mercoledì 20 novembre 2013

Giuliana fuori dal mondo perché è malata di MCS

Ha 38 anni, secondo caso in Val di Cornia di Sensibilità Chimica Multipla la donna rilancia l’appello per ottenere le cure adeguate dal sistema sanitario

PIOMBINO. Un altro caso di Sensibilità Chimica Multipla in Val di Cornia. La piombinese Manuela Benevelli ha raccontato la sua difficile situazione d’invalidità per MCS, che l’ha portata alla quasi totale segregazione in casa sua, dopo la morte - calvario cominciato per un mal di denti e dalla prescrizione di antibiotici - di una malata come lei, di 36 anni, a Roma. E Giuliana Guerra, 38 anni, di Riotorto, affetta da MCS, trova il coraggio di parlare delle paure e del suo mal di denti che tanto la accomuna a Linda Sabatini (questo il nome della signora morta a Roma dopo due mesi e mezzo di agonia).

Perché la Sensibilità Chimica Multipla (MCS) è una gravissima forma di intolleranza per le sostanze chimiche (niente detersivi, disinfettanti, profumi, farmaci). MCS riconosciuta come malattia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, riconosciuta in Canada, Germania, Usa, ma non dal nostro sistema sanitario nazionale.

«Strada in salita da anni – rivela Giuliana – Lavoravo in una ditta d’importazione di bigiotteria a Follonica: con la crisi e visto che ero spesso malata, si è colto l'occasione per licenziarmi. Il mio evento scatenante? L'operazione di ernia iatale, nel 2007, a Grosseto – dice – è la goccia che ha fatto traboccare il vaso».

«A seguire – aggiunge – il mio disagio reale che è cominciato con un'allergia agli odori, che ha fatto saltare tutta l'alimentazione. Sono scesa in picchiata dai 58 chili a 41».

«Da mangiare di tutto mi sono ridotta, sin da dopo l'operazione, a un vasetto di omogeneizzato da neonati al giorno. Esami su esami , ma nessuno capiva perché – sottolinea – Ho fatto tutti i test possibili anche a Firenze, ma niente. Poi ho cominciato a togliere gli alimenti, dopo naturalmente aver eliminato i prodotti chimici, a partire dai medicinali. Via latticini, pomodoro, spezie, farinacei».

Adesso la dieta qual’è?

«Da due anni – risponde Giuliana – sono riuscita a riprendermi un po’ ma solo col verdura biologica, lattuga non condita, patate lesse cotte per forza nell'acqua in bottiglia... il cloro per me è veleno, tanto che anche lavarsi è un problema. Posso mangiare solo carne di maiale e per fortuna un po’ di cioccolato extrafondente. Ho mio marito che mi assiste, perché l’isolamento a cui sono costretta è terribile».

«Per fortuna – spiega – sono riuscita ad arrivare alla diagnosi definitiva di MCS grazie al Tirreno ed alla pagina dedicata, nel 2011, al caso di Chiara, una ragazza di Livorno. Mi ritrovavo in tante cose, che aveva passato e che i genitori raccontavano di lei. Li ho chiamati e mi hanno indirizzato dal professor Genovesi a Roma, endocrinologo all’Umberto I e da lì è partita la mia ricerca. Noi che abbiamo questa malattia, progressiva e degenerativa – conferma – che ha così tante patologie diverse da paziente a paziente, oltre a non riuscire a identificarla, dobbiamo scontrarci con un servizio sanitario che non la riconosce, senza trovare cure adeguate. Tutto ha un costo elevatissimo. Un esempio? Tramite ticket ho fatto di recente esami a Roma, pur spendendo 550 euro: tutti sul Dna, per l’MCS bisogna conoscere le alterazioni genetiche».

Nuovi timori. «Ora ho un problema ai denti e non so che fare, in ospedale mi dicono che mi devo procurare quanto mi serve da sola. Visto quello che è successo a Roma... ho davvero tanta paura».

di Cecilia Cecchi

26 marzo 2013


FONTE: iltirreno.gelocal.it

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