giovedì 6 ottobre 2011

Allergica al mondo

Una trevigiana di 34 anni soffre di Mcs (Multipla sensibilità chimica)

di Emanuela Da Ros

Nella foto che vedete (scattata meno di un anno fa) Antonella Ciliberti sorride. Ha 33 anni, una bimba bellissima, che ha chiamato Zoe, un marito (Maurizio), un lavoro e una casa, a Crocetta del Montello.

Certo: Antonella ha avuto una gravidanza un po’ difficile (mentre aveva il pancione le è stata diagnosticata la Toxoplasmosi, che ha dovuto curare con gli antibiotici), e successivamente ha avuto diversi disturbi. Eppure – parliamo ancora di un anno fa – Antonella Ciliberti non sospetta che la sua vita diventerà un’odissea. Che dal momento della foto in avanti, sarà costretta a chiudersi in una stanza, priva di mobili, decontaminata, chiusa ermeticamente, e che dovrà guardare il mondo da un vetro, perché – se venisse in contatto con un profumo, un pesticida disperso nell’aria, un cibo trattato con qualche fertilizzante o con le onde elettromagnetiche di un telefonino - Antonella rischierebbe di non respirare più.

Nel periodo a cui risale la foto, Antonella si fida di ciò che i medici le dicono: che è stressata (prende gli ansiolitici prescritti da un neurologo); che è allergica a determinate sostanze (si sottopone a diverse prove allergiche, che però danno esito negativo); che ha un tumore al pancreas (il tumore è benigno e le viene curato presso l’ospedale civile di Verona). Ma i suoi disturbi si aggravano ogni giorno.

E la giovane cerca in Internet una possibile “risposta” al suo male. Esaminando situazioni cliniche simili alla sua, la giovane donna scopre di essere affetta da MCS, un acronimo che sta per Multipla Sensibilità Chimica. Una malattia riconosciuta dall’Oms, dalla Germania e da diversi paesi extraeuropei, fra i quali il Canada e gli Stati Uniti, ma che per l’Italia non esiste. O meglio, non esisteva ufficialmente, finché Antonella Ciliberti – con una certificazione statunitense – non si è fatta riconoscere la patologia, vincendo una causa contro l’Asl 8, che alla fine di un lungo iter, le ha pagato il viaggio (a bordo di un aereo presidenziale, decontaminato) verso Dallas e l’Enviromenthal Health Center, dove attualmente Antonella è in cura.

Della sua malattia ci parla il fratello Daniele Ciliberti, insegnante in una scuola superiore vittoriese.

In che cosa consiste l’MCS, cioè la malattia di cui soffre sua sorella?

La sindrome da Sensibilità Chimica Multipla provoca in chi ne è colpito reazioni violentissime: crisi respiratorie, infiammazioni, shock anafilattici. Crisi che si acuiscono col tempo e che sono provocate dal contatto del malato con qualunque tipo di sostanza chimica o naturale, come il profumo di un fiore.

Come vive il malato di MCS?

Segregato in una stanza, dove tutto è decontaminato.

La malattia è genetica?

Può essere genetica, ma nel caso di mia sorella e di molti altri pazienti, la MCS è stata provocata da una sovraesposizione alle sostanze chimiche e ai metalli. Poiché la malattia ha un’incubazione di 20 anni, è probabile che mia sorella si sia ammalata lavorando in una fabbrica di occhiali del Cadore.

Ma il pericolo di ammalarsi di MCS è rarissimo, no?

C’è una predisposizione probabilmente. Ma la malattia non è affatto rara: si calcola che negli Usa ci sino 25 milioni di persone affette da MCS. Non con sintomi gravi come quelli di Antonella, ma con disturbi evidenti. La malattia non è così infrequente. Ed è in crescita perché legata all’inquinamento, allo stile di vita che mette costantemente l’uomo in contatto con sostanze chimiche dannose. In Italia, la malattia esiste (moltissime persone si sono messe in contatto con la mia famiglia dopo aver conosciuto la storia di Antonella), ma non è riconosciuta e i pazienti vengono curati con terapie che aggravano le condizioni di salute.

Durante il periodo in cui Antonella era segregata in una stanza, lei poteva farle visita?

Sì, ma dopo aver fatto una doccia con del sapone naturale e aver indossato abiti decontaminati che erano stati a mollo per una settimana nell’acqua corrente.

Con questa patologia che cosa può mangiare Antonella?

Pochi elementi selezionati. Per sei giorni si nutre solo di farro o miglio biologico, poi cambia alimento che però non deve essere stato trattato. Anche i pochi medicinali che può assumere devono essere omeopatici.

Ora Antonella è a Dallas, in un centro specializzato nella cura dell’MCS. Quanto tempo ci resterà? Le sue condizioni stanno migliorando?

E’ a Dallas con la sua famiglia: con il marito che ha lasciato il lavoro per starle accanto e la piccola Zoe, di due anni. E’ più serena. Anche se consapevole che la malattia può essere solo rallentata. A Dallas resterà circa un anno, poi verrà ad abitare a Cappella Maggiore dove stiamo preparando per lei una casa costruita secondo i canoni della bioedilizia. Ma dove avrà bisogno di cure. Per questo, come familiari, chiediamo che nell’ospedale di Vittorio Veneto una piccola ala del nosocomio venga riservata ai malati di MCS e che l’ambulanza abbia le caratteristiche idonee per soccorrere chi soffre di questa patologia.

Chi paga le spese mediche americane?

L’Asl 8 (Antonella Ciliberti abitava a Crocetta del Montello, ndr), che non ha mai voluto riconoscere la malattia di mia sorella (e che non ha mai eseguito un controllo diretto), è stata obbligata dal giudice a contribuire al 70 per cento delle spese di una cura che, all’anno, costa circa 120 mila euro.

Che prospettive ci sono in Italia per questa malattia rara ma non troppo?

Non ce ne sono. Durante i nostri tentativi per sensibilizzare il ministero di fronte a una patologia certificata oltreconfine, abbiamo ricevuto dal ministro Turco una lettera da cui si evince che la MCS per l’Italia non è una malattia. E d’altra parte è difficile che gli ospedali che potrebbero fare delle ricerche in proposito, portino avanti un’indagine medica che non è finanziata in nessun modo. Le moltissime persone che, da diverse parti d’Italia, mi hanno contattato in questo periodo, oltre a soffrire per la malattia invalidante, hanno la tendenza ad arrendersi perché, per farsi riconoscere la sindrome, dovrebbero rivolgersi a un avvocato, fare causa all’Usl e sperare nell’esito positivo di un iter complesso anche a livello giudiziario. Mia sorella, in fondo, è stata fortunata…

Come vive la sua malattia?

Ha una forza eccezionale.

2 giugno 2008

FONTE: oggitreviso.it
http://www.oggitreviso.it/node/7701

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