giovedì 16 agosto 2012

Roberto Valori: a forza di bracciate, dallo Stretto di Messina all'Olimpo del nuoto

Storia di tuffi e di vittorie, quella di Roberto Valori, veterano del nuoto paralimpico, campione dei 100sl e dei 50sl. In acqua dai 6 anni, ha scalato le vette del successo sportivo. Oggi, che è al vertice della FINP, non smette di porsi traguardi. Il primo in ordine di tempo è la patente di guida. Il secondo, da consegnare alla storia, è l'ingresso nella FIN, ma dalla porta principale.

ROMA - E' nato a Roma, in una calda giornata di fine luglio del 1963, Roberto Valori, quando le ecografie in gravidanza, per fortuna, erano ancora in una fase pionieristica di sperimentazione, e per l'impiego di massa avrebbero dovuto attendere ancora un decennio. All'epoca, i bambini nascevano gravemente malformati. A Roberto, mancavano le due gambe, ed il braccio sinistro. Caratteristiche che non gli hanno risparmiato sofferenze nel confronto con i coetanei, ma che Roberto, forte di una famiglia attenta e amorevole, e della sua personalità, ha saputo valorizzare comunque nella vita d'atleta, di grande agonista quale è stato. Sue tre edizioni dei Giochi Paralimpici (Toronto, Barcellona, Atlanta), più un Mondiale. Nel 1990, alle competizioni iridate di Assen, in Olanda, si mette al collo un oro nei 100sl e nella staffetta con gli amici Antognazza, Giussani e Pancalli, ed il bronzo nei 50sl. Ai Giochi Estivi del 1992, a Barcellona, la consacrazione nell'olimpo degli atleti disabili, con il bronzo nei 100sl, "in 1'29"65 - ricorda Valori -, quasi due secondi in meno del record del mondo che avevo segnato in batteria la mattina stessa, ma che non mi permise di andare oltre il terzo posto. Comunque ebbi la soddisfazione di scendere sei secondi sotto Assen".

Roberto Valori e l'acqua. Quando è cominciato questo connubio?
Un medico lungimirante mi consigliò di fare nuoto. Era il 1969, io camminavo in ginocchio, ho imparato a farlo subito, con la stessa naturalezza con cui un bimbo impara a stare in piedi, anche se da quattro anni avevo due protesi INAIL, fatte al Centro Vigorso di Budrio, che però mi raschiavano, mi tagliavano e mi facevano soffrire moltissimo. In piscina mi seguiva Giovanni Psiche, un reduce di guerra che aveva perso l'uso delle gambe. L'ho conosciuto al Santa Lucia quando ancora non era un centro cosi' grande. Le prime volte mi mise la ciambella e mi imbottì di galleggianti. Poi pian piano prendevo confidenza con l'acqua e i braccioli diminuivano. Imparai a muovere bene l'unico braccio. L'acqua era diventata il mio ambiente ideale

Il primo ricordo indelebile della tua vita sportiva
Sicuramente quando nel 1976 arrivai a Toronto, alle Olimpiadi per Handicappati, si chiamavano così, il termine ‘paralimpico' non esisteva affatto. Avevo 13 anni, ero il più piccolo tra tutti gli atleti. Per questo ricevetti anche una medaglia d'oro dal Console italiano, che sopra fece incidere "A Robertino". Fu un regalo graditissimo. Quella era la prima volta che dormivo fuori di casa. Mi ci portò Giovanni, anche se la mia categoria non esisteva. Mi fece gareggiare in quella superiore, per dimostrare al mondo che si poteva nuotare anche nelle mie condizioni

Come andò?
Arrivai in finale con l'ottavo tempo. Poi migliorai di tre posizioni, finendo quinto e siglando il record italiano

Ti senti in credito con la tua carriera sportiva? Pensi che avresti meritato di più?

Sicuramente ti riferisci alla medaglia d'oro paralimpica. Vabbè, certo, quello è stato un dispiacere puro, lo ammetto. Ma dal 1988 al ‘96, quando ero più maturo dal punto di vista sportivo, ho dato tutto per cercare di vincerla. Se ho vinto il bronzo a Barcellona, di più vuol dire che non potevo dare. Era il mio massimo

Al di là dell'agonismo, quali altri momenti della tua vita ti hanno lasciato il segno, a parte tua moglie Monica e le tue figlie Camilla e Viola, che dici sempre essere le tue medaglie più belle?

Mi viene in mente la volta che ho attraversato lo Stretto di Messina a nuoto. Era il 1987. E' stata la mia sfida con il mare. Ricordo una giornata di sole abbagliante, un'acqua calda. Ricordo un pescatore locale che prima di partire mi fece mangiare un sacco di arance, diceva che mi avrebbero fatto bene. E così è stato, ancora ne ricordo il sapore dolcissimo. Poi le mogli dei pescatori, che all'arrivo toglievano con l'acqua fredda delle pompe il grasso d'oca che mi ero spalmato per non sentire freddo in acqua. Un'esperienza indimenticabile

Ed il momento più significativo della carriera?
Ai Mondiali di Assen, senza dubbio. L'Olanda mi appariva come il paese delle meraviglie. Una grande civiltà, un posto senza barriere, con una radicata cultura dell'integrazione e dell'accoglienza. Nessuno dei bambini presenti attorno alle vasche si stupiva delle nostre disabilità. Per loro eravamo perfettamente normali. Poi, ripensando ad Assen, mi piace ricordare che in quel tempo CT nazionale era Franco Riccobello, che oggi è Segretario Federale della FINP.

La FINP, appunto, e la tua nuova avventura al suo vertice, come Presidente. Quanto ci hai messo in termini di passione, di esperienza?

Tanto, ovvio. La nascita della Federazione, diciamolo, è stato un approdo naturale. Anche il CIP, non è nato nel 2005, ma è stato pensato e preparato molto prima. Già dal 1996 lo pensavamo, con Luca Pancalli, ed è nato quando già avevamo 9 anni di dirigenza alle spalle. Devo ringraziare la scelta strategica di creare i Dipartimenti sportivi, all'interno del Comitato. Quella è stata tutta esperienza maturata che ci ha permesso di costruire e gestire, oggi, la complessità di una vera Federazione sportiva

La FINP vanta un'età media degli atleti bassissima, e sta raccogliendo frutti con talenti molto giovani. Segno di una meticolosa programmazione.
Devo ammettere che abbiamo una fortuna, rispetto alle altre discipline sportive: i bambini ce li buttano in acqua, come dico sempre io. Il nuoto è considerato propedeutico e riabilitativo, quando si ha una disabilità. Ma abbiamo anche il merito di saper radunare tutti questi giovani nei diversi stage che facciamo e a cui partecipano ragazzi da tutte le società sportive italiane. Grazie al nostro staff tecnico nazionale, guidato egregiamente da Riccardo Vernole, il movimento sta crescendo moltissimo. Il prossimo stage con i piccoli nuotatori sarà presumibilmente a Brescia subito dopo i dopo i Giochi di Londra.

Sogni per il futuro, cose non ancora realizzate?
La prima è guidare, ma mi sto attrezzando, la patente di guida dovrei prenderla a breve. Il mio desiderio più grande, però, è che si riesca un giorno a ottenere un'integrazione vera con la Federazione madre, la FIN. E che questa sia una scelta condivisa, consapevole, non solo una strategia del governo mondiale degli sport paralimpici. Questo è il mio sogno: che noi, che abbiamo cominciato come ‘handicappati' a bordo dell'Hercules C130 dello Stato Maggiore, perché l'ANSPI non poteva permettersi il biglietto aereo per mandarci a gareggiare, entriamo di diritto, e come parte integrante, nel movimento olimpico. Sarebbe la giusta conclusione di un lungo viaggio, durato quarant'anni, che aveva come meta la piena integrazione. (a cura del Cip)

13 agosto 2012

FONTE: superabile.it
http://www.superabile.it/web/it/Paralimpiadi_2012/News/info530408634.html


Sono appena terminate le Olimpiadi di Londra, con grande spiegamento di mezzi e grande coinvolgimento di pubblico (e con l'Italia che si è fatta valere su tanti fronti).... ma la mia attenzione si volge alle Paralimpiadi che inizieranno a giorni, precisamente il 29 agosto.
E' mia intenzione dedicare su questo blog qualche bell'articolo su atleti disabili che parteciperanno a queste Paralimpiadi o che hanno partecipato in altre edizioni precedenti. Roberto Valori, il protagonista di questa intervista, è uno di questi, avendo partecipato a diverse edizioni di Giochi Paralimpici (o Olimpiadi per Hanicappati come venivano chiamate una volta) nel recente passato, ed oggi è Presidente della FINP (Federazione Italiana Nuoto Paralimpico).
Le storie di questi uomini possano essere di esempio e di sprone a tutte le persone con delle disabilità, affinche ciascuno non si arrenda ai propri limiti, ma ognuno possa trovare la propria strada nella vita, da percorrere con coraggio e determinazione. Perchè una strada, un percorso di vita c'è per tutti.

Marco

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