martedì 29 maggio 2018

Sensibilità Chimica Multipla. Da Madrid determinato a vivere


Gentile direttore,

mi chiamo Andrea Giommetti, ho 38 anni e vivo in provincia di Arezzo. Convivo da 13 anni con una malattia molto invalidante a cui ho finalmente potuto dare un nome solo 3 anni fa: la Sensibilità Chimica Multipla (MCS). Tutto ha avuto inizio nel 2003, quando ho subito un intervento di capsuloplastica alle spalle; al risveglio dalla anestesia ho riscontrato dei fastidi sul corpo dovuti al contatto con le lenzuola del letto. Inizialmente non ho dato molto peso alla cosa ma, con il passare dei mesi i sintomi sono nettamente aumentati ed ho iniziato ad avvertire fortissimi dolori muscolo scheletrici ed agli organi interni, nell'indossare comuni capi d'abbigliamento.

Mi sono rivolto a diversi specialisti, quali allergologi, reumatologi, dermatologi ecc..., ma nessuno di loro era in grado di fare diagnosi e di conseguenza di trovare una cura. Sono andato avanti di tentativi (cambiando tessuti, detersivi ecc..) ma i sintomi sono aumentati e sono diventato “intollerante” a qualsiasi sostanza chimica: saponi, profumi, detersivi, prodotti per la cura personale, prodotti per la pulizia della casa, vernici, pesticidi, insetticidi, benzine, fumi di scarico, plastiche ecc... La minima presenza di queste sostanze mi scatena forti crisi respiratorie, giramenti di testa, disturbi gastro intestinali, tachicardia, spossatezza che si aggiungono ai sintomi già elencati.

Mi sono rivolto ad altri numerosi specialisti i quali risolvevano dicendo che si trattava di una sindrome psichiatrica o psicosomatica.

Dentro di me ho sempre saputo di avere una malattia organica, ma ero talmente motivato a stare meglio che mi sono affidato al parere degli esperti e mi sono rivolto ad uno psichiatra, il quale ha riconosciuto con molta umiltà e professionalità la natura organica del mio malessere, pur non sapendogli dare un nome. Un giorno tramite internet ho letto un'intervista del professor Genovesi che descriveva lo stesso tipo di sintomatologia da me avvertita.

Io e la mia compagna siamo partiti alla volta di Roma per una visita del professore che dopo avermi prescritto delle specifiche analisi genetiche ed aver analizzato il mio caso mi ha diagnosticato la MCS. Da quel giorno io e che mi sta accanto abbiamo dovuto modificare completamente le nostre abitudini quotidiane, evitando tassativamente qualunque prodotto chimico per me altamente tossico, luoghi pubblici, frequentazioni con amici e parenti che non posso più neanche abbracciare, ed apportando adattamenti alla casa. Tutto questo ha comportato sempre di più una restrizione della mia vita sociale, limiti sul lavoro, notevoli spese ed un peggioramento drastico della mia qualità di vita.

Per i successivi due anni ho seguito la cura del professore ma, purtroppo, egli stesso ha constatato che quel tipo di cura non sarebbe stato più sufficiente per il mio grado di patologia. Su suo consiglio, con tanti dubbi e paure abbiamo deciso di rivolgerci a uno dei centri di eccellenza per la cura della MCS, la Fundacion Alborada di Madrid. Ho iniziato la terapia nell'agosto del 2016, con un primo ciclo di 2 mesi in cui sono stato sottoposto a una immunoterapia di desensibilizzazione a basso dosaggio. Questa consiste nella somministrazione di vaccini personalizzati, in base ai livelli di sensibilità dell'individuo nei confronti di alimenti, farmaci, sostanze inalanti e chimiche.

A ciò si aggiunge una dieta rotatoria completamente biologica priva di glutine, zuccheri, lieviti e latticini e la somministrazione di vari supplenti. Scrivo questa lettera durante il mio secondo ciclo di terapia a Madrid, consapevole che il mio percorso di cura sarà ancora lungo e tortuoso, ma assolutamente determinato a difendere il mio diritto alla vita.

Andrea Giommetti

2 febbraio 2017

FONTE: quotidianosanità.it

giovedì 17 maggio 2018

«Devo emigrare in Polonia per sconfiggere la malattia»


Villaspeciosa. Il dramma di un allevatore colpito dalla sindrome di Lyme

Il ciclo di antibiotici iniziato a maggio avrebbe finalmente dovuto sconfiggere la malattia che gli era stata diagnosticata dopo 11 anni dai primi sintomi, vissuti nella più totale sofferenza e alla ricerca di una risposta ai suoi mali. Invece sono peggiorate le condizioni di Fabrizio Sarais, 42enne di Villaspeciosa, affetto dalla sindrome di Lyme, rara malattia (non contagiosa) in Italia, provocata dalla puntura di una zecca e i cui sintomi sono infiniti: febbri alte, debolezza, capogiri, dolori ossei, insonnia, depressione, problemi alla vista e così via. Dopo innumerevoli e inefficaci terapie, l'allevatore ha perso fiducia nel sistema sanitario italiano e deciso di spendere migliaia di euro per curarsi in Polonia, a Danzica, nella clinica "St. Luke", specializzata nella cura del morbo.

LA SOFFERENZA. Il calvario di Sarais inizia un giorno di dicembre del 2006: «Avevo appena finito di mungere le pecore - ricorda -. Ho sentito qualcosa staccarsi dal fianco: una zecca. Avevo avuto la febbre ma non la associai alla puntura. Il primo sintomo è la comparsa del "rash": un eritema con vari cerchi in corrispondenza del punto in cui si è stati attaccati dalla zecca ma non gli diedi importanza. Col passar del tempo non sono più riuscito a lavorare, ho dovuto vendere le mie 300 pecore, gli inverni sono diventati devastanti: per evitare le febbri alte non posso uscire, appena tocco l'acqua starnutisco, ho capogiri, insonnia e dolori dappertutto».

IN OSPEDALE. Dopo anni di ricoveri, l'asportazione della colecisti e esami medici, a maggio 2017 dal Policlinico di Monserrato era arrivata la diagnosi che Sarais si aspettava, viste le analogie con persone affette dal Lyme, con cui è in contatto: «La cura avrebbe dovuto fare effetto dopo qualche mese ma ormai il Lyme ha intaccato il sistema nervoso e - non a causa dei farmaci - sono peggiorato: ho problemi alla vista, alla memoria e sul petto è comparsa una grossa cisti. Mi sono messo in contatto con i medici che mi hanno fornito un questionario e il mese prossimo partirò in Polonia. Sono costretto: ho capito che il sistema sanitario non affronta come dovrebbe la sindrome, perché qui è rara, ma dovrebbe adeguarsi, visto il mio e altri casi, come quello di Victoria Cabello, scomparsa tre anni dalla tv per dedicarsi alle cure».

IN POLONIA. Secondo Sarais, è «fondamentale lavorare sulla prevenzione, con controlli capillari di merci e animali, così come viene fatto per le nostre esportazioni. Bisogna invertire la rotta: il Lyme rovina la quotidianità e si può contrarre anche in Italia e in Sardegna».

di Lorenzo Ena

8 gennaio 2018

FONTE: L'Unione Sarda

giovedì 3 maggio 2018

Morbo di Lyme, il calvario di Loretta: "Dolori atroci ma lo Stato non paga la cannabis terapeutica"


Loretta Facelli ha 53 anni e vive a Vercelli con la madre che si prende cura di lei. Ha il morbo di Lyme, una malattia rara che ha contratto a Roma 18 anni, attraverso il morso di una zecca.
La difficoltà di individuare la malattia e la scarsità di informazioni su di essa hanno lasciato Loretta nell'ombra per più di un decennio, scambiando l'eritema della puntura di zecca, la spossatezza e i dolori iniziali per altro. Qualche anno fa è arrivata la conferma che si trattava di Lyme ma è troppo tardi per guarire la malattia. Negli ultimi mesi la situazione si è fatta più grave e ai problemi di salute si sono aggiunti anche i problemi economici: la terapia del dolore è costosa - Loretta deve comprare cannabis terapeutica migliore rispetto a quella che riceverebbe gratuitamente dalla Asl di Vercelli - e vorrebbe trasferirsi in un hospice. La struttura ideale per Loretta si trova però sotto un'altra provincia: Vercelli, dove Loretta risiede, non vuole infatti pagare le spese del ricovero nella provincia di Alessandra e così la sua vita è costretta a letto, in casa con la madre, isolata dal mondo




13 dicembre 2017

FONTE: Youmedia.fanpage