martedì 29 gennaio 2013

Il sogno di Cristiana si avvera: "Gioia indescrivibile"

Sono stati raccolti gli 11mila euro necessari per acquistare un montascale e una carrozzina elettrica

Cristiana Di Stefano potrà finalmente tornare ad avere una vita fuori da casa e ritrovare un po’ di autonomia, dopo essere rimasta per 6 anni bloccata nel suo appartamento perchè, malata di sclerosi multipla, non poteva permettersi un montascale e una carrozzina (http://www.cronachemaceratesi.it/2012/11/19/esclusa-dal-mondo-per-una-rampa-e-mezza-di-scale/259976/). La raccolta fondi avviata da Cronache Maceratesi lo scorso novembre (http://www.cronachemaceratesi.it/2012/11/23/gara-di-solidarieta-per-cristiana-di-stefano-al-via-una-raccolta-fondi/261614/) ha dato il via ad una vera e propria gara di solidarietà alla quale hanno partecipato molti maceratesi e non solo che hanno prontamente risposto all’appello. Questo ha permesso di raccogliere gli 11mila euro necessari per realizzare il sogno di Cristiana. Proprio ieri, infatti è stata raggiunta la cifra che permetterà di acquistare poltroncina montascale e carrozzina elettronica che le consentiranno di uscire di casa, di muoversi e persino di andare a fare la spesa.
Per Cristiana si è attivato il negozio Articolo Tre di Sforzacosta che ha fornito gli strumenti necessari a Cristiana a prezzi agevolati. La Banca delle Marche, inoltre, ha messo a disposizione un conto corrente dedicato a lei dove effettuare bonifici senza costi aggiuntivi. L’ordine dei prodotti necessari è già stato inviato e si prevede che entro un mese saranno a disposizione.

Cristiana è felicissima e ha scritto un messaggio per ringraziare: «Purtroppo posso fare solo un semplice ringraziamento generico, perché i donatori mi hanno chiesto di rimanere anonimi, soprattutto quelli che hanno donato molto, io li ho rinominati “angeli in incognito”. La gioia e l’emozione che provo è indescrivibile, quanto la sorpresa di scoprire che tantissima gente mi vuole bene, sia a Sforzacosta, che a Casette Verdini (io vivo nel mezzo praticamente), che in tutta Italia, attraverso internet, sono arrivate donazioni da ogni luogo, com’è piccolo e banale il mio grazie a tutti, confrontato al loro grande cuore».

di Alessandra Pierini

19 gennaio 2013

FONTE: cronchemaceratesi.it
http://www.cronachemaceratesi.it/2013/01/19/il-sogno-di-cristiana-si-avvera-gioia-
indescrivibile/282165/



Ecco una bella storia con conclusione a lieto fine che riporto con grande gioia nelle pagine di questo blog.
Nonostante la crisi, nonostante tutto quello che si può dire e pensare, generosità e solidarietà sono Valori che esistono ancora tra la gente, e questa storia lo dimostra concretamente. Cristiana poi, nel caso non tutti la conoscessero, è una persona che da anni lotta a fianco di tanti malati, sopratutto coloro che sono colpiti da intossicazioni da metalli pesanti, in particolar modo quelle causate dalle amalgame dentali. Sua è anche una Proposta di Legge presentata in Parlamento sulla
prevenzione delle malattie croniche degenerative che, tra le varie cose, prevedeva il ritiro dalla circolazione dei dannosissimi amalgami dentali nonchè dei vaccini conteneti mercurio. Insomma, Cristiana è sempre stata una persona che ha combattuto e tuttora combatte per i suoi ideali e quindi possiamo dire che questa lieta notizia giunge ancor più gradita, quasi come un riconoscimento per tutto il lavoro da lei svolto.

Marco

sabato 26 gennaio 2013

«Così chiusa in casa curo mio figlio. Ma con la tramontana inizia l'inferno»

La disperazione di Annamaria: «Subito mal di testa e dissenteria. E Vendola ci disse di stare tranquilli»

LIZZANO - «Viviamo in casa blindati come se stessimo nella gabbia di un carcere, ogni fessura dalla quale può entrare aria è tappata. E il mio bambino, che ha otto anni, vive imbottito di antistaminici che gli reprimono una tosse stizzosa e persistente. Non è l’unico problema che ha».
Annamaria - 40 anni, impiegata, cognome risparmiato a tutela del proprio figliolo - è una delle madri di Lizzano che si è ribellata «a quel demone incorporeo che ci sta addosso da troppo tempo». E di cui è a conoscenza anche il governatore Nichi Vendola, che già nel febbraio del 2011 - nel silenzio diffuso - ricevette la visita di alcune mamme in preda all’esasperazione. «Il presidente della Regione - fa mente locale Annamaria - ci disse di non preoccuparci, che sarebbe intervenuto a difesa delle nostre ragioni. Però, qui a Lizzano, non l’abbiamo ancora visto. E la situazione, se possibile, è peggiorata».

Il figlio - fortunatamente - non è nell’elenco dei bambini affetti da malattie rare. I disturbi che lamenta, tuttavia, sono permanenti e necessitano di regolari interventi farmaceutici. «Appena spira la tramontana e in casa penetra quel tanfo malefico che sa un po’ di gas e un po’ di uova marce - racconta - il mio ragazzo inizia a tossire. Questa è la costante. Frequenti sono pure i mal di testa e la dissenteria. Oltre che con gli antistaminici, in alcuni momenti c’è bisogno di ricorrere al cortisone. Uno stillicidio, che coinvolge decine e decine di famiglie». E che richiederebbe almeno una soluzione. «Sì, perché vogliamo capire una volta per tutte quale sia la fonte emittente dell’acido solfidrico, benché lo si immagini già. Vogliamo vivere meglio - afferma Annamaria - e non essere costretti d’estate, per esempio, a restare in casa con finestre e porte dalle quali non può passare un filo d’aria».

di Michele Pennetti

11 gennaio 2013

FONTE: corrieredelmezzogiorno.corriere.it
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce/notizie/cronaca/2013/11-gennaio-2013/cosi-chiusa-casa-curo-mio-figlioma-la-tramontana-inizia-inferno-2113504484719.shtml?fr=correlati


Articolo che si collega direttamente con il precedente postato su questo blog e che riguarda ancora questa "famigerata" discarica di Lizzano.
Mi auguro veramente che qualcuno intervenga per fermare questo stillicidio, perchè è evidente che in questa discarica ci sono degli sversamenti di sostanze tossiche (si parla di
acido solfidrico e idrogeno solforato in grandi quantità) che nuociono gravemente alla salute degli abitanti del posto, in particolar modo i bambini.
E' ora di muoversi, qui come in altri posti dove avvengono cose simili, per il bene di tutti !!!

Marco
 

giovedì 24 gennaio 2013

Lizzano, paese della puzza e dello choc: sedici bambini colpiti da malattie rare

Denuncia delle madri coraggio: «Colpa della discarica». Rispetto alla media italiana 300% in più di patologie
 
LIZZANO - Nella terra dei veleni e della salute insidiata, ma un po’ più a est rispetto alle ciminiere dell’Ilva, c’è l’ennesima storia da turarsi il naso. Non è una metafora, quella di Lizzano, paese di diecimila abitanti della provincia di Taranto noto per la sua cantina sociale e per aver dato i natali a Mimmo Cavallo, antico cantore delle contraddizioni sudiste («Siamo meridionali» il suo brano di maggior successo). È cronaca di molte notti, quando strade e case vengono inondate «da un odore che non è quello di immondizia» ma nasconde un principio «chimico» e sa di «ammoniaca» (descrizione della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti in Puglia). Una puzza perseverante, invasiva, che sarebbe appena più tollerabile se non fosse accompagnata da rilievi che l’Arpa Puglia ha definito «critici», però senza appiccicarci sopra il bollino del rischio sanitario (riunione del 15 dicembre scorso in Provincia), e da riscontri medico-scientifici singolari. Per dirne uno, se in Italia la media è di quattro casi ogni mille soggetti al di sotto dei 14 anni, a Lizzano nel solo studio della pediatra Antonietta D’Oria vengono seguiti e curati 16 bambini affetti da malattie rare.

«
Io ne tengo sotto osservazione 860, su un totale di circa 1.500 tra neonati, infanti e ragazzini fino a 14 anni censiti nella nostra comunità. E, vi assicuro, la componente genetica non può essere l’unica causa della reiterazione di patologie straordinarie», sostiene la stessa dottoressa, gentile nei toni eppure decisa nei modi, portavoce del movimento di decine di mamme lizzanesi salite sulle barricate in difesa dei figli e scese in strada per puntare l’indice contro la discarica Vergine, adibita allo smaltimento di rifiuti speciali, epicentrica rispetto a cinque Comuni dell’area (Faggiano, Roccaforzata, Fragagnano, Monteparano e ovviamente Lizzano) ma formalmente isola amministrativa di Taranto. Secondo le loro denunce - e non solo le loro: sul tavolo della Procura della repubblica sono piovuti da parte dei cittadini 800 esposti - l’emergenza germina là dove «è stata segnalata la presenza di ripetuti picchi di acido solfidrico o idrogeno solforato in misura notevolmente superiore alla soglia olfattiva» (relazione tecnica dell’Arpa inoltrata dai volontari di AttivaLizzano al prefetto Claudio Sammartino). «Nel giorno della presentazione del report della Commissione parlamentare, abbiamo avuto occasione di scambiare due battute con il procuratore Franco Sebastio - rivela la pediatra D'Oria - e ci ha garantito che, compatibilmente con le incombenti questioni legate all’Ilva, si occuperà di noi. Già esistono, per aggiunta, inchieste di varie Procure. Di sicuro - continua - qui ci sono migliaia di persone che non ce la fanno più e pensano al peggio. Per esempio che nella discarica vengano riversati rifiuti non trattati o che si disperdano combinazioni gassose assai nocive per la salute. Di sicuro - è l’amara chiosa - a Lizzano ci si ammala con una facilità inquietante. Occorre che sia presto effettuato dall’Asl uno studio epidemiologico. Molteplici ricerche ricordano che l’inquinamento dell’aria può costituire un fattore scatenante di tante patologie gravi».

Per gli ambientalisti di AttivaLizzano
, i raccoglitori privilegiati di malumori e rimostranze, «la gente è disperata: accusa bruciore agli occhi e al naso, tosse, mal di testa, difetti neuropsicologici». Tuttavia, se ad essere colpiti pesantemente sono i bambini, l’interrogativo si amplifica. Morbo di Crohn, celiachia, ipotiroidismo, iperattività del sistema immunitario, tumori assortiti, crescita bloccata, bebè sballottati come trottole tra gli ospedali di Matera, Bari e Roma senza che si comprenda con esattezza la natura del loro problema: ecco il dramma dei bambini di Lizzano. Una calamità invisibile che ha avuto il suo acme nel wheezing, l’asma sotto i cinque anni. In una delle indagini condotte da Antonietta D’Oria insieme a quattro colleghi (Annamaria Moschetti, Piero Minardi, Giusi Graziano e Grazia Benedetti) per conto dell’istituto Mario Negri, Lizzano ha registrato un numero di casi analogo a quello di Taranto e di gran lunga inferiore a Messina, Verona o Napoli. Solo che a differenza di Taranto, o ugualmente a Palagianello che è equidistante dal capoluogo ionico ma presenta estremi dimezzati, a Lizzano le ciminiere dell’Ilva non ci sono.

di Michele Pennetti

11 gennaio 2013 (modifica il 15 gennaio 2013)

FONTE: corrieredelmezzogiorno.corriere.it
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce/notizie/cronaca/2013/11-gennaio-2013/lizzano-paese-puzza-chocsedici-bambini-colpiti-malattie-rare-2113503970681.shtml?fb_action_ids=4193470443082&fb_action_types=og.likes&fb_source=other_multiline&action_object_map={%224193470443082%22%3A326311697484199}&action_type_map={%224193470443082%22%3A%22og.likes%22}&action_ref_map=[]


Un classico, triste esempio, di come uno scellerato inquinamento ambientale, in questo caso quello della discarica di Lizzano, porta inevitabilmente a un gran proliferare di patologie di vario tipo e natura. E il brutto è che sono sopratutto i bambini a pagare il prezzo più salato.
Meditiamo gente, meditiamo..... e sopratutto cerchiamo di trattare con più rispetto la nostra cara Madre Terra.

Marco

lunedì 21 gennaio 2013

Vola il sogno di Sara: vacanze in regalo


La giovane di Calusco affetta da Sensibilità Multipla Chimica sarà ospite del Comune di San Candido. Qui aria pura e anche un ospedale a portata di mano, ma minacciato dai tagli. Forse lei potrà salvarlo

Calusco d'Adda

Marta Todeschini

Guardate le foto a fianco: in quella grande c'è il panorama di San Candido, la rinomata località della Val Pusteria ora innevata, sotto Sara Capatti. 33 anni pieni di voglia di vivere, magari non sempre rinchiusa nella sua casa di Calusco d'Adda. La prima foto è il regalo della seconda, ma forse anche viceversa.
Partiamo da capo: Sara soffre di MCS, Sensibilità Multipla Chimica, il che significa niente profumi, niente pentole di metallo, niente alimenti che non siano bio, niente abiti sintetici, ma anche choc anafilattici dietro l'angolo se qualche sostanza volatile le entra nei bronchi. Quindi una vita da reclusa in casa. Sara in un articolo pubblicato sul nostro giornale il 4 dicembre scorso aveva espresso un desiderio: poter tornare a San Candido, dove era stata due volte, perchè “lì il mio fisico si disintossica, riesco a stare molto meglio”. Tempo 3-4 giorni al massimo e il sindaco del paese altoatesino di 3200 abitanti aveva già pronto il suo regalo. “L'idea è di un soggiorno di una settimana per Sara qui da noi, magari all'inizio della prossima estate. Ma mancano ancora da definire i dettagli con l'azienda di soggiorno” ci aveva confidato chiedendo di lasciare a Sara l'effetto sorpresa.
Ora che Werner Tschurtschentaler ha comunicato all'ex parrucchiera il dono, possiamo raccontare la sua felicità. “Non me l'aspettavo, è stato un bellissimo regalo di Natale – commenta Sara -. Spero di riuscire ad andare prima di giugno, per tirare un po' fiato. San Candido è la mia medicina”.
E qui arriviamo al termine “viceversa”. Perchè mai. Se il regalo arriva dalla Giunta guidata da Tschurtschentaler, la gioia di Sara potrebbe pure riflettersi su San Candido? Perchè proprio Sara e i malati come lei, forse, salveranno il suo ospedale. “Mi ha molto colpito il fatto che Sara abbia detto che solo da noi, l'unico paese sopra i mille metri con un ospedale, riesce a stare meglio – spiega il sindaco -. Proprio in questi mesi, per effetto della spending review, la Provincia di Bolzano sta studiando un piano di ridimensionamento dei nosocomi. Stiamo quindi cercando il profilo per il nostro e l'argomento portato dai malati di MCS è molto interessante. Ma prima di tutto siamo contenti se possiamo fare un regalo a chi ha già abbastanza problemi”.
Sara intanto ringrazia: “Tutto ciò che mi arriva è un dono che apprezzo con tutto il cuore. Ho un idea molto concreta di quello che devo fare per riavere la mia vita ed è una cosa che io e la mia famiglia possiamo attuare senza essere di peso a nessuno”.
Sarà già pregusta una vacanza a San Candido, ma sa che la soluzione definitiva “è il trasferimento. Sono due le cose di cui avrei davvero bisogno: un lavoro per mio fratello Alessandro là e una casa a un prezzo equo per noi e nostra mamma Fiorenza. E' mio fratello che provvede a me in tutto e per tutto”. Intanto, anche dopo l'articolo, in molti “mi hanno offerto il loro aiuto chiedendo che cosa potevano fare per me. L'unica risposta che riesco a dare è quella di far conoscere questa malattia, c'è ancora troppa indifferenza”.


Solidarietà all'ex parrucchiera

E UN IMPRENDITORE DONA 2 SETTIMANE

Un altro inaspettato regalo per Sara Capatti, dopo quello del sindaco di San Candido, è arrivato alla vigilia di Natale da un imprenditore dell'Isola bergamasca: due settimane a San Candido. “Questa persona, che vuole mantenere l'anonimato, mi aveva contattato per email dopo aver letto al notizia sull'Eco di Bergamo – racconta Sara Capatti -: ha prenotato per il mese di gennaio due settimane per me, mia madre, mio fratello e pure il mio cane al residence Wachtler. Quando si è presentato a casa mia, mi ha dato un biglietto con scritto "regalo di Natale".Non mi aspettavo questi regali: prima il sindaco di San Candido ed ora questa generosa persona”. In regalo le è arrivato anche un paio di occhiali da sole con montatura in legno, in quanto Sara non può usare occhiali in lega o altro materiale plastico: li ha donati società Feb31st di Milano, sono in legno e rifiniti con prodotti naturali per non creare allergie. Tantissime attestazioni di solidarietà, inoltre, sono giunte a Sara attraverso il suo blog (sara-pat.blogspot.it) o Facebook: “Sono rimasta strafelice di questi contatti, visto che le mie giornate le vivo chiusa in casa – spiega Sara -. I messaggi sono stati tutti di ringraziamento per l'esempio, la determinazione e la capacità di affrontare la malattia”. “Quale potrebbe essere ora l'aiuto per Sara? - dice Patrizia Piolatto, la giornalista che ha scritto un libro sulla storia della caluschese -. Darle l'opportunità di raggiungere il suo sogno, di iniziare una nuova vita lontana dall'inquinamento”.

Angelo Monzani

31 dicembre 2012

FONTE: L'Eco di Bergamo


Con grande gioia riporto questo articolo tratto dall'Eco di Bergamo sulla storia di Sara Capatti, questa ragazza affetta da Sensibilità Chimica Multipla di cui ho già parlato su questo blog.
La mia gioia è nel constatare quanta solidarietà ci sia attorno a questa ragazza, una solidarietà esprerssa non solo a parole, ma con fatti veri, autentici. E chi è che dice che la generosità non è più "di moda" al giorno d'oggi? Quanto sta succedendo a Sara dimostra l'esatto contrario. Grazie a Dio c'è ancora tanta gente dall'animo buono e generoso, pronta ad aiutare il suo prossimo nel momento del bisogno. Non dimentichiamocelo mai.
Un grande abbraccio da parte mia cara Sara, e che i tuoi sogni si possano avverare tutti, nessuno escluso !

Marco

venerdì 18 gennaio 2013

Soffre l'inquinamento. La sorella si mobilita

LA STORIA. Domani iniziativa nelle scuole per sensibilizzare i ragazzi. Elena Sartori è affetta da MCS, grave intolleranza alle sostanze chimiche e vive con una mascherina 

«Avere una sorella malata di MCS (Multiple Chemical Sensitivity), considerata una tra le più gravi malattie nel mondo non è semplice. Condivido il suo calvario per quanto sia possibile. Ma ora ho deciso di rimboccarmi le maniche».
Francesca Sartori ha 23 anni, un diploma al liceo artistico e in quest'ultimo periodo ha lavorato in uno studio di progettazione, anche ambientale. Ha deciso di mettere a disposizione la sua esperienza che negli anni è aumentata per aiutare la sorella: Elena, una delle malate vicentine di intolleranza alle sostanze chimiche. «La sofferenza è terribile, mia sorella è stata a letto tre mesi pressoché in coma, non aveva più la forza di alzarsi dal letto. Non scriveva più, non leggeva più, non era più niente. Aveva la pelle squamata e sentiva solo tanto freddo. Eppure, ha frequentato il liceo artistico, poi una scuola di restauro e a 19 anni, ed era il sogno della sua vita, è stata assunta in un laboratorio di restauro a Vicenza». Poi la caduta. La lenta ripresa e ora, dopo un concorso in Comune per le liste speciali, è stata assunta ai musei civici come addetta alla sorveglianza. «Sicuramente un buon passo avanti - sostiene la sorella -, però la strada da percorrere è lunga. I malati devono uscire allo scoperto e denunciare che cosa gli accade. Mia sorella vive con la mascherina, ma quanti sono ancora a letto magari senza una diagnosi certa?».
Ed ecco che Francesca Sartori ha deciso la lavorare ad un progetto: “Biomenti”, con l'obiettivo di sensibilizzare i ragazzi che frequentano le scuole sul tema della salute ambientale. «Mi sta molto a cuore questo discorso - ammette - prima perché ho una sorella malata di MCS, che assieme alla fibromialgia e alla sindrome da affaticamento cronico è una malattia connessa alla scarsa qualità ambientale e, soprattutto, all'eccessivo contatto con sostanze chimiche. Quasi ogni azione quotidiana è connessa a prodotti chimici, pensiamo a semplici azioni come preparare la lavatrice usando ammorbidenti e smacchianti fino alla spesa di alimenti con conservanti, aromi chimici e coloranti». Il progetto “Biomenti” arriverà per la prima volte nelle scuole venerdì, nelle aule del liceo artistico di Vicenza, dove entrambe le sorelle hanno studiato. «Ci saranno due lezioni teoriche - spiega Francesca - per le classi quinte e due per le quarte, in seguito procederà per 2-3 settimane un progetto pratico nei laboratori di disegno del liceo. Con gli studenti parlerò della situazione ambientale del Veneto: 6 capoluoghi su 7 fuori dai limiti di legge durante l'anno per eccesso di emissioni di gas serra. E ancora di bioarchitettura, eco design, moda e tanto altro che si affianca ad un sistema di vita più green. E partire dalle scuole è sicuramente importante, del resto la situazione che i malati di MCS in Italia si ritrovano a vivere è peggiorata dal fatto che, non essendo riconosciuta, molti medici non sanno rispondere alle domande del paziente, e consigliano cure psicologiche minando così anche la dignità di queste persone. Si tratta di una condizione totalmente invalidante: si perde il lavoro, non si possono frequentare uffici pubblici, come poste, banche, scuole, quindi non hanno nemmeno facoltà di accesso per il voto, ai luoghi di lavoro, di culto, supermercati, mercati, mezzi pubblici, ambulanze, ospedali, strade trafficate per la presenza di smog, cinema, teatri, ristoranti, negozi andando in questo modo incontro ad una vera e propria morte civico-sociale. Mi piacerebbe - conclude Francesca - che tutto questo potesse avere una soluzione, partendo da una maggiore considerazione del nostro ambiente e dal rispetto nel compiere determinate scelte».

di Chiara Roverotto

17 gennaio 2013

FONTE: ilgiornaledi vicenza.it
http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Cronaca/455437_soffre_linquinamento_la_sorella_si_mobilita/?refresh_ce


Un altra storia di Sensibilità Chimica Multipla, una storia però dove l'intraprendenza e la volontà di far emergere la verità emergono in maniera importante, grazie a questa iniziativa, denominata "Biomenti", nel quale le 2 sorelle Sartori (a cui va il mio plauso) portano il loro contributo di esperienza personale ai ragazzi delle scuole per sensibilizzarli sul grave problema della salute ambientale. Ed è molto importante partire dai giovani  per cercare di inculcare certi valori, una mentalità ecologica che si rende quanto mai necessaria in un mondo sempre più popolato e inquinato come quello di oggi. 

In questa storia vorrei anche evidenziare l'aiuto determinante che Francesca Sartori ha dato alla sorella Elena, malata di MCS, per aiutarla ad uscire dalla fase più grave della sua patologia e per questa importante opera di divulgazione che stanno facendo insieme. E qui non mi stancherò mai, MAI di dire quanto sia importante, anzi FONDAMENTALE, l'aiuto che un malato può avere dalla propria famiglia. Una famiglia unita è ciò di cui maggiormente ha bisogno una persona malata, qualsiasi sia la sua patologia, una vera Benedizione per chi è malato, che può così affrontare con la massima serenità possibile la propria situazione sapendo sempre di avere delle persone vicine su cui poter contare. E aggiungo anche che una persona malata, o anziana, o invalida che sia, è anch'essa una Benedizione per gli altri, per i membri della propria famiglia, perchè nella sua assistenza, supporto e vicinanza, l'Amore e l'unione della famiglia può crescere a livelli impensabili. 
Non dimentichiamoci mai di questo..... stiamo sempre vicini ai nostri cari in ogni loro necessità, per il loro e per il nostro maggior Bene.

Marco
     

martedì 15 gennaio 2013

La mia voglia di vivere e la mia lotta contro la Fibromialgia


Raccontare la mia storia non è così facile, perché se una malattia non è ben conosciuta nemmeno dai medici, allora neanche io riesco ad individuarne l’inizio, la/le causa/e, a distinguere bene ogni sintomo quotidiano e capire se peggioro, miglioro o sono stabile.

Mi chiamo Tania, sono una ragazza di 25 anni ma mostro ancora meno, timida ed emotiva, ma con tanta voglia di vivere, di imparare, di vedere il mondo.

Vivo in Abruzzo, in provincia di Teramo, sto ancora studiando per la laurea triennale in lingue, sono agli sgoccioli, ma aver scelto l’Università dell’Aquila è stato un grave errore, col senno di poi.

Non so dire con precisione quando ho iniziato ad ammalarmi di questa maledetta FIBROMIALGIA. Mia madre ha iniziato a stare male diversi anni fa, ma solo da 6 anni a questa parte ha la diagnosi di fibromialgia, scoperta all’ospedale dell’Aquila dopo tante visite senza esito.

La malattia allora era ancora meno conosciuta di oggi, quando cercavo informazioni sul web non trovavo quasi nulla, a differenza che negli ultimi tempi, quindi molte cose di cui oggi sono a conoscenza grazie a ricerche personali non erano a mia disposizione.

Mia madre è stata imbottita di medicinali sin dall’inizio, in questi 6 anni ha cambiato cura circa quattro volte senza miglioramenti, anzi, è peggiorata e grazie a questo Paese che non riconosce la malattia una condizione invalidante, nonostante fosse sempre stata una donna forte e che andava a lavorare facendo turni nonostante stesse male, ha dovuto lasciare il lavoro mettendo ancora più in difficoltà la nostra famiglia e mio padre, che si occupa quasi di tutto.

E’ stata ricoverata due volte all’ospedale di Jesi ed ha degli effetti collaterali da medicinali tremendi che sommati alla fibromialgia e ad altri suoi problemi di salute, sono insostenibili.

Ma veniamo a me. Nel frattempo, mentre soffrivo vedendo mia madre peggiorare e perdere pian piano le speranze, avevo i miei soliti problemi di salute a cui però ero assolutamente abituata: la dermatite atopica che mi accompagna dalla nascita e le varie allergie alimentari, respiratorie e da contatto che ho sviluppato nel tempo. Per il resto, oltre ad avere un po’ di mal di schiena alla zona lombare e alle spalle quando andavo a scuola per lo zaino pesante e ad avere periodi in cui mi ammalavo spesso altri in cui non mi ammalavo mai, non stavo male, tutto sommato.

A livello psicologico, invece, ho iniziato ad avere seri problemi d’ansia a 14 anni, che mi hanno fatta recare da una psichiatra e hanno preoccupato molto i miei genitori perché non riuscivo a mangiare, avevo attacchi di panico e soffrivo troppo per ogni cambiamento (di scuola per esempio), interrogazione, delusione.

A 15 anni ho avuto un incidente d’auto con mia madre, mio fratello ed una mia amica, che è finito bene ma mi ha creato un altro trauma, sia psicologico che fisico, perché avevo cominciato ad avere paura della strada quando mia madre 5 anni prima aveva avuto un terribile incidente da cui era uscita per miracolo ed inoltre avevo battuto la testa sia a destra che a sinistra, ma all’ospedale non ci hanno considerati molto e non ci hanno messo nessun collare.

Ho scoperto di essere allergica al latte e non lo assumo da ormai dieci anni. Ho allergie anche a piante e pollini che cambiano di volta in volta, alla polvere ecc.

I miei problemi d’ansia continuavano a rendermi la vita un po’ difficile, ma pian piano cominciavo a controllarla un minimo di più rispetto ai primi tempi.

Restavo comunque una giovane ragazza con una gran voglia di viaggiare e quindi andavo a tutte le gite organizzate dalla scuola, avevo delle amicizie a cui tenevo moltissimo, studiavo con impegno e sognavo l’amore della mia vita.

Dopo la scuola i miei problemi d’ansia si sono riacutizzati perché avrei affrontato un altro importante cambiamento: dal liceo all’Università, dalla mia casa ad una casa con coinquiline lontana dalla mia famiglia. Andavo a lezione spesso con poche forze per l’agitazione ed il poco sonno, ma non mancavo mai e studiavo tanto, come sempre ci tenevo molto, anche troppo.

Alla fine del primo anno mi sono dovuta recare dalla fisioterapista vicino casa per dei massaggi perché avvertivo da qualche mese dei dolori alle spalle, alla schiena e alla cervicale che non andavano mai via. Mi dicevo che sicuramente il motivo era quello dello stare chinata sui libri per molto tempo ed inoltre le contratture pensavo fossero provocate anche moltissimo dalla mia ansia eccessiva.

I massaggi funzionavano in parte, ma col passare degli anni servivano sempre meno. Nel frattempo ho scoperto d’avere reflusso gastroesofageo con cardias beante (quindi cronico) e lieve gastrite, accorgendomi che c’era davvero qualcosa che non andava nel mio stomaco quando mi sono fidanzata nella seconda metà del 2009 e ho cominciato a viaggiare e mangiare nelle mense universitarie.

Credo non sia da sottovalutare, come trauma psicologico, quello del terremoto in Abruzzo. Ho sofferto moltissimo, avuto ripercussioni fisiche somatizzando la mia paura, ho avuto il terrore che mi crollasse addosso la casa per mesi ed in un certo senso un po’ ancora c’è, oggi; ho passato numerose notti insonni e avuto quindi un peggioramento nei miei problemi ad addormentarmi che già avevo normalmente. Ho lasciato l’Università per un anno e mezzo e ne ho sofferto molto, ma non riuscivo proprio a riprendere e tornare là.

E’ stato grazie al mio ragazzo che, con crisi di pianto e tanta forza di volontà, ho ricominciato a studiare ed oggi sono a 5 esami dalla fine. Purtroppo però sedermi a studiare diventa sempre più difficile.

Intanto i miei dolori diventavano meno sopportabili, sempre più presenti. Viaggiare così spesso per vedere il mio ragazzo, dormire in due in un letto singolo nel collegio, cambiare ambiente in modo così repentino ogni settimana, mi faceva accorgere che forse non potevano più essere solo l’ansia o lo studio.

Non sono mai stata certa di avere la fibromialgia, anzi, mi dicevo che mia madre stava peggio e che quindi sicuramente non l’avevo, anche se dentro di me era la mia più grande paura.

Il mio ragazzo pensava esagerassi un po’, ma stavamo insieme da pochi mesi. Più tardi, non troppo, ha cominciato a credermi, a pensare che i miei sintomi non potevano essere normali. In casa le attenzioni sono sempre state su mia madre che è un caso abbastanza grave, quindi non mi si credeva troppo ed io stessa spesso trascuravo i miei malesseri, i miei problemi di ogni giorno. Ma avevo paura, quando anche mia madre si preoccupava se lamentavo sintomi uguali ai suoi.

Nel frattempo, la persona che più mi è stata vicina e mi ha spinta ad informarmi e cercare, a far visite e terapie, che ha sicuramente contribuito ad un mio miglioramento riguardo l’ansia (anche se ne soffro ancora e mi dà non pochi problemi, ma non in modo grave come prima) e ha cercato di convincere soprattutto mio padre, mi ha accompagnata qua e là, tra fisioterapisti più e meno esperti, è stato e continua ad essere il mio ragazzo, ed è stato fondamentale.

La mia prima visita specialistica a Chieti ha portato Sindrome Miofasciale Multipla come diagnosi, nel 2011. Una diagnosi un po’ incerta e superficiale, ma a cui, pur soffrendo di dolore, stanchezza, rigidità ed altro, mi sono aggrappata con tutte le mie forze convincendomi che comunque non avevo mica la fibromialgia!

Purtroppo però ho continuato a peggiorare. Sono diventate difficilissime le semplici attività quotidiane, viaggiare è diventato un calvario anche se continuo a farlo perché amo visitare posti nuovi, studiare si è fatto sempre più difficile per le ore sedentarie che comporta.

Tra discussioni in famiglia e mie sofferenze fisiche, tra il proseguimento della mia vita nel modo più normale e felice possibile e le tante gioie che comunque mi regalava, è arrivata la visita decisiva e con lei la mia diagnosi, la mia paura che si è concretizzata: il 21 luglio 2012 all’ospedale di Jesi ho scoperto, senza mezzi termini, di avere anch’io, come mia madre, la fibromialgia.

Sono seguiti il mio silenzio ed i miei sforzi per trattenere le lacrime di fronte al dottore che mi parlava, il silenzio di mio padre incredulo che ancora oggi non vuole accettare, il viso addolorato di mia madre che, fuori dall’ospedale, mi ha tenuta stretta a sé mentre le mie lacrime non riuscivano a scendere senza rendere tragico e pieno di dolore il mio pianto agli occhi dei passanti.

Da quel giorno mi sono dedicata corpo e anima alla ricerca virtuale di informazioni più precise per conoscere la mia patologia e di eventuali soluzioni, o almeno tentativi e speranze. Ho applicato e continuo ad applicare almeno tutto ciò che mi è possibile economicamente, cioè una dieta senza gli infiniti alimenti che mi fanno star male (per allergie, intolleranze, stomaco e alimenti che il medico mi ha detto fare male alla fibromialgia), provare integratori per constatarne l’utilità o l’inutilità, a fare yoga e mi rifiuto categoricamente di prendere antidepressivi ed oppiacei perchè non voglio ridurmi come mia madre.

Tutte queste cose le sto facendo grazie alle ricerche che ho fatto da sola, perché purtroppo la cosa più grave è che nel nostro Paese la fibromialgia non è riconosciuta, quindi non abbiamo nessun diritto a terapie gratuite ed esenzioni. Farei molto di più se ci dessero la possibilità economica di fare tentativi per stare meglio.

Per adesso le mie speranze sono ancorate alla dieta, agli integratori e allo yoga e spero con tutto il mio cuore di smettere di soffrire così tanto, di poter ricominciare ad avere una vita priva di dolori forti in gran parte del corpo (e del viso) e rigidità a causa del clima, delle posizioni, del lavoro fisico anche semplice e quotidiano.

Spero anche che la ricerca un giorno trovi una soluzione, forse se si sapesse la vera causa potremmo guarire, chi lo sa? Il problema è che ci considerano poco e dobbiamo essere degli autodidatti se vogliamo conoscere meglio la malattia che ci affligge e tentare cure non farmacologiche spesso contrastanti. Sì, perché un altro grande problema è proprio il fatto che di notizie in giro se ne trovano, se si sa usare il computer e si ha un po’ di speranza, ma non sono mai concordi al 100%.

Io, comunque, sono giovane e alla speranza di stare bene, di trovare una soluzione ed avere un futuro in cui potrò vivere e sposare il mio ragazzo, avere una famiglia, lavorare e viaggiare senza tutte queste sofferenze non ci voglio rinunciare. Non è facile, infatti io a volte cado giù e piango per la paura di non riuscire ad affrontare fisicamente il mio futuro, ma dobbiamo provarci e ricordatevi, parenti, amici e coniugi di questi malati, che avere accanto qualcuno che ci sostiene e ci crede può significare moltissimo, essere soli può farci cadere nell’abisso. Io senza il mio amore non so se avrei avuto la forza di fare tutti questi tentativi.

Diamoci tutti da fare, cerchiamo e proviamo più che possiamo, in base alle nostre possibilità e diffondiamo con blog, forum e quant’altro la conoscenza di questa malattia. Compiamo un’opera di sensibilizzazione, facciamo sentire la nostra VOCE, la nostra VERITA’. Non arrendiamoci.

Tania


8 gennaio 2013


Ringrazio di vero cuore Tania, che mi ha permesso di postare la sua storia sul mio blog, una storia difficile, dolorosa, complessa.... ma piena anche di tanta speranza, voglia di vivere e desiderio di veder realizzati  i propri sogni
 nella propria vita.
Ho conosciuto Tania da poco, grazie al suo blog "Combattiamo la Fibromialgia"
http://combattiamolafibromialgia.blogspot.it/ , un blog che ha aperto relativamente da poco ma che è veramente ben fatto e contiene utilissime informazioni sia sul suo percorso personale nell'affrontare questa tremenda patologia, sia su sè stessa, sulla sua persona, con tutto il suo carico di gioie e dolori, di esperienze e sogni personali, quelli di una ragazza universitaria di 25 anni che ha tanta voglia di vivere e di realizzarsi nella propria vita, com'è giusto che sia.
Personalmente invito tutti quanti a conoscere Tania attraverso le pagine del suo blog, e per quanti volessero approfondire ancor di più la sua storia personale con la Fibromialgia, rimando tutti a questo link tratto sempre dal suo blog,
http://combattiamolafibromialgia.blogspot.it/2012/12/la-mia-storia.html  nel quale la sua storia è spiegata in maniera particolareggiata e molto esauriente.

Da parte mia posso solo fare i miei più cari auguri a Tania, davvero onorato di essere diventato suo amico, e le auguro di cuore tutto il Bene che si possa augurare a una persona, di avere una vita bella e costruttiva e sopratutto di essere Felice.
Grazie Tania, di tutto !

Marco
    

sabato 12 gennaio 2013

Le bimbe che parlano solo con gli occhi. La storia di Giulia

Sulle pagine del Trentino una mamma racconta l’esperienza della figlia colpita dalla sindrome di Rett, patologia neurologica, generata da un difetto del cromosoma X 

TRENTO. In Trentino sono una quindicina i casi accertati di bambine affette da Sindrome di Rett, "ma - racconta Cristina Tait, una delle responsabili dell'Associazione italiana Rett - potrebbero essere molte di più, senza nemmeno saperlo".
La Sindrome di Rett è una patologia neurologica congenita, che colpisce solo le bambine, in quanto generata da un difetto del cromosoma X. Nei primi due anni di età, di fatto la malattia non si manifesta e permette un normale sviluppo del soggetto. All'improvviso, però, la bambina si distacca dalla realtà circostante e in brevissimo tempo, poche settimane, arresta lo sviluppo e precipita in una regressione che la porta alla perdita delle capacità acquisite. La malattia a questo punto rallenta lo sviluppo del cranio, compaiono i primi movimenti stereotipati delle mani (la bambina le sfrega e le strizza) e in pochissimi giorni si registra anche la perdita delle capacità psicomotorie. Quella che era una bambina normale, in un batter d'occhi si ritrova affetta da handicap gravissimi, che ne accompagneranno tutta l'esistenza: crisi epilettiche, aumento della rigidità muscolare, difficoltà respiratorie, assenza di parola e in molti casi incapacità a camminare. E, di conseguenza, anche le famiglie piombano in una realtà completamente diversa, che in pochi giorni passa da una quotidianità normale e serena a una situazione di emergenza e complicatissima da affrontare, specie all'inizio.
"E' stato un processo lungo e difficile quello per identificare in mia figlia Giulia la sindrome, che colpisce 1 bambina su 10.000 - spiega Cristina Tait - e ancor più complicato è stato, a quel punto, ottenere informazioni e cure specifiche, perché la patologia è stata scoperta nel 2000 e quindi è ancora poco conosciuta".

Cristina, lei e suo marito come avete scoperto che Giulia era affetta da questo disturbo neurologico?
"Non è stato facile. Lei è nata da un parto gemellare, insieme al fratello, ed entrambi sembravano forti e in salute. Hanno seguito lo stesso percorso evolutivo e, anzi, Giulia dei due sembrava la più vispa e attiva. Intorno ai 15-16 mesi, però, ho notato che aveva cominciato a sfuggire lo sguardo, a non sorridere più. Aveva smesso di fissare attentamente il mondo esterno e mi sembrava si stesse chiudendo in se stessa".

Sono questi i segnali della sindrome?
"Questi sono stati i primi sintomi che mi hanno spinta ad andare dal medico di base, che non ha diagnosticato nulla. Poi ci siamo rivolti a degli neuropsichiatri infantili. I veri segnali che, l'ho imparato adesso, evidenziano la Sindrome di Rett sono la comparsa di movimenti stereotipati delle mani. Ma Giulia non li aveva. Quindi ci avevano diagnosticato vari tipi di ritardo mentale e sindromi".

E come siete arrivati alla diagnosi della Rett?

"Con le analisi del sangue. Ce l'hanno comunicato di persona. Ma anche in quel momento non c'era certezza: la genetista ci ha detto che Giulia era affetta da quella malattia, ma lei stessa non l'aveva mai riscontrata prima e quindi non sapeva cosa consigliarci".

A chi vi siete rivolti?
 

"Dapprima a internet. Ho guardato cosa comportava e cosa ci aspettava, e mi è caduto il mondo addosso. Mi sembrava impossibile. Giulia era stata una bimba normale e serena, come poteva subire una regressione di quel tipo? E invece è avvenuta. Verso i 2 anni, c'è stato il blocco totale di tutte le sue capacità di apprendimento".

Ve ne rendevate conto anche perché con un fratello gemello il confronto evolutivo era più evidente?
"Certo. Avevano cominciato a gattonare insieme e in 15 giorni Giulia ha smesso sia di muoversi che di afferrare le cose e sono cominciate le crisi epilettiche".

Che tipo di assistenza avete trovato in provincia?
"Nessuna. La sindrome le è stata diagnosticata nel 2006 e a Trento non c'era alcuna struttura in grado nemmeno di informarci. Da marzo 2009, a Villa Igea, è nato il reparto malattie rare, che facilita il riconoscimento anche di situazioni come la nostra e permette una prima forma di assistenza anche sul piano dell'accesso ai benefici di legge".

Allora come vi siete mossi?
"Ho contattato l'associazione Airett, del cui direttivo ora faccio parte, e siamo andati al Policlinico Le Scotte di Siena, il centro italiano più preparato per affrontare la Sindrome di Rett".

Dal compimento dei 2 anni della bimba, tutto è cambiato anche per voi?

"Sì. Giulia non parla, non cammina, ha bisogno di supporto al 100%, è colpita da convulsioni e non è in grado di masticare. Ma è viva e con il tempo sta imparando a comunicare. Lo fa con gli occhi, che sono vispi e attenti e ci indicano quello che vuole e quello che prova. E' per questo che la Sindrome di Rett è detta anche "delle bimbe dagli occhi belli". Conservano la luce della vita nello sguardo".

Com'è la vostra quotidianità?
"Tutto ruota intorno a lei. Ha bisogno di assistenza continua. Due volte a settimana le facciamo fare fisioterapia al centro piccoli Anffas del "Paese di Oz" e durante il giorno va alla scuola materna con due maestri di sostegno. Per il resto, io la porto sempre con me, a Lavis, dove abitiamo. E' conosciuta ed accolta dalla comunità".

A livello amministrativo-legislativo vi sentite aiutati?
"Per i disabili completi c'è la legge 104 che permette qualche incentivo e qualche facilitazione, ma tutti i giorni ci si scontra con la burocrazia. Per esempio, nel 2006 i medici avevano dichiarato Giulia totalmente invalida fino a 18 anni. Ma mi è stata data la carta handicap per il parcheggio a scadenza temporanea, così dopo 4 anni abbiamo dovuto rifare tutta la trafila, con fatica e umiliazione".

Tornasse indietro, se la sentirebbe di riaffrontare questa situazione?
"Ho pensato tante volte a cosa avrei fatto se l'avessi saputo prima di partorire, se avrei abortito o no. Ora, però, sono sicura che andare avanti è la scelta giusta. Giulia sorride e parla con gli occhi e questo basta a riempirci il cuore e le giornate".

Che prospettive ci sono dal punto di vista medico per combattere la Sindrome di Rett?
"Le prospettive esistono. Recentemente gli scienziati sono riusciti a modificare il gene difettoso che provoca la sindrome nei topi e hanno scoperto che è reversibile. Con opportuni finanziamenti, la ricerca riuscirà a battere questa malattia cinica e spietata e a dare un futuro più felice e "normale" a tante bambine dagli occhi belli".


(Il Trentino)

19 settembre 2011

FONTE: superabile.it
http://www.superabile.it/web/it/REGIONI/Trentino_Alto_Adige/Sulla_stampa/info2105182799.html


Dopo la storia di Claudia Bottigelli, ecco ora quella di Giulia, anch'essa colpita dalla rara e invalidante Sindrome di Rett.
L'augurio di tutti, per Giulia, per Claudia, come per tutte le altre persone colpite da questa tremenda malattia genetica, è quella che si possa trovare p
resto una cura specifica ed efficace. Dei passi importanti verso la comprensione di questa malattia ne sono stati fatti ultimamente, ma ancora tanta strada c'è da fare per poter arrivare a questa tanto agognata cura. L'importante è andare avanti con la ricerca e non fermarsi mai.

Marco

lunedì 7 gennaio 2013

La Sindrome di Rett. Che cos'è?

La Sindrome di Rett è una grave patologia neurologica, che colpisce nella maggior parte dei casi soggetti di sesso femminile.
La malattia è congenita, anche se non subito evidente, e si manifesta durante il secondo anno di vita e comunque entro i primi quattro anni. Colpisce circa una persona su 10.000. Si possono osservare gravi ritardi nell'acquisizione del linguaggio e nell'acquisizione della coordinazione motoria. Spesso la sindrome è associata a ritardo mentale grave o gravissimo. La perdita delle capacità di prestazione è generalmente persistente e progressiva.


La sindrome prende il nome da Andreas Rett, un medico austriaco, a seguito di un’osservazione casuale nella sua sala di aspetto di due bambine che mostravano movimenti stereotipati delle mani molto simili tra loro. A seguito di questa scoperta, riesaminando le schede di alcune pazienti viste in precedenza, Rett individuò altri casi con caratteristiche comportamentali e anamnesi simili e pubblicò un articolo nel 1966. Tuttavia, la pubblicazione di Rett fu ignorata per anni. A risvegliare l’interesse e a riconoscere universalmente l’esistenza della sindrome di Rett, nel 1983, fu uno studio su 35 pazienti di un gruppo europeo di neurologi infantili, che comprendeva Hagberg, Aicardi, Dias e Ramos 2.

I SINTOMI

Nella forma classica, le pazienti presentano uno sviluppo prenatale e perinatale normale. Dopo un periodo di circa 6-18 24 mesi però, le bambine presentano un arresto dello sviluppo seguito da una regressione. In tale fase le pazienti perdono le abilità precedentemente acquisite come l’uso finalistico delle mani e il linguaggio verbale. Diventa evidente una riduzione delle capacità comunicative e compaiono tratti autistici. Inoltre le bambine cominciano a manifestare i movimenti stereotipati delle mani tipo lavaggio e spesso sono presenti segni come digrignamento dei denti e sospensione del respiro. Si manifesta un rallentamento della crescita della circonferenza cranica che risulta in microcefalia. Nello stadio successivo si assiste ad una diminuzione delle sintomatologia autistica e ad un miglioramento nelle interazioni sociali, nonostante l’incapacità di parlare, l’aprassia e le stereotipie manuali persistano, la deambulazione molte volte non è più autonoma, si evidenzia l’incapacità di controllo dei movimenti. Diventano più evidenti l’iposviluppo somatico e la scoliosi e spesso compaiono crisi convulsive. Caratteristiche presenti sono inoltre stipsi ed estremità fredde. L’ultimo stadio si manifesta solitamente dopo i dieci anni. La sindrome di Rett è però caratterizzata da ampia eterogeneità clinica e, oltre alla forma classica, sono state descritte almeno 5 varianti. Queste includono:
  1. la variante a linguaggio conservato, caratterizzata da un decorso clinico più favorevole in cui le bambine recuperano la capacità di esprimersi con frasi brevi e, parzialmente, l’uso delle mani;
  2. la variante con convulsioni ad esordio precoce, caratterizzata da crisi convulsive che si manifestano prima del periodo di regressione;
  3. le “forme fruste” in cui i segni clinici caratteristici sono più sfumati;
  4. la variante congenita in cui il ritardo psicomotorio è evidente sin dai primi mesi di vita;
  5. la variante a regressione tardiva, di rarissima osservazione.
Dal punto di vista genetico, dopo il 1999, anno in cui è stato identificato il gene MECP2 come causa della forma classica, e che coinvolge la maggior parte delle ragazze con Sindrome di Rett sono stati fatti numerosi passi avanti. Auttalmente sono stati scoperti altri due geni responsabili della Sindrome di Rett CDKL5 e FOXG1.

I QUATTRO STADI CLINICI DELLA SINDROME DI RETT

Fase 1 tra i 6 e i 18 mesi. Durata: mesi

Rallentamento e stagnazione dello sviluppo psicomotorio fino a quel momento normale. Compare disattenzione verso l’ambiente circostante e verso il gioco. Sebbene le mani siano ancora usate in maniera funzionale, irrompono i primi sporadici stereotipi. Rallenta la crescita della circonferenza cranica.

Fase 2 da 18 mesi ai tre anni. Durata: settimane o mesi

Rapida regressione dello sviluppo, perdita delle capacità acquisite, irritabilità, insonnia, disturbo dell’andatura. Compaiono manifestazioni di tipo autistico, perdita del linguaggio espressivo e dell’uso funzionale delle mani accompagnata dai movimenti stereotipati, comportamenti autolesivi. La regressione può essere improvvisa o lenta e graduale.

Fase 3 stadio pseudo stazionario. Durata: mesi o anni

Dopo la fase di regressione, lo sviluppo si stabilizza. Diminuiscono gli aspetti di tipo autistico e viene recuperato il contatto emotivo con l’ambiente circostante. Scarsa coordinazione muscolare accompagnata da frequenti attacchi epilettici.

Fase 4 all’incirca dopo i 10 anni. Durata: anni

Migliora il contatto emotivo. Gli attacchi epilettici sono più controllabili. La debolezza, l’atrofia, la spasticità e la scoliosi impediscono a molte ragazze di camminare, anche se non mancano le eccezioni. Spesso i piedi sono freddi, bluastri e gonfi a causa di problemi di trofismo.
La malattia genera indubbiamente non poche difficoltà legate a numerosi handicap. E’ necessario tuttavia precisare che il quadro evolutivo della patologia non segue mai un percorso preordinato per tutti i soggetti. I quadri clinici di deterioramento, di miglioramento o di stasi dell’evoluzione patologica sono variabili e diversi tra loro.

LA DIAGNOSI

L’ipotesi più probabile per spiegare i sintomi della Sindrome di Rett, è che questa sia dovuta a una mutazione dominante legata al cromosoma X.
Fino al settembre 1999 la diagnosi della Sindrome di Rett si basava esclusivamente sull’esame clinico. Da allora viene confermata, in circa l’ottanta per cento dei casi, dalla genetica molecolare.
E' comunque opportuno che i soggetti che presentano i sintomi della malattia siano visti da uno specialista che abbia familiarità con questo tipo di patologie. Sono stati sviluppati precisi criteri diagnostici, secondo questo schema:

A) Tutti i seguenti:
  1. sviluppo prenatale e perinatale apparentemente normale;
  2. sviluppo psicomotorio apparentemente normale nei primi 5 mesi dopo la nascita;
  3. circonferenza del cranio normale al momento della nascita.
B) Esordio di tutti i seguenti dopo il periodo di sviluppo normale:
  1. rallentamento della crescita del cranio tra i 5 e i 48 mesi;
  2. perdita di capacità manuali finalistiche acquisite in precedenza tra i 5 e i 30 mesi con successivo sviluppo di movimenti stereotipati delle mani (per es., torcersi o lavarsi le mani);
  3. perdita precoce dell'interesse sociale lungo il decorso (sebbene l'interazione sociale si sviluppi spesso in seguito);
  4. insorgenza di andatura o movimenti del tronco scarsamente coordinati;
  5. sviluppo della ricezione e dell'espressione del linguaggio gravemente compromesso con grave ritardo psicomotorio.
Spesso accade che la diagnosi rimanga dubbia tra i due e i cinque anni.

VARIANTI DELLA SINDROME DI RETT

Sono state descritte delle varianti cliniche della Sindrome di Rett, le principali sono:
  • Forma Frusta: compare più tardi. Minori stereotipie e uso delle mani parzialmente preservato.
  • Forma congenita: inizio immediato.
  • Forma con inizio accelerato e epilessia già a 6 mesi.
  • La forma più grave, conosciuta come variante congenita della Sindrome di Rett: le pazienti non evidenziano nessun periodo di sviluppo normale nel primo periodo di vita;
  • La variante con preservazione del linguaggio (Zappella Variant of Rett Syndrome), che è una forma più lieve della malattia e nella quale le bambine riescono ad acquisire alcune abilità sia verbali che manuali. È spesso caratterizzata da peso, altezza e dimensione della testa nella norma;
  • La forma a convulsioni a esordio precoce di Hanefeld.
Per questo motivo, la definizione stessa della patologia è stata affinata nel corso degli anni: poiché accanto alla forma classica sussistono anche forme atipiche (Hagberg & Gillberg, 1993) è stato introdotto l’utilizzo della terminologia di “Rett Complex”.
Pur essendo più difficoltosa all'esordio e nelle forme varianti, la diagnosi è agevolata dalla conoscenza della storia naturale della malattia, che la rende assolutamente specifica e permette di differenziarla da patologie con sintomi simili e con le quali, fino a qualche tempo fa, venivano confuse (autismo, paralisi cerebrali atassiche, Sindrome di Angelman, malattie metaboliche).
Attualmente gli studi epidemiologici sul ritardo mentale ci indicano che esiste una prevalenza nella popolazine infantile di circa il 3%.
Nonostante i progressi nel campo della biogenetica e di altri mezzi diagnostici, ancora oggi non si conoscono le cause del ritardo mentale nel 30% dei casi.

TRATTAMENTI


Nonostante la ricerca scientifica, utilizzando un artificio genetico non applicabile all’uomo, abbia dimostrato che la sindrome di Rett, o per lo meno quella causata da mutazioni in MECP2,  sia largamente (forse completamente) reversibile, non esiste attualmente una terapia risolutiva per la sindrome di Rett. Tuttavia gran parte degli autori ritiene che il decorso della malattia possa essere modificato da una varietà di terapie, mirate a ritardare la progressione della disabilità motoria e a migliorare le capacità di comunicazione. Per questo la somministrazione di farmaci è volta principalmente a contrastare il disturbo motorio. Sono stati impiegati L-dopa e dopamino-agonisti. Tra questi, la bromocriptina e la lisuride hanno dato alcuni esiti positivi.
Miglioramenti nei sintomi respiratori e comportamentali e nelle crisi epilettiche, si sono riscontrati con la somministrazione di naltrexone, che blocca l'azione delle endorfine antagonizzando i recettori oppiacei. Per contrastare le crisi epilettiche sono impiegati con successo anche gli antiepilettici tradizionali (carbamazepina e valproato di sodio), o più recenti (lamotrigina e gabapentin).
I farmaci si affiancano a terapie specifiche, come la fisioterapia, ma sopratutto quelle volte a conseguire miglioramenti sul piano educativo e cognitivo, come quelle comportamentali, o su una migliore gestione delle emozioni, come la logopedia, l'ippoterapia, la pet therapy, la musicoterapia e la terapia cognitiva.
Molto importante è inoltre il sostegno psicosociale per le famiglie.

FONTI: wikipedia.org, airett.it, telethon.it

venerdì 4 gennaio 2013

Io sono Claudia e ho la Sindrome di Rett


CIAO, SONO CLAUDIA E HO COMPIUTO 39 ANNI.

Non sono stati anni facili né per me né per la mia famiglia, ma abbiamo comunque rivolto al positivo la nostra esperienza di vita cercando di essere d’aiuto alle famiglie con figli disabili gravissimi così come lo sono io, per evitare per quanto ci è possibile ad altri tutte le carenze e le difficoltà che abbiamo incontrato nel nostro cammino.

Da poco abbiamo saputo che la mia disabilità è principalmente dovuta non alla sofferenza neonatale, come abbiamo e ci hanno fatto credere fino ad oggi, ma grazie alla determinazione della mia mamma ho una diagnosi più precisa. HO LA SINDROME DI RETT.

Un altro grande impegno ci si pone davanti, aiutare la ricerca affinchè si trovi una cura e far conoscere la patologia perché non succeda più che si debba attendere 38 anni per una diagnosi certa, perdendo così opportunità, speranza, salute.

La nostra associazione ora non è più solo un sostegno per le famiglie con figli disabili gravissimi, ma anche per le famiglie con figlie che hanno questa Sindrome.

Andiamo avanti con speranza nella medicina, fiducia nel futuro e senza mettere limiti alla Provvidenza. Contiamo su quanti mi vogliono bene !

LA FELICITA’ NON E' AVERE IL MEGLIO DI TUTTO MA TRARRE IL MEGLIO DA QUELLO CHE SI HA !


FONTE  e sito internet di Claudia: http://www.claudiabottigelli.it/index.htm

Il blog di Claudia: http://tiraccontoclaudia.blogspot.it/

Il libro su Claudia: "Libertà di vivere": http://www.claudiabottigelli.it/chi%20siamo/LIBRO.htm

 
Claudia su Facebook: https://www.facebook.com/pages/io-sono-Claudia-e-ho-la-Sindrome-di-Rett/277502022279096
https://www.facebook.com/groups/109730099054346/?ref=ts&fref=ts

 



Storia veramente toccante quella di Claudia Bottigelli, malata della estremamente invalidante Sindrome di Rett, una rara malattia neurologica ancora poco conosciuta e per cui non esiste una cura vera e propria.
Non si può non voler bene a questa ragazz
a, anzi donna, sopratutto dopo averne visto il video e averne approfondito la storia (vedasi, al riguardo, il suo sito internet).
Da parte mia auguro tutto il Bene possibile a Claudia e alla sua famiglia, con la speranza concreta che la ricerca si intensifichi e si possa finalmente trovare una cura efficace per questa tremenda patologia.

Marco