domenica 23 settembre 2018

“Dopo un mese sono tornata a casa, ma…”


Dopo più di un mese dall’incendio del 30 Luglio scorso, divampato nelle campagne al confine tra Bagheria e S. Flavia, rientro nel mio appartamento dopo avere dormito in auto, dopo essere stata ospitata da una parente (con enormi difficoltà reciproche causate dalla mia patologia) e danni economici e alla salute per essermi avventurata nell’affitto di una villetta, non debitamente testata preventivamente e nella quale mi sono sforzata di soggiornare, malgrado percepissi gli odori della tinteggiatura e degli arredi. Il risultato è stato disastroso, con una infiammazione ai bronchi e soldi buttati al vento.

Chi è ammalato della Sensibilità Chimica Multipla e dell’ Elettrosensibilità sperimenta, prima o poi, cosa voglia dire rimanere fuori casa e non riuscire a trovare un luogo in cui stare, senza correre rischi per la salute.

E’ stato un mese duro ma istruttivo e ho avuto la conferma che chi soffre della MCS è solo, assurdamente solo. Ultimamente sono stata male e ho potuto contare unicamente sull’aiuto telefonico della dottoressa che mi segue da due anni, specialista della mia patologia (una delle pochissime in Italia). Non posso rivolgermi a specialisti del territorio, né a strutture pubbliche della mia città perché la patologia di cui soffro è quasi sconosciuta e normali terapie, valide per ammalati di altre patologie, pur se adeguatamente somministrate, sarebbero dannosissime per me. Nel caso in cui avessi bisogno di un ricovero, sarei davvero nei guai perché non ci sono reparti che possano accogliermi, né équipe in grado di trattarmi. Chi mi sta vicino è avvilito e impotente perché non sa a chi rivolgersi per alleviarmi da sofferenze, preoccupazioni e apprensioni. Sembra quasi banale dirlo, ma pago le tasse (salatissime) regolarmente e mi sento di affermare che la quota che riguarda la mia assistenza sanitaria viene indebitamente trattenuta dallo Stato dal momento che il S.S.N. non è in grado né di assistermi né di curarmi. Per qualsiasi esame strumentale devo rivolgermi a privati ed effettuare tutto a domicilio (quando ciò è possibile) dal momento che non ci sono ambulatori pubblici o privati privi di barriere chimiche e di impatto elettromagnetico, con un continuo esborso di denaro da parte mia; anche gli integratori e i disintossicanti, che devo assumere numerosi ogni giorno, sono totalmente a mio carico. E poi c’è l’incomprensione dovuta ad una scarsa conoscenza della malattia. Spesso la si confonde con una allergia oppure con una generica asma quando, invece, è molto molto di più.

In questo lungo mese ho ricevuto l’affetto, l’amicizia e la solidarietà di tanti che voglio qui ringraziare, ma anche numerose occhiate poco convinte, frasi al limite dell’offensivo, indifferenza, per non parlare poi dei soliti buoni consigli elargiti in modo poco opportuno e con faciloneria, assolutamente lontani dai miei veri bisogni. Di continuo mi sento ripetere: “vai a vivere in montagna”, “vai a vivere al mare”. Facile a dirsi, molto meno facile metterlo in pratica. Come ripeto sempre, trovare un luogo dove ci sia aria buona è molto più semplice che trovare una casa che tollero. E’ l’ambiente indoor il vero problema, sono le mura, gli arredi e la qualità dell’aria interna la vera sfida. Potrei andare a vivere sul Monte Bianco, ma se nella baita in cui alloggio c’è il legno che mi fa reazione, per me il monte Bianco diventa il peggior luogo al mondo. E’ solo un esempio banale per tentare di farmi capire e per descrivere le difficoltà di uno spostamento: ogni ambiente va "testato" preventivamente e a lungo, bisogna fare attenzione al tipo di vegetazione, ai materiali utilizzati e a mille altri piccoli dettagli. Per non parlare poi dei ripetitori di telefonia mobile, piazzati ormai ovunque, che mi rendono inaccessibili intere aree del territorio; persino dentro casa la mia vita è limitata ad un paio di stanze, quelle in cui arriva più debole il segnale dei wi-fi dei vicini e dove vi è minore esposizione ai ripetitori. Trovare e/o creare un luogo dove il malato di MCS possa vivere bene non è impossibile, ma è un lavoro lungo e dispendioso che richiede tempo, impegno, energia e infinita, incommensurabile pazienza.

Inutile dire che non essere compresi nelle proprie sofferenze fa male più della malattia stessa, ti fa sentire, se possibile, più isolata e ti fa montare dentro una rabbia che io cerco, ogni giorno, di trasformare in consapevolezza per non avvelenarmi il sangue più di quanto già non faccia la malattia. Certa rabbia, però, voglio coltivarla ed è quella contro la comunità scientifica che continua ancora ad ignorarci: per lo Stato Italiano, infatti, la Sensibilità Chimica Multipla continua ad essere una "entità nosologica non riconosciuta" e questo è uno schiaffo in pieno volto ai tantissimi malati di una patologia che arriva a toglierti la voglia di vivere e di combattere. Molti ammalati rimaniamo in contatto tra noi e posso assicurare che le storie drammatiche sono numerose (personalmente ne conosco fin troppe), dunque non posso accettare che la "bestia" che mi fagocita ogni giorno venga considerata una malattia non pericolosa e non ingravescente, così come mi è capitato di leggere nel resoconto di un recente Seminario sulla patologia tenutosi a Salerno. A tale riguardo reputo utile qui riportare un passaggio della mia relazione medica: “la MCS è una sindrome a carattere sistemico, con coinvolgimento ingravescente e irreversibile di tutti gli organi e apparati”. Penso che questa frase basti a dare l’idea della gravità della patologia e a sottolineare la necessità di una presa in carico seria degli ammalati di MCS. I medici italiani, purtroppo, studiano poco e male tale malattia e questa è una grave colpa che ha conseguenze pesantissime sulla salute pubblica. Sottovalutarla non porterà a nulla di buono né a noi, né alle generazioni future e rovinerà l’esistenza di interi nuclei familiari, così come sta già accadendo.

Con questa mia mi auguro di sensibilizzare in primo luogo i medici della mia città e della mia regione perché si interessino alla MCS, soprattutto i medici di base, i primi ad incontrare il malato e a dovere interpretare le sue sofferenze. Colgo qui l’occasione per ringraziare il mio medico di famiglia, una Dottoressa che mi ha sempre presa sul serio e, fin dall’esordio della malattia, non ha mai banalizzato i miei sintomi. I dati scientifici dicono che la malattia colpisce in modo severo l’1,5-3% della popolazione e in modo lieve il 9% della popolazione; questi dati credo obblighino le Istituzioni tutte, nazionali, regionali e locali, a farsi carico dei tanti ammalati presenti sul territorio dando loro l’indispensabile riconoscimento e una adeguata assistenza.

In chiusura, rinnovo il mio grazie a chi mi ha dato una mano in questo mese e a chi mi è stato vicino, esprimo invece profonda indignazione nei confronti di quanti per mancanza di rispetto del territorio e dell’ambiente mi hanno ridotta in strada e rotto quel labile equilibrio che mi ero faticosamente costruito. Da quel fatidico incendio del 30 luglio, infatti, l’aria della mia casa non è più quella di prima e attualmente continuo a fare fatica a starci dentro.

L’emergenza per me non è finita e non è da escludere che mi veda costretta in tempi brevi a lasciare il mio appartamento.

Grazie

Yvelyse Martorana

9 settembre 2018

FONTE: La Voce di Bagheria

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