martedì 25 dicembre 2012

Conta la mia Felicità


Mi chiamo Roberto Bignoli, sono sposato, e ho due bellissime bambine, Mariachiara e Mariastella. Hanno una bellissima voce, fanno già concorrenza al loro papà. Ringrazio il buon Dio di avere una moglie straordinaria: Paola. Perché sopportare un elemento da sbarco come il sottoscritto richiede molta pazienza. Sono un soggetto abbastanza difficile, nonostante quello che racconto e canto, però sono contento di quello che ho fatto in questi anni viaggiando un pò in tutta Italia e all'estero, offrendo in musica una storia raccontata attraverso una canzone, una vita, che in fondo è la storia, la vita di tante persone che incontro.

Quando hai iniziato a fare musica?


Ho iniziato fin da ragazzino a fare musica. Mi ricordo che quando ero in collegio - a causa del mio handicap ho vissuto i primi 15 anni in vari istituti: tra cui il Don Gnocchi di Milano - alle volontarie oltre a chiedere i giochi tipici dei bambini, tipo pistole e spade o giochi di soldatini, chiedevo anche di portarmi degli strumenti musicali. Tanto é vero che ogni volta che accendevo una televisione già mi vedevo in quel contenitore. Crescendo, ho coltivato questa passione e questo amore, prima con canzoni più romantiche, successivamente molto più dure, più impegnate, che facevano parte di un periodo della mia vita abbastanza violento, per poi arrivare alla riscoperta di Dio ed a raccontare questa nuova esperienza attraverso un linguaggio musicale. Ho sempre amato la musica, quindi portare una testimonianza di fede soprattutto raccontando con semplicità tutta la mia storia, tutto quello che ho vissuto, tutto quello che é successo, senza pretendere di fare grandi miracoli, grandi prodigi, senza pretendere che la gente debba credere in ciò che propongo e in ciò che dico, è quello che sento giusto per comunicare la speranza attraverso la mia semplicità, la mia storia, le mie canzoni.

1984, Medjugorie: cos’è stata per te questa esperienza?

 
Sicuramente è stata un’esperienza bellissima, semplice. Intanto quando si parla di Medjugorie si parla di apparizioni mariane ed anche io, come tanti ragazzi di allora, ero affascinato e incuriosito da tutto quello che sentivo raccontare: questa Madonna che scendeva dal Cielo sulla terra, che faceva miracoli. Ovviamente io mi trovavo in una situazione molto difficile della mia vita, un periodo veramente molto buio. Ed avevo bisogno di un miracolo. Non il miracolo di una guarigione fisica, ma interiore. Quindi sono andato anche io e ho vissuto questa esperienza molto bella nella semplicità e devo dire che questo miracolo è entrato a far parte della mia vita. Sono felicissimo di questa mia esperienza e mi rendo perfettamente conto che quando io la racconto non tutti riescono a digerirla e a capirla. Ma questo non conta, quello che conta é che la mia vita é cambiata e che io sia più sereno.... Che cosa pensa la Chiesa? Beh, io non voglio dare giudizi. Chiaramente di fronte alle apparizioni, giustamente, la Chiesa é abbastanza prudente, nel senso che prima di confermare certe realtà, c’è bisogno di un giusto percorso. Ma credo che la cosa più importante è guardare quello che é successo e quello che sta succedendo, cioè questa moltitudine di conversioni, di cuori che cambiano. Questo é il grande miracolo, di cui secondo me la Chiesa può far tesoro. Occorre che tutti capiscano che c’è bisogno anche del Soprannaturale. Se parliamo di Dio, insomma, questo benedetto Dio non é che esistito solo 2000 anni fa e ha fatto i suoi bei miracoli, con Gesù, quando é venuto. Dio agisce anche nel tempo presente - in maniera molto particolare e anche molto normale, in maniera straordinaria o in maniera ordinaria, nel mio caso quello che conta e che io malgrado le mie stampelle e la mia storia abbia trovato la gioia e la serenità nel cuore.

Com’è cambiata la tua vita dopo l’incontro con Dio e la fede?


È stato molto difficile. Intanto a quei tempi io vivevo a Varese, non avevo una bella reputazione, perché negli anni ‘80 ho vissuto un’esperienza legata alla contestazione, frequentavo i gruppi dell'estrema sinistra. E nonostante le stampelle, ero un tipo abbastanza visibile. Nelle piazze mi vedevano spesso coinvolto in manifestazioni varie di cui mi sentivo orgoglioso perchè credevo fermamente che attraverso la violenza si poteva cambiare il mondo. Inoltre ero noto anche per la mia attività musicale. Quando la mia vita é cambiata, chi già mi conosceva non riusciva a credere al mio cambiamento e diceva: “Non é possibile che Roberto improvvisamente entra in una Chiesa e comincia a pregare, a fare il Rosario e a cantare delle canzoni così….
”. E' stato molto duro il confronto con la gente che conoscevo, perchè io stesso ero condizionato dai loro giudizi e avevo un certo timore di confrontarmi. Ma quando sono tornato e con semplicità ho raccontato del mio viaggio e della mia storia, anche se mi prendevano per un pazzo, o mi ridevano in faccia, malgrado la sofferenza ho avuto il coraggio e la forza di domandarmi “ma che razza di amici siete?”. L’amicizia vuol dire anche condividere. Tu puoi anche non credere, però certe esperienze, ascoltarle non fa male. Quindi fra dubbi, incertezze e tra sofferenze sono arrivato a questa conclusione: nella mia vita ci sono state un sacco di pazzie… (nel passato ho fatto uso di droga, ho creduto nella beat generation, nella violenza, nel successo etc) ma alla fine la cosa più bella è stata aver ritrovato la fede e di non aver più avuto paura di testimoniare la mia fede.

Nelle tue canzoni si parla di un Dio che deve intervenire attivamente nella vita dell’uomo, il quale invece tende a sentire Dio quasi indifferente alle proprie vicende, quasi incapace di amore e di amare…


Probabilmente sai, in fondo é perché io ho sempre avuto bisogno di amore, cioè: se tu pensi alla mia storia, la mia infanzia l’ho vissuta tra ospedali e collegi, quindi a me é mancato l’affetto, al di là del fatto che io avessi dei problemi fisici. In fondo io volevo stare nella mia casa, con la mia famiglia, quindi non riuscivo a capire perché anno dopo anno venivo sballottato da un istituto all’altro. Questo mi ha fatto molto soffrire, avevo questo bisogno forte di amore. Infatti anche queste esperienze che ho fatto da ragazzo, le ho fatte perché comunque io credevo in questi ideali. Si parlava di amore, io mi ricordo al Parco Lambro eravamo insieme, d’accordo degli spinelloni, sballati... ma cercavamo l’amore, l’unità. Io cercavo tutto questo, come gli altri e forse in modo più esasperato. Forse in qualche misura l’ho anche trovato, in qualche maniera strana anche nelle strade certamente più sbagliate della mia vita. Ho continuato a cercare questa unità, e oggi che incontro molti giovani, mi rendo sempre più conto che c’è questo bisogno d’amore. I miei concerti si realizzano molto spesso nelle carceri, negli ospedali, nelle comunità di recupero. Ho fatto delle bellissime esperienze, l’anno scorso, in quattro carceri di Panama - i carceri italiani a confronto sono hotel a quattro stelle (ed io ho una piccola esperienza l'ho fatta) - ed è straordinario vedere questi ragazzi, perché in fondo é la mia gente, é gente che io amo, perché ho vissuto queste esperienze.

Alcuni versi delle tue canzoni parlano del non poter fare a meno di Dio. Un non credente potrebbe obiettare che sia una forma di dipendenza da Dio e dalla fede...

Io sono stato dipendente da situazioni più difficili, più amare. Non penso di essere, se vogliamo, “tossicodipendente” di fede, no! Ci credo e basta, sono convinto di questa scelta, sono felicissimo, non mi vergogno, ho bisogno di Lui perché credo in Lui. Cerco di proporlo col massimo della trasparenza e semplicità. Non voglio catechizzare nessuno, non voglio fare il profeta, non voglio fare l’eroe perché non lo sono. Voglio solo trasmettere qualcosa in cui credo fortemente. Sono consapevole che quando vado soprattutto nelle piazze, o nei teatri certe affermazioni possano provocare la gente forse: “Ma questo da dove viene fuori? Da quale pianeta? Questo é pazzo”. Ma non é importante. Guarda, io ho capito una cosa dalla mia esperienza: che se tu sai trasmetterlo con il massimo della sincerità, allora la gente anche se non crede capisce che in fondo sei sincero ed ammira la tua sincerità e questo è già tanto. In fondo questa é la mia storia e questa é diventata la mia missione, questo é diventato il perché di tutte le mie canzoni, della mia vita.

La tua storia, fatta di ricerca e conversione, è motivo di attrattiva e di dialogo con i più giovani, magari emarginati?


Direi di sì, se pensi che spesso vengo chiamato in licei, in università, dove noi sappiamo che ci sono… chiaramente moltissimi bravi ragazzi… ma che spesso sono a digiuno sul discorso della fede. Però é interessante quando si instaura un rapporto, un contatto, quando ti fanno delle domande. Molto spesso mi dicono: “Bella musica, bella storia, sei anche bravo a raccontarla. Ma tu parli di Dio, di amore, mentre voi cristiani, alla fine, date un pessimo esempio della vostra fede”. E io dico: “Avete ragione, molto spesso noi inganniamo, siamo dei bravi predicatori. Probabilmente sono stato anche io un bravo predicatore. Probabilmente sono diventato anche un bravo comunicatore. Però, alla fin fine, parliamoci chiaramente, siamo degli uomini, quindi anche noi cristiani non siamo quei santi - io non voglio sembrare un santo - abbiamo le nostre debolezze, i dubbi, i perché, i nostri deserti, possiamo anche noi cadere in contraddizioni. Se noi dovessimo guardare al lato negativo di ogni persona, non crederemmo più a nessuno. Forse é meglio guardare il lato positivo di ogni persona, di chi crede e di chi non crede”.

Una canzone deve formulare dubbi o dare certezze...?

Vanno bene sia i dubbi che le certezze, l’importante è stimolare e provocare, anche perché alla fine la conclusione non la dai tu, io non ho la bacchetta magica per i problemi della gente. Se l’avessi, farei un sacco di miracoli, proprio perché in primis ho vissuto queste esperienze e mi dà fastidio veder soffrire la gente. Non lo dico perché voglio apparire sensibile alla sofferenza, ma perché l’ho vissuto sulla mia pelle e la capisco. E’ molto bello e molto facile parlare! Parlare è, sì, importante… dare una speranza. Ma é molto difficile entrare nel dramma di una persona ed io non ho la soluzione in tasca. L’importante è provocare l’ascoltatore, poi lascio a lui - perché parto dal presupposto che chi ascolta è una persona intelligente indipendentemente dal fatto che creda o non creda - sta a lui scegliere quale strada intraprendere per la propria vita, l’importante é che sia la strada della ricerca di ciò che è buono, anche a prescindere dalla fede, che creda comunque nella solidarietà, nell’unità, che creda in quella forza con cui costruire un mondo migliore. Sembrano delle frasi fatte, o forse magari é solo follia, o solo utopia. Ma io credo che non sia follia o utopia e che se noi ci crediamo, insieme possiamo cambiare il mondo. Io cerco nel mio piccolo, unito a quelle persone che condividono e quelle che non condividono. L’importante é metterci insieme e cambiare questo mondo che sta andando a fondo. Basta guardarsi attorno: a meno che uno non sia indifferente e pensi a se stesso e sia egoista, ma se uno é intelligente, sensibile, non può essere indifferente a tutto quello che sta succedendo. Forse vale la pena magari di guardarsi negli occhi e che tu creda o no, insieme, cercare di costruire questo mondo migliore, questa speranza.

Non è limitativo essere etichettato come cantautore cristiano?


No, non é limitativo. E’ invece interessante chiedere: ma che cosa é la musica cristiana? La musica é musica... cioè non é che la musica cristiana sia in se stessa un genere a sé. Noi usiamo il linguaggio musicale: io spazio dal pop al rock, dal blues alla ballata. Quindi uso questo linguaggio, anche perché fin da bambino ho sempre amato ed ascoltato la musica e un certo tipo di musica e tuttora continuo ad amarla e ascoltarla. Sono cresciuto con Fabrizio De André, il primo cantautore che ho scoperto e ho conosciuto. Poi la beat generation e la musica pop internazionale. Ho ascoltato e ascolto musica anglosassone, amo il blues, un certo tipo di rock. Possiamo anche dire che non esiste una “musica cristiana”, perché prima bisogna essere cristiani per essere dei comunicatori o artisti cristiani. Non é limitativo dire di essere un cantautore cristiano. Se lo dici perché dietro c’è la tua fede, ben venga…

C’è una canzone, tra le tante che hai scritto, che è particolarmente significativa per te?

La canzone che più mi é cara, tra le tante che ho scritto, sicuramente è quella che mi porto nel cuore e continuo a cantare, al di là del fatto che grazie a Dio la guerra è finita, e parlo della Bosnia – Erzegovina, è “Concerto a Sarajevo”. L’ho scritta andando in Bosnia durante la guerra; quando l’ho scritta qualche persona del posto l’ha sentita, spesso veniva trasmessa dalle radio clandestine a Sarajevo. La canzone nasce dall'esperienza di una persona straordinaria: Monsignor Tonino Bello, un testimone della fede, un uomo coraggioso, un uomo che ha creduto nella pace, che ha creduto nella solidarietà, ma è anche il frutto della mia piccola esperienza quando, in uno dei miei numerosi viaggi con gli aiuti umanitari ho avuto modo di incontrare nei campi profughi, quei bambini sopravvissuti che erano stati deportati nei campi di concentramento o di ascoltare il triste racconto delle donne stuprate. E da chi? Dai vicini di casa, o da quegli amici che erano solite incontrare al sabato o alla domenica che pensavano fossero amici. Ho sentito questo urlo di dolore, questa rabbia, questa irritazione che si é poi trasformato in questa canzone. E siccome le Sarajevo nel mondo sono tante, ho deciso di continuare a cantare anche per quelle altre Sarajevo, per quei drammi, quelle tristezze, per quella gente che molto spesso paga un prezzo, i bambini, le donne, gli anziani. E questo non é giusto. Non sarà questo concerto, non sarà questa canzone, ad arrivare alla pace. Ma ci provo, con le mie note stonate, con la mia faccia, la mia storia, con la mia vita. Forse, magari un giorno, con altre note, insieme ad altre persone, con altre canzoni, riusciremo a portare un po’ di pace. Anche se, scusate, ma per uno che crede ed é convinto di quello che fa, attraverso Dio… se noi fossimo veramente così fiduciosi, probabilmente questa pace avremmo già potuto raggiungerla. In questo caso parlo della Palestina, di Israele e di tutti quei luoghi che sono le mie piccole Sarajevo.

(Intervista video registrata da Pater Tv - rivista e corretta)

FONTE: informusic.it
http://www.informusic.it/patertv.htm

Sito ufficiale di Roberto Bignoli:

http://www.robertobignoli.it/



In questi importanti giorni di Festa, del S. Natale e di S. Stefano, ho pensato di pubblicare questa bella intervista a Roberto Bignoli, un cantautore Cristiano invalido, che ha contratto la propria invalidità dall'età di un anno a causa di una poliomelite. A causa di questa invalidità, come lui stesso racconta, Roberto ha passato un infanzia, una fanciullezza e un adolescenza difficili, con tanta sofferenza e tanta solitudine, arrivando anche a percorrere nella propria vita vie traverse molto pericolose. Ma poi, grazie ad alcune persone Cristiane che l'hanno aiutato e grazie ad un pellegrinaggio a Medjugorie avvenuto nel 1984, è sopraggiunta quella Fede in Dio che ha cambiato completamente la sua vita e che ora testimonia costantemente attraverso la sua attività musicale e la sua vita di tutti i giorni.
Personalmente mi piace molto la testimonianza che Roberto da di sè..... usando parole semplici e fatti concreti, non di chi si atteggia ad essere un "profeta", ma di chi testimonia il proprio credo con semplicità, umiltà, riconoscendo anche i propri limiti umani (che abbiamo tutti) e senza avere la pretesa di cambiare il mondo. E poi Roberto è, ancora e sempre, un ennesima importante testimonianza di come anche da invalido si possa riuscire pienamente nella vita, coltivando i propri sogni di bambino fino a trasformarli in "vita vissuta".
Grazie Roberto !

Marco

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