venerdì 29 novembre 2019

Un dono per Filippo


Il piccolo Filippo di 7 mesi non ha più un donatore. E aspetta un trapianto di midollo osseo

Il piccolo Filippo di 7 mesi che vive a Cusano Milanino, in provincia di Milano è affetto da una malattia rara la lifostiocitosi emofagocitica.

Questa malattia non è curabile con farmaci, ma solamente con un trapianto di midollo osseo, che avrebbe dovuto essere fatto, tra qualche giorno, ma purtroppo non sarà possibile farlo.

La donatrice che era stata precedentemente individuata, non è più disponibile, e come prevede la privacy non si può sapere il motivo, ma le motivazioni potrebbero essere molte.
A questo punto sarà necessario trovare un altro donatore perfettamente compatibile, anche se non sarà facile.

Solo nella regione della Lombardia si erano presentate mille persone per la donazione. Ora bisognerà iniziare di nuovo dall'inizio la ricerca. Il caso è seguito da ADMO Associazione Donatori di Midollo Osseo. E' possibile anche seguire la sua storia sulla pagina di Facebook: "Un dono per Filippo"

21 novembre 2019

FONTE: Amore di mamma

mercoledì 27 novembre 2019

I genitori di Ginevra, la bimba di Melito operata in Germania: “Continuate ad aiutarci”


La piccola ha voglia di tornare presto a casa

HANNOVER – In queste ore sta facendo commuovere in tanti la foto della piccola Ginevra, postata dai genitori. La piccola nonostante, le normali, complicazioni post interventi accenna tutta la voglia di ristabilirsi per tornare a casa. Per far si che ciò avvenga i genitori hanno chiesto lanciato un nuovo appello d’aiuto, che siamo certi non resterà inascoltato.

I genitori hanno scritto:
Buongiorno a tutti: Ginevra sta bene… a parte complicazioni post operatorie già preventivate (vista la sede della lesione) che comunque sono sotto monitoraggio 24 ore su 24 dai meravigliosi medici della INI.
Purtroppo sono complicazioni di primaria importanza, a livello endocrinologico, ed i medici… stanno lavorando tanto, affinché la situazione divenga stabile, che di conseguenza possa portare alla tanto attesa dimissione dalla clinica.
Dopo le dimissioni a data ancora da destinarsi per le problematiche sopra citate, dovremo rimanere ancora qui ad Hannover per circa due settimane (su decisione dei medici che seguono Ginevra che trova tale decisione d’accordo anche noi genitori)… ed ovviamente le spese fino ad ora affrontate... subiranno un incremento (alloggio, mangiare, auto, vari controlli giornalieri da fare sempre alla INI, biglietti di ritorno, ecc…).
Quindi fino a che non si raggiungerà una stabilità endocrinologica sicura, dovremo restare qui, per il bene di Ginevra, e per una sua assoluta sicurezza!
La fattura finale da parte dell’amministrazione della clinica INI, sarà di conseguenza maggiorata, e la maggiorazione sarà abbastanza importante!
Vi chiediamo di non demordere dall’aiutarci ancora, e di primaria importanza….. continuate a PREGARE incessantemente!
Ringraziamo tutti di ❤️ come fatto fin ora, e confidiamo sempre nel buon Dio e nella vostra umana compiacenza!!!
Vi abbracciamo forte, ma soprattutto vi manda un 😘 enorme la nostra GUERRIERA Ginevra.
Con incondizionato affetto….
Fabio e Stefania…. genitori di Ginevra.


Se volete ancora aiutarci utilizzate la poste pay mia, papà di Ginevra:

FABIO MAZZEI
Codice iban: IT08J3608105138200773000781

Oppure ricarica Postepay N. 5333171095901605
Inestatato a FABIO MAZZEI
Codice.fisc. MZZFBA78A10F839R
Causale: DONAZIONE PER GINEVRA!!!”



di Giovanna Iazzetta

15 novembre 2019

FONTE: Il Meridiano news



Appello molto importante in aiuto alla piccola Ginevra che ha da poco subito un intervento delicatissimo per rimuovere un tumore al cervello, grazie a Dio andato bene. Ma la bambina ha ancora bisogno dell'aiuto di tutti quanti noi, di tanta preghiera e, se possibile, anche di un aiuto materiale. Chi volesse aiutare materialmente la bambina e la sua famiglia lo può fare donando il proprio contributo alle coordinate sopraindicate.
Tante gocce formano l'oceano, e noi possiamo essere quell'oceano di Amore e Solidarietà che possono permettere il completo recupero di questa coraggiosa bambina, tanto desiderosa di poter tornare a casa e di vivere la sua vita.
Un sentito "grazie" di vero cuore a tutti coloro che vorranno aiutarla.

Marco

mercoledì 13 novembre 2019

«Noi, malati di Wi-fi»


Si chiamano elettrosensibili e non possono (o riescono) a vivere in presenza di campi elettromagnetici. Come Caterina, che un giorno vide il suo corpo gonfiarsi. E da allora vive giorno e notte in cucina

Immaginate di vivere in due metri quadrati, 24 ore su 24, sette giorni su sette. In pratica per tutta la vita. È la vita di Caterina, costretta a non muoversi dalle mura di una cucina per colpa di una malattia poco nota quanto tremenda. Si chiama elettrosensibilità (che nei casi peggiori diventa ipersensibilità), un problema che causa l’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici crea numerosi fastidi, come emicrania, vertigine, disturbo del sonno, vuoti di memoria, sbalzi di pressioni, dermatiti, formicolii cutanei, stanchezza cronica e calo della vista.

Per completezza, c'è da dire che i pareri in merito sono contrastanti, e per molti studi scientifici i sintomi non sono direttamente legati ai campi elettromagnetici, ma al cosiddetto effetto nocebo: se una persona affetta da elettrosensibilità pensa di essere esposta, comincia a manifestare i sintomi. Il disagio, in ogni caso, è assolutamente reale.

«ALL'IMPROVVISO VIDI IL MIO CORPO GONFIARSI»
A quattro esami dalla laurea in medicina e con tanti sogni da realizzare in ambito lavorativo e famigliare, la vita di Caterina (nome di fantasia) è cambiata radicalmente con l’acquisto di un telefono con tecnologia LTE: «Una volta comprato il nuovo telefono iniziai ad avvertire forti mal di testa, sbandamenti, svenimenti e cadute. Un giorno, poi, in uno studio di avvocati mi sono seduta per caso vicino a un router e all’improvviso il mio corpo iniziò a gonfiarsi».

L'ELETTROSENSIBILITA'
Così Caterina ha scoperto il suo problema, che secondo gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riguarda il 3% della popolazione globale, "colpevole" come la ragazza di non tollerare le onde provenienti da cordless, smartphone e reti Wi-Fi. Queste ultime, più dei cellulari - che gli elettrosensibili ovviamente non possono usare - sono il fulcro del problema, poiché pur se banditi nelle proprie case, sono presenti e attivi in quelle dei vicini finendo così per colpire gli intolleranti alle onde.

«PER FAVORE, SPEGNETE IL WI-FI DI NOTTE»
«Di fronte alle mie richieste di spegnere le stazioni Wi-Fi almeno durante la notte, sono stata derisa e vittima di atti di bullismo dagli abitanti del condominio dei miei genitori, dove sono dovuta tornare dopo aver lasciato il mio appartamento, inadatto per le mie necessità. E vivo nell’incubo che qualcuno arrivi ad abitare al piano di sotto, che con la presenza di una rete Wi-Fi aggraverebbe di molto la mia situazione».

LA VITA PASSATA IN CUCINA
Caterina passa ogni giornata all’interno della cucina, che ha schermato con oggetti metallici. E la notte dorme su una sedia a sdraio: «Dopo due anni, però, sono arrivate le fratture su tre costole e nonostante i dolori non posso andare in ospedale, perché la presenza di forti segnali sarebbe ancor più dolorosa da sopportare».

IL PENSIERO DI FARLA FINITA
Caterina ci ha pensato. Ha pensato più volte di farla finita, emulando così la 15enne Jenny Fry, adolescente inglese suicidatasi perché stanca di convivere con i dolori provocati dall’impianto Wi-Fi della sua scuola: «Io non posso pensare al mio futuro, non devo pensare al mio domani ma solo aspettare il giorno in cui l’elettro-sensibilità verrà riconosciuta come malattia invalidante anche in Italia».

LE MISURE NEGLI ALTRI PAESI
Questa è la battaglia che conduce l’Associazione Italiana Elettrosensibili, da oltre dieci anni attiva per convincere il governo italiano a seguire l’esempio della Svezia, dove i 2,5 milioni di elettrosensibili ricevono un contributo economico dai comuni e i datori di lavoro sono obbligati a trovare una condizione sostenibile per i dipendenti. È un caso quasi unico nel panorama europeo: l'elettrosensibilità infatti non è riconosciuta come una malattia né dall’Oms né dalla comunità scientifica perché i sintomi, nonostante siano stati riconosciuti come invalidanti, sono vissuti in prima persona e difficili da verificare.

ALMENO 600 MILA ELETTROSENSIBILI IN ITALIA

Gli elettrosensibili e in misura maggiore gli ipersensibili tendono a una vita solitaria; c’è chi vive nei boschi, chi nelle caverne, chi si trasferisce in piccoli centri montani oppure chi si rifugia in macchina per passare la notte. Le condizioni di vita minano anche la tenuta psicologica, con numeri allarmanti per l’Italia, dove la stima si aggira tra 1% e il 3% della popolazione (tra i 600 mila e gli 1,8 milioni di individui).

UNA CITTA' SENZA ONDE ELETTROMAGNETICHE
«Noi viviamo il problema come una fuga dalla città, per questo lottiamo per avere un riconoscimento che ci consenta di vivere in una condizione decorosa», spiega Paolo Orio, vice presidente dell’A.i.e. che sottolinea come anche l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa abbia messo in guardia gli stati membri nel «dover prestare attenzione a chi soffre di intolleranza ai campi elettromagnetici e di introdurre specifiche misure per proteggerli, inclusa la realizzazione di aree non coperte dalle reti wireless». Per questo l’A.i.e. sta provando a replicare l’esempio di Green Bank, cittadina americana nel West Virginia sorta per accogliere gli elettrosensibili, dove sono banditi telefoni, reti Wi-Fi, tv e radio. «Stiamo valutando dove poter creare una soluzione di questo tipo, anche perché ci arrivano tante richieste pure dall’estero» dichiara Orio, indicando nella Toscana la potenziale terra della salvezza.

di Alessio Caprodossi

20 dicembre 2015

FONTE: Vanity Fair