domenica 5 agosto 2012

Taranto, lavoro e veleni. La cronistoria dell'Ilva.


L'Ilva di Taranto nel 2011 ha fatturato 9,5 miliardi di euro con circa 15 mila lavoratori (11.600 dipendenti diretti, più 2.500 dell'indotto). Numeri di tutto rispetto che ne fanno l'acciaieria più grande d'Europa.
Ma Taranto, dove ha sede, ha anche un altro primato: è la città più inquinata d'Europa.
Per questo il patron del gruppo Ilva, l'imprenditore bresciano Emilio Riva che possiede 39 stabilimenti siderurgici in tutto il mondo, ed è il maggiore azionista di Alitalia, dal 26 luglio è agli arresti domiciliari. L'accusa è di strage e disastro ambientale ed è il risultato dell'inchiesta della Procura tarantina sull'inquinamento che vede imputati i vertici del siderurgico. Un impianto quello pugliese che ha una storia lunga e travagliata fatta di lavoro, inquinamento e responsabilità pubbliche e private. Eccone le tappe principali.

IL TEMPO DELL'ITALSIDER. Agli inizi degli anni '60 è stato inaugurato il colosso siderurgico Italsider, azienda di Stato, che aveva come obiettivo quello di colmare il divario tra il Nord e il Sud in termini produttivi e occupazionali. Il centro siderurgico venne realizzato a ridosso della città, progettatto alla rovescia: l'area a caldo, quella più inquinante, fu costruita a pochi metri dal quartiere Tamburi per risparmiare sui nastri trasportatori che portano la materia prima dal porto allo stabilimento.
Al momento dell’avvio del primo altoforno, nell’ottobre 1964, venivano prodotte 3 milioni di tonnellate di acciaio l’anno, salite a 11,5 milioni nel 1975. L’occupazione massima raggiunta storicamente dallo stabilimento fu di 21.791 unità nel corso del 1980.

LE PRIME MANIFESTAZIONI AMBIENTALISTE.
Il 31 gennaio 1971 durante la manfestazione 'Taranto per un'industrailizzazione umana' organizzata da Italia nostra vennero esposti in piazza della Vittoria panni anneriti dal fumo per richiamare l'attenzione sul problema dell'inquinamento.

L'INIZIO DELLE AZIONI DELLA MAGISTRATURA
. Nel 1980 vennero avviate dalla magistrature le prime azioni legali nei confronti di alcuni stabilimenti industriali siti a Taranto, tra i quali Cementir, Ip e Italsider. Nel 1982 la pretura di Taranto ha messo sotto indagine il vertice dell'Italsider per getto di polveri e inquinamento da gas, fumi e vapori. Il direttore dello stabilimento fu condannato a 15 giorni di arresto solo per getto di polveri.

ITALSIDER IN LIQUIDAZIONE. Nel 1988 l'Iri avviò il processo di liquidazione volontaria di Finsider, Italsider, Nuova Deltasider e Terni acciai speciali. Nel 1989 venne costituita la nuova società Ilva spa.

TARANTO A RISCHIO. Nel 1991 il ministero dell'Ambiente dichiarò Taranto 'area a elevato rischio ambientale'. E nel 1994 Enea avviò il Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia tarantina.

Il passaggio di proprietà dallo Stato a Riva

Il 1° maggio 1995 si concluse la trattativa avviata qualche anno prima tra l'Iri e il Gruppo Riva per l'acquisto dello stabilimento di Taranto che in quel momento occupava 11.796 persone. A capo del Gruppo il fondatore e presidente Emilio Riva che riuscì a comprare lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa per 1.460 miliardi di vecchie lire.

LA QUESTIONE AMIANTO. Nel 1997 ebbe inizio l'intervento per la rimozione dell'amianto dagli impianti produttivi. Furono molti gli operai a cui non venne riconosciuta l'indennità professionale per l'esposizione all'amianto, e che furono costretti a intraprendere una lunga guerra per vedere riconsociuti i loro diritti.

INQUINAMENTO DI STATO. Nel 1998, dopo quasi otto anni dalla prima definizione di Taranto come 'area ad elevato rischio ambientale' arrivò il piano di risanamento messo a punto da Enea per conto del ministero dell'Ambiente. Il piano prevedeva interventi che dovevano essere finanziati sia dal pubblico sia dal privato. Su 25 interventi 14 riguardavano gli impianti Ilva. La spesa prevista era di 208 miliardi. Ma le fasi di attuazione non furono mai rispettate.

MOBBING: LA PALAZZINA LAF. Nel 1998 i pessimi rapporti tra il management dell'Ilva e gli operai raggiunsero l'apice. Scoppiò il caso della Palazzina Laf. Circa 70 dipendenti che rifiutavano di sottostare a ricatti e soprusi vennero rinchiusi nel reparto punitivo. Molti entrarono in depressione, alti rassegnarono le dimissioni, alcuni si suicidarono.

INQUINAMENTO, DI NUOVO ALLARME. Nel 2000 la magistratura dopo aver letto le relazioni del Presidio multizonale di prevenzione della Asl che parlano del grave inquinamento causato dalla produzione del coke all'interno dell'Ilva, avviò una perizia e invitò le istituzioni competenti a intervenire. Il Comune di Taranto ordinò all'Ilva interventi migliorativi ai forni delle batterie 3 e 6 e la riduzione di produzione di coke. Scoppiò la 'vertenza ambientale'.

PARTONO GLI AVVISI DI GARANZIA.
Nel 2001 in seguito alla maxi perizia realizzata dalla Procura, i giudici mandarono avvisi di garanzia al presidente dell'Ilva Emilio Riva e ad altri due dirigenti dello stabilimento tarantino. Le confederazioni sindacali intente a difendere i posti di lavoro non approvarono la 'vertenza ambientale'.

ARPA SÌ ARPA NO. Nel 2001 in seguito alle decisioni del tribunale di Taranto si iniziò a discutere seriamente dell'attivazione dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa). Che a distanza di due anni dalla legge regionale di istituzione non era ancora operativa.

STORIA DI CONDANNE.
Nel 2001 il tribunale di Taranto dichiarò Emilio Riva, il figlio Claudio e altri dirigenti Ilva colpevoli di tentata violenza privata, per avere demansionato un gruppo di impiegati dell'Ilva nel 1998 (palazzina Laf). La sentenza venne confermata nel 2006 in Cassazione.
Nel febbraio del 2007 Emilio Riva fu condannato a tre anni di reclusione e Claudio Riva a 18 mesi per omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro e violazione di norme antinquinamento, con riferimento alla gestione della cokeria dell'impianto tarantino.
Il 10 ottobre 2008 la Corte d'Appello di Lecce condannò alla pena di due anni di reclusione Emilio Riva e a un anno e otto mesi il direttore dello stabilimento tarantino, Luigi Capogrosso, entrambi accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento aggravato, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro nel reparto cokerie.

La stagione dei tavoli di trattativa

Nel 2002 il ministero dell'Industria istituì un tavolo da attivare a livello regionale per definire un accordo per il risanamento complessivo dello stabilimento. Venne siglato il primo atto di intesa sugli interventi necessari per il rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia).

IL COMUNE FA MARCIA INDIETRO.
Nel 2004 con la sottoscrizione del terzo Atto di intesa, Comune e Provincia ritirarono la costituzione di parte civile nel processo che vedeva condannati nel primo grado di giudizio i dirigenti Ilva per le polveri provenienti dal parco minerali che intossicavano il quartiere Tamburi.

ILVA LIGURE CHIUDE.
Nel 2005 venne spento l'altoforno Ilva. Finì così l'era della siderurgia a caldo in Liguria, che comportava un miglioramento delle condizioni ambientali. Nel 2006 iniziarono le demolizioni delle strutture presenti nelle aree da restituire alla città.

PEACELINK: FORMAGGIO ALLA DIOSSINA.
Nel 2008 Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione Peacelink, annunciò gli esiti di alcuni esami su campioni di formaggio risultati contaminati da diossina. Nel pecorino prodotto alla periferia di Taranto, la sostanza nociva era tre volte superiore ai limiti di legge.

ABBATTIMENTO DI CAPI DI BESTIAME. Nel 2008 l’Asl confermò la denuncia di Marescotti e decise di abbattere più di 1.200 pecore. Il pascolo libero venne interdetto nel raggio di 20 km dall’area industriale.

LA LEGGE REGIONALE ANTI DIOSSINA.
Nel 2008 dopo anni di tavoli inconcludenti e intese non rispettate, all'ospedale Testa di Taranto, il governatore Vendola presentò la legge regionale sulle emissioni da diossina. Che impose a tutti gli impianti responsabili di produrre la sostanza nociva a rispettare i limiti alle emissioni di 0,4 nanogrammi l'ora, in linea con quelli indicati dal protocollo Aarhus.
Nel corso della vita del polo siderurgico di Taranto le ciminiere hanno immesso in atmosfera 7,7 kg di diossina: ossia 3 volte il valore dell'incidente di Seveso.

Le proteste di piazza per la salute e il posto di lavoro


Nel 2008 l'azienda dichiarò di non poter rispettare i tempi previsti dalla legge anti diossina che vedevano la prima fase di applicazione entro l'1 aprile 2009. E annunciò ripercussioni sul piano occupazionale.
Il 28 novembre il comitato cittadino Altamarea che riunisce 18 fra associazioni e movimenti ambientalisti scese in piazza al grido 'Vogliamo aria pulita!'. Il centro di Taranto fu invaso da 20 mila persone esasperate.

LEGGE REGIONALE OSTEGGIATA.
Nel 2009 il ministro dell'Ambiente minacciò il ricorso contro la legge regionale anti-diossine per «incostituzionalità». Il 19 febbraio venne siglato a Roma un protocollo d'intesa che rinivia di tre mesi, al 30 giungo 2009, l'entrata in vigore della prima fase della legge regionale.

DIVIETO DI GIOCO PER I BAMBINI. Nel luglio 2010 il sindaco di centrosinistra, Ippazio Stefano emise un'ordinanza con cui vietava ai bambini di giocare d'estate nelle aree verdi del quartiere Tamburi confinante con l'acciaieria per la presenza nell'aria di sostanze cancerogene.

ILVA E LA CONCESSIONE AIA.
Nel 2011 l'Ilva ottenne l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che permise l’aumento della produzione di acciaio a 15 milioni di tonnellate. La decisione, sottoscritta anche da Vendola e dal sindaco di Taranto Stefano, scatenò la rabbia delle associazioni ambientaliste. Nel frattempo arrivò la perizia ordinata dal gip Patrizia Todisco sui danni che l’inquinamento da siderurgia stava causando ai tarantini. La procedura dell'Aia venne riaperta e riesaminata.

I DATI DELL'ARPA NEGATIVI. L’ennesima conferma dell’impatto ambiatale dell’Ilva arrivò, nel frattempo, dagli ultimi dati dell’Arpa, resi noti proprio nel giorno della concessione dell’Aia. «La concentrazione di benzo(a)pirene sottovento nei pressi delle ciminiere è pari a 4.46 ng/m3, molto più alta di quella sopravento (0.06) e di quella con calma di vento (0.27). Se ne deduce il contributo praticamente esclusivo di Ilva», si leggeva nella nota diffusa dall’Agenzia regionale per l’ambiente.

I guai giudiziari e l'inchiesta per disastro ambientale

Il procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio informò Regione, Provincia e Comune dei risultati della perizia chimica sulle emissioni inquinanti dell'Ilva disposta con incidente probatorio nell'ambito di un'inchiesta che vedeva Emilio e Nicola Riva e altri due dirigenti dell'Ilva indagati. Le ipotesi di reato erano quelle di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.

ORDINANZA DEL SINDACO. Il 25 febbraio 2012 il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, in seguito alla lettera di Sebastio, ha firmato un'ordinanza intimando all'Ilva di eseguire una serie di lavori per ridurre l'inquinamento e l'impatto ambientale, pena la fermata degli impianti. Il 12 aprile la sezione di Lecce del Tar di Puglia ha accolto la richiesta di sospensiva dell'ordinanza su ricorso dell'Ilva.

LE PERIZIE DEL TRIBUNALE DI TARANTO.
La perizia medico-epidemiologica commissionata dal tribunale di Taranto diceva che è possibile una connessione tra le malattie, le morti causate da tumori e l'inquinamento prodotto dall'Ilva. Il pool di esperti scelti dal tribunale ha rilevato 174 decessi per tumore nell'arco di sette anni. In particolare nei quartieri Tamburi e Borgo, a ridosso dell'Ilva, sarebbe stato registrato il quadruplo di mortalità e il triplo di ricoveri per malattie cardiache rispetto al resto della città. I tumori infantili sono aumentati del 25%.

CLINI E L'EMRGENZA TARANTO. Il 14 marzo 2012 il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini ha incontrato a Bari il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, quello della Provincia di Taranto, Giovanni Florido, e il sindaco della città di Taranto, Ippazio Stefano. Il 28 marzo altro incontro a Roma: Vendola e Stefano hanno chiesto l’adeguamento alle migliori tecnologie di prevenzione e riduzione delle emissioni industriali dell’Ilva, proprio sulla base della perizia epidemiologica.

INCIDENTE PROBATORIO CHIUSO. Il 30 marzo 2012 al Palazzo di giustizia di Taranto si è chiuso l'incidente probatorio su due perizie (una chimica, l'altra medico-epidemiologica) disposte dal gip nell'ambito dell'inchiesta della Procura tarantina sull'inquinamento che vede imputati i vertici del siderurgico.

SETTE MILA OPERAI IN PIAZZA. Mentre al tribunale di Taranto era in corso l'incidente probatorio, 7 mila lavoratori dell'Ilva sfilavano in corteo sotto la Prefettura e il Municipio di Taranto per difendere il loro lavoro. Era la prima volta che così tanti operai dell'acciaieria scendevano in piazza. La giornata di sciopero è stata ugualmente retribuita dall'azienda.

PATTO PER TARANTO. Il 19 luglio 2012 governo, regione, parlamentari, sindacati ed enti locali si sono riuniti a Palazzo Chigi per stilare un protocollo di intesa che assicuri la continuità aziendale nell'area dell'Ilva di Taranto nel quadro delle compatibilità ambientali. Si parla quindi di bonifiche e interventi tecnologici sugli impianti.

SOTTO SEQUESTRO L'AREA A CALDO. Il 26 luglio, mentre a Roma è in corso il secondo appuntamento istituzionale sul caso Ilva, il gip di Taranto Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro senza facoltà d'uso di tutta l'area a caldo dello stabilimento siderurgico. I sigilli sono previsti per i parchi minerali, le cokerie, l'area agglomerazione, l'area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi.

OTTO INDAGATI AGLI ARRESTI DOMICILIARI. Oltre al sequestro sono stati arrestati otto dirigenti ed ex dirigenti della fabbrica indagati per disastro ambientale: tra loro il patron Emilio Riva, presidente fino a maggio 2010; il figlio Nicola che gli è succeduto nella carica e si è dimesso a metà luglio 2012; l'ex direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso, ma anche il dirigente capo dell'area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio e il responsabile dell'area agglomerato, Angela Cavallo.

OPERAI IN RIVOLTA. Il 26 luglio, appena appresa la notizia, circa 8 mila operai Ilva sono usciti dall'azienda e hanno marciato verso la città bloccando qualsiasi via di accesso. È sciopero a oltranza per difendere il proprio lavoro.

27 Luglio 2012

di Antonietta Demurtas

FONTE: lettera43.it
http://www.lettera43.it/economia/aziende/ilva-lavoro-e-veleni_4367559333.htm

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