venerdì 11 maggio 2012

La ME è spesso lasciata nell'ombra – ma malati come Emily Collingridge stanno morendo


Quanti giovani devono morire prima che la "Sindrome da Stanchezza Cronica" meriti una ricerca biomedica opportunamente finanziata?

Domenica 18 Marzo, Emily Collingridge, una bella attivista e scrittrice di 30 anni, è morta perché evidentemente non era più in grado di lottare contro la malattia cronica di cui soffriva dall'età di 6 anni. Le maggiori agenzie di stampa hanno semplicemente ignorato la sua morte – la morte di un'attivista degna di nota (che portava avanti la sua battaglia) afflitta dalla stessa condizione della cui esistenza cercava di persuadere il mondo – così come continuano ad ignorare le molte storie degne di rilievo che riguardano la malattia di cui soffriva.

Questa malattia è una patologia neurologica chiamata Encefalomielite Mialgica o ME. Ci sono molte persone che pensano che non sia reale e molti altri, persino all'interno della professione medica, che pensano che sia una condizione psicologica da trattare al meglio con esercizio forzato, cosa che, invece, peggiora soltanto gli effetti. Persino questi medici e le persone non specializzate che conoscono la malattia spesso la indicano con il nome ridicolo di "Sindrome da Stanchezza Cronica", cosa che per i malati di ME è dannosa quasi quanto i sintomi di cui soffrono.

Stanchezza è ciò che una persona prova dopo una dura giornata di lavoro o dopo un'intensa seduta in palestra. E' un lieve affaticamento che fa sì che la schiena dolga leggermente e che rende le palpebre un po' pesanti. Si rimedia con un sonnellino o un espresso rinvigorente. Emily Collingridge era ben più che allettata. Era afflitta da un'incessante agonia ed era dipendente dalla morfina. Era alimentata attraverso un sondino e il suo corpo non poteva tollerare il rumore, la luce o il movimento. Era doppiamente incontinente e viveva periodi sia di cecità che di paralisi.

Circa un anno fa, scriveva: "Sono arrivata molto vicina alla morte in più di un'occasione. Se mi aveste incontrata in quei momenti avreste pensato che sarei morta davanti a voi". Adesso è morta. Chiamare "Sindrome da Stanchezza Cronica" la malattia che l'ha devastata sarebbe come chiamare un cancro allo stomaco "una pancia cronicamente indisposta".

E' sorprendente che ella fosse – nei periodi di maggior benessere – capace di scrivere un libro intitolato "Severe ME/CFS: A Guide to Living" ("Grave ME/CFS: Una guida per sopravvivere") che è un testo di immenso valore per molti malati di ME. E' edito dalla AYME, l'Associazione per i Giovani affetti da ME, di cui Emily Collingridge era un membro di rilievo. Il suo lavoro più importante, però, era il suo appello per una ricerca biomedica adeguata nel campo della ME.

Ho scritto recentemente un articolo per il sito del Chicago Sun-Times, parlando sia della mia storia personale di ME sia delle reazioni al recente documentario "Voices from the Shadows" ("Voci dalle Ombre"). Per chiunque voglia comprendere l'agonia che la ME può infliggere, e l'ignoranza assai pericolosa che devono subire molti malati che ne soffrono, il film è d'obbligo. Una delle persone afflitte da ME di cui il film parla è Sophia Mirza, la prima persona in Gran Bretagna la cui morte è stata ufficialmente registrata come causata dalla Sindrome da Stanchezza Cronica. Un'altra è la mia amica deceduta, Lynn Gilderdale, la cui madre l'ha aiutata nel suicidio assistito dopo che la condizione di Lynn era diventata insostenibile.

Sia Sophia Mirza che Lynn Gilderdale hanno sofferto – e forse sono morte – a causa delle azioni imperdonabili, e anche dell'altrettanta imperdonabile mancanza di azione, dei membri della professione medica. Sophia Mirza fu affidata ad un ospedale psichiatrico per trattare una malattia che era puramente fisica e non si è mai ripresa dai danni che ciò le causò. Anche Lynn Gilderdale fu indirizzata ad uno psichiatra quando aveva invece bisogno di medici che lavorassero con i risultati di studi all'avanguardia. La questione che dobbiamo chiederci è ovvia: quanti giovani come loro, e come Emily Collingridge, devono morire prima che la loro malattia sia presa sul serio e che enormi e ben mirati sforzi siano fatti per curarla attraverso una ricerca biomedica opportunamente sovvenzionata?

Emily Collingridge è stata un grande faro per milioni di vittime afflitte da una grave ME, le cui vite trascorrono nell'oscurità totale. E' essenziale che non si passi sopra la sua tragedia. Dobbiamo tutti capire che la causa per cui si è battuta nella sua vita – il bisogno urgente per un necessario riconoscimento della ME, e la ricerca in questo campo – è stato reso ancora più urgente dalla sua morte.

30 marzo 2012

FONTE: cfsitalia.it
http://www.cfsitalia.it/public/CFSForum/index.php/topic/5349-articolo-pubblicato-su-the-guardian/page__pid__40679#entry40679

Articolo tratto da "The Guardian", gentilmente tradotto da Antonia Frigo


Oggi è il 12 maggio, Giornata Mondiale per i malati di Encefalomielite Mialgica (ME), Fibromialgia (FM) e Sensibilità Chimica Multipla (MCS).
In questa giornta così significativa ho pensato di pubblicare la struggente storia di colei che è stata una delle più battagliere attiviste a favore dei tanti malati di ME sparsi nel mondo: Emily Collingridge, malata lei stessa in forma gravissima di questa patologia e morta recentemente a causa di essa. Una vita di dolore e di sofferenza la sua, ma spesa interamente per cercare di ottenere alla ME il riconoscimento ufficiale da parte delle Autorità competenti, spronando al massimo medici e ricercatori per avere una ricerca adeguata nel campo di questa patologia, e schierandosi al fianco dei tanti malati, molto, troppo spesso abbandonati da tutti. Tutto questo, è doveroso ricordarlo ancora, vivendo una vita di ESTREMA limitatezza a causa delle sue precarie condizioni di salute. Una donna davvero straordinaria, di cui è bene mantenere viva la memoria, e la cui opera è stata e ancora sarà d'aiuto a moltissime persone.

Marco

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