venerdì 17 aprile 2020

Vivere l'autismo nel dramma del coronavirus: la storia di un papà


Enrico, padre del 23enne Tommaso, spiega cosa si può fare per vincere la solitudine di tantissimi ragazzi molto speciali e delle loro famiglie

Tra i sessanta milioni di italiani costretti in casa per fronteggiare l'emergenza sanitaria del coronavirus ci sono anche loro, le famiglie che hanno figli con autismo.

Un link con le aziende

Una fetta significativa della popolazione, se si considera che ogni anno nel nostro paese un bambino su 77 nasce con la diagnosi di questo disturbo che compromette comportamento, comunicazione e relazioni, come è stato ricordato in occasione della giornata mondiale celebrata il 2 aprile scorso. Famiglie messe duramente alla prova dall'isolamento e dallo stravolgimento di un equlibrio per loro già fragile. Lo testimonia Enrico Maria Fantaguzzi, papà di Tommaso, ventitrenne autistico. Riminese, 57 anni, Enrico è il fondatore di LinkAut, startup che si occupa di realizzare un collegamento, un link appunto, tra il mondo dell'autismo e quello delle aziende. Del turismo e dei servizi. Da sempre in prima linea sul terreno di iniziative che promuovano l'inclusione di questi ragazzi speciali e contrastino la solitudine delle loro famiglie. «Stiamo vivendo un momento molto difficile. Solo qui in Emilia Romagna sono diverse migliaia i minori affetti dalla sindrome autistica. Per questi ragazzi e per i loro genitori l'interruzione delle attività quotidiane sta creando parecchi problemi e in molti casi un notevole peggioramento della condizione. Immaginiamoci cosa significhi per una mamma convincere il suo bambino a rinunciare all'uscita per la passeggiata. Oppure gestire la crisi di un figlio adolescente incapace di stare tra le mura di casa, con reazioni che possono anche sfociare nell'autolesionismo o nella violenza verso i parenti. Senza contare», fa notare Fantaguzzi, «il vuoto che viene a crearsi con la rete dei servizi, a cominciare dalla scuola. I nostri figli non vengono inseriti nelle attività di didattica online e così perdono completamente i riferimenti con i compagni e gli insegnanti. Situazione che aumenta ulteriormente l'angoscia e l'impotenza di mamme e papà». Davanti a una situazione che si fa sempre più critica e prolungata nel tempo Enrico ha voluto lanciare la sua proposta di sostegno e condivisione. «Una web tv attiva 12 ore al giorno, una videoconferenza continua per chi vuole fare due chiacchiere e provare a trovare soluzioni ai problemi complessi di questa pandemia. Ci stiamo per esempio confrontando sulla necessità di sottoporre al tampone per Covid-19 tutte le persone con autismo e le loro famiglie. Il ricovero in un reparto di terapia intensiva di un soggetto autistico può creare alla struttura sanitaria uno stress dieci volte maggiore rispetto a quello portato da un paziente normodotato. Ed è altrettanto grave allontanare questo soggetto da genitori che vengono eventualmente ricoverati». Ma la video conferenza è anche uno spazio per tenersi semplicemente compagnia, ascoltare musica, suggerirsi ricette di cucina. «Aspettiamo giovani e genitori, ma anche terapisti e insegnanti di sostegno: un momento così difficile può diventare l'occasione per prepararsi insieme allo scenario che verrà dopo l'emergenza. La nostra web tv è aperta a tutti», assicura il papà di Rimini, che invita tutti: «Noi siamo in diretta al solito link: Https://zoom/us/j/3281157534. Raggiungeteci!»

Nuove abitudini, nuove relazioni

L'importanza di affrontare questo momento complicato dando vita a diverse abitudini e a nuove forme di relazione viene confermata da Laura Villa, neuropsichiatra presso l'istituto La Nostra Famiglia di Bosisio Parini (LC). «Un obiettivo difficile però, sopratutto per queste famiglie che si trovano a dover gestire da sole le fragilità dei loro figli. Sono saltate tutte le linee guida per l'assistenza, i protocolli sanitari. E inevitabilmente per questi giovani con autismo sono tornati tutti i problemi sui quali lavoriamo quotidianamente: disturbi del sonno e alimentari, stereotipie, stress. Anche per noi medici è difficile lavorare in queste condizioni», confida la dottoressa che ogni giorno, con collegamenti video, continua a seguire i suoi piccoli pazienti, bambini di età prescolare e della scuola primaria, controllando comportamenti e bisogni. «E' difficile intervenire senza il contatto fisico e va precisato poi che non tutti i nuclei familiari sono attrezzati tecnologicamente. Al momento, però, grazie a questi collegamenti quotidiani manteniamo un filo sottile che dà fiducia e conforto ai genitori. Non sappiamo con certezza quali risultati avremo da questa gestione imprevista di lavorare e vivere. Dopo l'emergenza verrà sicuramente un domani su cui costruire, ma per ora si naviga a vista».


Di Paola Molteni

Aprile 2020

FONTE: Vero

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