, pelvi congelata. Ma grazie a lui sono pulita da allora dall' endometriosi! Tornare a casa con stomia è stato un trauma: tre mesi d’ inferno nei quali ho fatto fatica ad accettarla, per un mese e mezzo circa mi rifiutavo di pulire lo stoma e di cambiarmi il sacchetto da sola, lo faceva mia mamma. Ad agosto ho iniziato ad accettarla e a far tutto autonomamente. Non è facile adeguarsi a un ritmo di vita diverso, già l’endometriosi ti invalida tanto, e la stomia era un problema in più: star attenta che il sacchetto non si stacchi, svuotarlo spesso, cambiarlo, non sapere come vestirsi, far attenzione a ciò che si mangia ecc. In borsa avevo sempre il kit per le emergenze: sacchetto e maglia di ricambio, salviette, guanti... A settembre ho avuto l’ intervento di ricanalizzazione. Speravo fosse finita là ma la stenosi si era già riformata e così per sei mesi ogni settimana andavo in ospedale per le dilatazioni endoscopiche e dilatatori manuali.
A gennaio 2016 ho inserito mirena (la spirale medicata al progesterone) x posticipare l' isterectomia dato che in pazienti giovani non la fanno e in ogni caso, secondo il mio specialista, dato la mia situazione, non risolverei nulla. Sempre nello stesso mese ho ottenuto il 75% d' invalidità, soprattutto x gli ultimi due interventi molto complessi, ma in particolare x i danni e conseguenze permanenti del secondo intervento. Me l' hanno data con revisione a gennaio 2019 perché ovviamente essendo giovane x i medici della commissione inps posso guarire da tutto ciò.... assurdo!!
Ad aprile oltre a mirena hanno aggiunto Azalia come pillola... quindi doppia terapia ormonale... una bomba di ormoni!! Il 6 novembre 2018 ho effettuato una visita reumatologica e ho avuti la diagnosi di fibromialgia, ennesimo regalo dell' endometriosi.
Il 29 novembre ho subito il mio 5° intervento: il mio specialista di endometriosi, essendo anche neuropelveologo, con la tecnica LION appresa a Zurigo dal suo maestro, mi ha impiantato il neuromodulatore sacrale provvisorio sperando di recuperare almeno una parziale funzionalità vescicale e rettale, anche se mi hanno dato bassissime possibilitá di riuscita... Per l' intestino non c'è più nulla da fare, se va bene x vescica ridurrò solamente il numero di cateteri a 2 (da 4 anni e mezzo ne faccio almeno 5 al giorno).

L' intervento è durato più del previsto perché anche se sono pulita dall' endometriosi da giugno 2015, purtroppo, il mio addome è stra pieno di aderenze x tutti gli interventi che ho fatto in passato... tante ne ha tolte ma tante altre le ha dovute lasciare altrimenti avrei rischiato tanto soprattutto x l' intestino.
La sera prima dell' operazione mi aveva detto che ci poteva essere la possibilità che non riuscisse ad impiantare gli elettrodi sui nervi pelvici dato la mia situazione molto complessa e delicata e che rischiavo le stomia per la seconda volta... Ma ci è riuscito a mettermelo e mi ha evitato il sacchetto, altrimenti sarebbe stato ancora di più un casino!✌👌 Ho il neuromodulatore sacrale impiantato ed ora si spera dia le funzionalità di cui ho bisogno altrimenti tornerò in sala operatoria e sposterà gli elettrodi x vedere se cambia qualcosa. Prima di togliere tutto vuole fare un paio di tentativi x vedere se posso aver i benefici sperati e se fosse cosi si procederà con l' impianto del neuromodulatore sacrale definitivo... in caso contrario, come dicevo, si toglie e basta. Indipendentemente vada, lui rimarrà sempre il mio salvatore e non finirò mai di ringraziarlo!!! È stato l'unico, 4 anni e mezzo fa, a volermi prendere come sua paziente nonostante tutto quello che mi ha causato il suo predecessore, mi ha aiutato molto x quanto riguarda l' endometriosi, e ora sta cercando con tutto il resto di farmi avere una miglior qualità di vita perchè secondo lui la merito visto tutto quello che ho passato e sto ancora affrontando... X lui io sono una sopravvissuta!
Il post operatorio non è stato facile più che altro perché ho avuto un sacco di problemi con il neuromodulatore, il telecomando e l'elettrodo di destra che mi era uscito il 21 maggio dopo alcuni giorni che sentivo la pancia salire sulla pancia finché ha trovato il buchino ed è saltato fuori sentendo una scossa forte e mi sembrava che si stesse portando via un pò di pelle, bruciandola.
A febbraio ho avuto la revisione x l'invalidità e nonostante l'intervento di neuromodulazione sacrale e le nuove diagnosi di alcune patologie, la commissione non ha considerato nulla di tutto ciò riconfermandomi il 75% con revisione tra 3 anni.
Il 25 giugno ho avuto il secondo tentativo di neuromodulazione sacrale: oltre a rimettere l'elettrodo uscito, l' obiettivo era di aggiungere altri elettrodi a quelli che già ho per vedere se potevo avere dei benefici.
L' intervento è stato fatto a metà. La situazione da fine novembre è peggiorata. Se quella volta era riuscito in entrambi i lati, stavolta è riuscito solo a mettere gli elettrodi a destra, a sinistra impossibile a causa di un muro di aderenze e fibrosi che se toglieva poteva causarmi dei danni ed ha evitato. Il rischio era troppo alto. Questa volta il post operatorio è stato più duro, ho notato veramente delle grosse differenze tra questo intervento e quello di fine novembre. Ho avuto anche delle complicanze che per fortuna ho risolto.
Il 31 luglio mi è stato impiantato il neuromodulatore sacrale definitivo: pure stavolta l' intervento è durato un pò di piú perchè ha trovato un granuloma di pus che ha dovuto prima isolare dagli elettrodi e poi togliere.
Il 12 novembre, dopo 5 anni, mi hanno sostituito Mirena (la spirale), anche stavolta in anestesia generale x via della mia situazione complessa (da sveglia sarebbe impossibile mettermela).

A novembre 2019 mi hanno ridotto i cateteri da 5 a 1 e a marzo mi hanno tolto la terapia del dolore (da allora assumo antidolorifico solo al bisogno). X intestino, purtroppo, non ho risolto.

Cmq grazie all’evoluzione della tecnologia, della scienza e ricerca, oggi il neuromodulatore sacrale in molti casi può migliorare la qualità di vita. Si tratta di un trattamento che ha lo scopo di cercare di ripristinare la funzionalità del pavimento pelvico mediante la stimolazione nervosa. E' un'opzione che in genere si consiglia ai pazienti che non rispondono in maniera soddisfacente ai trattamenti terapeutici o che non possono assumere farmaci nel lungo periodo a causa di scarsa tollerabilità o di effetti collaterali importanti, e come scritto sopra a chi soffre di disfunzioni del pavimento pelvico (ritenzione urinaria, stipsi cronica, incontinenza urinaria e/o intestinale, cistite interstiziale ecc).
Ho imparato a convivere con il dolore cronico da quando ero adolescente, fa parte di me e l' ho accettato !!
Il passo più importante è l' accettazione della malattia e capire che noi non siamo Lei!!

Leggete bene queste parole e non giudicate piú chi vive con una malattia cronica ed invisibile:
Non cerchiamo attenzioni, né siamo ipocondriaci. Stiamo semplicemente cercando di vivere nel modo in cui il nostro corpo ce lo permette’’.

Michela Masat

martedì 15 dicembre 2020

Ventimiglia, convivere con il dolore. Laura, 31 anni, affetta da fibromialgia: «Per lo Stato siamo invisibili»

Malattia che causa dolore cronico, invalidante, ma per molti medici nemmeno esiste

Ventimiglia. Ha 31 anni, Laura Polizzi, e da quando ne aveva 28, cioè da quando la sua malattia è peggiorata, non ha un lavoro né un aiuto da parte di nessuno. Laura soffre di fibromialgia: una malattia cronica che provoca dolore diffuso in tutto il corpo, indebolimento, stanchezza, rigidità muscolare, emicrania. Una malattia di cui non si conoscono ancora con esattezza le cause e che ad oggi non è curabile. Ma non è tutto: la fibromialgia non è neanche riconosciuta dallo Stato come malattia invalidante, nonostante chi ne soffra sia impossibilitato a svolgere determinati (se non tutti) i lavori.

«Mi è stata diagnosticata un paio di anni fa – racconta Laura Polizzi -. Ma ne ho sofferto fin da bambina, perché sono sempre stata male. Pensavano che facessi i capricci, invece soffrivo. Da ragazzina pensavano che fossi depressa, perché parlavo poco e non avevo tanti amici: invece stavo semplicemente male». Dopo una giornata di lavoro in un bar, tre anni fa, Laura torna a casa, si mette a letto, a riposare. Quando si sveglia non riesce più a muoversi: resta bloccata a letto per cinque lunghi mesi. «Per farmi muovere un pochino mi hanno fatto delle epidurali, ma sono stata malissimo». Antidolorifici, morfina, farmaci vari sembrano solo peggiorare la situazione di Laura che alla fine ora è in cura da un reumatologo di Sanremo che le ha prescritto della Cannabis terapeutica: «E’ in gocce che devo mettere su un pezzetto di pane – spiega – E’ l’unica cosa che mi fa stare meglio perché i muscoli si rilassano, non restano contratti, e quindi il dolore diminuisce».

A rendere più difficile la vita di chi soffre di questa terribile malattia è il fatto che molti medici non credono neppure alla sua esistenza, non essendo “diagnosticabile”. «Eppure esiste e rende la vita un inferno – dichiara la giovane donna -. Provoca dolori a tutto il corpo, a tutti i muscoli, alle gambe e persino alla pelle. La notte è un incubo, non riesco a dormire, spesso sento la pelle delle gambe bruciare e devo mettere le gambe nell’acqua gelata o appoggiare sulla pelle delle pezze bagnate».

Non essendo riconosciuta dallo Stato, le persone che soffrono di fibromialgia, come Laura, non hanno diritto a una pensione di invalidità e nemmeno all’inserimento in categorie protette per accedere a un lavoro non faticoso che potrebbe consentire loro di vivere dignitosamente. «Quando sono andata all’Asl per fare la richiesta di invalidità – racconta Laura – Il medico si è messo a ridere. Mi ha detto che ero giovane e sana e che la fibromialgia non esiste. Queste sono cose che fanno davvero male».

«Per le visite mediche o l’acquisto di terapie mi devo basare su mia madre, che è l’unica ad avere uno stipendio con il quale, però, deve pagare anche l’affitto», spiega Laura. Per racimolare un po’ di soldi, essendo appassionata di arte e molto brava nel disegno e nella pittura, la giovane realizza opere che poi vende a chi gliele richiede. «Cerco di tenermi attiva più che posso, faccio le commissioni per i miei, dipingo, tento di avere una vita normale con il mio fidanzato. Anche se le difficoltà sono tante». Anche solo raggiungere uno studio medico nella vicina Sanremo è doloroso: spostarsi in autobus con tutti i dossi e le buche della strada, o in treno, con le carrozze che scuotono i passeggeri, diventa un problema enorme per chi soffre di fibromialgia.

Per questo, tramite Riviera24.it, Laura Polizzi lancia un appello per far sì che lei e tutte le persone che come lei sono afflitte dalla malattia possano essere riconosciute dallo Stato, aiutate, supportate in qualche modo e non abbandonate a se stesse come invece accade ora.

Chi vuole mettersi in contatto con Laura, può farlo attraverso la pagina Facebook Laura Fibromialgia al seguente link: https://www.facebook.com/laura.polizzi.54 


di Alice Spagnolo

10 dicembre 2020

FONTE: Riviera 24

domenica 13 dicembre 2020

Melissa ha la SMA, rischia la vita a 9 mesi: può salvarla solo un farmaco da 2 milioni

Melissa Nigri è una bambina di Monopoli, in provincia di Bari, affetta da una gravissima malattia: la SMA di tipo 1, l’atrofia muscolare spinale, che causa la morte progressiva dei motoneuroni, le cellule del cervello che inviano ai muscoli "l’ordine" di muoversi. È la più comune causa genetica di morte infantile. Una speranza contro questa malattia è il farmaco Zolgensma: prodotto dal gruppo Novartis è il più costoso del mondo, 2,1 milioni di dollari il suo prezzo. Basta una sola somministrazione di Zolgensma per correggere il difetto genetico che causa la malattia, tuttavia si deve intervenire entro i 6 mesi dalla nascita del bambino secondo quanto stabilito dall’Aifa.

Rossana Mesa e Pasquale Nigri, i genitori di Melissa, hanno però scoperto che la loro figlia era affetta dalla SMA quando costei aveva già 6 mesi e 28 giorni di vita, troppo "vecchia" per l’Aifa, perciò è esclusa dalla somministrazione gratuita. Il Zolgensma deve essere quindi acquistato sul mercato, dunque è partita un’imponente raccolta fondi sia in lingua italiana che in quella inglese, poiché la cifra è altissima e vi è bisogno di raggiungerla il prima possibile.

Anche se venisse raggiunto il traguardo non è detto, però, che i genitori riescano a comprare il farmaco: c’è bisogno infatti della prescrizione di un medico, non facile da ottenere perché Melissa ha compiuto nove mesi e si ritiene che i rischi derivanti dall’assunzione tardiva siano troppo alti. Entro febbraio il Ministero della Salute dovrebbe decidere in merito all’assunzione anche oltre i sei mesi, a patto che il bambino non superi il peso di 21 chilogrammi. Nel frattempo la raccolta fondi resta l’unica speranza per salvare la vita alla piccola Melissa.

La corsa alla solidarietà si gioca soprattutto sui social. È stata aperta la pagina Facebook "Un futuro per Melissa", dove si trovano tutte le informazioni per dare il proprio contributo economico. Si può donare sul conto di Pasquale Nigri:

IBAN IT28F0326825801052113371850

Banca Sella

Causale: Un futuro per Melissa


Per bonifici dall’estero:

SWIFT CODE: SELBIT2BXXX

È possibile anche donare attraverso la piattaforma GoFundMe.

Volevamo avvisare tutti che le donazioni stanno continuando ad arrivare – dicono Rossana e Pasquale – siete tantissimi e non abbiamo più parole per ringraziarvi. Il pensiero che ognuno di voi stia impiegando il suo tempo ed i suoi soldi per aiutarci non ha prezzo, non c’è un modo per descrivere come ci sentiamo in questo momento. Non ci sentiamo più soli.





di Francesco Pipitone

25 novembre 2020

FONTE: Vesuvio Live


Carissimi amici,

come ho già avuto modo di fare altre volte sulle pagine di questo blog, invito tutte le persone che leggeranno questo post a dare il proprio contributo per aiutare la piccola Melissa a vivere! Ciascuno doni quello che può, secondo le proprie possibilità, e se non si ha la possibilità di donare denaro, anche la semplice condivisione della sua storia è molto importante. Inoltre raccomando, come sempre, di pregare per lei e per la sua famiglia.
Tutti insieme possiamo fare molto, possiamo essere quell'oceano di "Amore" di cui questa bambina ha tanto, tanto bisogno!

Marco

lunedì 7 dicembre 2020

Atrofia muscolare spinale, bambina salvata al Santobono di Napoli con il farmaco più costoso al mondo

Sofia, una bimba di meno di sei mesi, è stata curata all'ospedale pediatrico Santobono di Napoli grazie a una terapia genica particolarmente innovativa contro l'atrofia muscolare spinale Sma. Il farmaco che le è stato somministrato è il più costoso al mondo - 1,9 milioni di euro per singolo trattamento - ed è stato autorizzato in Europa a maggio scorso e in Italia il 17 novembre. Si tratta, spiegano fonti dell'ospedale, del primo trattamento di questo tipo effettuato nel nostro Paese. Il medicinale si chiama Zolgensma ed è prodotto da Novartis.

L'atrofia muscolare spinale di Tipo 1 è una gravissima malattia genetica neuromuscolare, insorge subito dopo la nascita e causa una progressiva debolezza muscolare che compromette respirazione e deglutizione, causando la morte entro due anni. La malattia è dovuta alla delezione o mutazione di un gene denominato Smn1 capace di produrre una proteina cosiddetta Smn (proteina di sopravvivenza dei motoneuroni) che permette alle cellule motorie del midollo spinale di sopravvivere e inviare informazioni ai muscoli e permetterne il funzionamento. Il farmaco corregge il problema genetico, determinando la completa regressione della malattia. Questa terapia si basa su un vettore virale reso inoffensivo e utilizzato come navetta per veicolare il gene umano mancante nelle cellule motorie del midollo spinale, permettendo di produrre la proteina mancante in questa malattia.

Lo scorso 27 novembre, a solo dieci giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana avvenuta in seguito all'inserimento della terapia genica (onasemnogene abeparvovec) nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Ssn (L. 648/96) per i bambini affetti da Sma con mutazione biallelica del gene Smn1 e fino a due copie Smn2 entro i primi sei mesi di vita, è stato possibile procedere al trattamento della piccola.

Grande soddisfazione per il risultato conseguito viene espressa dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca, e da Anna Maria Minicucci, commissario straordinario dell'azienda Santobono Pausilipon. Il rapido utilizzo di questo farmaco al Santobono è stato reso possibile «grazie ad un eccezionale lavoro di squadra che ha coinvolto il settore farmaceutico regionale, i servizi interni all'azienda ospedaliera: acquisizione beni e servizi, farmacia ospedaliera, direzione aziendale e sanitaria e tutta l'equipe dell'unità operativa complessa di neurologia diretta dal dottor Antonio Varone».

La bambina è già tornata a casa dopo che sono stati monitorati per una settimana gli effetti collaterali connessi alla somministrazione del farmaco. Il padre, Luigi, ringrazia i medici del Santobono che lo hanno sostenuto: «All'inizio sembra tutto nero, un tunnel senza fine, adesso grazie a questo farmaco arrivato prima dei sei mesi della piccola Sofia tutti possiamo sperare e vedere alla fine del tunnel la luce tanto attesa. Spero che la nostra piccola possa far da guida a tutti gli altri affetti da questa malattia. Un ringraziamento anche tutti gli infermieri del reparto neurologia».

«Negli ultimi anni l'introduzione di terapie innovative - rileva Varone, primario della Neurologia - ha contribuito a cambiare radicalmente la storia clinica della patologia, che rimane a oggi una tra le prime cause di mortalità infantile. L'avvento di tali soluzioni terapeutiche rende quanto mai attuale la necessità di una sempre maggiore sensibilizzazione nei confronti della diagnosi precoce realizzabile attraverso l'implementazione di progetti di screening neonatale».


7 dicembre 2020

FONTE: Il Mattino