venerdì 28 settembre 2012

“Brevetto di volo e basket. La mia vita in carrozzina”

Chiara Coltri, 24 anni, universitaria, è la capitana della Nazionale azzurra. È rimasta paralizzata a seguito di un incidente stradale, lo sport l'ha salvata. Sorriso contagioso, sguardo furbetto, tantissima voglia di vivere che la spinge a mettersi sempre in gioco. Chiara Coltri è così. E' l'unica ragazza nella squadra di basket in carrozzina del Cus Padova, ma è anche la capitana della nazionale femminile e la prima donna in Italia ad aver preso il brevetto di pilota di volo.

«Se vogliamo dirla tutta ho anche il brevetto e il porto d'armi del tiro a segno», aggiunge questa ventiquattrenne studentessa di scienze politiche che è nata a Caprino Veronese ma che da anni vive a Padova in un appartamento senza barriere architettoniche, assieme al fidanzato Filippo.

Oggi racconta con naturalezza dell'incidente che le cambiò la vita. Era il 31 ottobre 2003, la sera di Halloween. «Avevo quindici anni quando capitò. Ero stata a una festa con alcuni amici e avevamo noleggiato una videocassetta. Al ritorno pioveva. Sull'auto, una Renault Clio, stavamo in quattro. Quando siamo finiti fuori strada, rotolando giù da una scarpata, il ragazzo che guidava non si è fatto nulla, solo io ho subito conseguenze pesanti, perdendo l'uso delle gambe. Ho dei ricordi molto confusi di quel giorno. Per tirarci fuori chiamarono i vigili del fuoco e ho qualche flash mentre sono in ambulanza».

All'ospedale capirono subito: sesta vertebra dorsale. Seguirono l'intervento chirurgico e sei mesi di riabilitazione. «E ho dovuto tirare fuori tutto il coraggio che avevo dentro per reagire. Finito il liceo, ho preso la patente e mi sono iscritta all'università. Lì ho conosciuto Marco Zanin, un ragazzo che giocava al Cus e che mi ha proposto di andare in palestra. Non avevo mai fatto sport prima, ma il basket mi è piaciuto subito. E' un'attività che ti richiede molto impegno a livello fisico ma che ti dà anche benefici enormi. E poi ti permette di creare nuove amicizie e vedere che mentre cresci tu, cresce anche il gruppo che hai intorno. E' un'esperienza che non avrei mai pensato di fare, prima. Così come non avrei mai pensato al brevetto di pilota e invece tutto è nato quasi per caso, l'anno scorso, quando ho conosciuto un amico che vola con gli ultraleggeri a motore: è stato lui a dirmi che a Caposile organizzavano un corso per disabili, con tutti i comandi sulla cloche. Ho fatto tre mesi di lezione, ero l'unica ragazza, e non ti dico l'emozione la prima volta in cui ho volato da sola. Ma ai miei l'ho raccontato dopo, perché non rischiassero un coccolone. Adesso vado nelle scuole e ai ragazzi dico di verificare sempre chi guida. Io non lo conoscevo bene. E poi parlo dell'importanza di essere autosufficienti ma anche della necessità di non rintanarsi, di non avere paura del mondo».

di Diego Zilio

Aprile 2012 (ultima modifica 13 settembre 2012)

FONTE: disabiliabili.net
http://www.disabiliabili.net/sport/268-discipline/31730-brevetto-di-volo-e-basket-la-mia-vita-in-carrozzina?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+disabiliabili+%28disabiliabili.net%29

mercoledì 26 settembre 2012

Sue Austin, artista invalida, e la sua sedia a rotelle subacquea


Sue Austin è un'artista disabile che ha fatto della sua invalidità un'opera d'arte. Da più di sei anni sulla sedia a rotelle, Sue ha creato un veicolo dotato di propulsore e pinne che le consentono di muoversi agevolmente nell'acqua.

L’idea le è venuta qualche anno fa, ma quando ha iniziato a parlarne in giro era stata scoraggiata, in quanto le avevano detto che era impossibile da realizzarsi e che una sedia a rotelle non è fatta per l’acqua. Ma lei non si è arresa e ce l’ha fatta! Con un paio di motori, una pinna personalizzata e un pedale per timone, Sue è in grado di muoversi sott’acqua con facilità.
Ora sta brevettando la sua sedia a rotelle "speciale" e ha già in mente alcuni miglioramenti da fare come, ad esempio, un telaio in titanio per evitare la ruggine.

Nella sua homepage l'artista racconta la sfida che ha affrontato: "La mia pratica per anni si è focalizzata sui modi per capire e rappresentare la mia esperienza da disabile sulla sedia a rotelle, dando vita a profonde conclusioni sui metodi di auto-rappresentazione e sul potere di raccontare sè stesse".

Ha anche creato una serie di filmati, ”Creating the Spectacle”, che la riprendono mentre volteggia nell'acqua, facenti parte di un progetto artistico, "Freewheeling", che promuove lo stato degli artisti disabili e vuole incoraggiare la ricerca accademica.
Il video è veramente da vedere !



FONTI: repubblica.it, tissy.it


30 agosto 2012


E' davvero sorprendente quello che riesce a fare l'ingegno umano, la creatività e la forza di volontà.
Sue Austin è riuscita a realizzare quello che in tanti non ritenevano possibile: una sedia a rotelle con cui potersi muovere e destreggiarsi liberamente nei fondali marini, dando così libero sfogo alla sua voglia di libertà e creatività. Veramente c'è da togliersi il cappello dinanzi a tanta inventiva.
"Chapeau" allora cara Sue... e continua a incantarci con i tuoi meravigliosi video.

Marco

lunedì 24 settembre 2012

Cellulari e cordless, ricerca svedese lancia allarme su rischio di tumore al cervello

10 anni di uso del cellulare porta in media un aumento del rischio di sviluppo di un tumore al cervello del 290%, il glioma. 

L’uso intensivo di telefoni mobili e cordless finisce di nuovo sotto la lente di ingrandimento dei ricercatori per i suoi effetti sulla salute. Da tempo gli scienziati dicono che l’utilizzo di un dispositivo mobile per un certo periodo di tempo è dannoso in qualche misura, ma la nuova ricerca mostra che un uso prolungato del cellulare ha un’influenza molto significativa sul cervello.

Nello studio, condotto presso l’Hospita Örebro in Svezia, è stato rivelato che 10 anni di uso del cellulare porta in media un aumento del rischio di sviluppo di un tumore al cervello del 290%, il glioma. È interessante notare che lo sviluppo del tumore è stato trovato dalla parte della testa in cui il cellulare è più utilizzato.

L’uso del cellulare è aumentato in modo significativo negli ultimi 10 anni. Statisticamente, una persona media in Italia ha più di un cellulare ciascuno, per non parlare del cordless che viene utilizzato a casa o in ufficio, che utilizza la stessa tecnologia dei telefonini e quindi può essere assimilato ad un telefono cellulare.

Con l’aumento del numero dei telefoni cellulari, tutti noi siamo esposti alle radiazioni emesse da questi apparecchi, in ufficio, in casa, ma anche in autobus o nei luoghi pubblici. Tuttavia è bene ricordare che la potenza delle emissioni delle antenne degli apparecchi mobili decresce quadraticamente con la distanza. In altre parole, un telefono cellulare che si trova a 10 centimetri dalla nostra testa invia radiazioni praticamente trascurabili per la salute rispetto al un apparecchio che aderisce all’orecchio.

Un altro fattore chiave è che 10 anni fa i bambini non utilizzavano cellulari, mentre oggi non è raro vedere bambini sotto i 10 anni che usano un telefono mobile per tutto il giorno.

Secondo la ricerca, pubblicata su Pathophysiology, il pericolo è massimo per gli adolescenti e cresce con l’aumentare delle ore d’impiego ed è maggiore se il telefono viene usato sempre dallo stesso lato.

I consigli che i medici danno per ridurre il danno sono:

Cercare di utilizzare l’opzione ‘viva voce’ sul cellulare, quando possibile
Spegnere il telefono durante la notte o quando non lo si utilizza
Posizionare il telefono in modalità ‘aereo’ quando disponibile, se non lo si può spegnere del tutto
Informarsi sulle opzioni di radioprotezione del proprio cellulare, come l’indice SAR (specific absorption rate, cioè il tasso specifico di assorbimento.

12 settembre 2012

FONTE: gaianews.it
http://gaianews.it/attualita/cellulari-e-cordless-ricerca-svedese-lancia-allarme-su-rischio-di-tumore-al-cervello-26100.html


Sulle conseguenze inerenti all'uso del cellulare sulla salute dell'uomo si è scritto tutto e il contrario di tutto. Personalmente la mia opinone è che, nel dubbio, sia sempre bene avere una certa prudenza in queste cose poichè, non dimentichiamocelo, l'inquinamento non è solo quello dell'aria, della terra e del mare, ma c'è anche quello elettromagnetico. E a dimostrazione di ciò, vi sono i sempre più numerosi casi di persone affette da Ipersensibilità Elettromagnetica (EHS), una patologia in costante aumento al pari della Sensibilità Chimica Multipla (MCS), cui sovente si accompagna. E se una persona affetta da EHS sta male con un cellulare in mano, così come con un cordless, allora significa che questo, certo tanto bene non fa.
Prudenza quindi e cautela nell'uso del cellulare sono a mio parere d'obbligo, magari aggiungendoci le precauzioni elencate in questo articolo. E poi, se posso dare un consiglio ai genitori..... evitate di comprare un cellulare ai vostri figli quando sono ancora bambini ! Non ne hanno davvero bisogno ! Non concedete troppo ai vostri figli, sopratutto cose che possono essere "potenzialmente" deleterie al loro sviluppo.

Marco

sabato 22 settembre 2012

Il lavoro? Si coltiva nell'orto

Il sogno di Cristiano Floris: “Agricoltura senza chimica e vendita solidale”


DAL CAMPO ALLA TAVOLA CON L'AIUTO DI FACEBOOK

Ha iniziato per scommessa e ora la piccola azienda Ortoantico Coderra è realtà. Cristiano Floris ha bandito la chimica: “Solo semi, acqua e sole”. E la vendita? Su Facebook. 

Ho assaggiato uno dei pomodori raccolti nel tuo campo e ho sentito un sapore che non sentivo da quando ero bambino”. Per Cristiano Floris, quarant'anni da compiere in agosto, questo è il miglior complimento per un lavoro che da quattro anni lo vede impegnato a realizzare un sogno: quello di fare l'agricoltore usando i più antichi sistemi di coltivazione, quelli fatti di sementi, acqua di sorgente, lavoro duro, sole, e tanto amore per la terra. Un sogno che si traduce in un prodotto sano e genuino da tagliare ogni mattina davanti al cliente, attirato all'orto da uno straordinario alleato quale può essere solo il tam-tam di Facebook.

IL CAMPO. Benvenuti all'“Ortoantico Coderra” si legge nella pagina creata dal giovane agricoltore di Carbonia, benvenuti nel campo, poco lontano da via Lubiana, dove è bandita la chimica che fa crescere frutta e verdura rigogliosa ma costringe chi la mangia a ingurgitare inconsapevolmente prodotti chimici che annullano le preziose proprietà donate dalla natura: banditi tutti i fertilizzanti, i pesticidi: “Piuttosto che usarli preferisco perdere parte del raccolto – spiega- e seguo il consiglio di un mio vecchio zio agricoltore. Diceva: “Quello che perdi è per la terra. L'altro è per te”.

L'IDEA. Per arrivare alla consapevolezza di voler diventare un agricoltore Cristiano Floris ci ha messo un po' di tempo. Ha fatto tanti lavori e nel frattempo si è avvicinato allo studio delle terapie non convenzionali. Ho vissuto due anni in Spagna e ricordo che un giorno, in treno, il mio sguardo è stato attirato da centinaia di serre, una attaccata all'altra al punto da non riuscire a vedere la terra. Ricordo che la cosa mi fece un bruttissimo effetto, forse è stata la prima volta che sentivo così forte il richiamo della terra. Qualche tempo dopo sono rientrato in Sardegna in occasione di una tornata elettorale durante la quale ho conosciuto l'Irs e ho iniziato ad approfondirne le tematiche. All'improvviso mi sono accorto di essere troppo legato alla mia terra per lasciarla, ma non avevo un lavoro. E' stato allora che ho avuto una sorte di illuminazione: coltiverò la terra, mi sono detto, ci voglio provare”. C'era un orto di famiglia abbandonato, “da giovani ci avevano lavorato mio padre e poi mio zio. Mi sono rimboccato le maniche, ho dovuto iniziare da zero, chiedere consigli ai vecchi agricoltori, ho studiato tanto”. E allora via: sveglia all'alba ogni giorno, zappa e tanta voglia di fare: “Qualcuno di sicuro ha pensato che mi sarei arreso, invece ho tenuto duro anche se questo ha cambiato i miei ritmi, i miei orari, le mie abitudini”. Oggi l' “Ortoantico Coderra” è una realtà, piccola ma produttiva: la vera agricoltura a chilometri zero: “Ho creato una pagina su Facebook in cui racconto il mio progetto e ogni mattina inserisco le offerte del giorno – spiega – chi è interessato mi contatta e ci incontriamo all'orto. Le verdure vengono tagliate davanti al cliente, questo è un valore aggiunto. In più vige la regola solidale: un prodotto di alta qualità ma a prezzi contenuti”. Chiaramente la quantità è limitata, a volte a metà mattina la vendita è già chiusa: “E poi bisogna aspettare i tempi della natura – per esempio per raccogliere melanzane, peperoni e zucchine sarò pronto tra una decina di giorni”.

ORTI URBANI. E intanto che la natura fa il suo corso Cristiano, studia per proporre in città la creazione degli “orti urbani”: “E' un'idea lanciata da Italia Nostra che ho deciso di sposare – conclude – prevede che i cittadini, dopo aver frequentato un piccolo corso teorico pratico, coltivino piccoli appezzamenti di terra per produrre la frutta e la verdura necessaria per la famiglia. In autunno avvierò questo progetto”.

di Stefania Piredda

6 luglio 2012


Pubblico questo articolo non per fare pubblicità a Cristiano Floris e alla sua attività, ma per evidenziare come, con buona volontà e amore per la terra e per le cose genuine, si possano fare cose meravigliose come queste.
Prodotti di qualità, assolutamente genuini perchè totalmente privi di pesticidi e fertilizanti, costi contenuti e sapori come quelli di una volta..... che cosa si può chiedere di più a chi coltiva la terra? E che cosa può pretendere di meglio chi ama la buona tavola, i prodotti genuini, il rispetto dell'ambiente e della propria e altrui salute?
Io mi auguro che l'esempio di Cristiano Floris venga accolto e seguito da sempre più agricoltori, così da permettere a sempre più persone di poter avere prodotti naturali e genuini come i suoi sulle proprie tavole. Questa è la strada da seguire, per un futuro più sano e quindi migliore.

Marco
 

venerdì 21 settembre 2012

Impegno e solidarietà del Sindaco Mauri per la vicenda di Daniela Vitolo



La ragazza soffre di una rara malattia non riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale e Regionale.

Il Sindaco di Angri Pasquale Mauri e l'Assessore alle Politiche Sociali avv. Annamaria Russo, dopo essere venuti a conoscenza della drammatica situazione clinica della giovane angrese Daniela Vitolo, si stanno attivando per cercare di dare sostegno concreto e morale alla ragazza e alla sua famiglia.
Daniela è affetta da una rarissima patologia denominata Sensibilità Chimica Multipla (MCS), una sindrome immuno-tossica infiammatoria, una patologia multisistemica di intolleranza ambientale totale alle sostanze chimiche, che può colpire vari apparati ed organi del corpo umano.

Secondo uno studio effettuato negli Stati Uniti questa malattia colpisce l'1,5% della popolazione mondiale, ed è proprio la sua rarità a costituire il principale ostacolo alla ricerca. Ad oggi non esite una cura o una profilassi in grado di contrastare il percorso degenerativo della patologia.

È impossibile rimanere indifferenti alla situazione di Daniela Vitolo – ha dichiarato il Sindaco di Angri Pasquale Mauri – come uomini e come amministratori abbiamo il dovere morale di sensibilizzare l'opinione pubblica e di attivarci per aiutare la famiglia Vitolo. In America, Canada, Germania e altri Paesi la malattia è riconosciuta come invalidante e i malati, sebbene non possano essere guariti, vengono assistiti e tutelati. In Italia il riconoscimento della Sensibilità Chimica Multipla è stato attualmente ottenuto in quattro regioni: Toscana, Emilia-Romagna, Abruzzo e Lazio. Intraprenderemo una politica di solidarietà e cercheremo di fare tutto quanto in nostro potere per aiutare Daniela e la sua famiglia”.

Anche l'Assessore alle Politiche Sociali avv. Annamaria Russo si è dimostrata sensibile alla drammatica questione “È inconcepibile che questa patologia non sia ancora riconosciuta come invalidante nonostante costringa i degenti ad evitare qualsiasi sostanza chimica e a vivere in completo isolamento in uno stato di segregazione. Al dolore e al disagio fisico si unisce anche il disagio morale della solitudine. Ci impegneremo a sensibilizzare e a reperire fondi per aiutare Daniela e ci faremo portavoci della battaglia per il riconoscimento di questa grave patologia”. (c.s.)

14 settembre 2012

FONTE: angri.info.it
http://www.angri.info/impegno-e-solidarieta-del-sindaco-mauri-per-la-vicenda-di-daniela-vitolo.htm


Il Sindaco Mauri fa visita a Daniela Vitolo

Ieri mattina il sindaco di Angri Pasquale Mauri, accompagnato dall'Assessore alle Politiche Sociali Annamaria Russo e dal consigliere di maggioranza Domenico D'Auria, si sono recati ad Acerno per far visita a Daniela Vitolo, la giovane angrese affetta da una rarissima malattia.

È stata una giornata che mi ha insegnato tanto – ha dichiarato il primo cittadino - Nonostante quello che le sta capitando, Daniela ha una forza incredibile, che esprime con un sorriso che non dimenticherò mai. È solare, positiva, si preoccupa per gli altri. E anche la sua famiglia è esemplare. Pur essendo stati lasciati soli dalle istituzioni sanitarie che non riconoscono questa particolare malattia e nemmeno l'invalidità causatale dall'isolamento forzato cui è costretta, mostrano una dignità e un coraggio fuori dal comune. La Sensibilità Chimica Multipla costringe Daniela a non avere contatti con alcun oggetto, a potersi cibare solo di riso, e a vivere in ambienti poco frequentati da altre persone. Ho già contattato diverse istituzioni, politiche e sanitarie, per sensibilizzarle a questo caso. Non possiamo assolutamente lasciare Daniela sola a lottare contro questa malattia”.

L'assessore Russo, visibilmente commossa dalle parole di Daniela e del padre, ha affermato: “Sto già concordando con la famiglia una serie di iniziative per dare supporto e assistenza a queste persone. Farò tutto quanto in mio potere affinché si possa intervenire i maniera concreta per aiutare Daniela Vitolo a condurre un'esistenza dignitosa”.

Il consigliere D'Auria ha dichiarato: “Daniela Vitolo ha pressappoco la mia età. E vederla nello stesso tempo fragilissima e forte d'animo mi ha fatto molto riflettere. È una vergogna che il Servizio Sanitario Nazionale e Regionale non riconoscano questa sindrome. Non si possono lasciare migliaia di famiglie sole ad affrontare problemi così grandi”.

16 settembre 2012

FONTE: angri.info.it
http://www.angri.info/il-sindaco-mauri-fa-visita-a-daniela-vitolo.htm



Davvero bella e meritevole di essere rimarcato il clima di grande solidarietà che si è creato attorno al caso di Daniela Vitolo, questa ragazza affetta da Sensibilità Chimica Multipla (MCS).
Nè il Sindaco del suo paese, nè l'Assessore alle Politiche Sociali, nè il Consigliere sono rimasti indifferenti di fronte alla sua situazione e di questo posso soltanto dire: Bravi ! Di quest'ultimo riporto le parole da lui pronunciate:
È una vergogna che il Servizio Sanitario Nazionale e Regionale non riconoscano questa sindrome. Non si possono lasciare migliaia di famiglie sole ad affrontare problemi così grandi”.
Come non essere daccordo con queste parole? C'è solo da augurarsi che un sempre maggior numero di persone collocate "in alto" arrivino alle medesime conclusioni..... per il bene di tanti malati di MCS e delle loro famiglie.

Marco

mercoledì 19 settembre 2012

Intollerante al mondo



La mascherina è la sua compagna. Perchè Marianna è affetta da un morbo sfuggente: la MCS. Una ipersensibilità a mille sostanze chimiche. Che rende la sua vita un inferno. 
 
Di Giuliano Rotondi

E' una malattia subdola, terribile, praticamente sconosciuta. La sigla che l'identifica è MCS: da Multiple Chemical Sensivity, ovvero Sensibilità Chimica Multipla. Conta almeno 4mila ammalati in Italia. Persone che sviluppano, per ragioni ancora oscure, una sensibilizzazione a più agenti chimici. I sintomi? Dalla rinite all'asma, dalla dermatite all'emicrania, a cui si sommano tachicardie parossistiche, disturbi digestivi, stanchezza cronica, dolori articolari e muscolari, alterazioni dell'udito, fino allo spasmo dei bronchi e al collasso cardiocircolatorio.
L'unica terapia che funziona è l'isolamento. Isolamento, in pratica, da tutto e tutti. Un esistenza in solitudine, lontano dai contatti umani e, sopratutto, dagli odori. L'olfatto di questi pazienti, affinatosi nel tempo, permette di avvertire odori per loro nocivi a distanze impossibili per i soggetti normali. Si dice che un malato di MCS possa avvertire la presenza di un benzinaio ad almeno trecento metri di distanza e in sfavore di vento. Ne sa qualcosa Marianna Scollo, 42 anni, ex serigrafa pubblicitaria, che da tre anni vive in isolamento forzato nella sua casa alle falde dell'Etna. Con le finestre rigorosamente e sistematicamente aperte. D'estate e d'inverno.

NIENTE PROFUMI

La donna respira con una mascherina ad alta protezione, una di quelle usate per le polveri d'amianto. E' costretta ad incontrare parenti ed amici in giardino. E a debita distanza. Pregando le persone di non usare profumi e di non indossare abiti “freschi” di lavanderia. “Per anni ho lavorato a stretto contatto con derivati benzenici”, dice Marianna, parlando all'aperto e col vento contrario, “ma non stavo affatto male. Quando mi licenziai, iniziarono i primi disturbi. Poi è stato tutto un evolversi in peggio e la mia vita è diventata impossibile. Sino a due anni fa potevo ancora resistere a certi odori, ma oggi basta una minima quantità di sostanze tossiche, anche infinitesimale, che mi sento morire. Prima di mettere il naso, si fa per dire, fuori di casa mi accerto da dove spiri il vento. Per poi dirigermi nella direzione più favorevole onde evitare di respirare, anche con la mascherina, le più minuscole particelle d'aria inquinata”.
La donna non può ingerire qualsiasi cibo, ma solo alimenti biologici decontaminati da qualsiasi sostanza insetticida, anche di origine naturale. Può bere esclusivamente acque minerali quasi sterili e può lavarsi solo con detergenti a base di miele senza eccipienti. Due volte al giorno una sauna, a temperatura controllata, le permette di decontaminarsi per poi trascorrere solo qualche ora più vicino a marito e figli.

VIVERE A DISTANZA

Come si vive questa sorta di isolamento forzato? “Ormai l'abitudine ha preso il sopravvento”, aggiunge Marianna, “ma anche lo spirito di sacrificio per la sopravvivenza. Parlo con tutti a distanza e, d'inverno, parenti e amici vengono a trovarmi con berretti imbottiti e giacche a vento. Mi siedo in giardino come se fosse l'ora d'aria dei detenuti e loro, da dietro la siepe o il cancello, mi raccontano ciò che succede fuori, della loro vita normale fatta di piccole cose, che magari non si apprezzano e che oggi ho imparato ad assaporare come fossero tesori. Stiamo così, pochi minuti, e poi ci lasciamo. Coi miei è quasi la stessa cosa. E' pesante guardare la Tv con la temperatura bassissima e i depuratori sempre accesi. Siamo in Sicilia, ma il freddo è freddo. Perchè se chiudessi le finestre sarebbe un disastro”.

UN ESPERTA IN MATERIA

Marianna Scollo si è documentata a fondo sulla storia, ancora giovane, della sua malattia. I medici che l'assistono sanno di poter fare poco o nulla in assenza di ricerche adeguate. Ormai è una vera autorità in materia. Studio e lettura l'aiutano a trascorrere le lunghe giornate di solitudine. “La malattia fu denominata all'inizio 'Sindrome del Golfo'”, continua Marianna, “in riferimento alla guerra, perchè allora oltre 30mila soldati americani s'ammalarono di MCS. Tant'è che a Dallas esiste un centro specialistico per tale grave patologia, la cui origine vera ancor oggi è sconosciuta. La verità tragica è questa: si muore perchè la ricerca scientifica in tale campo è praticamente nulla. Si peggiora di giorno in giorno, di mese in mese, sino a quando l'organismo non ce la fa più”.

I PRIMI SEGNI DEL MALE

All'inizio i disturbi compaiono a seguito del contatto con le sostanze “tossiche” e scompaiono evitando in ogni modo la contaminazione. Col progredire della MCS, i sintomi si cronicizzano con uno stato infiammatorio generale che produce danni organici irreversibili. Anni fa, e per la prima volta, la patologia fu studiata negli Stati Uniti in seguito a uno screening su un cospicuo campione di marines delle truppe speciali che, per diverso tempo, erano rimasti esposti a sostanze tossiche di origine chimica e radioattiva.
I medici militari arrivarono alla conclusione (non ancora accettata dagli studiosi europei) che la Multiple Chemical Sensitivity poteva colpire anche persone che nulla avevano a che fare con l'ambiente militare ma che, per un lungo periodo di tempo, avevano lavorato in ambienti inquinati.

UNA LOTTA CAPARBIA

Coraggiosa e determinata, Marianna Scollo ha creato un comitato di malati per sollecitare la Regione, il cui statuto autonomo permette esclusività in materia sanitaria, a riconoscere la gravissima malattia. Dal punto di vista terapeutico non esiste, al momento, una cura in grado di sanare il problema, ma è necessario un sostegno economico per i costosi depuratori casalinghi e per i locali sauna anche prefabbricati. Numerosi ammalati non possono permettersi l'acquisto delle attrezzature salvavita e versano in condizioni gravissime. “Mi batterò affinchè questa malattia diventi oggetto di maggiore attenzione”, conclude Marianna, “con la speranza che un giorno o l'altro si possa scoprire un antidoto efficace, capace di restituire tutti noi malati a una vita normale. Le cure palliative servono a poco, e non sono pochi i giovani pazienti che hanno avuto la peggio. Ma in un mondo sempre più ammorbato dalle sostanze tossiche, che speranza abbiamo di sopravvivere?”.

Marzo 2008

FONTE: settimanale Oggi


Bell'articolo dell'amica Anna Maria uscito sul settimanale Oggi nel marzo del 2008.
Come sempre va il mio ringraziamento ad Anna Maria per la sua instanzabile opera di divulgazione e di volontariato a favore di altri malati di Sensibilità Chimica Multipla. Mettersi a disposizione di altre persone sofferenti, penso che sia il più bel modo di "reagire" alle avversità che una patologia come l'MCS giocoforza impone. Grazie Anna Maria.

Marco

lunedì 17 settembre 2012

Alice, malata terminale, esaudisce tutti i desideri della sua lista

La sedicenne inglese con una battuta di avvistamento balene ha esaudito il 17° sogno prima di morire

MILANO – Questa estate Alice ha potuto spuntare il diciassettesimo elemento della sua lista dei desideri: l’elenco delle cose che avrebbe tanto voluto provare almeno una volta nella vita, prima che la sua malattia, il linfoma di Hodgkin, non le permetta più di vivere. E questa estate, volata a Vancouver dalla Gran Bretagna, dove la 16enne vive, ha potuto vedere le balene nel loro habitat naturale partecipando, a bordo di una imbarcazione, a una gita di “whale watching” tanto comune in Canada così come nel nostro Mediterraneo. La sua lista, ora terminata, è un successo da grande schermo, che tanto ricorda The bucket list (“Non è mai troppo tardi”), il film uscito in Italia nel 2008 che racconta la storia di due malati terminali (Nicholson e Freeman) davanti alla loro personale lista dei desideri da esaudire prima di morire.

UNA LISTA DI PICCOLI SOGNI - Ma per Alice è tutto vero: lo scorso anno, ancora quindicenne, con l’aiuto della madre e della sorella decide di stilare l’elenco delle cose da fare prima di dichiararsi sconfitta dalla malattia. Apre un blog dove racconta la sua storia e dove pubblica questi 17 piccoli desideri da ragazzina normale, con molta voglia di vivere e di non pensare al dolore e al decorso cronico del suo male. In quell’elenco ci sono i sogni di una adolescente: poter andare al ballo di fine anno con i suoi compagni, visitare la fabbrica di cioccolato di Cadbury a Birmingham in perfetto stile Willy Wonka, fare un servizio fotografico con la sua famiglia, partecipare a una mostra canina con il suo Labrador, andare in Kenya (anche questo esaudito, nonostante il parere negativo dei medici a viaggi lunghi e pericolosi), farsi fare un massaggio alla schiena, nuotare con gli squali, avere una serata privata al cinema con il ragazzo del suo cuore, fare campeggio, e così via. Ma accanto ai sogni di ragazza normale, compaiono quelli da persona che fa i conti con il suo male e cerca, in ogni modo, di aiutare la ricerca e il mondo a trovare il modo per curarlo. Per questo nella lista ci sono anche desideri come semplificare le procedure per diventare donatori di midollo osseo, acquistare una roulotte da usare per fare campagne informative sulla lotta al cancro, raccogliere fondi per la ricerca.

LA RETE IN AIUTO – Un po’ per caso la sua lista finisce su Facebook e Twitter, in pochi giorni l’hashtag #alicebucketlist diventa top trend nella classifica del micro-social e piovono aiuti e solidarietà da tutto il mondo. Se ne accorgono anche molti personaggi famosi (tra cui i Take That, che esaudiscono il sogno di Alice di incontrarli), come il Primo ministro inglese Cameron e su Ulverston, dove Alice vive con la sua famiglia, convergono pensieri di affetto, fondi per la malattia, proposte di aiuto. In solo un anno, per esempio, si iscrivono alle liste nazionali dei donatori di midollo osseo in 40mila. Mentre la lista di Alice, inaspettatamente, viene spuntata per intero, e lei stessa, incredula, commenta ai giornalisti: «È stato incredibile perché inizialmente non credevo nemmeno che la mia lista sarebbe mai stata pubblicata; infatti non pensavo neppure di fare metà delle cose che ho scritto, e invece, ora le ho esaudite tutte».

di Eva Perasso

4 settembre 2012 (modifica il 10 settembre 2012)

FONTE: corriere.it
http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/12_settembre_04/alice-malata-terminale-lista-desideri_21327ac2-f67c-11e1-ac56-9abd64408884.shtml


Davvero una bella storia, che pubblico con molto piacere sul mio blog.
E' sorprendente vedere come una storia toccante come quella di Alice, genera una vera catena di solidarietà.... personaggi famosi che si mobilitano, fondi, aiuti, addirittura un incremento nelle donazioni di midollo osseo. Beh, personalmente la cosa non pò che farmi tanto piacere. E così la vicenda di Alice, cui auguro tutto il Bene di questo mondo, potrà essere di aiuto a tanti altri malati. E' proprio vero che il Bene fatto genera sempre altro Bene. Non dimentichiamolo mai.

Marco

venerdì 14 settembre 2012

La favola di Gabriel, il bambino nato senza piedi che gioca col Barça


RIO DE JANEIRO - Una passione infinita per il calcio che fa dimenticare una grave malformazione: è la storia, vera, di Gabriel Muniz, un 'meninò brasiliano di 11 anni nato senza piedi, protagonista di un video che fa tenerezza e lascia sbalorditi. Vista la sua bravura, soprattutto nei dribbling e nel controllo di palla, Gabriel è stato invitato ad allenarsi nella 'escolinhà di calcio che il Barcellona ha a Rio de Janeiro. Le immagini mostrano un bambino sorridente, senza piedi e con le gambe molto sottili, che quando gioca scarta i rivali, accellera, chiede sempre la palla e mostra - sottolinea la stampa brasiliana - una serie di qualità inimmaginabili. Mauricio Soares, uno degli uomini dello staff del Barcellona a Rio, ricorda per esempio «il suo incredibile coordinamento motorio», mentre l'allenatore della sua squadra, Sergio, non nasconde la propria sorpresa la prima volta che lo ha visto palleggiare in un campo: «fa delle cose che a me, per esempio, non riescono». Oltre a giocare al calcio, il 'meninò di Rio va in bicicletta e fa capoeira (la lotta simbolica brasiliana di origine africane). Negli stabilimenti carioca del Barca, Gabriel è arrivato insieme ad altri 90 bambini brasiliani, tra i quali due suoi amici, Romarinho e Joao, quest'ultimo figlio di Deco: «è commovente, questa è una storia che dimostra non solo la sua capacità di adattamento ma anche l'immenso piacere che si prova giocando calcio», afferma l'ex Barca ora al Fluminense. Nel video, diffuso nel programma tv Esporte Espetacular, Gabriel non nasconde che il suo idolo è Messi: il goleador argentino del Barcellona, che prima di diventare il numero uno al mondo ha dovuto sottoporsi a una lunga cura per superare i problemi di crescita.

2 agosto 2012

FONTE: leggo.it
http://www.leggo.it/archivio.php?id=190661




Storia davvero da conoscere quella del piccolo, ma grande, Gabriel Muniz, e video veramente da vedere. Che cosa non si riesce a fare anche senza l'uso dei piedi..... davvero da rimanere a bocca aperta !

Marco

martedì 11 settembre 2012

Lo show delle Paralimpiadi. Londra ha cambiato i Giochi


Record di biglietti venduti, dirette tv e protagonisti da ricordare. Cerimonia di chiusura con i Cold Play: si spegne la fiamma e resta l'emozione

LONDRA
- È andata bene anche e soprattutto perché poteva andare malissimo. Se la buona Olimpiade si vede dalla vigilia, infatti, quella di Londra sarebbe potuta finire in miseria. Prima il flop della sicurezza privata, rattoppata in extremis da un diluvio di soldati, poi gli autisti degli autobus – tanto per dirne una – che a Heathrow perdono la bussola e portano a spasso per ore intere delegazioni di atleti. Non un bel biglietto da visita. Ma la Gran Bretagna, checché se ne pensi, non è la Svizzera, l’intoppo è sempre in agguato. E menomale, vien da dire. I britannici (nonostante tutto) riescono a mantenere il sangue freddo e sono poi capaci di catapultare dall’elicottero la Regina in mondovisione. Da lì innanzi, un tripudio. Tanto che Londra 2012 è riuscita persino a trasformare il brutto anatroccolo Paralimpiadi in uno splendido cigno. E non era scontato.

Che i Giochi dei diversamente abili non fossero più quella fiera della beneficenza di Barcellona 1992 (biglietti gratis per tutti), era chiaro fin dal principio: a Pechino si registrò un pubblico di 3,4 milioni di persone. Peccato che solo 1,8 milioni fossero paganti. A Londra invece i biglietti venduti sono stati 2,7 milioni – record assoluto – e gli incassi totali pari a 45 milioni di sterline.Ovvero 10 in più di quanto preventivato. Per carità, i numeri non sono tutto. Ma veder gareggiare i paratleti in uno stadio olimpico zeppo come al tempo di Usain Bolt fa una certa impressione. Insomma, nella capitale britannica le Paralimpiadi hanno abbandonato le vesti di Cenerentola e sono diventate uno show indipendente. Basti dire che la cerimonia di apertura è stata vista da 11,2 milioni di telespettatori nel solo Regno Unito e che ieri sera, a spegnere la luce, c’erano i Coldplay, Jay-Ze, Rihanna. Gente seria. Non a caso c’era il tutto esaurito benché i biglietti costassero 250-350 sterline l’uno. Un cambio di passo che obbliga Rio 2016 ad accettare la sfida. «La vittoria ai 200 metri di Alan Oliveira ha praticamente spodestato dai tg tutte le notizie di calcio», ha notato il capo del Comitato Paralimpico Internazionale Xavier Gonzalez. «E per essere il Brasile non è cosa da poco».

Certo, in quel caso ha aiutato non poco l’effetto sorpresa: tutti si aspettavano il trionfo di Oscar Pistorius. Anzi, a ben vedere il miracolo di Londra 2012 è legato senza dubbio alle gesta del «bladerunner» sudafricano. Il suo sguardo trasfigurato dalle emozioni, sfoggiato alla partenza della semifinale dei 400 metri delle Olimpiadi, è una delle immagini simbolo di questa estate di sport. Tanto è vero che in quei giorni la vendita dei biglietti delle Paralimpiadi è schizzata alle stelle. Ma a contare non è stato solo l’effetto Pistorius; la straordinarietà dei gesti atletici si è mescolata alla straordinarietà delle storie personali, da Alex Zanardi a MartineWright, la britannica che perse le gambe negli attentati alla metropolitana di Londra e che ha rappresentato il suo Paese al sitting volley. Stando a Stuart Cosgrove, uno dei responsabili di Channel 4, circa i due terzi dei partecipanti a un sondaggio svolto per l’emittente britannica hanno d’altra parte dichiarato che i giochi hanno «cambiato il loro approccio alla disabilità».

Fosse anche solo questo il lascito di Londra 2012 non sarebbe niente male. Tim Hollingsworth, capo della BritishParalympic Association, ha annunciato che a dicembre si terrà un festival dove si cercheranno, tra le altre cose, nuovi talenti. «È stato un viaggio incredibile. Ora la sfida è imparare da tutte ciò che di buono è accaduto a Londra 2012 e non perdere lo slancio».

di Mattia Bernardo Bagnoli

10 settembre 2012

FONTE: lastampa.it
http://www3.lastampa.it/sport/sezioni/articolo/lstp/467964/


Le Paralimpiadi di Londra si sono concluse, e credo di poter giustamente dire che il successo di questi Giochi è andato oltre le più rosee aspettative.
Non sto qui a soffermarmi sul bottino di medaglie portato a casa dai nostri atleti, nè su chi ha vinto e nè su chi ha perso.... perchè per me tutti gli atleti che hanno partecipato a questa manifestazione sono vincitori, dal primo all'ultimo, vincitori nella vita, perchè nella loro disabilità non si sono ripiegati, e con grande slancio e motivazione hanno saputo affrontare la propria situazione nel migliore dei modi. Tanti atleti, ma sopratutto uomini, dalle storie commoventi, che meriterebbero di essere tutte conosciute, intrise di passione, umanità, fatica, talvolta da momenti altamente drammatici, ma anche da sorprendenti rilanci, resurrezzioni oserei dire.
E dopo questi magnifici Giochi, aspettiamo Rio 2016.... con la consapevolezza che tante altre belle storie di sport e di vita si potranno conoscere e raccontare.

Marco


giovedì 6 settembre 2012

Intervista a Martina Caironi, stella italiana delle Paralimpiadi di Londra


Martina Caironi, velocista e saltatrice in lungo, ha subito l'amputazione alto-femorale della gamba sinistra in seguito ad un incidente stradale nel quale è stata coinvolta nel 2007. E' alla sua prima Paralimpiade. L’abbiamo intervista per sapere come vive questa esperienza.

Siamo con Martina Caironi, 23 anni fra pochi giorni… speriamo un compleanno da festeggiare…

“Speriamo! In ogni caso lo festeggio, questo è poco ma sicuro… speriamo di avere qualcosa in più da festeggiare…”

Domani c’è il salto in lungo e il 5 settembre i 100 metri

Esattamente”

La federazione ha puntato molto su di lei in quanto prima donna amputata monolaterale a scendere sotto i 16″ nei 100 metri quindi… grande risultato!

Spero di poterlo migliorare o comunque confermare perchè le possibilità ci sono e vediamo se l’emozione giocherà a mio favore o contro…”

Sicuramente a favore, la devi trasformare…

Se fosse per me si, però bisogna vedere al momento”

Come ti trovi nel villaggio?

E’ bellissimo, è grande e piccolo allo stesso tempo. Tutti i giorni puoi incontrare le stesse persone o incrociarne delle altre di tutte le nazionalità. Può capitare di giocare un giorno a biliardino con un inglese e un greco, il giorno dopo pranzi con un colombiano o un argentino e ti alleni con una francese…”

Quindi ogni giorno un uomo diverso…

Non un uomo… dicevo al maschile perchè per le categorie basta ci sia un uomo e si dice al maschile… però ci sono atleti ed atlete, ovviamente”

Quindi è bellissimo, divertente...

Divertente… poi sto praticando le mie lingue: l’inglese lo sto riprendendo un pò e lo spagnolo mi sta facendo parlare con tutto il sud america”

Anche perchè il tuo futuro lavoro… qual'è?

Sto studiando per fare la mediatrice culturale, vorrei fare da tramite tra due culture e due lingue e, anche se non studio più l’inglese ma il cinese, l’idea è quella di aiutare a comunicare due persone con due culture e due lingue differenti e qua è il top proprio, si sperimenta tutto quanto”

Hai qualche passione che ti sei portata dall’Italia?

Non ho ancora avuto modo di usarli, ma ho portato qualche cosa di giocoleria magari per dopo la gara perchè prima non mi sembra il caso… anche se per me sarebbe normale. Mi sono portata i kiwido, le palline e i cerchi. Sono principiante ma per chi non ha mai visto nessuno farli sembra strano, sto imparando a fare sempre più trick e poi mi rilassa; qua potrò farlo senza che nessuno mi dica niente…”

Tornando ad un discorso più sportivo, cosa significa l’accorpamento della categoria?

L’accorpamento si ha quando, o per mancanza di atleti in numero sufficiente o per mancanza di iscrizioni… vengono accorpate due categorie quindi con disabilità differenti. Nel caso della gara del salto in lungo verranno accopate la categoria mia, la F42, con la F44 e F43 cioè le ragazze che sono amputate sotto il ginocchio e questo comporterà una serie di punteggi. Questo mi procura, più avversarie… però va bene, meglio essere anche di più per avere più confronto anche stilistico”

E’ una sfida un pò più impegnativa


“Decisamente”

Ma ce la farai a batterle…

“Vedremo… domani sarà dura scalare quei gradini (il podio), ma io darò il meglio e conto molto sulla tecnica, vorrei fare una gara bella, pulita”

Allora tutti insieme a vedere Martina, speriamo vada tutto bene e crepi il lupo

“Crepi, crepissimo, crepissimissimo”

FONTE: http://www.londra2012.abilitychannel.tv/video/intervista-a-martina-caironi-atletica/


E' notizia proprio di qualche ora fa che Martina Caironi, la protagonista di quella bella intervista, ha conquistato la medaglia d'oro con Record del mondo sui 100 m, la disciplina "Regina" dei Giochi. Martina
ha gareggiato nella categoria T42 (quella che comprende le atlete mono e biamputate), e con il tempo di 15”87 si è laureata campionessa paralimpica della distanza più breve e più affascinante dell'atletica, riuscendo ad abbassare di due piccoli ma importanti centesimi il primato del mondo, che già le apparteneva.
Questa bellissima notizia ci parla chiaramente del valore dell'atleta in questione.... l'intervista invece ci dà un pò uno spaccato più umano della persona, dei suoi sogni, di che cosa significa partecipare ad una Paralimpiade.
Al di là dei risultati conseguiti, ogni atleta presente a questi Giochi è sempre e comunque un vincitore.... un vincitore nella propria vita, dove si è saputo superare il proprio limite fisico e "ricostruirsi" una vita che può essere ricchissima sotto ogni punto di vista.

Marco

lunedì 3 settembre 2012

Andrea Vigon - Il cavaliere campione del dressage

Il sogno di ogni atleta sono le Olimpiadi: la realizzazione più alta dell’impegno e della preparazione atletica.

Andrea Vigon, un trentenne dai grandi occhi e dal sorriso aperto e sincero, si prepara per la seconda volta ad affrontarle tale importante evento in una disciplina non facile: il dressage.

Qui si è in due, cavallo e cavaliere, ed è fondamentale un grande allenamento per poter eseguire le figure richieste.

Fino a qui sembra una storia come tante altre, ma vi è una grossa differenza: Andrea è nato con una tetraparesi spastica ed ha iniziato ad andare a cavallo per motivi di riabilitazione, ma in poco tempo è passato all’agonismo.

Lui stesso ammette che andare a cavallo è come poter correre per sentire il vento che accarezza il viso, ma la sua grande forza e la sua grande intelligenza l’hanno portato a risultati importanti.

8 titoli italiani, un bronzo europeo e due 4° posti a Pechino 2008; partecipando 4 volte ai Campionati Europei e a 2 Campionati del Mondo.

Nelle paralimpiadi il paradressage è dressage puro con la richiesta di eseguire figure, ma il cavallo è, in ogni caso, un animale da gestire e preparare ed Andrea è seguito in maniera eccelsa dal suo istruttore Fabrizio Cravero.

Tre, quattro volte la settimana presso la scuderia Araba Fenice di Biella si allena dovendo fare anche qualche chilometro in auto.

Sì, nulla e nessuno può fermare questo ragazzo e in lui credono anche sponsor importanti, dall’Equiplanet che si occupa di prodotti per l’alimentazione e il benessere del cavallo, la Prestige rinomata azienda che produce selle, alla Schokemolhe Sport famosa azienda tedesca per l’attrezzatura di cavallo e cavaliere, senza dimenticare la Regione Valle d’Aosta, residenza di Andrea.

Tutti credono fortemente in Andrea, lui che, comunque lavora in banca e studia all’università, un ragazzo normale anche se il suo fisico non lo è, una persona che, grazie alla sua forza di volontà parteciperà alle paralimpiadi di Londra, anche se, a differenza di Pechino, questa volta solo come riserva.
Sono infatti state scelte 4 atlete per partecipare a queste paralimpiadi, e Andrea, non sorretto forse dalla forma ottimale, vi parteciperà come riserva, pronto comunque a subentrare nel caso dovesse esserci qualche imprevisto.
Essere riserva, non è uguale a fallimento, ma significa comunque essere tra i primi cinque a livello nazionale. Quindi nessuno si piange addosso e, anzi, si accetta la decisione insindacabile del Commissario Tecnico e si continua a lavorare seriamente pensando a tenersi pronti per un eventuale convocazione “all’ultimo minuto”. Soprattutto Andrea inizia a pensare alla programmazione per la stagione 2013; il prossimo anno infatti ci saranno i Campionati Europei in Danimarca, con l'augurio che Andrea e tutto il suo Team possano essere tra i protagonisti.

In bocca al lupo!


FONTI: varieroi.com, ilgiornaledellebuonenotizie.it

Il sito di Andrea Vigon:
http://www.andreavigon.com/

sabato 1 settembre 2012

Sebastian Rodriguez, da terrorista a campione di nuoto paralimpico

Paralimpiadi 2012: Sebastian Rodriguez, mito del nuoto spagnolo paralimpico, lascia passato violento per la gloria della piscina


Una storia da film e chissà che prima o poi qualcuno non lo faccia. E' quella di Sebastian Rodriguez.
Veniva chiamato “Chano” dai suo compagni, Sebastian Rodriguez andò per la prima volta in carcere nel 1975 a 19 anni. Erano appena nati i GRAPO, Grupos de Resistencia Antifascista Primero de Octubre. Un gruppo terroristico: 82 morti in quasi trent'anni di attività, 30 soltanto nel 1979 di cui 19 civili. Sebastian era uno dei capi. Venne arrestato, si dichiarò prigioniero politico, fu condannato a 84 anni di carcere. “Alla crudeltà fascista si può rispondere con la pistola in pugno, sparando senza rimorso”, diceva dal carcere. Nel 1990, insieme ad altri 43 detenuti, chiese che i detenuti del GRAPO fossero rinchiusi in un solo carcere. Richiesta respinta. Cominciò uno sciopero della fame che durò 432 giorni. Venne alimentato forzatamente. Fece un appello ai suoi compagni del GRAPO: “Non voglio il cibo con la forza, uccidete quel medico”. Per fortuna non gli diedero ascolto. O forse, solo non riuscirono nell'intento. Il suo corpo sviluppò un incapacità ad assimilare proteine. Rimase in carcere 12 anni. Nel 1996 uscì: invalidità permanente e cronica. Venne rilasciato perchè una legge spagnola dice che i malati gravi non devono essere tenuti in prigione. Nel 2007 ha ricevuto la grazia del governo nonostante le proteste da parte della famiglia Padura, parenti di Rafael Padura, un uomo d'affari di Siviglia, che venne assassinato dalla sua banda e che protestò per questo provvedimento dato che Sebastian non ha mai espresso alcun rimorso.

Sebastian tornò a Vigo a vivere con un altro componente del GRAPO, Xosè Luis Fernandez, anche lui in carrozzina dopo uno scontro a fuoco con la polizia. Iniziò a fare sport, a giocare a basket con la carrozzina, ad andare in piscina. Oggi tiene corsi per bambini disabili, vende biglietti della lotteria di Spagna, aiuta un organizzazione di appoggio ai detenuti del GRAPO, nel fine settimana vede la figlia ventenne. Sopratutto nuota. Si allena. E' diventato un campione. Cominciò a vincere. Prima molto spesso... poi sempre.
A Sydney, dopo cinque ori vinti e 4 record del mondo infranti, saputo il suo passato, hanno pensato di togliergli le medaglie. “Fate voi, la mia storia è questa. Voglio solo parlare di sport ora”. E snobbò il ricevimento con Re Juan Carlos. Alla fine il Comitato paraolimpico internazionale stabilì che non aveva infranto nessuna regola ai Giochi e quindi che gli sarebbe stato consentito di tenere i suoi premi.

Ha continuato a vincere medaglie Sebastian, ad Atene e anche a Pechino, in uno dei palmares più straordinari di sempre per atleti paralimpici.

Ma Sebastian non si è fermato qui.... alla veneranda età di 55 anni, è ai nastri di partenza anche di queste paralimpiadi di Londra, la 5° paralimpiade della sua vita, e questo giovedì, appena due giorni fa, ha conquistato la medaglia d'argento nei 50 stile libero classe S5 dietro al brasiliano Daniel Dias che ha realizzato il record del mondo della specialità. La 13° medaglia paralimpica della sua carriera.

Davvero una vita degna di un film quella di Sebastian Rodriguez.

FONTI: books.google.it, guardian.co.uk


La storia di Sebastian Rodriguez è una delle più singolari che mi sia mai capitato di conoscere.
Quest'uomo, prima terrorista, che si è macchiato ripetutamente le mani di sangue, attraverso il carcere, attraverso un forzato sciopero della fame che l'ha portato a diventare un disabile, è poi diventato un grande campione di nuoto paralimpico e, proprio cosa di appena 2 giorni fa, ha conquistato la sua 13° medaglia in ben 5 paralimpiadi disputate.

Tutto questo, credo, ci deve insegnare una cosa: che nessun uomo, anche colui che ha avuto il passato più turbolento e burrascoso possibile, è irrecuperabile.
Ora Sebastian tiene corsi per bambini disabili e fa tante altre cose. Nessuno è veramente irrecuperabile, e tante volte, apparenti disgrazie come il sopraggiungere di una malattia o di una disabilità, possono in realtà trasformarsi in grandi Grazie per noi e trasformare la nostra vita.... in meglio naturalmente.

Marco