domenica 22 dicembre 2019

"Un camper per Rosalba": raccolta fondi per una ragazza affetta da MCS


Una raccolta fondi per acquistare un camper che consenta a Rosalba di vivere meglio. Rosalba ha 40 anni, è una psicoterapeuta leccese e da qualche anno vive nelle isole Canarie insieme al marito. Il suo problema è arrivato all’improvviso tre anni fa: capogiri e mal di testa, i primi esami, le analisi, contatti con medici spagnoli e italiani. E poi la diagnosi: MCS, Sensibilità Chimica Multipla.
La MCS è una sorta di allergia a qualsiasi componente chimico ed è una patologia fortemente debilitante. Infatti da tre anni la vita di Rosalba è diventata un incubo: un incubo uscire, un incubo restare in casa, un incubo anche semplicemente respirare. La MCS provoca sintomi violentissimi, che arrivano a vere e proprie convulsioni.
Una possibilità per migliorare la vita di Rosalba è rappresentata dall’avere un camper, un furgone, un biocamper, che sia asettico, sterile, costruito pezzo per pezzo con tutte le accortezze del caso. Sarebbe una casa mobile che consentirebbe di spostarsi sempre in luoghi per lei “sicuri”. Ma costa intorno ai 100mila euro. Per questo motivo è stata aperta una pagina su Facebook per raccogliere i fondi necessari alla causa.


23 novembre 2019

FONTE: Lecce Sette

giovedì 19 dicembre 2019

La storia di Rosalba, affetta da MCS: una vita senza aria


LECCE – La bellissima ragazza che vedete in foto, radiosa nel giorno del suo matrimonio, è Rosalba. Ha 40 anni, è di Lecce, è una psicoterapeuta e qualche anno fa si è trasferita con il suo Gabriele a Tenerife. Una famiglia meravigliosa: mamma Daniela, papà Giuseppe, due fratelli, una sorella e Lia, un labrador. Da tre anni, però, la vita perfetta di questa giovane donna solare e brillante è diventata un incubo. È un incubo uscire, un incubo restare in casa, un incubo anche semplicemente respirare. È successo all’improvviso: capogiri e mal di testa, i primi esami, le analisi, contatti con medici spagnoli e italiani. E poi la diagnosi: MCS, Sensibilità Chimica Multipla. Ci siamo già dedicati in passato a persone salentine affette da questa rara patologia che, tradotta in termini semplicissimi, può essere descritta come una “allergia a tutto”. A qualunque agente chimico sia nell’aria, compresi i detersivi e i saponi, i profumi, la plastica, il legno, la fuliggine, le fibre dei tessuti tradizionali, gli insetticidi, i solventi e molto, molto altro.

Ogni cosa provoca sintomi violentissimi, che arrivano a vere e proprie convulsioni. E porta, comprensibilmente, a sentirsi impazzire, a desiderare di mettere fine alla propria vita. Rosalba e i suoi genitori passano ora le gornate a cercare un posto il più possibile isolato e salubre, in Italia e in Spagna. Perché bisogna essere lontanissimi da fabbriche, ma anche da campi coltivati. Si può immaginare, ad esempio, il cocuzzolo di una montagna, o una spiaggia sperduta, ma a volte neanche questo basta. Nel frattempo, sono rimasti nel cassetto gli ultimi biglietti aerei che Daniela e Giuseppe hanno fatto per andare dalla figlia, perché comunque non potrebbero avvicinarsi a lei, sono innumerevoli le precauzioni e le accortezze da adottare. E forse non basterebbero.

Cosa chiede questa famiglia? Non qualcosa di speciale solo per sé, ma che le istituzioni si occupino finalmente e seriamente delle persone affette da MCS. Spazi appositi, terapie ad personam, spese mediche coperte dal servizio sanitario nazionale.

Una possibilità per migliorare la vita di Rosalba è rappresentata dall’avere un camper, un furgone, un biocamper, che sia asettico, sterile, costruito pezzo per pezzo con tutte le accortezze del caso. Sarebbe una casa mobile che consentirebbe di spostarsi sempre in luoghi per lei “sicuri”. Ma costa intorno ai 100mila euro.



19 novembre 2019

FONTE: Telerama news

lunedì 9 dicembre 2019

Venosa (Potenza): elettrosensibile grave aggancia Di Maio che promette: "Tavolo scientifico sulla malattia elettromagnetica!"


Venosa, poco più di 11.000 persone in provincia di Potenza, regione Basilicata. Ieri sera Luigi Di Maio, ex Vicepremier del Conte I, ex Ministro del 5G a guida del MISE (oggi è al dicastero degli affari Esteri) dopo la tappa lucana posta su Facebook: “Grazie Venosa, grazie di cuore per il calore e l’affetto di questa sera. Non smetteremo di batterci per tutelare i vostri diritti. Ci stiamo impegnando per restituirvi tutto quello che per decenni la politica vi ha rubato.

Tra chi rivendica diritti negati e rubati c’è Savino Tampanella, elettrosensibile di Venosa, attivista del comitato Stop 5G Basilicata: maglietta nera con scritta bianca (“sono un elettrosensibile, ma per lo stato sono invisibile“), come già aveva fatto a Roma per la storica manifestazione nazionale Stop 5G in Piazza di Montecitorio, per chiedere tutela della salute ieri s’è recato all’incontro pubblico del Movimento 5 Stelle organizzato nella sua città insieme alla Sindaca Marianna Iovanni, al consigliere regionale Gianni Leggieri, al Senatore Arnaldo Lomuti, anche lui di Venosa. Ad ascoltare il Ministro Luigi Di Maio, di spalle al palco, in prima fila, con la maglietta-denuncia e la diagnosi di elettrosensibilità in mano, Savino ha attirato l’attenzione di tutti. Dopo un breve colloquio con la Sindaca della città (a Venosa anche un atto amministrativo comunale per alloggi protetti da elettrosmog in difesa di malati), Savino Tampanella è stato ascoltato dall’ex Ministro del Mise (fautore del 5G) e capo politico del M5S, Luigi Di Maio. Un incontro serrato, in cui Savino è riuscito ad ottenere la promessa dell’istituzione di un tavolo di confronto scientifico sulla elettrosensibilità (malattia riconosciuta dal 2012 in Basilicata proprio grazie all’indomito Savino, ma non riconosciuta a livello nazionale) e che la documentazione relativa alla sua diagnosi sarebbe immediatamente passata nelle mani del lucano Ministro della Salute Roberto Speranza, anche lui di Potenza.

Di seguito la diagnosi di Elettrosensibilità di Savino Tampanella redatta nel 2013 dal Prof. Giuseppe Genovesi, improvvisamente scomparso a Gennaio 2018:

Il sottoscritto prof. Giuseppe Genovesi, specialista in endocrinologia, in psichiatria ed in immunologia, ricercatore del Policlinico Umberto I dell’università di Roma La Sapienza, alla luce del quadro clinico e presa visione delle indagini diagnostiche effettuate, dichiara che il paziente Savino Tampanella è affetto da Encefalomielite mialgica e da Elettrosensibilità, progressivamente insorte.

La sintomatologia generale lamentata più frequentemente dal paziente è caratterizzata da: spiccata astenia, dolori diffusi articolari e muscolari, stato confusionale, difetto di attenzione e di memorizzazione a breve termine, acufeni forti, tachicardia e aritmie cardiache con disturbi circolatori, ipertensione arteriosa in caso di esposizione, eritemi, perdita di coscienza in caso di esposizione, depressione del tono dell’umore, disturbi del linguaggio, infiammazione delle mucose, parestesie.

È bene specificare che la sintomatologia è scatenata dall’esposizione a campi elettromagnetici, pc fissi e portatili, cellulari, Wi-Fi, ripetitori radio telefonici, server, Bluetooth, e qualsiasi altra apparecchiatura elettrica che genera campi elettromagnetici. Tradotto tutto ciò in termini di prodotti di uso comune significa che il paziente deve evitare l’esposizione, il contatto e la vicinanza a qualsiasi campo elettromagnetico.

È da precisare infine che la condizione clinica attuale del paziente, come dimostrato dalle modalità di insorgenza della sintomatologia, limita significativamente la sua vita di relazione e configura, oltre che un danno biologico, anche un evidente danno morale da quantificarsi nelle opportune sedi medico-legali.

Roma, 15 maggio 2013.

In fede, prof. Giuseppe Genovesi, Policlinico Umberto I di Roma.



30 novembre 2019

FONTE: Oasi Sana

martedì 3 dicembre 2019

«Io, intollerante alle onde elettromagnetiche, sono isolato e non lavoro: il governo mi aiuti!»


PENALIZZATI Stare vicino ad apparecchi accesi – cellulari e televisori inclusi – provoca alle persone come il signor Tampanella epilessia, nausea e problemi di cuore

«All'estero questa sindrome è invalidante e pensionabile», dice Savino, che deve costruirsi una casa su misura e si sfoga: «Non ho più una vita»

Pochi anni fa ha scoperto di essere intollerante alle onde elettromagnetiche e da allora deve tenere a distanza la tecnologia per non vivere in uno stato di malessere costante. Si chiama Savino Tampanella ed è uno dei 170 mila “elettrosensibili” in Italia. «La mia vita non esiste più», confessa a Nuovo. La sua intolleranza è riconosciuta solo all'estero, dove è possibile eseguire esami genetici particolari.
In Italia, l'unico reparto che si occupava di questo problema, all'ospedale Umberto I di Roma, è stato chiuso dopo la morte del primario, Giuseppe Genovesi. Savino è l'unico ad aver ottenuto una certificazione della sua condizione in una regione italiana, la Basilicata.

Ci racconta la sua vita?

«Vivo irradiato da onde elettromagnetiche e dalla mattina alla sera cerco i posti dove soffro meno. Tre volte la settimana mi sottopongo a una terapia a base di glutatione, una molecola disintossicante usata anche in chemioterapia, faccio bagni di sale per scaricare l'elettricità e molte docce».

Dove abita?

«Sono stato in campagna a Venosa per tre anni. In una casa senza …. e riscaldamento. …..... i segnali elettrici erano più leggeri. Poi la mia isola felice è stata invasa da radar che forse provengono dalla Puglia e sono andato ospite da amici. In attesa di finire la costruzione della mia nuova casa a prova di onde in …...»

Com'è la sua casa ideale?

«Non deve essere in un campo elettromagnetico. Ci può essere un telefono fisso da usare con parsimonia, ma niente cellulari. Gli elettrodomestici possono funzionare, ma senza che io mi avvicini troppo. Le lampadine a basso consumo sono bandite, sì a quelle a led. Non posso guardare la smart tv, mentre quella di generazione intermedia mi provocano problemi solo se la tocco. No agli allarmi nella casa o nelle vicinanze».

Ma che cos'è di preciso l'elettrosensibilità?

«E' una malattia nota già nel 1930, la Sindrome da microonde. Non è un'allergia, perché non provoca shock anafilattico, ma un'intolleranza. E' come se fossi celiaco. In molti Paesi è riconosciuta come malattia sociale, invalidante e pensionabile. Causa crisi epilettiche, stanchezza, tachicardia, difficoltà all'udito».

La nostra società la aiuta?

«No. Non posso lavorare se non lontano dalle onde elettromagnetiche, ho finito i risparmi e vivo con la pensione di mio padre. Lancio un appello al ministro della Salute, Roberto Speranza, e vorrei fargli la bibliografia della mia malattia. Non è una patologia psichiatrica o una somatizzazione da stress. E' una malattia seria e lo Stato non può girarsi dall'altra parte».


Di Giovanna Sorrentino

FONTE: Nuovo

venerdì 29 novembre 2019

Un dono per Filippo


Il piccolo Filippo di 7 mesi non ha più un donatore. E aspetta un trapianto di midollo osseo

Il piccolo Filippo di 7 mesi che vive a Cusano Milanino, in provincia di Milano è affetto da una malattia rara la lifostiocitosi emofagocitica.

Questa malattia non è curabile con farmaci, ma solamente con un trapianto di midollo osseo, che avrebbe dovuto essere fatto, tra qualche giorno, ma purtroppo non sarà possibile farlo.

La donatrice che era stata precedentemente individuata, non è più disponibile, e come prevede la privacy non si può sapere il motivo, ma le motivazioni potrebbero essere molte.
A questo punto sarà necessario trovare un altro donatore perfettamente compatibile, anche se non sarà facile.

Solo nella regione della Lombardia si erano presentate mille persone per la donazione. Ora bisognerà iniziare di nuovo dall'inizio la ricerca. Il caso è seguito da ADMO Associazione Donatori di Midollo Osseo. E' possibile anche seguire la sua storia sulla pagina di Facebook: "Un dono per Filippo"

21 novembre 2019

FONTE: Amore di mamma

mercoledì 27 novembre 2019

I genitori di Ginevra, la bimba di Melito operata in Germania: “Continuate ad aiutarci”


La piccola ha voglia di tornare presto a casa

HANNOVER – In queste ore sta facendo commuovere in tanti la foto della piccola Ginevra, postata dai genitori. La piccola nonostante, le normali, complicazioni post interventi accenna tutta la voglia di ristabilirsi per tornare a casa. Per far si che ciò avvenga i genitori hanno chiesto lanciato un nuovo appello d’aiuto, che siamo certi non resterà inascoltato.

I genitori hanno scritto:
Buongiorno a tutti: Ginevra sta bene… a parte complicazioni post operatorie già preventivate (vista la sede della lesione) che comunque sono sotto monitoraggio 24 ore su 24 dai meravigliosi medici della INI.
Purtroppo sono complicazioni di primaria importanza, a livello endocrinologico, ed i medici… stanno lavorando tanto, affinché la situazione divenga stabile, che di conseguenza possa portare alla tanto attesa dimissione dalla clinica.
Dopo le dimissioni a data ancora da destinarsi per le problematiche sopra citate, dovremo rimanere ancora qui ad Hannover per circa due settimane (su decisione dei medici che seguono Ginevra che trova tale decisione d’accordo anche noi genitori)… ed ovviamente le spese fino ad ora affrontate... subiranno un incremento (alloggio, mangiare, auto, vari controlli giornalieri da fare sempre alla INI, biglietti di ritorno, ecc…).
Quindi fino a che non si raggiungerà una stabilità endocrinologica sicura, dovremo restare qui, per il bene di Ginevra, e per una sua assoluta sicurezza!
La fattura finale da parte dell’amministrazione della clinica INI, sarà di conseguenza maggiorata, e la maggiorazione sarà abbastanza importante!
Vi chiediamo di non demordere dall’aiutarci ancora, e di primaria importanza….. continuate a PREGARE incessantemente!
Ringraziamo tutti di ❤️ come fatto fin ora, e confidiamo sempre nel buon Dio e nella vostra umana compiacenza!!!
Vi abbracciamo forte, ma soprattutto vi manda un 😘 enorme la nostra GUERRIERA Ginevra.
Con incondizionato affetto….
Fabio e Stefania…. genitori di Ginevra.


Se volete ancora aiutarci utilizzate la poste pay mia, papà di Ginevra:

FABIO MAZZEI
Codice iban: IT08J3608105138200773000781

Oppure ricarica Postepay N. 5333171095901605
Inestatato a FABIO MAZZEI
Codice.fisc. MZZFBA78A10F839R
Causale: DONAZIONE PER GINEVRA!!!”



di Giovanna Iazzetta

15 novembre 2019

FONTE: Il Meridiano news



Appello molto importante in aiuto alla piccola Ginevra che ha da poco subito un intervento delicatissimo per rimuovere un tumore al cervello, grazie a Dio andato bene. Ma la bambina ha ancora bisogno dell'aiuto di tutti quanti noi, di tanta preghiera e, se possibile, anche di un aiuto materiale. Chi volesse aiutare materialmente la bambina e la sua famiglia lo può fare donando il proprio contributo alle coordinate sopraindicate.
Tante gocce formano l'oceano, e noi possiamo essere quell'oceano di Amore e Solidarietà che possono permettere il completo recupero di questa coraggiosa bambina, tanto desiderosa di poter tornare a casa e di vivere la sua vita.
Un sentito "grazie" di vero cuore a tutti coloro che vorranno aiutarla.

Marco

mercoledì 13 novembre 2019

«Noi, malati di Wi-fi»


Si chiamano elettrosensibili e non possono (o riescono) a vivere in presenza di campi elettromagnetici. Come Caterina, che un giorno vide il suo corpo gonfiarsi. E da allora vive giorno e notte in cucina

Immaginate di vivere in due metri quadrati, 24 ore su 24, sette giorni su sette. In pratica per tutta la vita. È la vita di Caterina, costretta a non muoversi dalle mura di una cucina per colpa di una malattia poco nota quanto tremenda. Si chiama elettrosensibilità (che nei casi peggiori diventa ipersensibilità), un problema che causa l’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici crea numerosi fastidi, come emicrania, vertigine, disturbo del sonno, vuoti di memoria, sbalzi di pressioni, dermatiti, formicolii cutanei, stanchezza cronica e calo della vista.

Per completezza, c'è da dire che i pareri in merito sono contrastanti, e per molti studi scientifici i sintomi non sono direttamente legati ai campi elettromagnetici, ma al cosiddetto effetto nocebo: se una persona affetta da elettrosensibilità pensa di essere esposta, comincia a manifestare i sintomi. Il disagio, in ogni caso, è assolutamente reale.

«ALL'IMPROVVISO VIDI IL MIO CORPO GONFIARSI»
A quattro esami dalla laurea in medicina e con tanti sogni da realizzare in ambito lavorativo e famigliare, la vita di Caterina (nome di fantasia) è cambiata radicalmente con l’acquisto di un telefono con tecnologia LTE: «Una volta comprato il nuovo telefono iniziai ad avvertire forti mal di testa, sbandamenti, svenimenti e cadute. Un giorno, poi, in uno studio di avvocati mi sono seduta per caso vicino a un router e all’improvviso il mio corpo iniziò a gonfiarsi».

L'ELETTROSENSIBILITA'
Così Caterina ha scoperto il suo problema, che secondo gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riguarda il 3% della popolazione globale, "colpevole" come la ragazza di non tollerare le onde provenienti da cordless, smartphone e reti Wi-Fi. Queste ultime, più dei cellulari - che gli elettrosensibili ovviamente non possono usare - sono il fulcro del problema, poiché pur se banditi nelle proprie case, sono presenti e attivi in quelle dei vicini finendo così per colpire gli intolleranti alle onde.

«PER FAVORE, SPEGNETE IL WI-FI DI NOTTE»
«Di fronte alle mie richieste di spegnere le stazioni Wi-Fi almeno durante la notte, sono stata derisa e vittima di atti di bullismo dagli abitanti del condominio dei miei genitori, dove sono dovuta tornare dopo aver lasciato il mio appartamento, inadatto per le mie necessità. E vivo nell’incubo che qualcuno arrivi ad abitare al piano di sotto, che con la presenza di una rete Wi-Fi aggraverebbe di molto la mia situazione».

LA VITA PASSATA IN CUCINA
Caterina passa ogni giornata all’interno della cucina, che ha schermato con oggetti metallici. E la notte dorme su una sedia a sdraio: «Dopo due anni, però, sono arrivate le fratture su tre costole e nonostante i dolori non posso andare in ospedale, perché la presenza di forti segnali sarebbe ancor più dolorosa da sopportare».

IL PENSIERO DI FARLA FINITA
Caterina ci ha pensato. Ha pensato più volte di farla finita, emulando così la 15enne Jenny Fry, adolescente inglese suicidatasi perché stanca di convivere con i dolori provocati dall’impianto Wi-Fi della sua scuola: «Io non posso pensare al mio futuro, non devo pensare al mio domani ma solo aspettare il giorno in cui l’elettro-sensibilità verrà riconosciuta come malattia invalidante anche in Italia».

LE MISURE NEGLI ALTRI PAESI
Questa è la battaglia che conduce l’Associazione Italiana Elettrosensibili, da oltre dieci anni attiva per convincere il governo italiano a seguire l’esempio della Svezia, dove i 2,5 milioni di elettrosensibili ricevono un contributo economico dai comuni e i datori di lavoro sono obbligati a trovare una condizione sostenibile per i dipendenti. È un caso quasi unico nel panorama europeo: l'elettrosensibilità infatti non è riconosciuta come una malattia né dall’Oms né dalla comunità scientifica perché i sintomi, nonostante siano stati riconosciuti come invalidanti, sono vissuti in prima persona e difficili da verificare.

ALMENO 600 MILA ELETTROSENSIBILI IN ITALIA

Gli elettrosensibili e in misura maggiore gli ipersensibili tendono a una vita solitaria; c’è chi vive nei boschi, chi nelle caverne, chi si trasferisce in piccoli centri montani oppure chi si rifugia in macchina per passare la notte. Le condizioni di vita minano anche la tenuta psicologica, con numeri allarmanti per l’Italia, dove la stima si aggira tra 1% e il 3% della popolazione (tra i 600 mila e gli 1,8 milioni di individui).

UNA CITTA' SENZA ONDE ELETTROMAGNETICHE
«Noi viviamo il problema come una fuga dalla città, per questo lottiamo per avere un riconoscimento che ci consenta di vivere in una condizione decorosa», spiega Paolo Orio, vice presidente dell’A.i.e. che sottolinea come anche l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa abbia messo in guardia gli stati membri nel «dover prestare attenzione a chi soffre di intolleranza ai campi elettromagnetici e di introdurre specifiche misure per proteggerli, inclusa la realizzazione di aree non coperte dalle reti wireless». Per questo l’A.i.e. sta provando a replicare l’esempio di Green Bank, cittadina americana nel West Virginia sorta per accogliere gli elettrosensibili, dove sono banditi telefoni, reti Wi-Fi, tv e radio. «Stiamo valutando dove poter creare una soluzione di questo tipo, anche perché ci arrivano tante richieste pure dall’estero» dichiara Orio, indicando nella Toscana la potenziale terra della salvezza.

di Alessio Caprodossi

20 dicembre 2015

FONTE: Vanity Fair

venerdì 25 ottobre 2019

“Aiutatemi!” Elettrosensibile disperata ma ancora viva: il 5 Novembre, a Roma si manifesta anche per lei (e per tutti i malati come lei)


Grande entusiasmo e voglia di partecipare alla prima manifestazione nazionale unitaria Stop 5G promossa dall’Alleanza Italiana Stop 5G il 5 Novembre a Roma dentro e fuori il Parlamento. La rivendicazione del diritto alla tutela della salute, ad essere disconnessi e soprattutto non irradiati dalle pericolose radiofrequenze, arriva dalla società civile consapevole ma soprattutto dai malati, principalmente di elettrosensibilità, sensibilità chimica multipla e fibromialgia così come denunciato a più riprese dal portavoce nazionale Maurizio Martucci alla Camera dei Deputati, al Senato e nel Parlamento Europeo.

A ridosso della manifestazione di Roma, a cui hanno già aderito numerosi malati gravi che si alterneranno in piazza Montecitorio nella denuncia di una vita ormai insostenibile per colpa del wireless, arriva l’accorato appello di Yvelyse Martorana, donna siciliana gravemente malata di EHS-MCS, di cui OASI SANA si è più volte occupata. Ecco l’ultima disperata richiesta d’aiuto.

Dopo mesi di silenzio sento l’esigenza di tornare a parlare della mia condizione di malata di MCS (Sensibilità Chimica Multipla) ed EHS (Elettroipersensibilità).
Dal mese di marzo 2019 vago da una provincia all’altra della Sicilia dove ho trovato sistemazioni temporanee per proteggermi dalle irradiazioni elettromagnetiche della città, irradiazioni che mi avevano ridotto a vivere nella perenne penombra. A causa di un problema agli occhi, provocato dalle onde emesse dagli impianti wi-fi, da cellulari e ripetitori, infatti, per molto tempo non ho più sopportato la luce, sia quella naturale che quella elettrica, e il perenne dolore all’area oculare mi ha impedito per mesi di leggere e scrivere.

In marzo sono stata contattata da una persona che mi ha offerto la sua casa al mare, in provincia di Caltanissetta, lì ho trascorso tre mesi. Questa persona rimane nel mio cuore e voglio ancora ringraziarla perché grazie a lei ho cominciato a migliorare e sono tornata un po’ alla luce, in tutti i sensi.
I mesi successivi, ahimè, mi hanno invece preservato brutte sorprese. Non voglio entrare nei dettagli, ma posso dirvi che ne ho viste di tutti i colori e, ad oggi, la mia via crucis continua. Purtroppo, non ho ancora trovato una vera sistemazione e questa precarietà, questo continuo peregrinare, stanno facendo di nuovo peggiorare le mie condizioni generali di salute.

In base all’esperienza vissuta finora, posso affermare che il problema della casa è forse uno dei più gravi che un malato di MCS ed EHS si trovi ad affrontare.
Rimanere senza casa a causa della malattia è di per sé drammatico, ma ancora più gravi ed inaccettabili sono gli abusi e le discriminazioni che spesso si è costretti a subire.
Accade sovente che la necessità e l’urgenza di un riparo ci portino ad accettare condizioni abitative altrimenti inaccettabili, a non esigere tutele e garanzie di contratti regolari, ad elemosinare comprensione e rispetto per le nostre particolari condizioni di salute, venendo troppo spesso per questo considerati disturbanti o, addirittura, la nostra presenza viene vissuta come limitante per il prossimo.

Più di un padrone di casa mi ha aperto le porte, per poi richiudermele in faccia quando ha capito che potevo essere un problema a causa della mia strana e inconsueta malattia; tante volte mi è stato detto che con le mie richieste (dettate da gravi motivi di salute, non da capricci, badiamo bene !) calpestavo i diritti altrui, mai nessuno, però, che abbia riflettuto sul fatto che, ignorando le mie richieste, stava calpestando i miei di diritti, primo fra tutti quello alla salute.
Adesso, dopo mesi di peregrinazioni, il mio compagno ed io ci ritroveremo di nuovo per strada a trascorrere le giornate in auto, alla ricerca di zone poco irradiate da CEM (campi elettromagnetici), per tornare nel nostro appartamento di Bagheria solo di notte, dove potrò dormire a mio rischio e pericolo in quanto i livelli di irradiazione elettromagnetica sono altissimi e ormai proibitivi per il mio stato di salute.
Tutto questo con l’inverno alle porte!

Non esito a dire che siamo disperati, anche perché trovare soluzioni valide è complicatissimo, direi che in certi momenti sembra quasi impossibile. Molti ci consigliano di allontanarci dalla nostra provincia, cosa che abbiamo già fatto, ma con gravi difficoltà. Andrea ed io abbiamo anche una vita pregressa da gestire, scadenze ed impegni che richiedono la nostra presenza, complicatissima da garantire se ti trovi dall’altra parte della Sicilia o se, come me, non puoi spostarti con facilità. Essere troppo lontani dalla propria zona, inoltre, significa non avere una rete di amici e familiari che possano darti una mano: la solitudine è un vero nemico quando sei in condizioni di grave bisogno e getta chi ti assiste e ti sta vicino nello scoramento. Non dimentichiamo questi aspetti, vi assicuro che sono fondamentali.

Alla luce di quanto detto e in forza della mia terribile esperienza, ritengo indispensabile che si formi un gruppo di autoaiuto (auspicabile sarebbe l’appoggio delle Associazioni già esistenti) formato da Professionisti (Avvocati, Medici,…), privati cittadini, a tutela e sostegno dei malati di MCS ed EHS in condizioni di grave crisi abitativa a causa della malattia.
Gli obiettivi principali dovranno essere i seguenti:
1. ASCOLTO (abbiamo bisogno di qualcuno che comprenda realmente il nostro dramma, senza dover spiegare sempre tutto);
2. AIUTO NELLA RICERCA E NELLA SEGNALAZIONE DI ZONE E/O ABITAZIONI POCO IRRADIATE, POTENZIALMENTE ADATTE ANCHE AD UN MALATO DI MCS;
3. SUPPORTO E CONSIGLI LEGALI AL FINE DI LIMITARE ABUSI E DISCRIMINAZIONI LEGATI ALLA MALATTIA DA PARTE DI PADRONI DI CASA, VICINI, AMMINISTRATORI CONDOMINIALI ECC…


Tutti coloro che sentono di avere cuore e fegato per aiutarci in questa lotta per la sopravvivenza, possono contattarci ai seguenti indirizzi del mio compagno Andrea Borgia:
mail: anborgia@libero.it
cellulare/wh: 3687769190


Grazie di cuore

Yvelyse Martorana



12 ottobre 2019

FONTE: Oasi Sana

mercoledì 18 settembre 2019

Fibromialgia, la malattia invisibile che l'Italia non vuole riconoscere


SALUTE Non è compresa nell'elenco delle malattie croniche che rientrano nei Lea. Eppure si tratta di un disturbo che condiziona in modo pesantissimo la vita di ogni giorno

Aprile. Valerio, fotografo aquilano di 33 anni, è nei pressi del Louvre e dopo una giornata di lavoro si concede le bellezze notturne di Parigi: all'improvviso un uomo lo aggredisce senza ragione. Accade tutto a cento metri da una stazione di polizia: serviranno ben sei agenti per fermare l'aggressore, poi dichiarato non in grado di intendere e di volere, quindi non processabile. Il fotografo sporge denuncia e viene ricoverato in ospedale: la diagnosi è un importante trauma cranico. Il percorso è lungo, ma esiste un fondo che risarcisce le vittime di persone affette da disturbi psichiatrici; inoltre, il consolato italiano fornisce a Valerio un avvocato del posto che, dopo un interessamento iniziale, sparisce: ancora oggi non è dato di sapere se sia stata intentata causa o meno.

VALERIO TORNA in Italia e con lui lancinanti dolori muscolari a cui si uniscono disturbi del sonno, affaticamento, mal di testa, oltre a disturbi gastrointestinali e cognitivi. Le sue condizioni peggiorano ogni giorno. I medici gli prescrivono del Valium perché si teme una depressione: in realtà sono i muscoli facciali che a stento rispondono. In un anno di accertamenti, Valerio arriva a spendere di tasca propria quasi 10 mila euro. A novembre, la diagnosi: fibromialgia postraumatica. La stessa che lo scorso marzo ha costretto Lady Gaga a cancellare ben 10 date del suo tour.
Cos'è la fibromialgia? E' una sindrome che causa dolore muscolo scheletrico diffuso e costante. Nel 1992 l'Organizzazione mondiale della Sanità l'ha riconosciuta come malattia, mentre nel 2009 il Parlamento europeo ha invitato ad avere maggiore consapevolezza al riguardo. Eppure è ancora confusa con patologie reumatologiche, internistiche e neurologiche, se non con effetti collaterali di ansia e depressione. In Italia ne soffrono circa 2 milioni di persone, sopratutto donne, con un'insorgenza della malattia tra i 25 e i 55 anni: la precoce comparsa costringe molti ad abbandonare o limitare l'attività lavorativa.
Le province autonome di Trento e Bolzano sono state le prime a riconoscere questa sindrome come una malattia, con relative esenzioni e invalidità; con il tempo hanno provveduto varie Regioni, come Basilicata e Marche. E' un tema caldo in Sicilia e Abruzzo, dove si registra un aumento dei casi, di origine “post traumatica”, dopo il terremoto del 2009. A livello nazionale però siamo ancora fermi all'inserimento della fibromialgia nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) come “malattia cronica di rilevante impatto sociale e sanitario”, e a un disegno di legge – volto a riconoscere la patologia a livello nazionale – presentato dalla senatrice Paola Boldrini (Pd) ad aprile 2018 e ancora neanche esaminato. L'attuale ministra della Sanità, Giulia Grillo, quando sedeva sui banchi della Camera, fu tra i firmatari di un'interrogazione che aveva lo stesso obiettivo; la fibromialgia sembra quindi starle a cuore. Ancora più della Grillo però si deve far valere l'articolo 32 della Costituzione che “tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”.

di Irene Tinero

FONTE: Il Fatto Quotidiano

giovedì 15 agosto 2019

Ferie donate per la piccola Elisa


Alcuni dipendenti dell'ospedale di Pordenone hanno scelto di convertire i giorni accumulati e aiutare la famiglia della piccola. La bimba malata di leucemia ha appena compiuto 5 anni. Il grazie della mamma: “Un gesto che riempie i nostri cuori”

AZZANO

Anche l'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone aiuta la piccola Elisa grazie alle ferie solidali. Si tratta di giorni di ferie donati a titolo gratuito e volontario dai dipendenti.

L'INIZIATIVA

Il grazie di mamma Sabina e papà Fabio è enorme; nella speranza di non essere lasciati soli in questo lungo viaggio. Per chiedere le ferie solidali ci sia un iter burocratico da seguire, con relativa richiesta da presentare al datore di lavoro, ogni volta che vengono raggiunti i 30 giorni donati. A parlare è la mamma, Sabina Maria, che racconta di Elisa che ha appena compiuto 5 anni (il terzo compleanno di fila in ospedale) poiché colpita da una leucemia rarissima, la miclomonocitica infantile. “Volevo permettermi di ringraziare veramente con tutto il cuore i colleghi dell'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone e tutta l'Azienda 5 del Friuli Occidentale. Infatti ho saputo che mi stanno aiutando, donandomi le ferie solidali grazie a una nuova legge entrata in vigore lo scorso aprile – afferma Sabina -. Chi vorrà potrà donare da un minimo di un giorno al massimo di 8 giorni spalmandoli in vari mesi e la donazione sarà anonima. Ringrazio anche perché ho appena finito l'aspettativa di due anni. Un saluto e un caloroso abbraccio in particolare va alla signore Michela Casarsa che, oltre aver già donato di sua iniziativa, si è prodigata instancabilmente per propagare questo appello di grande solidarietà. Sono ormai da quasi due anni e mezzo chiusa in camera con la piccola Elisa e il mio compagno Fabio all'ospedale del Vaticano, il Bambino Gesù: non finiremo mai abbastanza di ringraziare per l'ospitalità, l'amore e la professionalità il professor Franco Locatelli, tutti i medici, l'ufficio infermieristico e i volontari; è il quarto ospedale che giriamo pur di riuscire a salvare la piccola dalla malattia. Purtroppo attualmente non esiste nessuna terapia che la possa salvare, solo il trapianto di midollo osseo. Un primo tentativo fatto il 19 gennaio 2018 non ha avuto purtroppo un buon esito forse a causa della malattia troppo aggressiva o forse per il fatto che il donatore non fosse perfettamente compatibile. Elisa è in attesa di fare un secondo trapianto e la speranza è quella di riuscire a trovare un donatore e di portare il midollo nel suo corpicino. Attualmente le condizioni di salute sono discrete nonostante purtroppo abbia avuto ultimamente un virus che l'ha debilitata molto. Ci si prospetta una degenza ancora lunga, piena di insidie. Sono vicino a Elisa giorno e notte pur di riuscire in questa impresa, che ormai mi pesa relativamente, vado avanti per inerzia. Vicino a noi c'è il mio compagno Fabio, che ha voluto chiudere la sua attività due anni e mezzo fa per andare a 600 chilometri da casa in uno dei centri all'avanguardia per questa terribile malattia. L'appello per trovare un donatore di midollo osseo è sempre attuale. Chiamate Admo oppure il centro trasfusionale dell'ospedale più vicino a voi”. Sulla pagina Facebook “Pardini Fabio per Elisa” maggiori informazioni anche su come tipizzarsi.

Di Elisa Marini

1 agosto 2019

FONTE: Gazzettino.it


E' sempre bello riportare notizie che parlano di solidarietà e generosità, anche se la situazione della piccola Elisa è tutt'altro che risolta! Condividiamo e facciamo conoscere la storia della piccola Elisa, che ha ancora tanto bisogno del nostro aiuto!
Grazie di cuore!

Marco

sabato 3 agosto 2019

"Sono felice, ma ho bisogno di aiuto": il messaggio di Elisa nel giorno del suo compleanno


Elisa Pardini è una bambina colpita da una gravissima forma di leucemia. L'unico modo per salvarla è trovare un donatore pienamente compatibile. Oggi compie 5 anni: l'appello

"Oggi è il mio compleanno. E' il terzo che festeggio qui in cameretta al Bambino Gesù del Vaticano". La piccola Elisa Pardini, originaria di Pordenone, ha passato più di metà della sua vita in ospedale. Colpita da una gravissima forma di leucemia - la leucemia mielomonocitica infantile - cerca un nuovo donatore di midollo osseo dopo che un primo trapianto, compiuto nel dicembre 2018, non è andato a buon fine. "E' fallito forse perché la malattia era forte o perché la compatibilità del donatore individuato non era totale. A pochi mesi da quella operazione Elisa è tornata a stare molto male", racconta il suo papà Fabio, che non smette di combattere accanto alla figlioletta.

Si tratta di una forma di tumore del sangue chemio resistente, affrontabile solo con un trapianto di midollo osseo. La piccola si trova da tempo in cura presso il Bambino Gesù di Roma, insieme ai genitori che non la lasciano mai sola e per questo hanno dovuto abbandonare anche il loro lavoro. Una storia, la sua, che ricorda da vicino quella del piccolo Alex Montresor, che ha scatenato in Italia una vera e propria gara di solidarietà.

Questo il messaggio-appello comparso oggi su "Pardini Fabio per Elisa", la pagina Facebook gestita dal papà della bimba, sulla quale è attiva anche una raccolta fondi: "Mi chiamo Elisa e oggi è il mio compleanno... Compio 5 anni... E' il terzo che festeggio qui in cameretta al Bambino Gesù del Vaticano... Sono molto felice e fortunata perché da ormai quasi due anni e mezzo mamma e papà sono sempre vicino a me senza lasciarmi mai sola... Sono fortunata perché il Professore i Medici gli Infermieri e i Volontari stanno facendo l'impossibile (come del resto per tutti i bambini ammalati) per cercare di guarirmi e salvarmi la vita e di conseguenza anche quella di mamma e papà (sono affetta da Leucemia Mielomonocitica Infantile una leucemia rarissima che colpisce 1/2 bambini su un milione e non si può guarire con nessuna chemioterapia ma solo con il trapianto di midollo osseo, un primo effettuato il 18 dicembre 2018 ma purtroppo non riuscito e sono in aspettativa di trovare un donatore di midollo osseo più compatibile possibile per affrontare un secondo trapianto)".

"Sono fortunata perché tante associazioni e privati hanno aiutato la mia famiglia per andare avanti. Sono fortunata perché tantissime persone tramite il web e i mezzi d'informazione (giornali, tv, personaggi famosi dello spettacolo, dello sport e della politica) hanno conosciuto la mia drammatica vicenda e stanno spronando me e i miei genitori a non arrenderci e grazie anche a questo tantissime persone sono e stanno andando a tipizzarsi o alle ADMO www.admo.it oppure nei centri trasfusionali degli ospedali più vicini per donare il sangue per una eventuale donazione del midollo osseo... Ok adesso vi saluto e vi abbraccio e bacio tutti, vado a festeggiare... vi voglio tanto bene... e spero tanto di passare il prossimo compleanno a casa, con i miei genitori e tanti nuovi amici... P.S. I capelli non sono i miei...c'eravate cascati eh???...".

Come aiutare Elisa Pardini, la bambina affetta da una rara forma di leucemia

Per salvare la piccola Elisa non serve essere eroi. Basta un gesto di generosità, con un minimo sforzo. Prima di tutto occorre fare la "tipizzazione": basta un tampone salivare o un semplice prelievo del sangue che poi verrà inserito nella banca dati. Per verificare la propria compatibilità con la bambina, è sufficiente recarsi all'Admo (l’Associazione dei donatori di midollo osseo), oppure nel centro trasfusionale più vicino. Occorre avere dai 18 ai 36 anni non compiuti, pesare almeno 50 chili e non avere malattie trasmissibili. Dal sangue verranno prelevate, in modo altrettanto semplice, le cellule staminali su cui verrà verificata l'eventuale compatibilità con Elisa o con quella di uno dei tantissimi malati in attesa di trapianto. Una volta inseriti nel registro, si può essere contattati per donare il midollo fino a 55 anni.

Qui il sito dell'Admo, l'Associazione dei donatori di midollo osseo, per avere tutte le informazioni necessarie e verificare la propria compatibilità con la bambina.

Qui la pagina Fb "Pardini Fabio per Elisa", per seguire la lotta dei genitori per la loro bambina.

di Violetto Gorrasi

27 giugno 2019

FONTE: Today

martedì 30 luglio 2019

«Fibromialgia: noi malati di serie B. Dopo 12 anni non vedo spiragli»


Sassuolo, lo sfogo di un papa:
«Patologia ancora non riconosciuta»

SASSUOLO - «Quando la gente mi dice "ma dai, ti trovo bene", oppure "hai sempre il muso, sorridi un poco", mi rendo conto che comunicare questa malattia è pressoché impossibile. Se hai tutti gli arti al loro posto, il fatto che tu abbia costantemente dolore dappertutto, che tu alla mattina ti svegli distrutto e senza forze, che tu non riesca a fare una semplice passeggiata perché muovere gambe e braccia comporta uno sforzo inenarrabile, non viene percepito. E allora ti demoralizzi ancora di più, perché comprendi che la strada da compiere è ancora tanta». E' lo sfogo amaro dela sassolese Stefano Calamita, 49 anni, sposato, 3 figli, di Sassuolo, carrellista in un’azienda di ceramica con una invalidità del 55% per problemi cardiaci, a cui nel 2004 è stata riscontrata la fibromialgia. Una malattia a tutt’oggi orfana di farmaci specifici, non riconosciuta dal sistema sanitario nazionale e non inserita nei Lea (livelli essenziali di assistenza) seppure recepita come patologia del sistema nociricettivo (del dolore, ndr). La medicina parla di percorsi personalizzati con ausilio farmacologico (antidolorifici, miorilassanti, antidepressivi, integratori), riabilitativo, cognitivo comportamentale. Tutti non convenzionati e quindi costosi. Eppure Fabrizio è fortunato, perché a lui il reumatologo l’ha diagnosticata subito, quando molte – e questa è una delle battaglie dell’AISF Onlus (Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica) – sono le testimonianze di pazienti che hanno dovuto peregrinare per strutture e specialisti, sentendosi anche dare dei "depressi", quasi che i disagi fossero manifestazioni immaginarie.

Stefano, come si vive?
«Male, perché a poco a poco si rinuncia a fare cose, ci si isola. Le relazioni con gli altri diventano difficili, si ha l’impressione di doversi giustificare per ciò che non si riesce più a fare. E parlo di cose normali, come uscire, andare al parco con tuo figlio e dare due calci al pallone, come fanno tutti i papà».

Il fatto che non sia riconosciuta, cosa comporta?
«Le spese sono a carico di chi ne è affetto. Io, per la sola fibromialgia, spendo oltre 2mila euro l’anno. Per le difficoltà economiche per un certo periodo ho smesso di curarmi. In tutto ciò, si ha la consapevolezza che al massimo si prova sollievo per brevi periodi. Dopo 12 anni non vedo spiragli».

In cosa spera?

«Spero che la Regione Emilia Romagna, come sembra, si muova con azioni concrete. Confido nella scienza, spero si faccia ricerca. E anche informazione, perché siamo reputati malati di serie B, solo perché ‘fuori’ non si vede. E invece bisogna parlarne altrimenti rimaniamo soli».


Due milioni di casi in Italia

SONO due milioni gli italiani che ne soffrono, principalmente donne, dai 35 anni in su, ma non mancano gli uomini. Dolori muscolari diffusi, difficoltà a compiere movimenti ordinari, a prendere sonno, stanchezza costante. L’esito è spesso la depressione, un tempo ritenuta l’esclusivo movente. Esistono due tipi di fibromialgia: quella primitiva, isolata, in cui è il problema e quella secondaria, in cui si sovrappone ad altre malattie reumatologiche, dal lupus alla connetivite. A dicembre, il consigliere regionale Pd, Paolo Calvano ha presentato un’interrogazione sollecitando la Regione ad attivarsi e l'assessore alla sanità Venturi, ha assicurato impegno e risultati.


di Camilla Ghedini

15 febbraio 2016

FONTE: Il Resto del Carlino

domenica 21 luglio 2019

Albina Alghisi affetta da Sensibilità Chimica Multipla porta la sua testimonianza


La verolese è intervenuta al convegno salute e ambiente ospitato

Un meeting dedicato alla Sensibilità Chimica Multipla meglio conosciuta come “MCS”, all’ipersensibilità ai campi elettromagnetici “EHS”, alla Fibromialgia “FM” e alla Sindrome da Stanchezza Cronica “CFS/ME”, a cui hanno presenziato sanitari, associazioni e cittadini, ma anche pazienti affetti da una o più patologie di quelle citate.

Il convegno iniziato con i saluti della dottoressa Donatella Albini, delegata alla sanità del Comune di Brescia, dei consiglieri regionali Simona Tironi e Gian Antonio Girelli, ai quali sono seguiti gli interventi medici.

A spiegare la MCS, moderati da Anna Della Moretta, sono stati prima il dottor Lorenzo Bettoni, inmunologo, reumatologo e medico del Centro trasfusionale di Manerbio, che è entrato nel vivo della patologia e, dopo di lui, la schietta e toccante testimonianza di Albina Alghisi, presidente dell’associazione MCS Anima con sede a Cadignano di Verolanuova, donna affetta da 13 anni da questa patologia, di cui si parla, ancora, troppo poco.

Albina ha raccontato la sua vita, ma a maggior ragione ha spiegato le notevoli limitazioni a cui è costretta per non peggiorare la propria situazione. “Non ci fermeremo, continueremo a raccontare, ad alzare la voce sui tavoli delle varie realtà preposte al riconoscimento dell’MCS come malattia” ha sottolineato la presidente Alghisi.

Un ulteriore approfondimento è stato fatto anche dalla dottoressa Annunziata Difonte, esperta in medicina ambientale, medico specialista in medicina del lavoro.

Diverse le patologie o le sensibilità che si intrecciano tra loro sino a diventare vere e proprie gravanti della situazione in cui i pazienti vertono.

A patrocinare l’evento organizzato dall’associazione MCS Anima, la Provincia di Brescia, il Comune di Brescia e l’Aido.

25 maggio 2019

FONTE: Bresciasetteoggi.it

sabato 6 luglio 2019

La richiesta d’aiuto di Vania ammalata di MCS, Sensibilità Chimica Multipla


Mi chiamo Vania Maron, ho 47 anni, e da 10 anni sono costretta a convivere con una grave e rara malattia, la Sensibilità Chimica Multipla, che mi rende “allergica” a tutto quello che mi circonda.

L’ M.C.S o Sensibilità Chimica Multipla mi è stata diagnosticata nell’anno 2009, dopo anni di peregrinazioni da un medico all’altro, presso il Policlinico Umberto Primo di Roma, dove vi era un Centro Regionale per la diagnosi di questa patologia.

L’M.C.S è una malattia neurotossica ambientale da accumulo di sostanze xenobiotiche indotta da una predisposizione genetica a non detossificare. Le mutazioni di geni atti alla detossificazione causano un accumulo costante nel mio corpo di metalli pesanti e sostanze chimiche, che provocano una forte infiammazione dell’organismo che colpisce molti organi. Non essendo in grado, il mio corpo, di metabolizzare gli inquinanti, gli accumula diventando così sensibile ed intollerante a qualsiasi prodotto di origine petrolchimica: gas di scarico, colle, vernici, disinfettanti, pesticidi, detergenti di uso comune, lacche, deodoranti, gel, ammorbidenti, carta stampata, inchiostri, conservanti, profumi, medicinali ecc.

Con l’aggravarsi della malattia anche alcune sostanze naturali, come resine e terpeni, scatenano reazioni avverse. Reazioni quali: crisi respiratorie, gastrointestinali e neurologiche, che in caso di inalazione o contatto con sostanze chimiche perdurano per molti giorni, diventando, esposizione dopo esposizione, sempre più intense e devastanti, costringendomi ad una vita quasi di isolamento.

Vi chiedo di pensare a cos’è la chimica e a quanto questa sia presente nella nostra vita, ovunque ti giri e tocchi lei c’è.

Qua in Italia non vi è una cura per la mia malattia, l’unica cosa che posso fare per cercare di limitare il suo progredire è quello di evitare il mondo esterno e qualsiasi contatto umano. Le persone, purtroppo, fanno uso di normali detergenti e detersivi profumati, diventando così, per me, una barriera chimica invalicabile. Vivo sola, i miei genitori, ormai anziani e malati non sono in grado di accudirmi. Le volte che esco di casa, sono costretta ad indossare una mascherina con filtri ai carboni attivi, che mi offre una protezione parziale ma non totale dalle sostanze chimiche, motivo per il quale devo limitare le mie uscite.
La mia casa è formata da stanze quasi vuote
perché non tollero nemmeno la formaldeide presente negli arredi.

Anche i campi elettromagnetici a bassa ed alta frequenza mi scatenano crisi neurologiche costringendomi all’isolamento quasi completo. La mia malattia mi impone di mangiare cibi biologici molto costosi che spesso non sono in grado di acquistare. Il cibo trattato purtroppo danneggia e aggrava il mio stato precario di salute.

Purtroppo questa malattia è cronica e se non bloccata e curata causa altre malattie autoimmunitarie, come purtroppo dimostrano i miei esami diagnostici. Ho un mioma all’ovaio sinistro di 6 cm, che potrebbe essere aumentato ancora, necessiterei di un intervento urgente che purtroppo, causa la mia malattia, che mi rende allergica anche ai farmaci e agli anestetici, sarebbe molto, troppo, rischioso eseguire.
Bisognerebbe prima desensibilizzare e detossificare il mio corpo per renderlo in grado di poter sopportare almeno prodotti di uso comune negli ambienti, l’anestetico e alcuni farmaci.

Una signora vicentina che a causa dell’M.C.S allo stadio avanzato aveva rischiato la vita, grazie alla generosità dei suo concittadini, ha potuto recarsi a Londra presso il Breakspear Medical ed ad ottenere risulti incoraggianti.

Sono arrivata anch’io allo stremo delle mie forze, combatto ogni giorno con una malattia che mi toglie tutto, anche gli affetti più cari.
Chiedo umilmente aiuto a chi sarà in grado di aiutarmi economicamente ad affrontare un primo ciclo di cure intensive presso la clinica Inglese, cure che verranno a costare circa 35.000 euro.

Ringraziando di cuore chiunque volesse partecipare a questa raccolta fondi, il numero della postepay evolution a cui donare è:
5333 1710 5905 6529
con codice fiscale MRNPTR46T20L840M
intestata a Maron Pietro
, che è mio padre.

Se si vuole fare un bonifico l’Iban di questa postepay è
IT04X 3608105138274872474882

21 giugno 2019

FONTE: Varesepress


Pubblico con il cuore l'accorato appello di Vania Maron, malata grave di Sensibilità Chimica Multipla (MCS) ed Elettrosensibilità (EHS), patologie queste che ho trattato tante e tante volte sulle pagine di questo blog, eppure ogni volta è come se ciascuna fosse la prima storia, col suo carico di dolore, di sofferenza e di speranza. E la speranza, nel caso di Vania (e di altri malati come lei) si chiama Breakspear Medical Group di Londra, un centro, uno dei pochi al mondo, specializzato nel trattare una sindrome subdola e terribile come questa.
Per questa ragione invito tutti, con il cuore, ad aiutare Vania, donando un contributo libero
alle coordinate sopraindicate, ciascuno secondo le proprie possibilità. Invito ogni persona anche a condividere la sua storia e a supportare Vania con la propria preziosa preghiera.
Non dimentichiamoci mai che tante gocce, tutte insieme, formano l'oceano. E ciascuno di noi, se lo si vuole, può essere quella goccia di Speranza e Solidarietà che potrà realmente permettere a Vania di curarsi e salvarsi la vita. Un "grazie" di vero cuore a chi la vorrà aiutare.

Marco

sabato 29 giugno 2019

Venosa, la vita di Savino: «io elettrosensibile, allergico ai cellulari»


L’uomo vive isolato in un casolare. Gli è stata riscontrata una malattia rara la EHS, dovuta alle onde elettromagnetiche che affligge 170mila persone in Italia

di Gianfranco Gallo


VENOSA - «Una vita spericolata» ma non voluta, quella di Savino Tampanella di Venosa. Uno dei 170mila elettrosensibili in Italia. Tutti hanno certificazioni prodotte all'estero dove si fanno esami genetici particolari per scoprire quella sorta di allergia alle onde dei cellulari e di altri apparati come i radar. In Italia l'unico reparto che si occupava del tema all'Umberto I° di Roma è stato chiuso in seguito alla morte del primario che ha sostenuto i
«malati» di questa patologia.

Savino è l'unico ad aver avuto la certificazione che riconosce la sua condizione di elettrosensibile da una una regione: la Basilicata. La sua vita è un inferno, come lui stesso la definisce, non trova un lavoro adeguato e deve vivere lontano dalle fonti d'inquinamento, pena uno stato fisico e mentale di malessere perenne. Un gruppo che si occupa, e battaglia, del tema «elettrosmog» in particolare avverso al nuovo «5G», il GeCo lucano, genitori consapevoli, in occasione della giornata contro il 5G di sabato scorso ha trascorso con lui una giornata dal duplice significato: di solidarietà e di verifica delle sue condizioni. Sabato scorso è iniziato con un gazebo in piazza a Venosa per sensibilizzare i cittadini sul tema e per dare voce a Savino che vive e ha vissuto anche una condizione di marginalità per la sua patologia a volte scambiata per «fissazione» o giù di lì. Per poter vivere con minori disagi Savino sta realizzando una sua abitazione particolare. Un prefabbricato coibentato con delle lastre di piombo e ha addirittura le porte e le finestre colorate con una particolare e costosa vernice riflettente le onde elettromagnetiche. Ha vissuto un po’ ovunque Savino, dopo che è diventato sensibile all'aria che trasmette le onde dei cellulari, dei radar e degli altri apparati.

Ha dovuto lasciare il lavoro, cercare riparo in luoghi dove le onde elettromagnetiche non arrivano o sono deboli, dormendo addirittura per molto tempo in auto. A casa dei suoi genitori è dotato di una tenda riflettente in una stanza coibentata per alleviare la sua situazione. Ora Savino avrebbe bisogno di un lavoro per sopravvivere visto che la sua condizione di invalidità non gli viene riconosciuta completamente. Pur se laureato con diverse esperienze lavorative di buon livello e professionalità, ritiene che per lui sarebbe adeguato anche un lavoro di consegna a domicilio, in modo da essere sottoposto al WiFi degli uffici per brevi momenti. Purtroppo le onde arrivano un po ovunque ma stando in giro per strada sarebbe sottoposto per meno tempo e a onde meno forti. Girerebbe col suo inseparabile attrezzo che misura i decibel delle onde. Lui sente addirittura se i telefonini sono accesi o i radar militari della vicina Puglia sono in attività, quelli che si usano nei casi di allerta massima. In tutto questo l'attuale politica cittadina di Venosa si è mostrata poco sensibile. Infatti oltre a una consigliera e pochi altri nessuno, anche chi rivendica azioni a favore di Savino, ha dato il suo apporto durante la manifestazione.

QUI VENOSA, OSTAGGIO DELLA TELEMATICA

di Massimo Brancati

Costretto a rintanarsi in una casetta di legno, con mura di piombo che fanno da schermo, lontano dal centro abitato. Eremita non per scelta, prigioniero della tecnologia, ostaggio di un mondo che corre, viaggia sulle autostrade telematiche.

Di un mondo che accorcia le distanze geografiche, comunica immagini e suoni in real time, sempre più dipendente del download veloce, immediato, onnipresente. Per Savino, poco più che trentenne, il tempo si è fermato. Abita nell'estrema periferia del suo paese, Venosa (Potenza), e quando si muove deve assicurarsi che sul suo cammino non ci siano fonti di onde elettromagnetiche. Per intenderci, niente wi-fi, telefonini, radio, tv e tutto ciò che ruota attorno all'elettronica. Nel 2013 si è visto riconoscere dalla Regione Basilicata lo status di
«elettrosensibile», patologia rara che dà diritto all'esenzione dal ticket e ad altre prestazioni gratuite. Sai che consolazione. Savino vorrebbe tanto uscire dalla sua campana di vetro, ma la scienza non è ancora approdata ad un antidoto che gli consenta di lavorare in un ufficio o in qualunque fabbrica dove non c'è mansione che si smarchi da apparecchiature elettroniche. Al danno si aggiunge la beffa: l'elettrosensibilità è riconosciuta come malattia invalidante. Il datore di lavoro, dunque, è obbligato per legge ad affidare al dipendente mansioni adeguate alla sua condizione, ma non esiste una «zona franca». Basta un monitor, una radio, un'antenna e si scatena la reazione. Dolorosa, insostenibile. Dalla cefalea alle vertigini, dal rossore cutaneo alla tachicardia, dalla nausea alle vertigini. Un veleno, insomma.

Secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) sono quasi 170mila gli italiani che soffrono di questa forma di allergia nei confronti di oggetti che fanno parte della nostra quotidianità, ma che per gli elettrosensibili si trasformano in un nemico da evitare ad ogni costo. La stessa Oms, però, non riconosce il nesso di causalità con l'esposizione ai campi elettromagnetici. In sostanza, si tratta di una malattia che non è stata inserita nei cosiddetti codici Icd (International Classification of Diseases), pertanto le strutture mediche non hanno gli strumenti per fornire una prognosi, una diagnosi e una terapia. Cosa significa? L'elettrosensibilità è confinata nell'ambito della psicopatologia. Lo conferma alla Gazzetta il prof. Paolo Vecchia, oggi in pensione, già presidente dell'Icnpir (International Commission on Non Ionizing Radiation Protection) e capo della sezione per le Radiazioni non Ionizzanti dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss) di Roma. “Sono stati condotti degli esperimenti su questi soggetti – sottolinea lo scienziato - mettendoli davanti a una sorgente elettromagnetica senza dire quando è accesa e quando è spenta. I risultati ci dicono che non sono in grado di riconoscere lo stato di on e off. Dichiarano di sentirsi male quando si dice loro che c’è un campo elettromagnetico e di non avere disturbi se li si avverte che è tutto spento. In realtà le onde ci sono sempre state”. Ecco perché si parla di effetto «Nocebo», sul modello del «Placebo», acqua e zucchero al malato che crede di sentirsi meglio grazie alla medicina. Agli elettrosensibili non resta che sperare che la scienza individui una cura, una contromisura che li liberi dall'auto-prigionia. Quant'anche fosse una fobia legata alla psiche, si trovi una soluzione che non sia quella utopistica dello spegnimento di tutti i ripetitori, antennoni, televisori e cellulari. Savino la invoca da tempo girando con il suo inseparabile compagno di vita, un piccolo apparecchio che misura i decibel delle onde e che lo mette al riparo da incontri ravvicinati. Ma ne potrebbe fare a meno. Lui sente se i telefonini sono accesi a distanza di diversi metri e avverte addirittura l'attività dei radar militari della vicina Puglia. Nel suo rifugio - all'interno di campagne venosine incontaminate, techno-free - si sente al sicuro. In fondo è un
«privilegiato» rispetto a un qualsiasi compagno di sventura che abita in una grande città moderna, tecnologica, al passo con i tempi, videosorvegliata e cablata. Una volta tanto l'atavica arretratezza dell'entroterra lucano rappresenta un vantaggio. E l'inascoltato appello di Zanardelli sull'isolamento della Basilicata rurale diventa una lungimirante visione del futuro, se è vero che il popolo degli elettrosensibili cresce di anno in anno.

19 giugno 2019

FONTE: La Gazzetta del Mezzogiorno

sabato 22 giugno 2019

SOS Sicilia, Yvelyse ha URGENTE bisogno d’aiuto: senza casa, malata grave (EHS-MCS), senza cure né riconoscimento del Sistema Sanitario Nazionale


Come rete solidale di mutuo soccorso. E per sostenere malati invisibili come lei nell’estenuante battaglia del riconoscimento, nell’allargamento della difesa della salute pubblica in tutela di 60milioni di italiani minacciati dallo tsunami elettromagnetico di quinta generazione. Anche per questo è nata l’alleanza italiana Stop 5G, per far emergere quel sommerso di storie limite, di persone disperate, uomini e donne bisognose d’aiuto, nonostante il negazionismo di chi persevera nello sconfessare l’evidenza di una realtà disperata, tutt’altro che digitale.

Disegni di legge sul riconoscimento da parte del Sistema Sanitario Nazionale ancora congelati, in Parlamento si è tornati a parlare di Sensibilità Chimica Multipla, Elettrosensibilità e malati oncologici da radiofrequenze. Le recenti interrogazioni sulla disabilità d’Era Elettromagnetica presentate in Senato (Sen. Andrea de Bertoldi), alla Camera dei Deputati (On. Sara Cunial) e le conferenze stampa dell’alleanza italiana Stop 5G si sono mosse esattamente in questa direzione. Ma c’è ancora tanto da fare. La riprova arriva dalla Sicilia: torna prepotentemente alla ribalta l’appello di Yvelyse Martorana, insegnante siciliana gravemente malata di EHS-MCS.

Ce ne siamo già occupati a più riprese nei mesi scorsi: costretta a fuggire dalla provincia di Palermo per l’ubiquitaria presenza del Wi-Fi (a novembre aveva protestato con cartelli davanti il Municipio di Bagheria, con la sezione di Gela della federazione dei Verdi a dicembre per lei fu poi organizzato anche il primo corteo d’Italia Stop 5G), Yvelyse ha vissuto negli ultimi tre mesi in un alloggio protetto sul mare in provincia di Caltanissetta, esattamente dall’altra parte dell’isola. Niente (e scarso) elettrosmog, niente (o scarsa presenza) agenti chimici irritanti, tanto le è bastato per sopravvivere negli ultimi 90 giorni, nonostante l’isolamento forzato dal mondo esterno.

Ora però la situazione è ad un bivio. E’ questione di giorni: il 10 Giugno 2019 Yvelyse Martorana dovrà riconsegnare la casa alla legittima proprietaria, un’altra donna ammalata che lì – evidentemente – ci vive per rigenerarsi. Solo che Yvelyse non sa più dove andare. Allora il marito Andrea Borgia tenta la carta della disperazione e lancia un accorato appello (talmente forte l’elettrosensibilità, la moglie non riesce nemmeno a parlare dal telefono fisso): “Viviamo al buio da tempo, non possiamo nemmeno accendere la luce perché da fastidio a mia moglie. Figuriamoci antenne di telefonia e Wi-Fi, motivo per cui siamo fuggiti in fretta e furia da Bagheria per venire a riparare a 200 chilometri di distanza. Mia moglie è in malattia dal lavoro, non so quanto potrà andare avanti. Ha chiesto un cambio di mansioni che finora non c’è stato. Per sostenerla, io invece sono in aspettativa dal mio lavoro. Non c’è assistenza dalle ASL, nessuno ci offre sostegno. Siamo soli, abbandonati. La cosa drammatica è che qui in Sicilia non esistono molte zone prive d’elettrosmog che possano permettano ad Yvelyse di vivere senza sofferenza. E quelle poche che siamo riusciti a trovare, una anche in provincia di Catania, mostrano altri problemi d’inquinamento per via degli agenti chimico-tossici nell’aria. Mia moglie ha già vissuto per molto tempo dentro una macchina, adesso dovremo abbandonare pure questa casa di riparo. Siamo disperati, non sappiamo più dove andare. Yvelyse chiede aiuto a chi può offrirglielo, ha bisogno di una casa protetta dove sopravvivere”.

Riprendendo questo straziante grido d’allarme, OASI SANA lancia un appello ai suoi lettori affinché qualcuno possa intervenire al più presto. Ci rivolgiamo alle forze politiche nazionali, alle istituzioni locali della Regione siciliana, ai Sindaci del comprensorio, ma pure ai mezzi d’informazione e al volontariato locale. Chi può faccia qualcosa, subito e in concreto. In Svizzera, tanto per fare un esempio, vicino Zurigo esiste la Casa della Salute, una palazzina finanziata con 4,9 milioni di euro di denaro pubblico abitata esclusivamente da malati EHS-MCS (quindi niente profumi, niente Wi-Fi, né Smartphone etc...).

Come tanti altri malati cronici affetti da Sensibilità Chimica Multipla ed Elettrosensibilità, Yvelyse Martorana ha bisogno di cure e assistenza, ma soprattutto di un ambiente bonificato, di una casa in una zona senza elettrosmog e senza agenti chimici inquinanti. Chi può aiutarla, si metta in contatto con il marito Andrea Borgia attraverso il suo profilo Facebook. O scriva direttamente ad OASI SANA (oasisana@virgilio.it).

di Maurizio Martucci

4 giugno 2019

FONTE: Oasi Sana


Condivido con il cuore questo accorato appello!
Chiunque potesse aiutare Yvelyse a trovare casa, anche soltanto con una segnalazione, lo faccia senza indugio mettendosi in contatto con il marito o con Oasi Sana come riportato qui sopra. La maggior parte della gente non ha idea di cosa significa soffrire di Sensibilità Chimica Multipla (MCS) ed Elettrosensibilità (EHS) in forma grave.... e dover affrontare queste due terribili patologie senza avere un posto dove stare, in balia dell'inquinamento ambientale ed elettromagnetico (che purtroppo è dovunque), è una cosa veramente terribile!
Aiutiamo Yvelyse, facciamolo tutti, perchè il suo benessere e il suo futuro sono resposabilità di tutti!
Grazie di cuore.

Marco

martedì 11 giugno 2019

«In quota mi sono disintossicata»


La rottura di un'otturazione aveva avvelenato l'organismo di Federica. Che per sopravvivere si è trasferita in montagna, dove ha ritrovato l'energia anche grazie allo sport

Si chiama Sensibilità Chimica Multipla. Per molti medici è una malattia immaginaria, un riflesso psicosomatico, per altri è la patologia del nuovo millennio, dovuta a una reazione abnorme dell'organismo alla presenza di determinati stimoli chimici. Su cosa sia, Federica Giobbe, 37 anni, non ha dubbi. «E' cominciato tutto quando avevo 17 anni e frequentavo il liceo a Milano, la mia città. Da settimane mi sentivo fiacca per un malessere diffuso, che partiva dall'intestino. Tutti mi ripetevano che avrei solo dovuto mangiare meglio, ma quel disturbo con il tempo ha preso anche lo stomaco, in modo tanto debilitante da costringermi a lasciare le competizioni di nuoto». Un colpo durissimo perché Federica a livello regionale era una campionessa. «Facevo un esame dopo l'altro, senza scoprire la causa dei miei problemi, che intanto peggioravano. Quando anche la milza e i reni sono stati coinvolti, sono diventata un caso clinico. Trascorrevo più tempo in giro per l'Italia tra specialisti, test e sperimentazioni che nelle aule dell'Accademia di Belle Arti di Brera, dove intanto mi ero iscritta. Il mio corpo non sapeva più difendersi dagli agenti patogeni. Mi dissero che forse era una malattia autoimmune. Allora, mi sono messa a studiare medicina da autodidatta. L'istinto mi diceva che qualcosa di innaturale aveva colonizzato il mio organismo e mi ostinavo nella ricerca delle cause della mia malattia». Ed è leggendo un libro di medicina del lavoro che Federica ipotizza cosa può esserle accaduto. Finalmente due specialisti confermano le sue tesi, indirizzandola verso le cure più adatte: «Ho scoperto di soffrire di MCS, Sensibilità Chimica Multipla, scatenata dall'amalgama di un'otturazione fatta da ragazzina e che si era rotta proprio quando avevo 17 anni. Così, una volta entrati in circolo, i metalli pesanti contenuti nelle otturazioni, mercurio e piombo su tutti, hanno intaccato tutti gli organi interni».

LONTANA DA POLVERI SOTTILI E POLLINI

Federica comincia così un lungo recupero fatto di visite di controllo ed estremo rigore nella vita quotidiana. I medici le consigliano di trasferirsi in alta montagna, sopra i 1500 m di quota, lontana da polveri sottili, pollini e tutto quanto potrebbe aggredire il suo debole sistema immunitario. «Non potevo prendere pillole, perché il mio corpo non sopportava i medicinali, così come i conservanti, i cosmetici, il fume delle sigarette e le esalazioni delle vernici. Quando sono entrata nella mia prima casa in Trentino Alto Adige, soffrivo ancora di crisi improvvise e tremori, pesavo solo 42 Kg e dovevo appoggiarmi a un bastone per camminare. Per ricominciare a vivere, avevo bisogno prima di tutto di disintossicarmi dai metalli pesanti, di ripulire il mio corpo, e l'unico rimedio consisteva nel passare più tempo possibile nel bosco per ossigenarmi. All'inizio mi facevo accompagnare e mi bastava stare seduta per ore su una panchine. Poi, adagio adagio, ho ripreso a camminare da sola fino ad avventurarmi su sentieri di montagna sempre più impegnativi. L'efficacia della disintossicazione era proporzionata alle mie “performance”, che miglioravano progressivamente. Ogni giorno mi ponevo nuovi obiettivi: camminare più a lungo, arrivare fino a un rifugio». Giorno dopo giorno, Federica sente che con il movimento il suo corpo rinasce ed è uno stimolo che la spinge ad allenarsi con costanza, e con la guarigione come traguardo finale. Quando fare trekking non le basta più, si iscrive ad un corso di arrampicata, quindi si mette alla prova anche nella corsa. D'inverno, invece, spinta dagli amici che le danno dritte sulla tecnica, inizia a praticare sci di fondo e si iscrive addirittura alla Marcialonga, la celebre gara che si snoda lungo 72 km tra le valli di Fiemme e Fassa, in Trentino. «Avevo però iniziato da poco a sciare e l'impegno si è fatto sentire; mi sono ritirata che non ero arrivata nemmeno a metà percorso. Ma non mi importava: l'emozione di indossare il pettorale e di partire insieme a migliaia di altri atleti mi ha dato una botta di autostima e di adrenalina che mi hanno spinta ad avere fiducia nella capacità di recupero del mio corpo».

ORA PENSA AL NUOTO AGONISTICO

Un corpo che infatti non l'ha delusa. «I medici mi hanno sempre detto che molto raramente questa patologia regredisce, ma a me è successo. Oggi abito in un paese a 1000 m di quota e ho una vita quasi normale. Non riesco ancora a passare molto tempo in un ufficio con moquette, polveri e aria condizionata, ma lo stato della malattia, che all'inizio era a livello 3, è a livello 1 e ambisco allo zero. L'attività fisica è diventata parte della mia quotidianità e il mio prossimo traguardo è tornare alla mia prima grande passione: il nuoto, inclusa qualche gara in piscina».

di Enrica Maria Carne

FONTE: Starbene

mercoledì 22 maggio 2019

«Cerco un donatore per sconfiggere la leucemia», l’appello social di Enrico è virale


Enrico De Caprio ha 25 anni e dal 2011 vive in Germania, partito da Napoli con tutta la famiglia per cercare a Berlino condizioni lavorative migliori. Poi un anno fa la decisione del ragazzo di tornare nella sua città, pensando di investire lì i risparmi messi da parte in terra tedesca. E invece Enrico quel volo, programmato per lo scorso giugno, lo ha perso, bloccato nella capitale alemanna da una banale tonsillite. Sembrava un normale mal di gola da curare con i soliti antibiotici, ma in realtà si è rivelata la spia di uno stato di salute molto più grave, che ha costretto il ragazzo a mettere in pausa la sua vita.

«Qualche mese prima della partenza avevo fatto dei controlli di routine che avevano dato un buon esito, stavo bene – racconta –. Poi è iniziato il mal di gola, una brutta infiammazione che i normali antibiotici non riuscivano a guarire. Così il medico mi consigliò di andare al pronto soccorso, dove mi avrebbero somministrato antibiotici più potenti per via endovenosa. E lì è cominciato il mio calvario». Infatti, in ospedale ripetono tutti gli accertamenti clinici e alla fine gli comunicano che ha “la malattia del sangue”. Enrico in un primo momento non capisce, crede di essersi preso uno di quei fastidiosi virus difficili da debellare. Spera di risolvere il problema nel giro di un mese e riuscire a prendere l’aereo che lo riporterà a Napoli. Sarà la madre a spiegargli che si tratta di leucemia e che la situazione è molto più grave di quello che pensa.

«Mi hanno ricoverato e ho cominciato il percorso terapeutico, che in quel caso non prevedeva il trapianto di midollo – spiega –. Sono stato in ospedale cinque mesi e mi hanno dimesso lo scorso ottobre, un giorno prima del mio 25esimo compleanno». Enrico è felice di festeggiare quella ricorrenza a casa con i suoi. Soprattutto è felice perché i dottori gli hanno detto che è guarito, e senza dover cercare un donatore di midollo per il trapianto.

Ma il ragazzo non è ancora fuori pericolo. I mesi successivi li trascorre con addosso il timore che i controlli periodici non diano l’esito sperato. E a marzo, proprio quando sembra andare tutto per il verso giusto ed Enrico è più rilassato e accarezza l’idea di far ripartire la sua vita, arriva un’altra doccia fredda: «Mi ha telefonato la dottoressa per dirmi che c’era un’anomalia negli esami e che la malattia era tornata. E a quel punto il trapianto di midollo era inevitabile». Una notizia che lo getta nello sconforto: «Confesso di aver pianto, non tanto per me ma per la sofferenza che avrebbero dovuto affrontare di nuovo i miei cari». Un attimo di debolezza che dura poco: Enrico rialza la testa e riprende la sua battaglia contro la leucemia. E da qualche giorno ha dalla sua parte migliaia di alleati. Infatti, su Facebook e Instagram è diventato virale il suo appello lanciato per cercare un donatore compatibile: «Ciao Leggende, purtroppo devo affrontare il percorso che mi sono augurato di evitare da diversi mesi, devo affrontare un trapianto di midollo a seguito di una Leucemia che mi rompe il cazzo da maggio scorso – scrive Enrico –. Come risaputo, la cosa fondamentale affinché il trapianto abbia un buon seguito è la compatibilità con il donatore. Essendo italiano è meglio che lo sia anche il donatore per una questione di similarità del ceppo genetico». Poi indica i link ai siti delle associazioni italiana e tedesca dei donatori di midollo osseo e aggiunge: «Non è un impresa facile trovare un donatore compatibile, ma più siamo e più aumentano le possibilità».

E così è partito il tam tam virtuale, che in altri casi, come quello del piccolo Alex, ha spinto migliaia di persone a fare il test di compatibilità e a registrarsi comunque come donatrici. È questo che oggi nutre l’ottimismo di Enrico: «La cosa che m’inonda il cuore di gioia è sapere che quel mio piccolo appello ha smosso i cuori di tantissime persone – dice –. E queste persone, anche se non risulteranno compatibili con me, registrandosi come donatori di midollo, si mettono al servizio di tantissimi malati che stanno vivendo la mia stessa brutta situazione. Il solo pensiero che io in questo caso sia un anello di una catena che può portare la vita a persone che ne hanno bisogno mi rende troppo felice, fiero di me stesso e di vivere. Catena creata in poco tempo attraverso un gesto semplice, una condivisione!». E conclude dedicando un pensiero a chi in queste ore sta alimentando questa catena: «Ringrazio voi e la vita per questa esperienza che ci sta offrendo: fare del bene al prossimo, ma sopratutto in anonimato, è un gesto nobile e leggendario».

di Gennaro Morra

19 aprile 2019

FONTE: Il Mattino

sabato 27 aprile 2019

Pierluigi e la solidarietà arrivata da Facebook


Grazie al sos sui social della mamma sono arrivati i fondi per acquistare un'auto modificata

Sono stati proprio l'amore e la testardaggine della signora Imma a consentire al figlio, Pierluigi Muggeri, di avere una macchina adatta alla sua disabilità. Senza perdersi d'animo, infatti, ha raccontato la sua storia su Facebook e avviato una raccolta fondi che le ha consentito di realizzare il sogno del suo ragazzo.
Pierluigi ha 15 anni ed è malato di distrofia muscolare di Duchenne, una malattia progressiva che da 11 anni lo costringe su una sedia a rotelle.
Con quell'auto è andato fino a Lecco per curarsi e gli ha consentito di spostarsi in città. Al volante, come sempre, c'è mamma Imma che da anni si batte per affermare i diritti di quanti vivono le stesse condizioni del figlio. E che ora attende di poter lasciare l'appartamento insalubre e fatiscente dove sono costretti a vivere.
Solo pochi giorni fa, il ragazzo ha avuto l'ennesima crisi respiratoria dovuta alla muffa e all'umidità della casa che sarebbe praticamente inabitabile per chiunque, a maggior ragione per chi ha problemi di salute di Pierluigi. Da mesi, la signora Imma e Pierluigi attendono di poter essere inseriti in lista per avere almeno una casa popolare in alternativa, ma le graduatorie devono essere rifatte daccapo e non c'è ancora il nuovo regolamento. «Continuo a non capire con quale criterio vengano assegnate le case se ci abitano persone che risultano separate ma che continuano a sfornare figli per approfittare dei bonus e che hanno un lavoro ben retribuito. Io, invece – sbotta la signora Imma – devo pagare 500 euro di affitto per una casa fatiscente, ho un figlio disabile e devo arrangiarmi con lavori pagati malamente».

11 aprile 2019

FONTE: La città di Salerno


Questa è proprio una bellissima notizia che ci dice, una volta di più, quanto generoso sia il popolo italiano. Adesso però, dopo la macchina, cerchiamo di far arrivare anche la casa.... ancora più importante per Pierluigi, nella precaria situazione di salute in cui si trova.

Marco