domenica 28 agosto 2016

«Pronti a fare causa al Ministero. Sara ha pieno diritto all’assistenza»


L’avvocato Sardo annunzia azioni per garantire le cure alla ragazza

«
SIAMO PRONTI ad avviare tutte le necessarie azioni civili e penali contro il ministero della Salute per tutelare Sara Angemi e consentirle di seguire la terapia di cui ha bisogno senza ulteriori problemi. E’ vergognoso che fatti del genere avvengano in Italia
».

Massimo Sardo, avvocato del Foro di Napoli con studio a Montecatini, insieme all’investigatore privato Paolo Meacci, sta assistendo la giovane di Ponte Buggianese affetta da Sensibilità Chimica Multipla (MCS). Sara, a 23 anni, si ritrova a essere allergica quasi a tutto ed è costretta a vivere in ambienti protetti e ripuliti da quelle sostanze e, addirittura, dagli odori che potrebbero crearle problemi. La Sensibilità Chimica Multipla non è riconosciuta dal sistema sanitario italiano e la ragazza è stata costretta a iniziare un ciclo di terapie a Madrid. In questo momento, Sara vive a Rosia, una frazione di Sovicille, in provincia di Siena, a causa dell’eccessiva umidità che c’è a Ponte Buggianese.

«IL PERIODO di cure che deve seguire ciclicamente in Spagna – spiega Sardo – avrebbe una durata di tre settimane, ma, visti i costi legati anche al soggiorno, è costretta a farne soltanto una. Vorrei ringraziare tutte le persone e le associazioni, come Casa Pound, che in questi mesi si sono mobilitate per lei, aiutandola in modo concreto. Tra pochi giorni, torneremo a incontrare la commissione medica dell’Asl per completare l’iter burocratico relativo alla sua situazione. Nei giorni scorsi, insieme a Sara, abbiamo partecipato a un incontro con Giuseppe Gugliotti, sindaco di Sovicille, e Oreste Giurlani, sindaco di Pescia e vicepresidente della Società della Salute della Valdinievole. I due amministratori hanno mostrato notevole sensibilità, politica e istituzionale, verso la vicenda, garantendo la massima collaborazione, per quanto di loro competenza, al fine di tutelare le sue condizioni
». Meacci sta eseguendo una ricerca per definire in modo preciso quante persone sono affette da Sensibilità Chimica Multipla, una patologia non riconosciuta dal nostro sistema sanitario nazionale.«Faremo anche azioni civili e penali – prosegue Sardo – se Sara non riceverà tutte le cure di cui ha diritto e le vengono negate in modo ingiusto. Si trova al quarto stadio di questa patologia e la terapia che riceve in Spagna le garantisce un effetto terapeutico importante. Confidiamo nella sensibilità degli esponenti delle istituzioni, ma siamo pronti a dare battaglia in tutte le sedi, se sarà necessario»


Daniele Bernardini

FONTE: La Nazione

21 agosto 2016

venerdì 19 agosto 2016

Sindrome da Sensibilità Chimica Multipla: una vita (quasi) impossibile

Una Sindrome poco conosciuta, ancora in via di definizione e di riconoscimento, ma capace di stravolgere la vita di chi ne è affetto. Ne illustra alcuni aspetti la dottoressa Sabine Eck, ne fornisce una testimonianza diretta Claudio Fiori.

La Sindrome di Sensibilità Chimica Multipla (M.C.S., Multiple Chemical Sensitivity) presenta un quadro clinico piuttosto multiforme, con uno spettro che varia dal “bizzarro” al “grave”, difficile da diagnosticare. Si tratta di una sindrome infiammatoria sistemica, dove il sistema immunitario e quello neurosensitivo vanno “in tilt”, e reagiscono a svariate sostanze chimiche soprattutto a livello olfattivo. Talvolta le risposte possono manifestarsi in forma estremamente violenta (4° stadio). I primissimi casi furono descritti già nel 1948, ma da allora siamo ancora in alto mare circa la diagnosi, le terapie…, e la complessa eziopatogenesi.

La maggior parte dei pazienti ha dovuto e deve affrontare un vero e proprio labirinto clinico prima di arrivare a un “verdetto finale”, passando per decine di visite da specialisti, con diagnosi che spaziano dall’allergia a manifestazioni di stampo psicosomatico, e perfino psichiatrico. Con la diffusione di Internet è nata, poi, una vera e propria rete di persone ammalate, che ha dato vita a gruppi di scambio e d’aiuto senza poter arginarne la costante crescita.

Questa sindrome non colpisce “quattro gatti sfortunati”, bensì ne sono ormai affetti milioni di persone al mondo, spesso senza saperlo, in quanto il quadro è purtroppo poco conosciuto perfino dagli stessi medici, e anche perché la comunità scientifica sta ancora discutendone l’origine/le cause. Come tutte le sindromi, essa presenta moltissime facce ed espressioni e quindi altrettante teorie.

Uno dei sintomi cardini è l’iperosmia, ovvero un’estrema ipersensibilità olfattiva. Altri sintomi sono problemi respiratori gravi, importanti edemi congiuntivali, dolori articolari e ossei, infezioni ricorrenti, iperidrosi, svenimenti, cefalee, problemi alle mucose e alla pelle, confusione mentale, problemi circolatori acuti e perfino shock anafilattico. Con una tale vastità di quadro clinico è dunque comprensibile la facilità con cui vengono emesse varie diagnosi, così diverse fra loro, e… del tutto errate.

Con il progredire della sindrome la vita quotidiana “normale” diventa pressoché impossibile, costringendo i colpiti a chiudersi in una stanza ripulita da qualsiasi sostanza chimica, rendendo difficilissima una qualsiasi esistenza lavorativa, famigliare e sociale. Perfino i più semplici spostamenti fuori casa diventano ingestibili a causa degli scarichi di gas delle automobili, delle numerose altre sostanze volatili, dei profumi, dei detergenti, dei disinfettanti e via immaginando…

Ragionando invece a livello sistemico e interdisciplinare, il sempre crescente pool di malattie da sostanze inquinanti sono ormai “facili” da inquadrare. La fossa del coccodrillo che si estende tra ragionamento medico-scientifico-razionale odierno (modello lineare) e una più radicata comprensione e co-scienza delle malattie moderne, va urgentemente bonificato.

Non mi resta che ripetere una frase delle nostre pragmatiche e sagge nonne e bisnonne: “I nodi vengono sempre al pettine”, che riassume magistralmente l’approccio cosciente che dobbiamo con urgenza assumere.

Dr.ssa Sabine Eck


E’ importante leggere la testimonianza di Claudio Fiori, Presidente del Comitato Veneto Sensibilità Chimica Multipla, la cui moglie è affetta da M.C.S. e impegnato nella difficile, ma altrettanto necessaria, battaglia per il riconoscimento della malattia in Italia.

Non è facile descrivere la situazione di un ammalato di Sensibilità Chimica Multipla.

Pur essendo una malattia, studiata negli U.S.A. già dal 1948, a conoscenza della stessa U.E., la quale da diversi anni ha emanato sul tema: Direttive-Comunicazioni-Decisioni-Raccomandazioni e Risoluzioni, essendo in Italia riconosciuta solamente in Basilicata nel Lazio ed in Veneto, a tutt’oggi un ammalato di Sensibilità Chimica Multipla, si trova a combattere da solo contro la malattia e contro buona parte della classe medica.

E’ una patologia molto dolorosa, debilitante e caratterizzata da un’estrema sensibilità a tutti i composti chimici. Le persone ammalate sono circa per il 90% di sesso femminile. L’ammalato presenta sintomi diversi se esposto a tali sostanze, anche in piccolissime quantità, anche per sostanze del tutto innocue per la popolazione in generale.

I pazienti affetti da M.C.S. presentano l’Iperosmia, che aumenta centinaia di volte, la loro capacità olfattiva.
Questo considerevole aumento della percezione è chiaro che dà origine a molti disturbi.
Le sostanze che più comunemente inducono le reazioni sono:

– candeggina, detersivi per stoviglie-pavimenti-bucato e ammorbidenti,

– deodoranti per l’ambiente sia in stick, in gel o sia in diffusori elettrici

– gel, creme per mani-viso-corpo, deodoranti, lavande per l’igiene intima, shampoo, lacche

– i fumi della combustione di gas di scarico, dei camini o della legna,

– prodotti derivati dal petrolio,

– pesticidi, insetticidi, fumiganti, fertilizzanti, prodotti chimici per giardinaggio,

– tappeti, materiali per edilizia, vernici,colle, prodotti lucidanti, solventi, diluenti

– inchiostri, toner e altre sostanze che possono emettere gas o nano particelle,

– riviste, quotidiani, libri e in genere tutta la carta stampata.

In pratica la totalità dei prodotti CHIMICI presenti nell’ambiente e nella nostra vita quotidiana.

Si può entrare in contatto con tali sostanze per assorbimento cutaneo, ingestione o inalandole.
Tutto ciò comporta una situazione di completa privazione della propria libertà e autonomia personale, in molti casi un forzoso e dovuto isolamento socio-relazionale e una totale mancanza di rapporti con l’ambiente esterno.

In Italia la situazione dei malati di M.C.S. è insostenibile e drammatica, anche perché manca un serio progetto di ricerca epidemiologica.

Gli ammalati, possono rivolgersi con molta difficoltà a strutture mediche in caso di necessità, compreso anche il pronto soccorso, dove la mancanza di ambienti e di personale adeguati (bonificati) e di competenze specifiche del personale medico comportano un rischio gravissimo per la loro salute.

I malati gravissimi spesso faticano a ottenere una completa invalidità, mentre i malati non gravi potrebbero trovare una sistemazione lavorativa con tutele speciali come il telelavoro o lo svolgimento delle proprie mansioni in ambiente chimicamente bonificato.

La situazione che la persona si trova ad affrontare quando si ammala e, iniziando ad accusare i primi sintomi, si rivolge al proprio medico curante (spesso disinformato sulla patologia) è drammatica.
L’ammalato subisce un nomadismo diagnostico fatto esami, visite e ricoveri senza soluzione o peggio ancora si ritrova psichiatrizzato: è una cosa gravissima che comporta la costrizione da parte del malato nell’assumere terapie, non solo inadatte, ma anche nocive, che peggiorano la sintomatologia, poiché nei medicinali prescritti per la terapia psichiatrica ci sono componenti che interagiscono in maniera negativa con il quadro clinico-fisico dell’ammalato.

La maggior parte dei medici, infatti, non essendo a conoscenza delle linee guida diagnostiche, tende a sottovalutare i sintomi e quasi sempre attribuisce la causa dei sintomi, all’ansia o alla depressione. Non intuendo che ansia e depressione sono la logica conseguenza non certo la causa dell’M.C.S.
Questa mancanza d’informazione generale a partire dal medico di medicina generale, ha conseguenze gravissime anche nella vita sociale della persona.

Non avendo una diagnosi precoce, il familiare del malato di M.C.S, non comprende il reale stato fisico in cui si trova il proprio caro, cerca di sdrammatizzarne i sintomi, di stimolarlo a compiere le “normali” azioni quotidiane, cosa che è impossibile. Il malato quindi si trova a subire una forte violenza già nella propria abitazione. Il familiare non comprende che il malato non può stare più a contatto con persone o ambienti che siano portatori o che contengano qualsiasi prodotto chimico, che scatena in lui sintomi invalidanti.

Inizia anche qui una sorta di violenza psicologica domestica nei confronti di chi sta male.
Ne seguono incomprensioni, litigi, ed anche separazioni e la situazione diventa molto spesso ingestibile, ancor più se ci sono dei figli.

I malati di M.C.S. gravi vivono isolati nella propria abitazione, la maggior parte addirittura, in una stanza dell’abitazione che hanno bonificato. Escono solo se hanno un luogo non “inquinato” in prossimità dell’abitazione e ovviamente nelle ore meno frequentate.

Per i malati di M.C.S. sussistono grandi difficoltà persino per l’approvvigionamento di cibo che, sebbene biologico, può facilmente essere contaminato da detersivi, profumi, dagli stessi contenitori e altri inquinanti presenti nel negozio. Sono un problema anche l’abbigliamento, le calzature, i prodotti per l’igiene personale, il bucato e le pulizie dell’abitazione. Anche il semplice chiamare un operaio in casa per normali riparazioni è complicato. La sopravvivenza di questi malati è in discussione ogni singolo giorno perché è continuamente messa a rischio dalle normali attività che si svolgono nel vicinato quali; stendere il bucato, ristrutturazioni edilizie, uso di pesticidi, insetticidi, rifacimenti d’asfalto stradale, gas di scarico delle auto, roghi di foglie.

Inoltre, ed è questo un dato che fa pensare, la mancanza di una diagnosi precoce e di un intervento tempestivo sulla malattia porta, sempre più verso l’aggravamento.

Il passo verso la disperazione è breve, l’assenza d’informazione a livello sociale e medico-sanitario, l’incomprensione da parte dei familiari, la violenza psicologica, l’abbandono da parte delle Istituzioni, la sofferenza fisica, la mancata assistenza psicologica e domiciliare, l’isolamento in casa, la perdita totale di autonomia e spesso del lavoro, spingono sempre più verso l’isolamento.

Un’informazione corretta su questa patologia da parte del medico di medicina generale, degli operatori sanitari, dei Politici, dei Media, eviterebbe un grande calvario per molte persone ancora mal diagnosticate o non diagnosticate affatto.

Claudio Fiori

comitatomcs@gmail.com

Comitato Veneto Sensibilità Chimica Multipla


20 marzo 2016

FONTE: Assis.it
http://www.assis.it/sindrome-sensibilita-multipla-vita-quasi-impossibile/

martedì 9 agosto 2016

Sanità, diamo voce e volto agli invisibili: “l’indifferenza sta facendo morire la nostra presenza”

“L’indifferenza di un intero sistema e l’inefficienza di chi amministra la salute pubblica è il vero male del nostro territorio”.

Lo denuncia Anna D’Amico, Presidente dell’Associazione Onlus "Diamo Voce e Volto agli Invisibili", a seguito della scomparsa avvenuta martedì 7 giugno della sua amica Maria Donno, 62 anni.


Un’altra morte – prosegue la D’Amico - pesa sulla coscienza di chi non ha saputo ascoltare l’urlo disperato di Maria Donno e dei suoi familiari. Lei affetta, come me, da MCS (Sensibilità Chimica Multipla) faceva parte della folta schiera (una volta per tutte si voglia comprendere che la MCS non è una malattia rara) di ammalati "invisibili" di cui nessuno si vuole occupare. Aveva trovato sostegno e cure presso il Centro IMID di Campi Salentina (Lecce) dove, come tantissimi altri ammalati, aveva potuto affrontare e curare la propria malattia. Dopo la chiusura di quel centro, a seguito della ignobile e ancora impunita campagna denigratoria scatenata dall’Ordine dei Medici di Lecce, è stata abbandonata al suo destino, riducendosi pelle e ossa. E’ bene sapere che, oggi, come Maria, tanti altri ammalati versano in situazioni critiche, costretti, senza alcun riferimento istituzionale, a far fronte ad ingenti spese, il più delle volte impossibili da sostenere tanto in termini economici quanto in termini di personale impegno fisico (viaggi, trasferte, alloggiamenti impropri, fatica fisica). Maria era arrivata a pesare poco meno di 30 chili ed era ormai priva di forze anche perché incapace di alimentarsi e impossibilitata ad assumere farmaci per gravi reazioni di intolleranza”.

L’indignazione delle famiglie coinvolte e stravolte - continua Tonia Erriquez vicepresidente di Diamo Voce e Volto agli Invisibili - dalle condizioni in cui versano i loro cari è insostenibile. L’impegno che noi spendiamo nel sensibilizzare la gente verso queste malattie tragicamente croniche, ci impone obiettività e franchezza nel sostenere le ragioni dei nostri associati, molti dei quali ammalati, ma anche nel promuovere e reggere il confronto con chi, pur disponendo degli strumenti per operare correttamente, sembra non avere la capacità o la volontà di utilizzarli. Maria ha peregrinato tanto e, a causa di molte reazioni e complicazioni legate alla sua malattia, è risultato assai problematico il suo ricovero presso strutture ospedaliere in grado di fornire servizi dedicati alla sua patologia”.

La Regione Puglia, da anni, non è più in grado di offrire servizi e assistenza idonea e specifica - riprende con rabbia Anna D’Amico -. La gestione domiciliare, nel caso specifico di Maria Donno altresì promossa dalla Direzione Sanitaria dell’Asl di Lecce, non è stata sufficiente, malgrado la buona volontà degli operatori di stabilizzare la progressione della malattia che, essendo complessa, aveva necessariamente bisogno di competenze specifiche e approfondite. Già nelle settimane precedenti, nel corso di episodi critici, la figlia aveva chiamato il 118 che era prontamente intervenuto, ma che non ha saputo gestire il caso specifico, anche perché gli ospedali interpellati si sono dichiarati impreparati al ricovero di una simile ammalata e la stessa autoambulanza non era idonea al trasporto di una paziente affetta da MCS. Lo stesso ricovero, successivamente, predisposto presso ambienti non idonei dell'Ospedale Fazzi e avvenuto, però, solo dopo che i media si erano interessati del caso, si è rivelato inadeguato tanto da portare i familiari della povera Maria alla decisione, assunta dopo poche ore, di riportare a casa la loro congiunta. E’ facile, quindi, dedurre che la gestione domiciliare della ammalata, in assenza di adeguato e costante monitoraggio dei parametri vitali non abbia potuto salvaguardare l’incolumità della paziente”.

D’altro canto - interviene Tonia Erriquez –, è chiaro a tutti, anche a coloro che non hanno specifiche competenze cliniche, che per favorire un graduale recupero, la paziente avrebbe avuto necessità di opportune consulenze polispecialistiche e dietologiche. Ieri mattina (7 giugno 2016), incalzante, per insufficienza cardiaca (almeno così dicono) è sopraggiunta la morte, dopo che i sanitari del 118, su chiamata dei parenti, erano intervenuti presso il domicilio della paziente restando a lungo sul posto e aspettando che arrivasse un medico inviato dalla direzione sanitaria dell'ospedale Fazzi. Forse, piuttosto che aspettare l'arrivo del medico dall'ospedale a casa, il trasporto più tempestivo, da casa all'ospedale, avrebbe potuto sortire effetti completamente diversi”.

Diamo Voce e Volto agli Invisibili Onlus - prosegue Tonia Erriquez - più volte ha chiesto incontri formali con gli organismi aziendali e istituzionali preposti e, da anni, si batte invocando la creazione di una "corsia preferenziale", oltre che di un reparto dedicato che possa gestire ed accogliere gli innumerevoli casi disperati che, arrivati in Pronto Soccorso, continuano a girovagare tra i vari reparti, senza ottenere benefici. Opportuna sarebbe, poi, una corretta formazione del personale medico, tecnico ed infermieristico sulle attività di gestione di questa tipologia di casi sia in fase di primo soccorso, che in fase di raccolta delle informazioni anamnestiche”.

Alla fine di questa ennesima – dicono infine la D’Amico e la Erriquez - triste storia di sanità "non buona", delle domande sorgono spontanee. Chi più della Regione Puglia e dell’Asl di Lecce che avevano addirittura precorso i tempi nella felice ed efficace costruzione di un progetto dedicato che raccoglieva evidentemente consensi da tutto il territorio nazionale, può ritenersi responsabile di una gestione tanto disaccorta quanto superficiale e improvvida di emergenze di questo tipo? E se responsabilità ci sono nella chiusura fino a pochi mesi prima non prevedibile del Centro IMID, uno tra i pochissimi centri in grado di accogliere in Italia questi pazienti, perchè non evidenziarle alle competenti Autorità Giudiziarie? Perchè continuare a tacere? A chi ha giovato chiudere il Centro IMID? Alla coscienza di chi andrà imputata la disperazione dei protagonisti di tante storie come quella della cara "invisibile" Maria Donno?.

9 giugno 2016

FONTE: Brindisera.it
http://www.brindisisera.it/dettaglio.asp?id_dett=23715&id_rub=89