venerdì 29 aprile 2011

12 Maggio, giornata mondiale per la ME/CFS, FM e MCS


Comunicato Stampa – 12 maggio: giornata mondiale per ME/CFS, FM, MCS

Ogni 12 maggio si festeggia in tutto il mondo la giornata per sensibilizzare tre patologie che in Italia sono ancora poco conosciute ma molto diffuse.
Si tratta della Encefalomielite Mialgica-Sindrome da Fatica Cronica (ME/CFS), Fibromialgia (Fm) e Sensibilità Chimica Multipla (MCS).
Questa giornata è stata istituita in memoria del giorno dell'anniversario della nascita di Florence Nightingale. Nata nel 1820 nel Regno Unito, esercitava la professione di infermiera quando contrasse verso i 40 anni di età, durante il suo servizio nella guerra di Crimea, una grave malattia infettiva i cui sintomi sono compatibili con gli attuali criteri diagnostici della encefalomielite mialgica/sindrome da fatica cronica e fibromialgia.
Trascorse quindi quasi gli ultimi cinquant'anni della sua vita senza alcuna possibilità di alzarsi dal suo letto. Nonostante le malattie, Florence Nightingale è all'origine della fondazione della Croce Rossa Internazionale e ha anche fondato la prima scuola professionale per infermieri e ha continuato a riformare sia la salute pubblica e dell'assistenza sanitaria, contribuendo a portare la medicina e soprattutto la cura e il trattamento del paziente malato nel ventesimo secolo. Ella rappresenta dunque un forte simbolo di resistenza e di lotta contro la malattia.
Questo è il motivo per cui il R.E.S.C.I.N.D. (Repeal Existing Stereotypes for Chronic, Immunological and Neurological Diseases) ha scelto questa data come simbolo nel 12 maggio del 1990, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle malattie immunologiche e neurologiche croniche.
In questo modo questa manifestazione è diventata internazionale e unisce i pazienti di ME/CFS, FM, ma anche di MCS.
Quest’anno in Italia ci saranno diversi eventi di sensibilizzazione a livello regionale: uno fra questi si svolgerà a Capalbio presso il Cinema Sala Tirreno (P.zza della Repubblica 9 - Borgo Carige – Capalbio) a partire dalle ore 20,00.

Programma della serata

Ore 20.00 Buffet

Ore 20.30 Introduzione con proiezione video sul 12 maggio e spot televisivi

Ore 20.35 Intervento della Dott.ssa Virginia Cirolla, ricercatrice specializzata in oncologia medica senologia e malattie rare; direttore Sanitario dello studio medico Cirolla riconosciuto centro di formazione convenzionato Anfos.

Ore 20.45 Intervento del Prof. Maurizio Grandi medico chirurgo specialista in oncologia clinica, Immunoematologia e Bioetica; direttore Sanitario del Poliambulatorio Specialistico “La Torre”, Torino, docente Università degli Studi di Bologna membro della Commissione dell’Ordine dei medici provincia di Torino per le Medicine non Convenzionali.

Ore 20.55 Intervento del Prof. Alessandro Mahony, psicologo Capo Dipartimento Università e Ricerca di Rifondazione DC, si occupa di riorganizzare l'università e portare avanti la ricerca e i diritti dei malati inascoltati.

Ore 21.05 Intervento del Dott. Raffaele Ferraresso, Delegato del Coordinamento Nazionale Medici Pdl, sul riconoscimento giuridico delle malattie.

Ore 21.15 Resoconto sulla situazione dei malati in Italia.

Ore 21.20 Proiezione video di 3 storie e video messaggio al pubblico.

Ore 21.30 Concerto musicale del gruppo “Doppio Senso” con tributo a Vasco Rossi: Massimo Anselmi alla chitarra; Marco De Angelis alla Chitarra; Alessandro Mazzacane, voce; Stefano Capocecera al basso; Massimo Gangarossa alle tastiere; Giorgio Rocchetti alla batteria

Convenzione con Albergo Mimosa per pernottamento e prima colazione - via Torino 34, Capalbio - tel. 0564-890220. Prenotazione obbligatoria

Per partecipare iscriviti al Evento su facebook: https://www.facebook.com/event.php?eid=213752265303435&index=1

Riferimenti Organizzativi:

Roberto Muscio, pres. della associazione Mcs Illness Settimo Torinese E-mail:robymuscio@libero.it Cell: 3484700077

Tiziana Scotti, dott.ssa scienze motorie- posturologa. E-mail: tizianascotti74@tiscali.it

Lori Goracci E-mail: lori.goracci@libero.it

Sponsor:

Comune di Capalbio
Banca della Costa d’ Argento di Capalbio
Mar.Sid. Maremma siderurgica s.r.l.
Stabilimento balneare Frigidaire
Stabilimento Balneare Ultimaspiaggia

Patrocini:

Associazione Mcs Ilnees Settimo Torinese
A.I.S.M.O Associazione sostegno malato oncologico
Centro serivizi interdisciplinare
Associazione nazionale formatori della sirurezza del lavoro
Gruppo musicale doppio senso
Associazione sportiva pallavolo Civitavecchia
Associazione la Fenice
Telethon

FONTE: sindromedafaticacronica.blogspot.com
http://sindromedafaticacronica.blogspot.com/2011/04/12-maggio-serata-di-sensibilizzazione.html


Come ogni anno, anche questo 12 Maggio si celebra la Giornata Mondiale per i malati di Encefalomielite Mialgica/Sindrome da Fatica Cronica (ME/CFS), di Fibromialgia (FM) e di Sensibilità Chimica Multipla (MCS).
Tanti eventi ci saranno quest'anno nel nostro paese per sensibilizzare l'opinione pubblica su queste 3 patologie estremamente invalidanti e ancora così poco conosciute, ed una di queste sarà quella di Capalbio, di cui riporto sopra il volantino, il comunicato stampa e il programma della serata.

Ringrazio di cuore tutti coloro che si sono prodigati a organizzare e a diffondere questi eventi, persone tra l'altro molto spesso malate, e ringrazio fin d'ora chi vi parteciperà, ivi compresi medici e specialisti che daranno il loro contributo scientifico parlando di queste 3 patologie. Tutto questo contribuirà a una maggior conoscenza di queste malattie e, me lo auguro, spero che questa giornata possa rappresentare un ulteriore tassello verso il riconoscimento delle stesse. Di questo c'è bisogno.... questo sperano tanti malati che attendono di essere riconosciuti ufficialmente come tali e di poter essere presi in maggiore considerazione e non lasciati soli a loro stessi, come invece, purtroppo, ancora troppo spesso avviene.

Marco

giovedì 28 aprile 2011

Amianto. Oggi, 28 aprile, è la giornata mondiale in memoria delle vittime

Quattromila morti all'anno e oltre 20 milioni di tonnellate ancora da bonificare. O, se vogliamo tradurlo in termini pratici, un miliardo di metri quadri ancora presenti sui tetti degli edifici; i problemi connessi allo smaltimento causati, spesso, dalla scarsa cura da parte delle aziende che se ne occupano, e che in alcuni casi si trasforma in vera e propria criminalità (quante volte l'informazione ci ha fatto scoprire discariche illegali nell'acqua e nel terreno?). Di più: spesso, le istituzioni non hanno affrontato il problema di una efficace vigilanza. Tutto questo ha provocato – e tuttora provoca – un gran numero di vittime, che oggi, 28 aprile, vengono ricordate nella Giornata mondiale dedicata alle vittime dell'amianto, nell'ambito della Giornata mondiale della Salute e sicurezza sul lavoro.

La questione legata all'amianto, si può dire, è antica quanto l'utilizzo di questo materiale. Già alla fine dell'800, infatti, alcuni studi scientifici avevano osservato come l'esposizione all'asbesto potesse costituire una delle cause scatenanti di alcune gravi malattie dell'apparato respiratorio, come il mesotelioma pleurico e il carcinoma polmonare. E durante la Seconda guerra mondiale una ricerca condotta in Germania registrò come, diminuendo l'esposizione all'amianto, le malattie respiratorie per i lavoratori diminuissero.

In Italia, dove in alcune zone – principalmente in Piemonte, dove a Casale Monferrato per molti anni è stata attiva una fabbrica di Eternit; e nel nord est (Gorizia e Monfalcone), ma anche al sud – il problema amianto è da molti anni al centro di incessanti dibattiti fra il Governo e le Associazioni per le vittime dell'amianto. La prima norma definitiva è del 1992, con la Legge 257 che ordinò il divieto di utilizzo dell'amianto e la bonifica di tutti i manufatti che lo contenevano. Altrettanto importante, nella stessa legge venne sancito il riconoscimento delle malattie connesse all'esposizione all'amianto come malattie professionali.

Questo, tuttavia, non ha impedito ad alcune aziende di continuare l'utilizzo dell'amianto – chiamato Eternit o Fibronit – nei procedimenti di fabbricazione e nei prodotti, con la conseguenza che il numero delle vittime, di fatto, non si è mai arrestato. Basta una sola fibra d'amianto (del diametro di un millesimo di millimetro), per causare un principio di malattia mortale.

Per questo, oggi, la Giornata mondiale della Salute e sicurezza sul lavoro celebra la Giornata mondiale alla memoria delle Vittime dell'amianto. Recentemente, alcune associazioni nazionali e locali hanno inviato al Governo un appello che chiede giustizia per le vittime, un sistema di controllo e smaltimento efficace al 100% per la completa dismissione dell'amianto, l'attivazione di un fondo dedicato ai familiari delle vittime.

In Italia, oggi, si celebrano alcune importanti iniziative. A Casale Monferrato si svolgerà l'assemblea internazionale “Un mondo senza amianto”, alla quale partecipano rappresentanti di associazioni provenienti da Italia, Europa, Brasile, India e USA.

A Torino è in programma il convegno “A che punto è la notte”, organizzato dal Consiglio di Indirizzo e vigilanza dell'Inail: uno studio che tasta il polso all'attuale situazione normativa, per dare il via a eventuali indicazioni su aggiornamenti legislativi.

FONTE: greenme.it
http://www.greenme.it/informarsi/eventi-e-iniziative/4719-amianto-oggi-e-la-giornata-mondiale-in-memoria-delle-vittime

mercoledì 27 aprile 2011

La Sindrome Locked-in

La sindrome Locked-in o sindrome del chiavistello o dell'uomo incatenato, è una condizione nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi oppure comunicare a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo. È il risultato di un ictus al tronco-encefalo che vede danneggiata la parte ventrale troncoencefalica (corrispondente ai fasci piramidali). Esita come risultato in tetraplegia ed inabilità a parlare in individui che per altri aspetti sono intatti dal punto di vista cognitivo. I pazienti con la sindrome "Locked-In" possono comunicare con altre persone, codificando la chiusura delle palpebre oppure muovendo i loro occhi, dato che i loro centri nervosi e le loro vie efferenti ai nervi ottici ed oculo-motori (nervi cranici II, III, IV) non sono danneggiati dal danno al fascio piramidale causa della paralisi al resto dei nervi cranici motori (nervi VI, VII, IX, XI, XII), nonché a tutti gli altri nervi che si originano da radici del midollo spinale.
La sindrome è stata descritta per la prima volta nella prima edizione del classico testo Diagnosis of stupor and coma di Plum e Posner (Philadelphia 1966).

Sinonimi: Pseudocoma o Sindrome Ventrale Pontina

La sindrome Locked-in è anche nota come disconnessione cerebromedullospinale, stato de-efferentato, pseudocoma, oppure sindrome ventrale pontina. A differenza dello stato vegetativo persistente, nel quale le porzioni superiori del cervello sono danneggiate e le porzioni inferiori sono conservate, la sindrome locked-in è causata da un danno a specifiche porzioni del cervello inferiore e del tronco encefalico senza danni al cervello superiore (diencefalo e telencefalo).

I pazienti che hanno la Sindrome Locked-in sono pienamente coscienti. Sanno esattamente dove si trovano le loro braccia e gambe, e, a differenza dei pazienti paralizzati, possono ancora percepire sensazioni tattili e dolorifiche. Alcuni pazienti hanno la capacità di muovere alcuni muscoli facciali. La maggioranza dei pazienti con la sindrome locked-in non recuperano il controllo motorio, ma diverse apparecchiature sono disponibili per aiutarli a comunicare.

I pazienti con la sindrome Locked-in dicono di sentirsi nella maggior parte dei casi piuttosto tranquilli, e alcuni riferiscono di essere un po' tristi. Questo è il contrario del panico e del terrore che si potrebbe supporre in persone coscienti che non possono muoversi oppure parlare. Questi dati indicherebbero che le emozioni sono dovute ad interpretazioni delle sensazioni corporee. Dal momento che le persone che si trovano nello stato Locked-in non hanno un grande senso della corporeità (propriocezione), il cervello non riceve dei feedback indicanti il pericolo.

Il giornalista parigino Jean-Dominique Bauby ebbe un ictus nel 1995, e quando si risvegliò dopo 20 giorni, scoprì che il suo corpo aveva cessato di funzionare del tutto: poteva controllare soltanto la sua palpebra sinistra. Muovendo la palpebra riuscì a dettare un intero libro, una lettera per volta, e scrisse in questo modo "Lo scafandro e la farfalla".

In occasione delle elezioni europee 2009, una persona Locked-in è stata candidata per la prima volta ad una carica istituzionale: la Lista Emma Bonino ha infatti presentato nelle proprie file Severino Mingroni, dirigente dell'Associazione Luca Coscioni, divenuto Locked-in dopo una trombosi dell'arteria basilare.

Cause

La sindrome Locked-in può essere dovuta ad un certo numero di patologie, tra cui:

trauma cranico (Traumatic brain injury);
malattie del sistema cardiocircolatorio;
overdose da farmaci;
danno alle cellule nervose, particolarmente per la distruzione della guaina mielinica, provocata da alcune malattie demielinizzanti e leucoencefalopatie.

Terapie

Non è stato definito un protocollo terapeutico per la sindrome Locked-in, e non esiste una "vera cura". La stimolazione di riflessi muscolari con elettrodi (Stimolazione neuromuscolare) si è dimostrata d'aiuto ai pazienti nel ricupero di alcune funzionalità muscolari. Altre terapie sono spesso palliative.

Miglioramento a lungo termine

Sfortunatamente, in molti casi non avviene un recupero - è considerato estremamente raro il ritorno a condizioni di capacità motoria generanti una qualità di vita che sia poco più che molto limitata.

FONTI: wikipedia.org, corriere.it

domenica 24 aprile 2011

No alla sofferenza, sì alla vita! Aiutiamo Salvatore a realizzare il suo sogno: curarsi!



"Quando il mio corpo sarà cenere il mio nome sarà leggenda".

"Non può il diritto di morire diventare la nuova frontiera dei diritti umani".

Mi chiamo Salvatore Crisafulli (disabile gravissimo), 45 anni, di Catania, vivo da paralizzato, la mia patologia viene definita locked-in syndrome, ovvero "uomo incatenato" o meglio ancora "uomo imprigionato", imprigionato nel mio stesso corpo.

Mi sento murato vivo, vivendo in un abisso, questa patologia comporta la totale paralisi del mio corpo. A differenza di chi vive in Stato Vegetativo (io lo sono stato), sono riuscito a recuperare la coscienza e a comunicare il mio pensiero con il computer grazie a un sofisticato software muovendo lo sguardo, la testa e in particolare gli occhi.

Comunico grazie ad un computer e proprio grazie alla nuova tecnologia posso farmi ascoltare, comunicare con il mondo esterno.

La mia storia, è una storia fatta di speranza e di coraggio, di tenacia e di forza di volontà. Dopo anni sono riuscito a convincere medici di essere tornato alla vita.

Sono stato vittima di uno spaventoso incidente stradale avvenuto a Catania la mattina dell'11 settembre del 2003. Sono entrato subito in coma e successivamente in stato vegetativo permanente (almeno così sentenziava la scienza medica per oltre due anni).

Poi, incredibilmente, nel ottobre del 2005 riesco a raccontare che dopo circa sette mesi dal trauma (quando per i medici ancora ero in stato vegetativo) sentivo e capivo tutto, ma non riuscivo a dimostrarlo perché non potevo muovermi e i medici erano convinti che fossi un vegetale (in pratica una foglia d'insalata), vivevo nel terrore.

Vedevo i miei familiari muoversi intorno al mio letto, volevo richiamare la loro attenzione gridando, ma dalla mia bocca non usciva alcun suono, i medici parlavano di stato vegetativo permanente ed irreversibile. Sentivo i medici dire che la mia morte era solo questione di tempo, ed iniziavo ad aprire e chiudere gli occhi per attirare l'attenzione di chi mi stava attorno.

Pian piano incominciava la fase del mio risveglio, che viaggiava su due piani paralleli, quello fisicamente personale, di cui pian piano prendevo coscienza di ciò che mi era accaduto, assaporando lentamente il mio ritorno alla vita, e quello estremo, in cui cerco di convincere a chi mi sta intorno di essere veramente ancora vivo e vegeto, ma mi trovavo impossibilitato prigioniero nel mio corpo che non mi rispondeva.

Capivo cosa mi succedeva intorno, ma non potevo parlare, non riuscivo a muovere gambe, braccia qualsiasi cosa volevo fare, "sono imprigionato nel mio stesso corpo". Provo con tutta la mia disperazione, con il pianto, con gli occhi, ma niente, i medici troncavano ogni speranza, per loro ero un "vegetale" e che i miei movimenti oculari erano solo casuali, insomma non ero cosciente.

La mia straziante storia in parte è stata scritta nel libro "Con gli occhi sbarrati".

Oggi sono completamente contrario all'eutanasia.

"Le marce, i girotondi, le veglie, le fiaccolate siano fatte per invocare la vita e non per sentenziare la morte, per potenziare e sensibilizzare la sanità e la ricerca scientifica, per rendere sopportabile la sofferenza, anche quella terminale, non per giustificare i più disperati e soli con il macabro inganno in una morte dolce, dietro a cui si nasconde solo cinismo e utilitarismo”. (Salvatore Crisafulli).

FONTE: http://www.facebook.com/profile.php?id=100000596590195&sk=info


Per chi volesse approfondire la storia di Salvatore Crisafulli, questo sono i siti di riferimento:
http://www.salvatorecrisafulli.it/altre.htm
http://www.siciliarisvegli.org/index.php

Salvatore Crisafulli su Facebook:
http://www.facebook.com/profile.php?id=100000596590195
http://www.facebook.com/home.php?sk=group_206731196010139
http://www.facebook.com/pages/Lanti-Welby-Salvatore-Crisafulli-soprannominato-il-Terri-Schiavo-italiano/72618434857



La storia di Salvatore Crisafulli è una delle più toccanti che mi sia mai capitato di apprendere.... è una storia drammatica, intrisa di tanto dolore, di abbandono da parte delle istituzioni, di diagnosi sbagliate.... ma è anche una storia piena di speranza, di Amore, quello con la "A" maiuscola, l'Amore dei suoi cari che non si sono mai arresi, anche dinanzi alle negazioni di tanti uomini in camice bianco che dicevano loro che non c'era più speranza, che Salvatore era ridotto a un vegetale, incapace di comprendere, di sentire, di capire. Ma la perseveranza e l'Amore dei suoi famigliari, che non si sono mai rassegnati, hanno avuto la meglio su tutto e su tutti, e a furia di cercare girando a bordo del loro camper per ogni dove, hanno finalmente trovato chi dava a Salvatore ancora speranza, intuendo la vera patologia di cui egli è affetto, e capendo come egli fosse lucido e perfettamente cosciente, pur se "imprigionato" nel suo corpo.
Consiglio veramente a tutti di leggere la straordinaria storia di Salvatore, che si può trovare sul suo sito ( http://www.salvatorecrisafulli.it/Storia.htm ) oppure, ancora più approfonditamente, nel libro "Con gli occhi sbarrati".

Salvatore Crisafulli con la sua incredibile voglia di vivere, nonostante la tremenda malattia, con il suo fermo "NO" all'eutanasia, è veramente un esempio straordinario per tutti.... ma naturalmente, come ogni essere umano che si rispetti, egli vuole curarsi e vivere nelle migliori condizioni possibili, e la possibilità di curarsi, di migliorare concretamente le proprie condizione di salute e di vita, esiste, e arriva da Israele dove opera il professor Vitali Vassiliev, neuroendocrinologo di origine russa, responsabile di un centro di Biocorrezione dove è praticato il “metodo degli adrenogrammi”. L’ostacolo è rappresentato dall’altissimo costo del trattamento: 60mila euro per tre cicli di durata annuale. È proprio per questo che Salvatore Crisafulli, assieme al fratello Pietro e a tutta la famiglia, si sta appellando al buon cuore degli italiani, attraverso la campagna raccolta fondi "Vivere non vegetare, una chance per Salvatore", mobilitando stampa, televisioni, istituzioni e anche chiedendo direttamente aiuto al presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che ben conosce la vicenda di Salvatore.
Per sensibilizzare ancor di più l’opinione pubblica Salvatore ha scelto Facebook, mezzo eccezzionalmente efficace e capillare per arrivare alla gente, dove ormai conta più di 3000 amici. Ogni giorno Salvatore rinnova l’appello a sottoscrivere la propria causa ed aiutarlo a pagarsi le cure: “Io sono un uomo, sono un essere umano, non sono un animale, né un vegetale. Fatemi sorridere, datemi una chance, voglio curarmi. Aiutatemi per favore. No alla sofferenza, sì alla vita”.

Mi auguro con tutto il cuore che l'accorato richiamo alla vita di Salvatore non rimanga ignorato e che il suo sogno di curarsi nella clinica del Dott. Vassiliev possa diventare realtà nel più breve tempo possibile. Laddove le istituzioni latitano nell'assicurare le cure che ogni malato AVREBBE diritto di avere, spero che sopperisca la generosità e l'altruismo della gente che può aiutare concretamente Salvatore attraverso una donazione. E allora tocchiamoci il cuore, e aiutiamo concretamente quest'uomo che chiede soltanto di potersi curare per poter vivere nel modo più dignitoso possibile, com'è suo sacrosanto diritto.
Le donazioni per le cure a Salvatore possono essere effettuate con le seguenti modalità:


BONIFICO BANCARIO

BANCA: INTESA SANPAOLO Filiale di Pistoia
IBAN: IT 97 U 03069 13800 100000004802 INTESTATO A: “SICILIA RISVEGLI ONLUS” Causale: “Vivere, non Vegetare, una chance per Salvatore”


VERSAMENTO CONTO CORRENTE POSTALE

C/C postale n° 89104814 intestato a "Pietro Crisafulli"
IBAN: IT 41 N 07601 13800 000089104814
Causale: “Vivere, non Vegetare, una chance per Salvatore”


PAYPAL (WELCOME INTERNATIONAL BIDDERS presidente@siciliarisvegli.org)

Si può donare anche con la carta di credito usando PayPal; www.paypal.it
l'utente registrato, accedendo al proprio conto online, può inviare la donazione a presidente@siciliarisvegli.org


RICARICA POSTEPAY

Numero carta 4023 6005 5271 8530
INTESTATA A: PIETRO CRISAFULLI, codice fiscale CRS PTR 67T 27C 351T
Oltre gli uffici bancari e postali, le ricariche si possono effettuare in qualsiasi ricevitoria lottomatica.


VAGLIA POSTALE

Intestato a Pietro Crisafulli, Via M. Coffa Caruso 1/C 95131 CATANIA


CONSEGNA A MANO

Si può portare un offerta con le proprie mani, oppure attraverso la tradizionale consegna della posta, in busta chiusa ben sigillata ed indirizzata a:
Sicilia Risvegli Onlus c/o Salvatore Crisafulli, Via M. Coffa Caruso 1/C 95131 CATANIA


Chi invia offerte è pregato di avvisare l'associazione via e-mail info@siciliarisvegli.org
Tel 392/4802536


Aiutate Salvatore a curarsi in Israele

Ha detto no all’eutanasia, ora aiutatelo a vivere. Torniamo a parlare del caso di Salvatore Crisafulli che ora, addirittura, si rivolge al Presidente del Consiglio.
«Signor Presidente Berlusconi lasci perdere le problematiche legate alle donne. E se lei asserisce di avere un grande cuore, lo dimostri. Mi regali un viaggio che costa 60 mila euro. Esiste una cura, una speranza all’estero e io sono pronto a farla. Sessanta mila euro cosa sono per lei? Caro Presidente una cosa è scrivere belle parole, un’altra è attivarsi concretamente, lo dimostri con il suo grande cuore a tutti gli Italiani»
. Per Salvatore, infatti, il ritorno alla vita non è più un sogno, ma la realtà. Si chiama professor Dopamina ed è la base della cura al quale sottopone i suoi pazienti. La speranza arriva direttamente da Israele, dove opera un luminare medico il professor Vitali Vassiliev, neuroendocrinologo di origine russa, responsabile di un centro di Biocorrezione dove viene praticato il “metodo degli adrenogrammi”, nello stato di Israele. In passato questi cicli hanno portato a risultati incredibili e quindi risolvere diversi casi di gravissime disabilità, numerosi sono anche i casi “disperati” di tanti italiani che si rivolgono al predetto, ottenendo risultati altamente straordinari. «Questo è un grido di speranza che lanciamo. Un appello decisivo che potrebbe cambiare la vita a Salvatore, per sempre; dopo otto anni in cui è stato costretto in un letto, immobile – dicono i familiari – siamo arrivati al capolinea: abbiamo di fronte una possibilità concreta per cambiare la situazione di tutti e in particolare per aiutare Salvatore». I fatti sono questi: nei mesi scorsi è stata inviata tutta la documentazione clinica al professore che si è detto pronto a iniziare il primo ciclo al suo centro medico. «Noi e Salvatore vogliamo provarci, mio fratello deve continuare a vivere, come lui vuole, nelle migliori condizioni possibili. Perché privarlo di questo sogno?». I cicli di cura di durata annuale, hanno un costo di 60 mila euro, compresi viaggi e alloggio nello stato di Israele.


FONTE: ilgiullare.com
http://www.ilgiullare.com/“aiutate-salvatore-a-curarsi-in-israele”/

Per maggiori informazioni sul metodo degli adenogrammi del Prof. Vassiliev:
http://www.aiac-cli.org/Italian/Layout/metbita.html
http://www.denaro.it/VisArticolo.aspx?IdArt=494644&KeyW


 
Posto sul mio blog la disperata richiesta di aiuto da parte di un disabile gravissimo, Salvatore Crisafulli, affetto da una patologia rarissima, la Locked-in syndrome (che significa letterariamente "uomo imprigionato"!), al presidente del consiglio Silvio Berlusconi, nella speranza che il presidente del consiglio, che conosce la vicenda di Salvatore, voglia rispondere con fatti concreti, e non solo a parole, a questo drammatico appello.

Ogni uomo, ogni persona malata, deve poter essere messo nelle condizioni di potersi curare, qualsiasi sia la sua patologia. Occorrono molti soldi, certo, ma i soldi, checchè se ne dica, ci sono... purtroppo però sono mal distribuiti. Chi possiede ha il dovere morale di aiutare chi è meno fortunato di lui, perchè essere ricchi o benestanti non è un merito, ne è una colpa essere poveri o malati. La vita è una ruota, gira, è bene ricordarcelo, e nessuno potrà mai sapere che cosa ci attenderà nel nostro futuro.

Marco

lunedì 18 aprile 2011

L’incredibile vita di chi è allergico a tutto ciò che usiamo ogni giorno

Si chiama Multiple Chemical Sensivity ed è una sindrome che rende intolleranti a benzina, plastica, detersivi, profumi… In Italia i casi certi sono cinquemila (tra loro, quello di un genovese che qui si racconta e i molti descritti in un libro). La cura? Solo l’isolamento totale.

Levanto (La Spezia).
E’ cominciato tutto mentre mangiava una pizza, sette anni fa. Ha avvertito un dolore fortissimo al ventre, gli è come mancato il respiro e la testa si è messa a girare. Sudava forte, il corpo scosso da tremiti. All’improvviso ha perso conoscenza. Poi ha vomitato, finalmente. E tutto è sembrato tornare normale. Tutto come prima. Invece no.
Oggi Walter ha lasciato Genova, il porto, la vita. Ha 56 anni, abita una casa di vetro senza mobili, con due grossi apparecchi che filtrano l’aria. Non si separa mai dalla sua mascherina bianca. E’ ridotto a uno scheletro, come il suo sistema immunitario. Mangia un pugno di riso bollito e non più di una decina di alimenti ma è già un miracolo, conquistato a prezzo di drammatici esperimenti sulla sua pelle. Si è trasferito a Levanto, nelle Cinque Terre, lontano dalla città. Vive come un eremita, però per qualche minuto può ancora uscire sul terrazzo. E respirare. A patto che soffi lo scirocco, vento di mare. La tramontana, mai. Perché anche in quel paradiso naturale la tramontana trascina con sé tracce di quello smog che lentamente lo uccide.
Walter è una delle cinquemila vittime italiane della MCS, acronimo dell’inglese Multiple Chemical Sensitivity. Sensibilità Chimica Multipla: l’impossibilità per una persona di tollerare un ambiente o una classe di sostanze chimiche. Per dirla con altre parole, l’allergia a tutto quanto è moderno, inquinante. Benzina, gas di scarico, derivati del petrolio. Plastiche, profumi, lacche. Detersivi, candeggine, colle. Ammorbidenti, fertilizzanti, pesticidi. E le cose – gli alimenti, gli abiti – in qualche modo trattati con questi elementi. Cinquemila ufficialmente, in realtà gli ammalati nel nostro Paese sarebbero almeno dieci volte tanto. Negli Stati Uniti i casi accertati sono un milione e mezzo. Cifre che aumentano ogni giorno. Ineluttabilmente, seguendo il ritmo e la crescita di una società sempre meno naturale.
Due volte subdola, perché difficile da identificare e spesso confusa – o liquidata – come disturbo psicosomatico, l’allergia al mondo moderno è stata ufficialmente riconosciuta come malattia dall’OMS ormai dieci anni fa. Il primo a “scoprirla” in qualche modo era stato negli anni Sessanta l’allergologo Theron Randolph, ma da allora non sono stati fatti grandi passi in avanti nella ricerca. E ancora non esiste un test unico per individuarla. Però è possibile fare valutazioni funzionali e biochimiche (analisi tossicologiche, immunologiche, di funzionalità cerebrale, respiratoria, intestinale, cardiaca), perché in effetti l’MCS ha una sintomatologia definita. Il corpo viene saturato dall’esposizione nel tempo a piccole dosi di prodotti chimici, avvelenato quotidianamente, aggredito in silenzio fino a quando si arrende. E va in tilt, basta una semplice pizza margherita per “esplodere”.
Tilt è anche il titolo di un commovente libro scritto da Caterina Serra (Einaudi pp. 138 euro 14), che ha incontrato per due anni decine di ammalati in tutta Italia. Ne ha raccontato le storie, i dolori, le speranze, quella maledetta sensazione di “chi ha dovuto lasciare il mondo fuori dalla porta, di chi si è chiuso fuori, costretto a vivere dentro stanze sempre aperte”. Di chi, appunto, può vedere i parenti e gli amici solo all’aperto, in giardino o sul balcone – e bada bene a non metterti a favore di vento, ti prego – dopo aver chiesto loro di non profumarsi almeno per qualche giorno, di non usare vestiti nuovi o appena lavati, nemmeno lacche, gel o trucchi per il viso. Di chi non può mettere piede in un ospedale o salire su un ambulanza, a meno che non siano ambienti completamente “puri” e privi di qualsiasi sostanza chimica. Sostanza chimica… cioè tutto o quasi: disinfettanti, anestetici, strumenti chirurgici, farmaci. Anche Tilt è un acronimo maligno. Sta per Toxicant Induced Loss of Tolerance.
La malattia di solito colpisce fra i trenta e i quarant’anni, perché, dicono amaramente le vittime, ci vuole tempo per avvelenare l’organismo. A volte però si presentano dei segnali, delle improvvise esperienze allergiche, delle intolleranze che paiono assurde ma che – se comprese – potrebbero almeno lenire il successivo calvario. Non essendo ancora chiaro il meccanismo biologico e molecolare della sindrome, non esiste una cura. Anche perché l’inquinamento distrugge il sistema immunitario fino a un punto di non ritorno. Esistono i cortisonici, si può diminuire il carico di intossicazione con miscele di antiossidanti, ci si può “ripulire” un poco in cliniche specializzate che praticano prezzi folli e non certo coperti dal sistema sanitario nazionale. E ci si può isolare dal mondo moderno, per sempre.
Isolato dal mondo, Walter ha ripreso a studiare. Sta per laurearsi. Legge il giornale, ma con i guanti, perché non sopporterebbe il contatto con le pagine: “Ci riesco solo con Repubblica, a patto che non ci siano troppe fotografie a colori”. E ripensa a quella pizza. “Forse i pomodori trattati, o la mozzarella. Chissà. Ci ho messo un secondo a capire che non era un indigestione, a prendere coscienza che non poteva essere la solita colite. E più di un anno a convincere gli altri che non era un cancro allo stomaco”.
E’ sera, sta per arrivare sua moglie. Che anche oggi, finito di lavorare, si è fatta una doccia. Sulla porta si toglierà tutti i vestiti, impregnati di fumo, di smog. Di modernità. Per Walter e i casi come il suo in Italia esiste un associazione, Amica, cui è possibile rivolgersi per informazioni.

Così la chimica manda il cervello in tilt

Una malattia straordinariamente comune, nelle sue forme meno gravi, persino più del diabete. Secondo un recentissimo studio, negli USA circa il 3.5 % della popolazione è affetto da una grave forma di MCS, mentre almeno il 12 % è malato in maniera più moderata. Martin Pall, professore della Washington State University, ha pubblicato una ricerca intitolata Multiple Chemical Sensitivity: Toxicological Questions and Mechanisms in cui vengono stabiliti 5 criteri scientifici inequivocabili che caratterizzano questa malattia: è una sindrome diffusissima; è causata da un esposizione a sostanze tossiche; il ruolo delle sostanze chimiche come causee scatenanti della MCS è confermato dagli studi genetici; la MCS è provocata da un circolo vizioso biochimico, responsabile anche di altre patologie che si sovrappongono spesso alla MCS, come la Fibromialgia e la Sindrome da Fatica Cronica (CFS); la vecchia tesi su una presunta origine psicologica della MCS è del tutto incompatibile con tutte le prove scientifiche sulla malattia. Sono sette i gruppi di sostanze chimiche in grado di causare la MCS: alcuni pesticidi, alcuni solventi organici e composti correlati, il mercurio, il solfuro di idrogeno e il monossido di carbonio. Studi su animali hanno dimostrato che queste sostanze producono nel corpo una risposta abnorme del recettore cerebrale Nmda, il cui aumento è ritenuto il meccanismo alla base della MCS. Altre ricerche, sempre su animali, lasciano sperare che sia possibile abbassare l’attività del Nmda. E in questo consiste la speranza di curare la MCS, e non solo i sintomi.

2 gennaio 2010

FONTE: Il Venerdì di Repubblica


La storia di Walter è un altra testimonianza dolorosa di quanto subdola e limitante sia la Sensibilità Chimica Multipla. Costretto a vivere barricato in casa, senza mobilio, con la possibilità di fare qualche fugace apparizione sul terrazzo di casa solo in presenza di vento.... e poi il pochissimo mangiare, l'impossibilità (o quasi) persino a leggere un giornale.... questa è l'MCS, per chi ancora non la conoscesse, malattia in costante aumento, secondo tanti la malattia del 21° Secolo.

Se da una parte ci sono i malati di questa patologia come Walter, da un altra ci sono i ricercatori come Martin Pall, che studiano i meccanismi genetici e biochimici della malattia, nella speranza di poterne trovare un rimedio. A tutti costoro va il mio sentito ringraziamento e la mia gratitudine, con la speranza che, nel tempo, si possano capire sempre meglio i meccanismi scatenanti di questa patologia e, di conseguenza, si possano trovare rimedi sempre più efficaci.

Marco

venerdì 15 aprile 2011

Con la pioggia pericolo radiazioni in Europa

Secondo l'Organizzazione Non Governativa francese Criirad in Europa si pongono seri rischi di contaminazione nucleare. Il maggior pericolo è nell'acqua piovana. Secondo i Verdi europei i controlli sono troppo scarsi


Rischio contaminazione in Europa - L'Ong francese CRIIRAD, specializzata nella sicurezza nucleare, avverte che "il rischio di radiazioni in Europa non è più negabile". Per tranquillizzare
i cittadini francesi, l'associazione ha redatto un documento che fa il punto sui maggiori pericoli per la salute. Tra questi, soprattutto il contagio da acqua piovana: non berla e maggiori controlli nel suo impiego per fini industriali e agricoli. Sempre secondo l'Ong, le autorità competenti dovrebbero aumentare i controlli su alimenti come latte e formaggi fresco, e verdure a foglia larga, i più soggetti all'assorbimento dello Iodio 131, una sostanza pericolosa contenuta nelle scorie radioattive e rilasciata nell'atmosfera dopo il disastro di Fukushima in Giappone. Questo elemento può provocare serie patologie come il cancro della tiroide.

In Francia - Una settimana fa la CRIIRAD e l'Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire (IRSN) avevano rilevato pericolose concentrazioni di Iodio 131 nell'acqua piovana nel sud est della Francia e nei campioni di latte fresco di alcuni allevamenti prelevati il 28 marzo. Il tutto sarebbe dovuto alla nube contenete radiazioni arrivata nelle settimane scorse sui cieli del vecchio continente.

La risposta dell'UE - Intanto l'European Food Safety Authority basata a Parma ha specificato di non essere coinvolta nel controllo della radioattività degli alimenti ma di essere comunque a disposizione. La risposta dell'Ue è al momento veicolata dal Dipartimento per l'Energia della Commissione europea con il supporto del Joint Research Centre europeo. Il 25 marzo, dopo la certezza che la catena alimentare in Giappone sia stata contaminata dalle radiazioni, l'Ue ha aumentato i controlli sulle importazioni da qualche regione del Giappone. Il Gruppo dei Verdi al Parlamento europeo ha dichiarato che queste misure sono "fin troppo leggere" rispetto ai limiti che il Giappone stesso ha imposto per i consumi interni.

13 aprile 2011

FONTE: terranuova.it
http://www.aamterranuova.it/article5749.htm

mercoledì 13 aprile 2011

Fukushima, un mese dopo il disastro

A un mese dal disastro di Fukushima il quadro dell’incidente nucleare ricorda vividamente la situazione post Cernobyl in Ucraina. A distanza di 25 anni, a distanza di migliaia di chilometri e in due contesti culturalmente e tecnologicamente quanto mai diversi, la situazione sanitaria e ambientale sembra essere proprio la stessa, come pure le modalità di intervento.

L’allarme e l’evacuazione della popolazione.

A Chernobyl dopo l'incidente il governo ucraino fece evacuare un'area di 30 km intorno al reattore, mentre i danni ingenti si sono registrati in un perimetro assai maggiore che si è esteso in gran parte dell'Europa e in realtà, i 30 km di perimetro rappresentavano solamente un ottavo dell'area totale affetta da contaminazioni.

La popolazione dell'ex Unione sovietica non è stata adeguatamente informata dei forti rischi legati alla contaminazione radioattiva e per questo motivo molti cittadini ignari del pericolo atomico stanno pagando con la propria salute gli effetti della radioattività. Tutto questo, naturalmente, perché si è voluto tenere all’oscuro la popolazione per paura di dover gestire una situazione senza via d’uscita.

In Giappone, nonostante la tecnologia d’avanguardia e l’alto livello d'informazione del paese, troviamo stesse situazioni e stesse procedure. Il governo ha allertato solo la popolazione residente fino a 30 km dalla centrale, mentre le radiazioni sono arrivate fino a Tokyo (la capitale che conta oltre 13 milioni d'abitanti e che dista circa 240 km), contaminando in parte acqua e cibo. Anche a Fukushima la gestione del disastro è stata segnata da reticenze e disinformazioni, con una responsabilità diretta sia del Governo che della Tepco: la compagnia giapponese che controlla la centrale nucleare di Fukushima e che non solo non ha fornito informazioni chiare e dettagliate, ma ha anche cercato di minimizzare le conseguenze dell'incidente nei primi giorni, contraddicendosi poi più volte fino a esprimere in modo chiaro, nelle ultime settimane, la sua incapacità di controllo negli interventi.

“È semplicemente agghiacciante ripercorrere le tappe e gli eventi che si sono succeduti 25 anni fa con l'esplosione nella centrale di Chernobyl attraverso ciò che è successo nella centrale di Fukushima solo un mese fa – dichiara il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Ci sono moltissime similitudini che ci fanno capire quanto sia tecnicamente e scientificamente insufficiente, ancora oggi, la capacità d'intervento in caso d'incidente nucleare. La situazione attuale di Cernobyl e gli eventi che sono succeduti in quei territori fino ad ora ci fanno guardare all'incidente giapponese con timore e rassegnazione. Le previsioni sul futuro di Fukushima sono parecchio desolanti: a distanza di un quarto di secolo e in un contesto totalmente differente - dal punto di vista politico, sociale, culturale e soprattutto tecnologico – si ripete la stessa storia: il territorio gravemente contaminato, una dieta zeppa di radionuclidi, l’abbandono totale della ricerca e degli aiuti per le popolazioni vittime del disastro, una crescita esponenziale delle patologie legate alla contaminazione, che aumenteranno sempre più col passare dei decenni”.

La contaminazione.

Il disastro provocato dall'esplosione del reattore di Chernobyl non ha causato solamente morte e distruzione in maniera diretta, nell'immediato, ma ha fatto danni anche e soprattutto a distanza di 25 anni. Sono ancora più di 7 milioni le persone esposte al rischio della contaminazione e costrette a mangiare cibo radioattivo e a bere acqua radioattiva, con un significativo abbassamento delle difese immunitarie e conseguente moltiplicazione di numerose patologie, prime tra tutte quelle legate ai tumori tiroidei. Il pericolo maggiore arriva dal cibo prodotto in loco, nel quale si registrano alte quantità di Cesio 137 e le vittime principali di questa tragedia sono i bambini, condannati, secondo le previsioni della letteratura medica, ai picchi esponenziali delle patologie che saliranno fortemente nei prossimi decenni. Anche a Fukushima c'è stata una contaminazione molto significativa delle derrate alimentari, che ha provocato un allarme diffuso in assenza di informazioni dettagliate e sicure fornite alla popolazione coinvolta. E' evidente, ad oggi, l'incapacità di un controllo preciso e accurato da parte delle autorità governative sia della contaminazione delle derrate alimentari e della falda acquifera, che per quella, assai significativa, dell'ecosistema marino.

Gli incidenti e le soluzioni messe in campo.

Nel reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, del tipo Rbmk, divampò un incendio che provocò il cedimento del tetto superiore costituito da ben 2.700 tonnellate di cemento armato. Il reattore si trasformò in un violento vulcano in esplosione per l'effetto camino creato dalla spaccatura del tetto afflosciato su se stesso che scoperchiò il nocciolo in attività.

Nel disastro di Fukushima la gravità dell'incidente rasenta quella di Chernobyl (livello 7) con conseguenze che ancora oggi non si riescono a prevedere, in una situazione che è in continua evoluzione. Oggi come allora, in Giappone come in Ucraina, si pensa di chiudere l'erogazione di energia per la centrale senza prevedere soluzioni per il contenimento dell'emergenza radioattiva se non con la realizzazione di un sarcofago in cemento armato. Soluzione che in Ucraina doveva essere solo temporanea e che oggi invece rappresenta un triste monumento, altamente a rischio per le crepe causate dal tempo, all’impossibilità di risolvere il disastro nucleare.

Anche a Fukushima come per Chernobyl sono stati utilizzati tecnici e persone di “buona volontà” (i cosiddetti liquidatori) per cercare di arrestare i processi attivati all'interno del reattore, con conseguenze gravissime (diciamo pure letali) per la salute delle persone che sono state direttamente coinvolte. Oggi come allora si è cercato di utilizzare mezzi di fortuna, come elicotteri o cannoni spara acqua, per arginare un incidente di altissima gravità al quale non si è in grado di dare risposte se non in modo precario e artigianale. Anche in questo caso, in prima linea i pompieri e i più affidabili tecnici della centrale che con turni brevi di lavoro si cerca di salvaguardare dalla fortissima contaminazione radioattiva.

“La tragedia di Fukushima - ha concluso Cogliati Dezza – ha costretto i governi dell’Occidente a rivedere i piani energetici, a frenare l’aumento delle centrali nucleari e a cercare, anzi, altre vie per produrre energia. Da questo punto di vista, molti Paesi dovranno affrontare disagi e spese straordinarie per dismettere gli impianti, smaltire le scorie, convertire gli occupati. L’Italia invece, grazie al referendum vinto nel 1987, potrà giocare un ruolo d’avanguardia e far valere positivamente il suo vantaggio tecnologico e occupazionale a tutto vantaggio delle fonti rinnovabili. Il voto referendario del 12 e 13 giugno sarà l’occasione per confermare questo vantaggio”.

FONTE: legambiente.eu
http://www.legambiente.eu/dettaglio.php?tipologia_id=3&contenuti_id=2585


Fukushima e Chernobyl.... sono passati 25 anni, ma questi 2 disastri epocali hanno delle similitudini davvero inquietanti che ci devono far pensare.....
Non voglio spendere tante parole in quanto l'articolo in questione si commenta, ahinoi, da solo.... e Dio solo sa quali e quante saranno le conseguenze di questo disastro a lungo termine. Solo una cosa vorrei dire... il 12 e 13 giugno dovremo votare se vogliamo o meno il nucleare in Italia.... credo che, alla luce di questi recenti tragici avvenimenti, non dovrebbe essere difficile scegliere sensatamente. E non pensiamo che in Italia una cosa del genere non potrebbe avvenire... non ci sono solo i terremoti a provocare dei disastri come questo! Andiamo quindi a votare e votiamo con buon senso.... ognuno di noi può decidere per il bene o per il male della nostra società.

Marco

martedì 12 aprile 2011

San Giuseppe Moscati


Ci sono ricette con la sua firma su cui ha scritto: “Cura: Eucarestia”. A un malato che è poi guarito, aveva infatti diagnosticato che la sua sofferenza fisica era dovuta solo all'allontanamento da Dio. Ma quando le suore dell'ospedale degli Incurabili di Napoli gli chiedevano perché continuasse a fare il medico anziché il sacerdote, lui che ogni mattina andava a Messa e si comunicava, che ogni sera recitava il Rosario, che aveva fatto voto di castità, che diceva di vedere in ogni malato “il libro della natura creato da Dio”, rispondeva sicuro che “si può servire Dio anche lavorando”.
Questo medico napoletano che sembrava rubare il ruolo e il mestiere del sacerdote era in realtà un laico irriducibile che si comportava, quasi un secolo fa, come né allora né oggi usano fare i cappellani di ospedali quando assistono un malato. Questo medico si chiamava Giuseppe Moscati. Papa Giovanni Paolo II che lo canonizzò il 25 ottobre 1987 definì la sua figura “un attuazione concreta dell'ideale del cristiano laico”.

Cenni biografici

E' nato il 25 luglio 1880 a Benevento, settimo di nove figli da famiglia profondamente cristiana e fu battezzato il 31 Luglio 1880. Fin da bambino si distingue per la sua attitudine nello studio che lo fa essere sempre il primo della classe e all'eta di soli 17 anni consegue la licenza ginnasiale e liceale. Pochi mesi dopo comincia gli studi universitari presso la facoltà di medicina dell'Ateneo partenopeo.
Il 4 Agosto 1903, Giuseppe Moscati consegue la laurea in medicina con una tesi sulla urogenesi epatica con il massimo dei voti più la lode e la dignità di stampa e a distanza di pochi mesi prende parte al concorso pubblico indetto per assistente ordinario negli Ospedali Riuniti di Napoli e quasi contemporaneamente sostiene un altro concorso per coadiutore straordinario negli stessi ospedali. Nel primo dei concorsi riesce secondo, nell'altro riesce primo assoluto, e ciò in modo così trionfale che, come si legge in un giudizio qualificato, “fece sbalordire esaminatori e compagni”. Nel 1904 Moscati inizia a prestare servizio di coadiutore all'ospedale degli Incurabili a Napoli, mentre sette anni più tardi, nel 1911, si presenta al concorso per aiuto negli Ospedali Riuniti. I posti disponibili sono soltanto 6 a fronte delle decine di concorrenti, molti dei quali carichi di raccomandazioni e di sostegni della casta medica e massonica. Giuseppe Moscati è scandalizzato dallo “sleale e vigliacco piano di concorrenza ordito da alcuni” giungendo al punto di promettere di “presentare carta bianca, purché gli esami siano sinceri”. Vincerà il concorso perché è il più preparato, ma lo farà vincere anche a un collega altrettanto bravo, intervenendo ad alta voce durante il suo esame per denunciare l'accanimento dei commissari teso a cogliere in fallo quel malcapitato, che aveva il solo difetto di non essere raccomandato. Ormai nessuno lo può più fermare..... si succedono le nomine a coadiutore ordinario negli Ospedali Riuniti, e poi, in seguito al concorso per medico ordinario da lui vinto, diventa direttore di sala, cioè primario, nel 1919, trasformando l'ospedale in un gioiello di efficienza. Nel 1922 diventa libero docente in Clinica medica.
Ricercatissimo nell'ambiente partenopeo da quando è giovanissimo, il professor Moscati conquista ben presto una fama di portata nazionale ed internazionali per le sue ricerche originali, i risultati dei quali lo pongono in un posto d'onore fra i medici ricercatori della prima metà del secolo. Sarà il primo medico italiano a sperimentare l'insulina per i diabetici (la madre è morta di questo male), il primo a fare ricerche sulle malattie endocrine e sulle malattie contratte sul posto di lavoro.

Illuminazione diagnostica, Fede e Carità

I giovani medici, gli infermieri, le suore, seguono il professor Moscati tra le corsie d'ospedale come in una processione. Standogli vicino si poteva scoprire la sua “illuminazione diagnostica”, un Dono Divino che gli permetteva di individuare una malattia anche ad un semplice sguardo. Ai suoi tempi mancava mancava l'apparato diagnostico della medicina moderna e l'intuito del medico, affinato dagli studi e dalla pratica quotidiana, era un elemento indispensabile. Il suo era straordinario, spesso lasciava meravigliati tutti, sia quando riusciva a salvare una persona, sia negli esiti infausti, quando l'autopsia rivelava che aveva avuto ragione. Il grande luminare, il prof. Cardarelli, che lo aveva avuto come allievo, lo scelse come proprio medico curante e spesse volte si consigliava con lui dicendo: “Peppino, come mai imbrocchi sempre ogni diagnosi... è nell'umano sbagliare!”. Giuseppe Moscati allora rispondeva: “Io non visito mai un ammalato affidandomi solo alla scienza medica, ma chiedo al paziente anche la sua collaborazione attraverso la preghiera ed i Sacramenti”. Per Moscati non c'è distinguo, ma intrecci solidissimi tra fede e scienza, cura del corpo e cura dell'anima, evangelizzazione e professione umana. Lui lo definiva, con simpatico umorismo napoletano, “un mastodontico groviglio di guai in cui mi trovo da mille parti ingrovigliato”.
Per lui la Fede è la sorgente di tutta la vita, l'accettazione incondizionata, calda ed entusiasta di Dio e dei nostri rapporti con Lui. Moscati vede nei suoi pazienti il Cristo sofferente, lo ama e lo serve in essi a costo di qualunque sacrificio. Egli non si pone mai davanti al semplice corpo di un malato, ma al malato nella sua pienezza di vocazione umana e cristiana. Partendo dalla necessità di un corpo malato e bisognoso di cure, ha di mira il bene integrale del paziente e, quando è necessario, gli indica i mezzi per recuperare la salute non solo del corpo, ma anche dell'anima. Alla visione personale del malato infatti si aggiunge in Moscati quella soprannaturale dello stesso che indicava come vera causa di tante malattie. Per questo con molta naturalezza indicava come terapia per guarire il corpo rimedi anche spirituali, come liberarsi dal peccato con una buona Confessione, una vita retta lontana dai vizi e nutrita dalla SS. Eucarestia.
Lo slancio di amore generoso che aveva verso i malati lo spingeva a prodigarsi senza sosta per chi soffre, a non attendere che i malati andassero da lui, ma a cercarli nei quartieri più poveri ed abbandonati della città, a curarli gratuitamente, anzi, a soccorrerli con i propri guadagni. E tutti, ma in modo speciale coloro che vivono nella miseria, intuiscono ammirati la forza Divina che anima il loro benefattore. Così Moscati diventa l'apostolo di Gesù: senza mai predicare annuncia, con la sua carità e il modo in cui vive la sua professione di medico, il Divin Pastore, e conduce a Lui gli uomini oppressi e assetati di Verità e bontà.
La sua giornata è così scandita: mattino presto all'alba la S. Messa (cui non avrebbe rinunciato per nulla al mondo) poi mattina e pomeriggio in ospedale, la sera (e molto spesso anche la notte) visite private agli ammalati, la notte dedicata allo studio e alla preghiera.
Con il progredire degli anni il fuoco dell'amore sembra divorare Giuseppe Moscati. L'attività esterna cresce costantemente, ma si prolungano pure le sue ore di preghiera e si interiorizzano progressivamente i suoi incontri con Gesù Sacramentato.

La morte

la sua intensa vita di Fede e il suo prodigarsi incessantemente per i malati che egli amava veramente “come se stesso” e come “suo corpo” e che non cessava di curare nemmeno quando la salute non glielo permetteva, portò Moscati a una lenta ma progressiva consumazione di sé stesso fino alla morte avvenuta a soli 47 anni. Il professor Moscati passò da questo mondo al Padre “in punta di piedi”, in modo rapido e soave il 12 Aprile 1927, martedì Santo. Dopo aver assistito alla Messa e visitato i malati in ospedale egli torna a casa, consuma un pasto frugale, riceve la visita di un paziente, l'accompagna all'ascensore, rientra in casa, si siede sulla sua poltrona, incrocia le braccia sul petto e si spegne serenamente.
Per tutti è morto il “medico Santo”. La fama della sua Santità era così radicata che il suo confessore, dopo la sua morte, chiama i suoi famigliari chiedendo loro di conservare i suoi abiti e i suoi oggetti, sicuro che Dio se ne sarebbe servito per trasformarli in reliquie.
E' impressionante leggere ciò che scrisse il giornale di Napoli, Il Mattino, di ciò che avvenne alla morte di Moscati: “Intorno alla salma di Giuseppe Moscati si è raccolta reverente tutta la cittadinanza, rappresentata in ogni sua classe, dalla più umile alla più eletta. Poche volte Napoli ha assistito a uno spettacolo così imponente nella sua infinita tristezza e che sta a testimoniare quanto affetto, quanta stima ed ammirazione avesse raccolto l'uomo che seppe fare della sua professione un nobilissimo apostolato, che seppe prodigare col benefico soccorso della sua dottrina, la sua bontà impareggiabile alle creature sofferenti, che seppe dimostrare come possano mirabilmente conciliarsi in un animo nobile, la religione e la scienza”. Ma la testimonianza forse più bella avvenuta durante il suo funerale fu quella fatta da un anziano che scrisse: “Noi lo piangiamo perché il mondo ha perduto un Santo, Napoli un esemplare di ogni virtù, e i malati poveri hanno perso tutto”.



Oggi, 12 aprile, è la giornata in cui si festeggia questa figura di Santo a cui sono molto devoto. San Giuseppe Moscati è per tutti il "Medico Santo" e ho pensato di scrivere questo post su di lui, perchè in un blog che si occupa di salute e di malati, questa è la figura di Santo che più di ogni altra si addice a un blog come questo.
Per me San Giuseppe Moscati costituisce la figura di medico "ideale", medico del corpo e dell'anima, medico che faceva della propria professione una missione e una vocazione senza ricercare nessun tornaconto personale ma solo ed esclusivamente per il bene dei malati e per la Gloria di Dio. Io credo che tutte le persone che decidono di intraprendere l'"altissima" professione di medico si dovrebbero ispirare a lui, a prescindere dal fatto che si abbia la fede oppure no. Interpretare il proprio ruolo di medico come una missione e non come un semplice lavoro da svolgere per percepire uno stipendio, cercare solo ed esclusivamente il bene del malato, essere disinteressati ai soldi e alla gloria personale.... questi sono i capisaldi che ciascun medico dovrebbe possedere, uniti naturalmente alla competenza, all'umiltà (che bella dote questa... e così rara) e all'apertura mentale. Se tanti di noi hanno avuto sovente delle esperienze negative con medici e specialisti, è proprio perchè spesso essi si discostano troppo da questi valori, indispensabili nella propria importantissima (e difficile) professione.
Vorrei tanto che la figura di San Giuseppe Moscati venisse studiata attentamente nelle università da coloro che si preparano a diventare medici, perchè credo che un tale esempio (la sua vita è ricolma di episodi e aneddoti estremamente edificanti) segnerebbe la crescita personale e morale di coloro che si preparano a divenire i "tutori" della salute altrui.

Caro S. Giuseppe Moscati illumina con il tuo esempio i dottori di oggi e di domani e disponi che essi ti abbiano come modello e possano seguire le tue orme.... per il bene di tutti!

Marco

venerdì 8 aprile 2011

Vive in una tenda sul piave: è allergico a tutte le sostanze chimiche

Un 56enne affetto da malattia rara, la MCS, non può essere neppure ricoverato. Intanto alcuni bulli lo hanno preso di mira

TREVISO - Vive in una tenda piantata vicino all'argine del Piave. Non per escursionismo o per diletto ma perchè Daniele Agnoletto, 56 anni, è affetto da una malattia rarissima, la sindrome da "Sensibilità Chimica Multipla", in breve MCS (non ancora riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale). Una patologia che equivale a una condanna: chi ne è affetto non può entrare in contatto con detersivi, vernici, polveri chimiche (ad esempio i toner delle stampanti), medicinali, profumi, spray e l'elenco continua all'infinito.

Diventa quasi impossibile per un malato di MCS vivere normalmente all'interno della comunità. Per questo motivo Agnoletto ha dovuto abbandonare il lavoro come impiegato di segreteria a scuola e l'appartamento zensonese che condivideva con i familiari per piantare la sua tenda sull'argine del Piave. Dove, ieri mattina, alcuni bulli - senza rendersi conto del danno che facevano - hanno sparso delle sostanze chimiche, non è chiaro se vernici o altro, proprio intorno alla tenda. Tanto che Daniele per l'intera giornata non è riuscito ad avvicinarsi al suo alloggio di fortuna. «Appena arrivo nei paraggi - racconta - sento la trachea che comincia ad irritarsi, a gonfiarsi, mi viene da tossire, mi manca l'aria. So che mi considerano il matto del villaggio, ma non è così. Vorrei che chi ha fatto questo vedesse le indagini diagnostiche dei miei polmoni, allora forse si renderebbe conto».

«Chi ha fatto questo orribile scherzo a Davide - aggiunte Giovanna, una signora trevigiana, anch'ella affetta da MCS - non sa che ha messo in pericolo la vita di quest'uomo che chiede soltanto di essere lasciato in pace. Adesso, insieme, stiamo cercando una casa. Lontano dalle grandi strade di comunicazione, perchè c'è troppo smog, lontano dai vigneti perchè vengono irrorati e per noi sarebbe la fine. Stiamo cercando nella zona collinare di Montaner, Rugolo, Sarmede. Una vecchia casera in pietra sarebbe l'ideale. Non abbiamo bisogno di comodità, ciò che ci serve è un ambiente semplicissimo, senza vernici o sostanze simili».

In Italia sono poche le Regioni che hanno riconosciuto la MCS, tra le quali il Lazio. «Sono in cura da un medico di Roma - racconta Giovanna - io per fortuna riesco ancora a spostarmi, Davide non lo può fare. Avevo pensato di ricoverarlo, ma i nostri ospedali non sono attrezzati a ricevere un malato come lui. Vi abbondano i medicinali, che sono chimica, si avverte subito la presenza dei detersivi. Tuttavia so che ci sono dei bravi pneumologi che conoscono questa malattia e sanno come trattarla. A loro va il nostro appello, affinchè possano aiutare Daniele».

Domenica 03 Aprile 2011 - 23:26 Ultimo aggiornamento: Venerdì 08 Aprile - 18:20

FONTE: il gazzettino.it
http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=144250&sez=NORDEST


A Daniele Agnoletto, malato di MCS, va tutta la mia piena comprensione e solidarietà, così come a quei "balordi" che hanno cosparso la tenda di Daniele di sostanze chimiche, va invece tutto il mio disprezzo se, e ripeto se, erano a conoscenza della dolorosissima situazione di Daniele, la cui semplice inalazione di una qualsiasi sostanza chimica può portare anche alla morte.
Mi unisco poi all'accorato appello di Giovanna, anch'essa malata di MCS, per aiutare Daniele.... e lo estendo a tutti i malati di questa tremenda malattia, perchè non siano lasciati soli, perchè abbiano la possibilità di potersi curare come prevede l'Articolo 32 della Costituzione Italiana. Ci sono tanti malati di MCS che sono nella disperazione e non sanno cosa fare.... non possiamo abbandonarli !!!

Marco

mercoledì 6 aprile 2011

MOGM, microrganismi geneticamente modificati popolano le nostre tavole

Forse non tutti sanno che anche nel nostro paese “l'infiltrazione” di organismi geneticamente modificati (OGM) è in continua progressione e per di più in ambiti e con modalità per cui è difficile avere un controllo e un riscontro diretto su effetti e rischi.

Sino a qualche tempo fa, gli additivi alimentari venivano prodotti a partire da piante o altre sostanze naturali ed elaborati chimicamente al fine di renderli più facilmente utilizzabili, abbassare i costi di produzione e aumentare le rese e gli effetti che si volevano ottenere inserendoli nella catena della produzione industriale di cibi.

Oggi, invece, si ricorre sempre più spesso alla produzione di additivi mediante microrganismi modificati con le tecniche di ingegneria genetica (MOGM). I microrganismi, cioè, vengono utilizzati come laboratori di produzione e trasformazione di alcuni additivi. Se infatti in Italia è vietata la presenza di MOGM negli alimenti, è però anche vero che non è invece proibita la presenza e l'uso di ciò che questi batteri producono.

Nei cibi, dunque, possiamo ritrovare i prodotti del metabolismo di questi batteri transgenici. Gli MOGM avviati alla produzione di additivi vengono selezionati convenientemente e la loro produzione di sostanze di aiuto al raggiungimento di determinate caratteristiche commerciali o di gusto o di conservazione dei cibi è sempre più conveniente dal punto di vista economico, seppur ancora a resa discreta come quantità fornita.

Anche prodotti tipici della nostra tradizione gastronomica come formaggio e vino contengono questo tipo di derivati batterici ogm.

Il caglio, ad esempio, non viene più prodotto a partire dall'abomaso (uno stomaco) dei vitelli (o capretti o agnelli, secondo il tipo di formaggio) ma da microrganismi del genere Aspergillus e Mucor geneticamente modificati. In essi, infatti, è stato inserito il gene della chimosina (o rennina) l'enzima che permette appunto al latte di cagliare. Oggi, quasi tutti i formaggi vengono prodotti a partire da questi enzimi ogm. Solo i formaggi DOP e quelli biologici rimangono fuori da questa procedura produttiva (e pensare che esiste pure il caglio vegetale!).

Anche il vino, nella maggior parte dei casi, sebbene non in tutti, non viene più prodotto con i vecchi lieviti presenti sulla buccia dell'uva. Oggi si procede invece congelando il mosto subito dopo la pigiatura annullando in questo modo ogni forma di proliferazione batterica. In seguito si inocula il lievito selezionato e spesso appunto geneticamente modificato. Esso viene scelto sulla base delle caratteristiche enologiche che si desidera ottenere da quel tipo di vigna e di uva, dalla gradazione alcolica che si desidera raggiungere, dall'aroma più o meno fruttato che si vuole conseguire ecc. Anche in paesi emergenti dal punto di vista della produzione di vino come Cile, Nuova Zelanda, Sudafrica e Australia si ricorre a questi metodi sebbene non sempre in perfetta sintonia con le varie legislazioni vigenti.

Altri alimenti invasi da MOGM sono i gelati. In Gran Bretagna nell'aprile 2007 una proteina di un pesce artico prodotta da un lievito transgenico ha superato l'esame preliminare della Food Standars Agency (l'agenzia per la sicurezza degli alimenti britannica). La Unilever, multinazionale proprietaria di varie marche di gelato come Magnum, Algida, Eldorado, Sorbetteria di Ranieri, Carte d'Or ecc. ha intenzione di impiegare questa proteina nella conservazione di questi prodotti che abbisognano di basse temperature.

Questa proteina transgenica è già utilizzata in Nuova Zelanda, Stati Uniti, Indonesia, Messico, Australia, Cile, Filippine. In Europa si sta aspettando il responso sulla valutazione di rischio degli esperti dell'Advisory Committee on Novel Foods and Processes (come previsto dal regolamento dell'Unione Europea) che si sono però già dichiarati favorevoli nel loro parere preliminare.

Se a questo uso alimentare di MOGM aggiungiamo quello che si sta profilando nell'ambito dei cosiddetti biocarburanti (per i quali a questo punto c'è da domandarsi cosa rimane di “bio”) e quello che se ne fa da tempo in campo medico (vaccini, insulina, e altri farmaci di ampio utilizzo), solo per citare due dei maggiori settori di applicazione, la situazione per chi è, direbbero i robot dell'ingegneria genetica, “romanticamente” attaccato alla nozione di Natura “classica”, pulita, semplice e universale, è alquanto critica.

I rischi per la salute umana e l'equilibrio degli ecosistemi sono più che concreti. Gruppi di ricerca indipendenti come il britannico Independent Science Panel o il canadese ETC Group (Erosion, Technology and Concentration) hanno ampiamente dimostrato i danni che si stanno rovesciando a fiotti su tutti gli esseri viventi da parte delle biotecnologie.

Eppure, seppur lentamente ma inesorabilmente, esse continuano il loro corso e la loro diffusione in ogni sfera dell'esistenza.

L'impressione che se ne trae leggendo talvolta qualche testo sulla “rivoluzione” (o meglio involuzione) genetica è che si finirà per rimpiangere amaramente l'inquinamento chimico e industriale...

Ma la domanda fondamentale che sovviene è la seguente: per quale motivo e in che modo siamo arrivati al punto di permettere che ciò avvenga e di non percepire a livello profondo di coscienza quello che stiamo distruggendo e il mondo di chimere mostruose e incontrollabili che stiamo creando? Questo è davvero un enigma. Sintonizzati sul canto delle sirene della società dei consumi ci stiamo letteralmente divorando tutto il pianeta estraniati rispetto al reale e concentrati narcisisticamente sul nostro ombelico.

Solo un'umanità che recuperi l'interesse per le domande fondamentali dell'esistenza potrà a mio parere ripristinare un percorso diverso che porti a traguardi di gioia e serenità condivisi insieme a tutti gli esseri viventi.

FONTE: terranauta.it
http://www.terranauta.it/a1181/salute_e_alimentazione/mogm_microrganismi_geneticamente_modificati_popolano_le_nostre_tavole.html


Articolo molto istruttivo che ci dice purtroppo come gli OGM, in questo caso MOGM, ovvero additivi creati mediante microrganismi modificati geneticamente, siano sempre più parte integrante della nostra alimentazione, che lo si voglia o meno. Formaggi, vino, gelati.... nulla sfugge all'ingegneria genetica, e questo, francamente, lo trovo molto ma molto preoccupante, perchè utilizzare qualcosa di cui ancora non si conoscono bene le possibili conseguenze sulla salute dell'uomo è a mio modesto parere da SCONSIDERATI.
L'ho già detto e lo ripeto.... trovo assurdo che l'uomo vada a violentare la natura con le sue scoperte senza sapere neppure cosa questo comporterà per l'ambiente e per la salute dell'uomo. La natura è già di per se perfetta e l'uomo dovrebbe considerarsi come il suo attento tutore.

Trovo molto bello il finale di questo articolo che mi sento di condividere al 100%

Marco

domenica 3 aprile 2011

Fukushima, l'esperto: a un passo da catastrofe, peggiore della fusione

2 aprile 2011
Secondo Sergio Ulgiati, professore di Chimica a Napoli, la situazione in Giappone sarebbe tutt’altro che tranquilla


“Speriamo che non accada altro, anche perche’ cio’ che sta accadendo e’ gia’ quanto di peggio potesse succedere a una centrale nucleare. Siamo a un passo dall’evento piu’ catastrofico della fusione, nonostante io mantenga ancora qualche speranza negli interventi di contenimento. Dobbiamo imparare da questa esperienza”. E’ Sergio Ulgiati, professore di Chimica ambientale all’Universita’ Parthenope di Napoli e membro del comitato scientifico del WWFItalia, a definire all’AdnKronos “la situazione della centrale atomica di Fukushima non buona e con poco o nulla che noi possiamo fare, a parte aiutare con tutti i mezzi il popolo giapponese a risollevarsi”.

NON BASTA - “Lo sforzo eroico delle poche centinaia di tecnici impegnati nel tentativo di raffreddamento e di chiusura delle crepe – sottolinea Ulgiati – e’ degno della massima ammirazione e l’unica speranza e’ che riescano nel loro intento di contenere il danno. Questi tecnici sono ben consapevoli dei rischi a cui vanno incontro, perche’ sanno perfettamente di contrarre malattie da radiazione, ma sono gli unici a poter intervenire direttamente”. “Se il nocciolo fonde usciranno ancora piu’ radionuclidi – spiega Ulgiati – e a quel punto sarebbe impossibile arrestare una contaminazione ancora maggiore. Una eventuale esplosione del contenitore del combustibile, a causa dell’aumento di pressione o della formazione e combustione di idrogeno causerebbe conseguenze di estrema gravita’. L’unica cosa che possiamo fare e’ imparare la lezione, pensando al futuro del nostro Paese e del mondo. Trovo tragico – conclude l’esperto – che ci sia ancora qualcuno che sostiene che il nucleare e’ sicuro: per questi incidenti ci saranno migliaia e migliaia di persone che subiranno ingenti danni e gia’ ora interi settori dell’economia vengono pesantemente danneggiati con altre gravi conseguenze sulla vita di milioni di persone: dobbiamo imparare da tutto cio’.”

USA - Intanto un team di 15 super esperti Usa nel controllo di radiazioni e’ giunto nel pomeriggio alla base aerea di Yokota, poco lontana da Tokyo, per aiutare il Giappone a fronteggiare la sua peggiore crisi nucleare. Si tratta dei tecnici della Initial Response Force (Irf), una divisione speciale di base a Indian Head, nel Maryland, che include personale altamente specializzato in operazioni di pericolo estremo, come quelli segnati da fattori di contaminazione chimica, biologica e nucleare. Lo scopo dell’iniziativa, annuncia nei giorni scorsi, e’ di fornire supporto nel monitoraggio per rilevare e identificare gli agenti radioattivi, e condurre anche ricerche, salvataggi e decontaminazione del personale provvedendo a cure mediche d’urgenza.

FONTE: giornalettismo.com
http://www.giornalettismo.com/archives/120110/fukushima-lesperto-a-un-passo-da-catastrofe-peggiore-della-fusione/


Trovo estremamente eloquenti le parole del Prof. Ulgiati a proposito del disastro che sta avvenendo in Giappone alla centrale nucleare di Fukushima: "Trovo tragico che ci sia ancora qualcuno che sostiene che il nucleare è sicuro..... dobbiamo imparare da tutto ciò". Già, imparare... ma l'uomo è capace di imparare dai propri errori? Non bastava Chernobyl? No, non bastava... e temo che non basterà neppure Fukushima per imparare.
Le Centrali Nucleari sono troppo, veramente troppe pericolose, e non ci si illuda che le Centrali di ultima generazione siano inattaccabili da qualsiasi problema. Le Centrali Nucleari sono come bombe a orologeria, pronte a esplodere se qualcosa dovesse andare storto.... con conseguenze disastrose per l'umanità intera. E' un rischio davvero troppo grande per avere energia.

Vorrei infine spendere qualche parola per gli uomini che, a rischio della propria vita, stanno operando nella centrale per raffreddare e chiudere le crepe formatesi. Onore e merito a tutti questi uomini, veri eroi degni di ogni ammirazione, per il lavoro davvero impagabile che stanno facendo, ben sapendo che ne pagheranno care le conseguenze a livello di salute per via delle intensissime radiazioni presenti. Onore e merito a voi, coraggiosi uomini pieni di altruismo.... non si potrà mai ringraziarvi abbastanza per quello che state facendo.

Marco

sabato 2 aprile 2011

La battaglia di Silvia, allergica a tutto

Vita da reclusa per una malattia rara: si batte con una associazione per farla riconoscere invalidante

Tra poco torneranno a casa da scuola i due suoi figli, 9 e 7 anni. Ma prima di entrare in casa dovranno cambiarsi d’abito e lavarsi i capelli. Per Silvia Bigeschi, 44 anni, di Massa e Cozzile a due passi da Montecatini, la vita trascorre da dieci anni tra mille precauzioni per sé e per chi vive con lei. Tutto cominciò con frequenti episodi di sensazione di soffocamento (le si gonfiava la gola) e orticarie devastanti, con la pelle che “bruciava”. Silvia è una delle persone che hanno la sfortuna di soffrire di Sensibilità Chimica Multipla (MCS), una malattia rara ma in continua espansione che si manifesta con una progressiva intolleranza nei confronti di sostanze chimiche di varia origine (dai detersivi ai profumi, dalle vernici ai collanti, ma l’elenco sarebbe lunghissimo). L’organismo sviluppa cioè una serie di intolleranze e ha difficoltà a eliminare numerosissime sostanze chimiche. Malattia riconosciuta come invalidante in Austria e in Germania, ma anche in Giappone e negli Stati Uniti. Ma non in Italia. E’ questa la battaglia di Silvia e di altre persone malate – quattro in provincia di Pistoia, una ventina in Toscano, 4mila quelle censite all’Istituto superiore della Sanità nel 2004 – che hanno una loro associazione nazionale, Amica (Associazione per le malattie da intossicazione cronica e/o ambientale), della quale lei è vicepresidente: l’obiettivo è ottenere il riconoscimento della MCS come malattia sociale e invalidante. Una battaglia difficile e che per ora ha dato pochi risultati. Di pochi giorni fa una lettera al nostro giornale di un'altra persona malata di Livorno.
Recentemente della malattia si è occupato anche il consiglio comunale di Massa e Cozzile approvando all’unanimità una mozione (inviata alla presidenza di Camera e Senato e alle commissioni competenti) per chiedere che vengano rispolverate dal dimenticatoio in cui sono finite le sei Proposte di Legge d’iniziativa parlamentare per il riconoscimento della malattia. “Ringrazio tantissimo i promotori dell’iniziativa – dice Silvia – perché si sono impegnati al mio fianco e di tante persone che soffrono. Come associazione abbiamo intanto avviato contatti con la Regione Toscana – racconta Silvia, che ci riceve con la mascherina nel cortile di casa perché entrando porteremo la scia delle sostanze che abbiamo sul corpo – per avere alcuni sostegni, tra cui l’apertura di un ambulatorio medico al quale poter accedere senza rischio”. Già, perché per Silvia gli ambulatori normali (con tutti i loro prodotti chimici dai disinfettanti ai medicinali e così via) sono posti impossibili da frequentare. “Recentementeracconta questa donna minuta, dallo sguardo diretto e chiaro ho dovuto togliermi 2 denti. La dentista ha dovuto adeguare lo studio alle mie necessità, togliendo il materiale che avrebbe potuto crearmi reazioni. E’ anche stato necessario trovare un’anestesista che fosse in grado di scegliere le sostanze più adatte al mio caso. Per estrarre 2 denti sono stati necessari 2 mesi”. La vita di Silvia è tutta così. Non può entrare – nonostante ormai tenga costantemente la mascherina sul viso – in nessun luogo chiuso. Il supermercato, ad esempio, per lei è veleno. “la spesa – spiega ancora – la fa mio marito. Alle poste ci va mia suocera. Non posso partecipare alle feste dei miei figli: l’unico posto dove posso accompagnare il più grande è calcio, perché sono spazi grandi e all’aperto”. La sua casa è stata via via svuotata: una serie di tentativi per riuscire a eliminare le sostanze che le provocano reazione. Si veste solo con cotone e con colori chiari. E ancora, niente lavoro (“ci vorrebbero ambienti ad hoc”), niente vacanze. “Solo qualche gita in campagna o in montagna – dice Silvia che la malattia ha duramente provato, senza però toglierle la voglia di vivere e lottare – ma ai bambini piace il mare…

26 novembre 2009

FONTE: Il Resto del Carlino


Un altra preziosa testimonianza di malata di Sensibilità Chimica Multipla, con tutto il suo carico di dolore, problemi e limitazioni. La storia di Silvia è un esempio perfetto di cosa significa avere l'MCS, ma è anche un grande esempio di vita, di reazione alle difficoltà, scegliendo di mettere in campo la propria esperienza diretta e il proprio impegno a favore di altri malati, nonchè lottando per ottenere il Riconoscimento di questa patologia in continua espansione.
Grazie Silvia, per tutto.

Marco