venerdì 31 dicembre 2010

Sono malata di stanchezza cronica

Un senso di debolezza crescente, poi i dolori e l’impossibilità di continuare a lavorare. La CFS è un disturbo subdolo che, giorno dopo giorno, ruba la vita. Ma Valentina dice: “Non mi arrendo. E lotto per i diritti di quelli come me.”

Era una tipica serata ottobrina romana. In piedi, all’uscita del ristorante, Alessandro, il mio compagno, si attardava nei saluti. Tra baci e sorrisi a un tratto mi sono resa conto che il mio volto stava cambiando espressione e un senso di stordimento ha iniziato a invadere il mio corpo. Una strana forza di gravità mi attirava verso il basso, le mani hanno cominciato a sudare e facevo fatica a respirare. Pochi secondi, e poi il buio. “Un semplice svenimento, niente di eccezionale”, ho pensato. Non avevo ancora idea che quel buio si stava radicando dentro di me e che avrei dovuto imparare a conviverci. Non saprei dire quando tutto ha avuto inizio e in realtà nessuno è in grado di definire con certezza tempi, cause o effetti precisi della mia malattia, la Sindrome da Stanchezza Cronica. L’unica medicina contro questo disturbo è la consapevolezza. Consapevolezza dei propri limiti, del fatto che ogni sforzo, anche minimo, avrà una conseguenza sulla salute. Raramente ci si sofferma a pensare quanto sia importante il riposo per il corpo umano. Quando ci si alza al mattino, ricaricati da una bella dormita, tutto viene naturale: vestirsi, fare il caffè, sbrigare piccole faccende di casa e poi andare dritti al lavoro. Una volta era così anche per me. Oggi è come se le mie “batterie” segnassero sempre la scritta: capacità residua minima. Ormai ho imparato a non stupirmi se mi sveglio come se avessi passato una notte in piedi in aeroporto, con i letti da rifare, la pila di piatti da lavare e il mio adorato Tito (il cane) che piagnucola triste perché vorrebbe giocare con me. Cosa mi può succedere se non risparmio energie? Sento le tempie pulsare, l’equilibrio che inizia a vacillare e velocemente mi accorgo che un dolore sordo inizia ad addentarmi le ossa. Non c’è scampo per le mie giunture e così gomiti, ginocchia, scapole insorgono, e un formicolio si diffonde e si acuisce sempre più, finché piccole e dolorosissime schegge di vetro cominciano ad attraversare tutto il mio corpo. A quel punto devo sdraiarmi, ma è troppo tardi: l’emicrania si è già trasformata in nausea e il letto che dovrebbe darmi sollievo e consolazione interagisce con i miei tessuti come se fosse una fredda e durissima lastra di marmo. Non so mai quanto dura. Devo respirare, cercare di calmarmi, perché anche lo stress mentale contribuisce ad aggravare il mio stato fisico. A volte vorrei gridare e piangere, per quella persona che ero una volta e che non so se sarò mai più. La mia malattia è la conseguenza di una lotteria genetica, neurologica, immunologica che i ricercatori stanno indagando. Sono tre anni che ho scoperto di essermi aggiudicata questo ingombrante premio, che è entrato nella mia vita distruggendo ogni cosa. Avevo un lavoro ben retribuito in un importante società. Le mie giornate si dividevano tra ufficio e serate con gli amici e il mio ragazzo Alessandro. Perdere l’impiego è stato uno dei momenti più duri. I miei colleghi sono stati comprensivi ma non c’è stato niente da fare: recarmi ogni mattina in ufficio era diventata una “mission impossibile”. Così, essendo l’indipendenza un punto saldo della mia identità, a cui non rinuncerei per niente al mondo, ho scelto un attività che mi permetta di lavorare da casa: essendo madrelingua inglese, mi sono messa a fare traduzioni.

Lo Stato dovrebbe aiutare chi perde tutto
Per fortuna Ale, il mio fidanzato, che da quattro anni vive con me, mi aiuta ogni giorno ad affrontare questa sfida. E lo stesso fanno mia madre, mio padre, la mamma di Alessandro, mia sorella e le mie amiche. Quando guardo Ale, non vedo solo il mio bellissimo e imponente compagno brizzolato di un metro e novanta, ma anche l’uomo che con la sua sensibilità e il suo amore è capace di stringermi forte e alleviare il mio dolore. Lui c’è sempre, e per questo lo ringrazio. Un giorno spero di sposarlo e non perché così sento che mi manca qualcosa, ma per dire al mondo che ho un uomo che mi è accanto “in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà”. L’argomento figli, purtroppo, è ancora troppo complicato. Per ora vivo alla giornata e provo a godermi tutto il buono che ho. La negatività cerco di trasformarla in grinta e il blog che ho creato mi sta aiutando molto. Ho scelto un nome ironico: Corri a fare shopping! (http://cfscorriafareshopping.blogspot.com/), perché io adoro fare shopping on-line e poi penso che piangersi addosso non serva a nulla. E’ bello condividere pensieri, momenti difficili, speranze per il futuro. Riesco anche a far conoscere a più gente possibile una realtà sconosciuta, quella della Sindrome della Stanchezza Cronica (CFS). Lo scorso ottobre noi malati abbiamo organizzato una manifestazione per ottenere che venga inserita tra le patologie croniche invalidanti con diritto alla pensione. Io sono tra le più fortunate, perché posso lavorare anche distesa e ho una famiglia che mi aiuta nelle spese mediche, ma chi non ha queste condizioni ha bisogno che lo Stato si faccia carico delle sue enormi difficoltà a condurre una vita serena e normale.

A cura di Laura Muzzi - foto di Annette Schreier

FONTE: TuStyle 28 dicembre 2010


Un grazie sentito a Valentina Viganò per questa sua preziosa testimonianza di malata di ME/CFS e un augurio di vero cuore a tutti i malati di questa patologia per un 2011 all'insegna della Serenità, della Gioia e perchè no.... nella speranza di una salute ritrovata.

Un augurio di Felice Anno Nuovo anche a tutti gli altri malati, di qualsiasi patologia, sparsi in tutto il mondo..... siete voi la parte più Vera della società, molto spesso nascosta e poco considerata, ma con tanto da offrire nonostante i limiti e le dure prove della vita.

FELICE 2011 a TUTTI !!!

Marco

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