Un giorno ho cominciato a tremare come una foglia e le labbra e le mani erano diventate "viola"; vado in pronto soccorso ma non sanno dirmi cosa mi è successo e mi danno una terapia da seguire. Dopo qualche mese ho uno shock anafilattico, chiamano il 118, vado in pronto soccorso e mi dicono che si tratta di allergia, faccio i test dell'allergia dando ogni volta risultati diversi, cosi cambio centro di allergologia e ricomincio a fare tutte le analisi ma alla fine il dottore mi dice: "ti abbiamo rigirata come un calzino, non so più cosa fare". Mentre faccio controlli per ogni sintomo che mi si va ad aggiungere e quando non ci capivano niente e mi dicevano che ERA TUTTO NELLA MIA TESTA, sono stata anche dalla psicologa ed e stata l'unica a dire che non avevo niente che giustificava le sue sedute e che dovevo fare altre indagini per trovare la causa del mio malessere. Sto sempre peggio, non riesco a fare quasi niente e sempre più spesso vado in pronto soccorso per attacchi d'asma molto gravi tanto che mi ricoverano; anche l'allergia al freddo peggiora, non posso toccare ne l'acqua ne tutto quello che per gli altri è normale... io lo percepisco più freddo, ho una reazione con ponfi e dolori diffusi e sono costretta a tenere i guanti anche in casa con una temperatura più adeguata, non posso stendere, non posso uscire di casa ecc... Durante il ricovero mi fanno tante domande cui al momento non davo il giusto peso, poi appena la paziente accanto al mio letto fu dimessa, nella stanza non misero più nessuno (per disposizione del dottore) per evitare che stessi a contatto con profumi di ogni genere perchè tutti gli odori mi facevano stare male e anche i dottori se ne erano accorti... apprezzai le gentilezze che avevano con me (ancora non sapevo cosa mi faceva stare male). Dopo le dimissioni le cose non andavano per niente bene, anzi stavo sempre peggio nonostante le terapie venivano raddoppiate. Un giorno ricevo una telefonata dal pneumologo che mi invita ad andare nel suo ambulatorio, mi chiese se volevo entrare in un protocollo dove nei primi 4 mesi non avrei potuto tornare indietro, dopo di che, passato questo tempo, se volevo potevo uscirne, ma mi disse semplicemente che la cosa peggiore che mi poteva capitare era un attacco d'asma e che c'erano i dottori perchè dovevo fare dei day-hospital. Per fortuna chiesi del tempo per pensarci, alla fine per fortuna decisi di non accettare. Intanto sto sempre peggio, non riesco a fare nemmeno due passi che non respiro più, non riesco a fare le cose più semplici della vita di tutti i giorni. Comincio a cercare su internet qualcosa che mi facesse capire perchè stavo male e per caso lessi la sigla MCS (SENSIBILITA' CHIMICA MULTIPLA); mentre leggevo i sintomi sembravano i miei, cosi decido di andare dal (l'ennesimo) dottore. Prendo l'appuntamento e vado con la speranza di avere una risposta al mio malessere...... ma anche rassegnata ad un altra delusione e invece.......... ho trovato un dottore che mi ascolta e vista tutta la documentazione che avevo, e vi assicuro che non era poca, mi prescrive altre analisi e una dieta alimentare per cominciare. Dopo un pò mi da la diagnosi: MCS, SENSIBILITA' CHIMICA MULTIPLA... finalmente sapevo cosa mi faceva stare male, sapevo contro chi dovevo combattere, perchè di lotta si tratta.
Ora capivo anche perchè durante il ricovero adottarono tutte quelle precauzioni, andai dal pneumologo e gli portai la diagnosi di MCS e invece di valutare veramente la situazione mi venne detto che in Italia l'MCS non è riconosciuta e quindi non esiste. Ad oggi ancora non sono riuscita a trovare un dottore, oltre al Prof. di Roma, che crede alla malattia, persino il medico di famiglia, nonostante le analisi che dimostrano la malattia, dice che sono attacchi di panico.
La vita di noi malati non è per niente facile, sia a livello sanitario che sociale, perchè dobbiamo eliminare tutto quello che ci fa male, cosi quasi senza rendercene condo ci avviamo verso l'isolamento. La nostra è una vita vissuta a metà. E pensare che basterebbe che ci venisse riconosciuta, che si studiasse anche nelle università invece di far finta che non esista, e così ci potremmo curare già dai primi sintomi per evitare di aggravarci e vivere una vita il più normale possibile, perchè oggi noi viviamo una vita non vita.
Ho pensato di chiamare la storia della mia patologia "VITA A META'" perchè noi malati di MCS non abbiamo il diritto di curarci, perchè l'MCS non ci è riconosciuta; per noi anche fare dei controlli diventa un problema perchè le strutture sanitarie non sono adeguate alla nostra malattia, non possiamo avere una vita sociale, anche fare una passeggiata tra la gente per noi è impossibile, mangiare un gelato, partecipare a ricorrenze, fare la spesa, entrare in un negozio, e tanto altro. Anche perchè tanti fanno finta di capirti ma poi non fanno niente per aiutarti, perchè se chiedi loro di non usare profumi o adottare delle precauzioni, preferiscono allontanarsi e in men che non si dica ti ritrovi sola, e se non hai una famiglia che ti sostiene è veramente difficile, in quando l'unica a farti compagnia è quel mostro di malattia che non ti lascia mai, eppure è l'unica compagnia che vorresti che non fosse fedele e invece.............."ti è veramente fedele".
Le istituzioni non esistono, i medici che dovrebbero essere testimoni della nostra salute non ti aiutano, anzi, ti complicano la vita.
Quando stiamo bene non ci rendiamo conto che i piccoli gesti di tutti i giorni sono le cose che ci rendono felici.
Potrei dare tanti titoli alla mia storia: vita a metà, vita non vita, il nemico fedele, vita vissuta a metà, il mostro che non ti abbandona, isolata da tutti e dal mondo per vivere ecc......... tutti rispecchiano la nostra vita purtroppo, siamo persone con mille emozioni contrastanti perchè vorremmo una vita il più normale possibile, ma ci viene negata.
CARMEN
Credo che il titolo scelto da Carmen, "Vita a metà", rispecchia perfettamente lo stato di vita dei malati di Sensibilità Chimica Multipla, con tutto il loro carico di limitazioni, restrizioni e rinunce.... cose che sono anche solo difficili da immaginare, in una società come quella odierna in cui tutto sembra che ci sia dovuto. Ma nulla in realtà è scontato, e dinanzi a storie come questa credo che la gente dovrebbe riflettere bene prima di lamentarsi per ogni piccola cosa.
Ringrazio di cuore Carmen per avermi permesso di postare la sua storia, sempre e comunque nella speranza che queste preziose testimonianze possano servire ad altri malati, sopratutto a coloro che sono colpiti da questa patologia, ma ancora non sanno di cosa si tratta. Tanti auguri per tutto Carmen !
Marco
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