mercoledì 23 gennaio 2019

Lettere aperte di due madri con figlie affette da gravi patologie rare, preoccupate per la possibile chiusura dell'ambulatorio "Transitional Care"

UN “POSTO IN OSPEDALE” PER LE DISABILITA' COMPLESSE: APPELLO DI UNA MAMMA


Marina Cometto, mamma di una donna con una grave malattia rara, racconta le mille difficoltà incontrate nei ripetuti interventi sanitari necessari per sua figlia. “Finalmente ci siamo imbattuti in Transitional Care, all'ospedale Molinette. Se chiuderà, saremo di nuovo orfani”

ROMA - Claudia ha 45 anni e una grave malattia rara, che le provoca una disabilità complessa. Complessa sì, perché tante sono le implicazioni sanitarie che comporta a più livelli: neurologico, cognitivo, cardiaco, ortopedico, respiratorio, gastrointestinale e metabolico. Claudia ha la sindrome di Rett e non parla, “non è in grado di esprimere dove ha male”, spiega la mamma, Marina Cometto, che da sempre si occupa di lei a tempo pieno. E che oggi denuncia l'inadeguatezza del sistema sanitario nel farsi carico di questi pazienti. E chiede che i pochi centri di riferimenti e di eccellenza non vengano smantellati, come invece si teme che accadrà presto a Torino, con il "Transitional Care", che da qualche anno si prende cura di Claudia ogni volta che è necessario. “La complessità della patologia, invece di coinvolgere ancor più la classe medica, l’allontana: e noi ci troviamo soli a dover affrontare quotidianamente tutte le complicanze che la malattia presenta”.

In una lettera indirizzata alla direzione dell'ospedale Molinette, Marina Cometto prova a raccontare l'odissea sanitaria affrontata per anni, il grande sostegno ricevuto dall'ambulatorio dedicato "Transitional Care" e la forte preoccupazione di fronte alla possibilità che questa esperienza possa presto concludersi.

In ospedale, in pronto soccorso, negli ambulatori, tutto è complicato per chi ha una disabilità complessa – assicura Cometto - Quando devo accompagnare mia figlia al pronto soccorso, perché presenta disturbi e sintomi che non riesco a decifrare, è un calvario ogni volta: gli infermieri del triage non conoscono la specificità di queste malattie e assegnano un'urgenza "di prassi", come se fossero persone sane che si recano in pronto soccorso con leggerezza. Non sanno che se io accompagno mia figlia al pronto soccorso è perché, nonostante 45 anni di vita con la sua malattia, noto che qualcosa di più serio o grave c’è”.

In questo complicato percorso sanitario, “dopo tanti anni di grandi difficoltà per trovare una struttura sul territorio che potesse prendere in carico mia figlia, finalmente ci siamo imbattuti nell’ambulatorio "Transitional Care", diretto da un ottimo medico, con tanta professionalità e attenzione per il paziente: se c’era bisogno di un esame del sangue , se lo specialista prescriveva controlli, il dottore si faceva carico delle prenotazioni e noi come famiglia ci sentivamo sostenuti nei nostri più grandi problemi, quelli sanitari”. Un incontro provvidenziale, perché “mia figlia, come probabilmente tutte le persone con disabilità complessa, ha bisogno di trovare personale medico e sanitario accogliente, disponibile, competente, che non abbia fretta e che si approcci serenamente alle nostre "bimbe" che, pur avendo difficoltà cognitive, riescono però a sentire l’affetto e il rispetto che chi le avvicina, nutre per loro. Un rispetto e un affetto che le nostre figlie non incontrano facilmente negli ambienti medici, perché le disabilità complesse fanno paura anche ai sanitari”.

Per questo, il "Transitional Care" è un luogo necessario, indispensabile per queste persone e per le loro famiglie. Ora però “si dice che l'ambulatorio probabilmente chiuderà i battenti quando il dottore responsabile andrà in pensione: non è stato nominato un successore, né progettato un percorso di continuità per accedere a cure e esami presso l’ospedale Molinette. Noi ci sentiamo di nuovo orfani – denuncia Marina Cometto - A chi ci rivolgeremo per programmare visite ed esami che sono indispensabili per garantire una buona qualità di vita ai nostri figli? Io sono stanca di dover andare a cercare il medico attento, sensibile e disponibile, sono stanca di vedere medici sgomenti di fronte alle grandi complessità presenti in una sola persona, sono stanca di vedere esami procrastinati perché non si sa come approcciarsi, come organizzare, come capire”.

Per questo, Marina Cometto chiede “il proseguimento dell’attività dell’ambulatorio "Transitional Care", l’accoglienza di nuovi pazienti che sembra sia stata interrotta, ma anche la sollecitazione presso tutti i dipartimenti sanitari di una maggiore disponibilità e accoglienza per questi pazienti, con disponibilità di visita in tempi più brevi possibili, altrimenti per noi il pronto soccorso è d’obbligo, con tutte le criticità che abbiamo notato e vissuto”. E' poi necessaria, per Marina Cometto, “la realizzazione anche a Torino, presso la Città della Salute, del progetto "DAMA" che già esiste a Milano, a Terni e in altre città, per un percorso dedicato di accoglienza per le persone con disabilità complesse fin dal pronto soccorso, perché le loro necessità sanitarie sono tali che difficilmente le comuni prassi risultano adeguate. La medicina è una scienza a tutela della salute dell’essere umano - conclude Cometto - Le persone con disabilità complesse sono meno umane delle altre? O non dovrebbero, al contrario, ricevere maggiori attenzioni, proprio a causa della loro fragilità?

9 GENNAIO 2019

Fonte: Redattore Sociale


LETTERA APERTA DELLA MAMMA DI UNA SPLENDIDA RAGAZZA AFFETTA DA VARIE PATOLOGIE RARE

Buongiorno,

sono Lucia, mamma di una splendida ragazza di 27 anni affetta da diverse patologie rare che vive in Lombardia e che dalla Regione Lombardia è approdata a Torino per le cure, grazie all’interessamento di un medico dell'ospedale Regina Margherita di Torino.
Nel maggio 2010, quando mia figlia aveva 19 anni, abbiamo scoperto che era portatrice sin dalla nascita di una patologia rara della quale nessuno ci aveva mai parlato, inoltre ad agosto del 2018 abbiamo scoperto che era già stata diagnosticata in una risonanza magnetica effetuata nei suoi giorni di vita in patologia neonatale, ma non messa in diagnosi alle dimissioni. Il medico del Regina Margherita ha attuato tutto quello che doveva essere fatto prima (e non era stato fatto) e quando è andato in pensione ci ha indirizzato presso l‘Ambulatorio di Transizione dall’età pediatrica all’età adulta delle Molinette di Torino, che è nato per garantire una continuità assistenziale ai pazienti.
Ora mi giunge di nuovo come l'articolo pubblicato ieri su Redattore Sociale (vedi sopra) da un altra mamma che usufruisce dello stesso ambulatorio. Un fulmine ad ciel sereno per noi, dopo l'incontro avuto con la Direzione, che si vuole chiudere questo ambulatorio.
Io ho avuto nel luglio 2018 un incontro con la direzione della Citta della Salute nelle persone del Dott. La Valle e il Dott. Scarmozino, e ho voluto insieme a me il presidente e vice presidente della Federzione malattie rare infantili di Torino, nel quale ci era stato detto che l'ambulatorio "Transitional Care" non avrebbe chiuso ma si sarebbe allargato. Noi ci chiediamo se sia giusto lasciare a casa questi operatori che con grandissima fatica si sono costruiti insieme alle famiglie dei punti di riferimento. Con loro non abbiamo solo imparato la gestione domiciliare del malato, ma instaurato un rapporto umano, e tutto questo è servito a darci più sicurezza e un po’ di serenità.
NOI NON CI STIAMO!
Sono 8 anni che ogni mese andiamo a Torino per gli esami e le visite in ospedale e non abbiamo mai chiesto un centesimo a nessuno, anzi affrontiamo le spese felici di farlo perché è per la salute della nostra figlia e perché è seguita, monitorata e assistita da persone competenti. Aggiungo che con tutte queste persone, sia che siano infermieri, OSS, ASA, personale di segreteria si è stabilito un rapporto di fiducia e di rispetto.
Con loro, quando mia figlia viene a Torino, si crea un qualcosa di "magico" fatto di attenzione e di sorrisi, di centralità della persona ammalata.
Ora, vi sembra umano e civile distruggere tutto il percorso che è stato fatto grazie ai medici e a tutto il personale paramedico e non, per mia figlia e tutti gli altri ragazzi?
L’ambulatorio della transizione è un passaggio importantissimo per tutti i portatori di patologie complesse e rare nel momento del difficile passaggio dall’età infantile a quella adulta, e non possiamo perdere questa opportunità. Sarebbe perdere una chanche di una qualità di vita migliore, ben consapevole che le patologie rare e complesse di mia figlia, andando avanti, peggioreranno sempre di più
Per questo io e mio marito siamo disposti a trasferirci a Torino, perché la qualità di vita del malato raro è la priorità per una famiglia: chiediamo solo salute e serenità per noi e per tutte le altre famiglie. Credo fermamente che ricevere cure adeguate in un contesto amorevole sia un diritto di tutti, soprattutto di chi è affetto da malattie rare e disabilità complesse
Io spero che alla fine prevalga il buonsenso e mi appello alla coscienza di chi ha la possibilità di decidere, perché penso che anche loro hanno una famiglia e mi auguro che sappiano cosa vuol dire essere genitori.

Lucia


11 gennaio 2019


Pubblico l'accorato appello di queste due donne, madri di due ragazze affette da patologie rare assai gravi e molto invalidanti, entrambe molto preoccupate per la probabile chiusura dell'ambulatorio "Transitional Care" di Torino, che fino ad ora si era occupato delle loro figlie e di tante altre persone, al pari di loro, affette da malattie rare e gravi, con grande professionalità, competenza e umanità.
E' veramente un grande peccato che quando c'è qualcosa di veramente buono, di valido, del nostro Sistema Sanitario Nazionale sul nostro territorio, questo debba chiudere i battenti, lasciando nello sconcerto e nella desolazione le famiglie di questi malati rari che ora non sapranno più a chi rivolgersi. Io mi auguro, con tutto il cuore, che la decisione di chiudere questo ambulatorio non debba essere presa e che ci sia ancora spazio per tornare sui propri passi, facendo così proseguire l'attività di questo centro così importante e funzionale. Spero veramente che il buon senso prevalga in questa direzione, per il bene di tanti malati e disabili gravi e complessi, e per le loro rispettive famiglie.

Marco

sabato 12 gennaio 2019

Christian cerca una casa senza scale e senza barriere


«La solidarietà è stata autentica, la storia di Christian ha commosso tanti e tanti ci hanno mostrato vicinanza, offrendoci disponibilità e aiuti concreti. Purtroppo ora siamo arrivati al punto che non possiamo più vivere in questa casa di Cassiano», dicono i genitori del ragazzino

CHIARAVALLE – Al Galoppo e a Cassiano, dopo la chiusura della discarica, l’aria è buona e Christian può respirare e vivere tranquillo, pur facendo i conti con una leucodistrofia maledetta che distrugge pian piano i suoi verdissimi 12 anni. A Cassiano si vive dignitosamente ma… ci sono le scale, e tante, in quella casa che con tanti sacrifici papà Sergio e mamma Emily hanno comprato poco prima che nascesse un figlio atteso e amato, venuto alla luce senza che nessuno potesse neppure lontanamente immaginare la comparsa entro breve tempo di una rarissima malattia genetica degenerativa.

«La gente ci ha aiutato molto – dicono Sergio Cialona e la moglie Emily Iavasile – al contrario della Regione e di alcune istituzioni che ci hanno tolto anche quello che ci spetta di diritto. La solidarietà è stata autentica, la storia di Christian ha commosso tanti e tanti ci hanno mostrato vicinanza e sensibilità, offrendoci disponibilità e aiuti concreti. Purtroppo però, ora siamo arrivati al punto che non possiamo più vivere in questa casa di Cassiano: troppe scale da salire e scendere, con la carrozzina di Christian che è sempre più pesante e nessuna possibilità di dotare questa casa di un ascensore: mancano soldi e spazi per adattare un sollevatore all’abitazione».
La mamma segue Christian passo passo, ha abbandonato il lavoro per stare con lui che necessita di assistenza continua; il papà Sergio ha un lavoro part time che lo soddisfa ma che non può garantire entrate economiche sufficienti per pagare ogni cura e ogni necessità del piccolo figlio malato, un figlio che hanno già portato a San Diego per cure all’avanguardia e che dovrebbero riaccompagnare tra breve negli Stati Uniti per altre cure sperimentali con le cellule staminali.

«Attualmente Christian viene seguito dal terapista Edoardo Costantini nella piscina di Chiaravalle e da Annalisa Asoli, fisioterapista di Senigallia: li ringraziamo entrambi perché grazie a loro Christian mostra sensibili progressi». Emily Iavasile ha anche scritto due libri “Christian il nostro senso della vita” ed il recente “Vivere con una speranza” per raccontare cosa significhi essere una donna, una moglie e soprattutto una madre che lotta quotidianamente con la malattia e la disabilità.

Due libri che Emily ha scritto in gran parte nelle ore notturne quando era, silenziosa ed insonne, accanto al figlio e che sono stati venduti con successo, contribuendo a raccogliere fondi per le cure del piccolo Christian. Il cruccio di Sergio ed Emily resta però la casa, una casa che da sei anni è in vendita perché non può rispondere alle necessità di Christian ormai quasi adolescente. «La Regione ci assicura solo due ore di assistenza domiciliare; per il resto tutto è a pagamento, dalla fisioterapia a Senigallia alla riabilitazione in piscina a Chiaravalle, perfino i pannolini e i rimborsi ce li danno col contagocce. Abbiamo assolutamente bisogno di vivere in una casa diversa: al piano terra, senza scale e senza barriere architettoniche. Non chiediamo favori, solo la possibilità di aiutarci a vendere questa casa per andare a vivere in una nuova». Christian ascolta e sembra annuire mentre osserva il suo libro sugli squali e mentre guarda quelle scale che rappresentano ormai un ostacolo insormontabile.

di Gianluca Fenucci

26 luglio 2017

FONTE: Centro Pagina


L'articolo è un pò datato ma l'appello di Sergio Cialona, padre di Christian, è assolutamente attuale e quanto mai urgente dal momento che Christian cresce ed è sempre più difficoltoso poterlo portare fuori casa. L'appello è rivolto sopratutto a tutte le persone che sono proprietarie di agenzie immobiliari o che conoscono qualcuno che ci lavora. Chiunque può aiutare questa famiglia a vendere la loro casa contatti Sergio Cialona, magari attraverso il suo profilo Facebook.
Grazie di vero cuore a chi lo farà.

Marco