domenica 5 febbraio 2017

"Vivo come un 80enne per la fibromialgia"


Patrick Schutz si batte per far riconoscere la sua malattia

Viene definita "la malattia invisibile". Non si vede, ma per chi ne è affetto significa sofferenze e malesseri costanti, giorno e notte. Stanchezza, irritabilità, insonnia, acufeni, occhi secchi, confusione mentale, cefalee, dolori cervicali e della colonna, crampi, vertigini... e l’elenco dei disturbi potrebbe essere ancora molto lungo. Lo sa bene Patrick Schutz, di Colombier, a cui nel luglio 2015 hanno diagnosticato la fibromialgia. Si sente come se fosse sempre influenzato, senza febbre ma oppresso da un senso di fatica enorme, desiderando solo di rimanere a letto tutti i giorni che gli restano da vivere. "Ho solo 41 anni e il corpo di un vecchio - dice sconsolato -. Sono costretto a vivere come se ne avessi 80 di anni. In più, tanta gente mi giudica solo un lazzarone".
Patrick ha appena lanciato una campagna di sensibilizzazione sulla fibromialgia che, oltre alla Svizzera, coinvolge Belgio e Francia. "È importante parlarne il più possibile, sul web, nei centri commerciali, per strada", spiega. E su Facebook, dalla pagina "fibromialgia, invisibile ma reale" Patrick posta aggiornamenti in tempo reale. Intanto, si aggrappa anche ad un’altra speranza: il lancio di un’iniziativa popolare "per il riconoscimento della fibromialgia dall’assicurazione invalidità". Ha già il sostegno di associazioni e politici. "Con l’ultima revisione dell’Ai, i tagli si sono abbattuti anche sulle rendite di molte persone affette da questa patologia".
Detta anche sindrome fibromialgica perché include una serie di disturbi che interessano numerose parti del corpo, la fibromialgia è una malattia cronico-degenerativa che colpisce muscoli e tendini provocando dolori locali a volte fissi o diffusi, ma senza che ci siano riscontri patologici negli organi. "Ecco perché nel mio caso hanno impiegato quasi due anni prima di diagnosticarla - ricorda Patrick -. E so di gente che sta in ballo anche molto più a lungo. Il fatto è che non esistono prove scientifiche, non la si può scoprire con un esame del sangue né con radiografie o tac, anche se è caratterizzata da un centinaio di sintomi. La si diagnostica, passo dopo passo, escludendo altre patologie e con un test su 18 punti del corpo, solitamente fatto da un reumatologo
".
Nessun farmaco antidolorofico sembra efficace a lungo andare, inoltre lo stress dovuto all’insorgere della sindrome provoca, a cascata, altri disturbi. Patrick, quotidianamente, ingoia una manciata di pillole, tra antidolorifici, antinfiammatori, antidepressivi, vitamine, medicinali per proteggere lo stomaco e altri ancora per gli occhi secchi e doloranti. In Svizzera i malati sono circa 400mila, nei Paesi industrializzati il 2-4% della popolazione, soprattutto donne.
"Pur riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità dal 1992, per l’assicurazione invalidità la malattia non esiste - spiega -. E finisci in assistenza, proprio come me e la mia famiglia, visto che anche mia moglie non può lavorare sennò chi baderebbe a nostra figlia Naya di soli due anni? Mi sento inutile, perché sono incapace di mantenere i miei cari. Un uomo a metà insomma". Lui spera che l’Ai accetti al più presto la sua domanda di riconversione: "Che mi assicuri un’invalidità parziale per una causa indiretta, come la fatica cronica o la depressione". Intanto, per lo sguardo scettico di molte persone c’è poco da fare se non arrabbiarsi. "Pensano che sia solo un problema psicologico. Ma chi soffre di questa patologia non è matto; è gravemente malato, sta male, non può lavorare ed è limitato persino nei più normali gesti quotidiani. I problemi psichici ce li provoca invece la fibromialgia, ma dopo", sottolinea Patrick che sta anche lavorando alla pubblicazione di un libro di poesie, scritte dai malati sulla pagina Facebook, e ad un album di canzoni con tre amici cantanti.
"Ancora troppa gente ci crede degli sfaticati. Anche dei medici che pensano sia solo una questione di testa o che la malattia dipenda da vecchi traumi". E, nel caso di Patrick la tesi avrebbe buon gioco. Aveva 17 anni quando ha assistito alla morte di un uomo, ucciso sotto i suoi occhi a colpi di pietra da suo padre. Una vicenda che all’epoca fece molto scalpore nella regione di Neuchâtel. Col padre, da anni in prigione, Patrick non ha più alcun contatto. "Non l’ho più visto, ma una tragedia simile non si può dimenticare, resterà impressa per sempre nella mia mente". E il destino lo ha messo nuovamente alla prova un paio di anni fa. "Ho rischiato di perdere mia moglie e mia figlia durante il parto, ho vissuto ore atroci, sino alla fine non sapevo se si sarebbero salvate. Tutto ciò non ha fatto che aggravare i miei sintomi, la malattia non mi era ancora stata diagnosticata, ma stavo già molto male".
Patrick trascorre le sue giornate prevalentemente a letto o sdraiato sul divano, su un cuscino speciale che gli allevia i dolori. Se sta un po’ meglio esce con la moglie e la figlia. Ma basta qualche minuto di gioco con la piccola Naya e si sente sfinito. "Anche la sera non esco. Non me la sento. Molti amici li abbiamo persi perché continuavamo a rifiutare cene, barbecue e compleanni, spiegando che dovevo andare a letto alle sette di sera. Per loro era solo una scusa".
Se sapessero la voglia che Patrick ha invece di uscire, viaggiare, divertirsi, portare a cena sua moglie e andare al parco con Naya. "C’è una frase, l’ho letta su un giornale di un’associazione di malati come me, e mi piace ripeterla. Dice: vorrei vivere senza gravità, per evitare tutti i miei dolori. Vorrei che tutto il mio corpo fisico dimenticasse le leggi della fisica".


di Patrizia Guenzi

11 settembre 2016

FONTE: il caffè

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