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lunedì 14 aprile 2014

Ha una malattia ambientale: va in coma con l’odore di bucato

La storia di Mariagiovanna affetta da MCS (Sensibilità Chimica Multipla): intollerante a profumi, detersivi e alimenti non biologici. Vive con la mascherina nella Terra dei fuochi

Mariagiovanna Liguori è nata a Napoli quarantasei anni fa, alle spalle di Poggioreale poi, vent’anni fa, si è trasferita a San Felice a Cancello, in provincia di Caserta, a pochi passi da Acerra: “È lì che è cominciato tutto”, dice.

Dopo pochi mesi dal suo trasferimento, infatti, ha iniziato ad avere problemi di salute: “Stanchezza continua, un aborto, strane allergie – racconta – Ho iniziato a girare per medici, fino a quando, nel 2012, mi hanno diagnosticato la malattia”. MCS, Multiple Chimical Sensitivity, Sensibilità Chimica Multipla, una malattia correlata alla presenza di sostanze chimiche e tossiche nell’ambiente. Irreversibile, progressiva, tra le meno conosciute al mondo: una malattia ambientale.

Vivo a 2,7 km dall’inceneritore di Acerra – spiega Mariagiovanna – San Felice a Cancello è, per lo studio Sentieri, del ministero della Salute (2010), uno dei 44 luoghi più inquinati di Italia. Nella cava della frazione Vigliotti per anni hanno sversato illecitamente di tutto e di più e si continua a sversare e ad appiccare roghi. C’è un altissimo tasso di diossina. Se non mi fossi trasferita qui, vent’anni fa, non avrei mai contratto la malattia: avevo una predisposizione genetica, ma l’inquinamento ambientale l’ha fatta esplodere”.

Ma cos’è la MCS? Il primo a parlarne fu il padre dell’ecologia clinica, Theron G. Randolph: negli anni 50 scoprì che esistevano soggetti apparentemente allergici ma con sintomi anomali e multisistemici e correlò questi sintomi alle sostanze ambientali chimiche e tossiche. Scoprì inoltre che collocando i pazienti in un ambiente privo di sostanze chimiche e tossiche i sintomi sparivano.
Il meccanismo della malattia fu spiegato poi dal biochimico Martin Pall, ammalato egli stesso di MCS: le nostre cellule, normalmente impermeabili alle sostanze che non servono al loro funzionamento ma che lo danneggiano, esposte all’inquinamento subiscono ossidazione, cioè la loro membrana di protezione viene intaccata e ciò permette a sostanze che non dovrebbero, di entrarvi: in pratica, rende permeabili le cellule anche ai veleni. Ecco perché i malati di MCS presentano alti livelli di calcio intracellulare e altre sostanze dannose che non permettono alle cellule di funzionare bene e il primo organismo a risentirne è il mitocondrio, l’organo cellulare che permette l’ossigenazione dei tessuti e la presenza di energia, e per questo tra i primi sintomi della malattia c’è la stanchezza cronica. Man mano che la cellula si danneggia, si riempie di sostanze che le dovrebbero essere estranee e che causano altri danni tra cui la mutazione epigenetica del Dna: per questo motivo, non vengono più prodotti una serie di enzimi necessari, si verificano carenze vitaminiche e più sistemi dell’organismo smettono di funzionare o funzionano male. In questo modo, chi è malato di MCS si ritrova con vari sintomi, che riguardano diversi sistemi e apparati del corpo, come quello cardiovascolare, il sistema nervoso centrale, il sistema immunitario, ecc.

Sono pochissimi i medici italiani che conoscono l’MCS e che quindi sono in grado di diagnosticarla e ciò fa sì che, ogni giorno, ammalati di MCS muoiano per mancata diagnosi o che spesso i medici scambino i loro sintomi per sintomi psicosomatici, prescrivendo loro psicofarmaci che peggiorano la situazione, contenendo sostanze altamente tossiche anche per le persone sane e che per gli ammalati di MCS diventano velenose.

A Mariagiovanna Liguori la malattia è stata diagnosticata nel 2012 dal prof. Giuseppe Genovesi, specialista in Endocrinologia, Psichiatria e Immunologia al Policlinico Umberto I di Roma. Nella diagnosi a sua firma scrive: “La paziente è affetta da una Sindrome immuno neuro tossica ambientale suggestiva della Multiple Chimical Sensitivity o Sensibilità Chimica Multipla o definibile anche come ‘intolleranza a xenobiotici ambientali’ classificabile come disturbo respiratorio non specificato in relazione all’esposizione ad agenti chimici, gas fumi vapori, complicata da una sintomatologia asmatiforme, da Fatica Cronica o Encefalomielite Mialgica, da Sindrome Fibromialgica e da Artrite psoriasica”.

Da Genovesi, Giovanna è arrivata con l’analisi tossicologica fatta in Inghilterra e da cui risulta che il suo sangue contiene diversi metalli pesanti e altri elementi chimici, ma soprattutto un’alta percentuale di mercurio (205), formaldeide (290) e cromo esavalente (245), oltre a livelli superiori alla norma di nickel e alluminio, oltre che una gran porzione di calcio intracellulare.

Nella sua diagnosi Genovesi chiarisce che le sostanze che sono alla base dei sintomi presentati dalla paziente sono molteplici ma che possono essere ricondotte ad alcune categorie biochimiche ben definite, tra cui: saponi, acidi, bromuro, nanoparticelle derivate dalla plastica ed emesse da termovalorizzatori, chemioterapici, idrocarburi, resine e vernici e spore fungine. Ciò significa, specifica Genovesi, che la paziente deve evitare ogni tipo di sapone, detersivo, candeggine, vernici, profumi, nano particelle emesse da caldaie e bruciatori e nano particelle derivanti da termovalorizzatori, vernici, solventi, xenobiotici alimentari, “con gravissimo condizionamento della vita quotidiana ed assoluta necessità di utilizzare alimenti biologici con le intuibili conseguenze economiche”. Non solo, la paziente deve, sempre a detta del prof. Genovesi, utilizzare mascherine specifiche per “intolleranza a xenobiotici ambientali, un filtro d’aria negli ambienti in cui vive, un depuratore dell’acqua per cucinare e per diversificare l’acqua da bere, un’alimentazione biologica, la sauna e una terapia detossicante cronica per evitare l’aggravamento della patologia”. Chiarisce, infine, che la condizione di Mariagiovanna al tempo della diagnosi “limita significativamente la sua vita di relazione e configura, oltre che un danno biologico, anche un evidente danno morale da quantificarsi nelle opportune sedi medico legali”.

Fino a quando ha potuto, Mariagiovanna è stata una musicista, flautista e soprano, organista di musica liturgica. Adesso, la sua malattia è all'ultimo stadio, quello terminale (la MCS presenta tre stadi, numerati da 0 a 3) e non le è più possibile svolgere alcun lavoro: “È un miracolo che sia ancora viva”, dice.

Anche sua figlia Miriam si è ammalata, ma per fortuna è ancora al secondo stadio: la malattia le è stata diagnosticata a 15 anni.
Ho subito un danno epigenetico che mi ha bloccato la trascrizione nel Dna di tre cromosomi, l’1, il 4 e il 17. Quando ho concepito Miriam, ho trasferito a lei il danno epigenetico insieme ai miei danni genetici. Da quando è nata non ha mai preso farmaci perché fortunatamente è sempre stata allergica – racconta Mariagiovanna – mangia cibi senza additivi, conservanti e coloranti. Ci sottoponiamo a cure molto particolari, soprattutto medicina alternativa. Non possiamo usare neppure il kit salvavita perché ha i solfiti nella fiala di adrenalina. Utilizziamo cibo biologico, integratori e vitamine disintossicanti, integratori naturali, biancheria non trattata chimicamente. Mia figlia va a scuola in un ambiente controllato, che deve rispettare i parametri ambientali per la MCS fissati dal Ministero”.

Esistono oltre 500 studi internazionali (circa 20 italiani) sulla MCS e tutti dicono che i soggetti che possono contrarre più frequentemente la MCS sono: i lavoratori dell’industria, gli occupanti di edifici chiusi; i residenti in comunità con elevato inquinamento idrico o atmosferico; individui esposti nell’ambiente domestico a pesticidi, farmaci e prodotti di consumo. Mariagiovanna non ha svolto alcuna professione “pericolosa”, per cui è abbastanza chiaro che la sua malattia dipenda dall’ambiente in cui vive.

A confermare il legame con l’inquinamento ambientale c’è il fatto che i malati di MCS sono considerati “sentinelle dell’ambiente”, poiché attraverso le loro ricadute e reazioni è possibile immediatamente capire se in quel particolare ambiente ci sono sostante chimiche e tossiche. Non a caso, il simbolo della malattia è un canarino in gabbia: un tempo i minatori portavano i canarini in miniera perché i piccoli uccelli avvertivano subito le fughe di gas e riuscivano a dare l’allarme e a permettere ai minatori di salvarsi. Allo stesso modo, i malati di MCS indicano che si è in presenza di un ambiente malato.

Sono poche le nazioni in cui la MCS è una malattia riconosciuta: Canada, Giappone, Cina, Australia. Per quanto riguarda l’Italia, non esistono dati ufficiali: stando ai dati non ufficiali (e insufficienti) derivanti dalle diagnosi accertate, sono più di 300 i casi di MCS in Italia, di cui 100 solo in Campania, ma migliaia non sono censiti o sono in fase di accertamento. Non esiste una raccolta di dati epidemiologici da parte del ministero della Salute o dell’Istituto Superiore di Sanità, tutto ciò che si sa della malattia deriva da parziali informazioni fornite dai centri di diagnosi e dai contatti diretti dell’associazione di riferimento con i malati. In Italia, la MCS non è inserita tra le malattie riconosciute come esenti dal nostro sistema sanitario nazionale: solo alcune regioni, come la Toscana, l’Emilia Romagna e l’Abruzzo le hanno dato questo conferimento. A un’interrogazione parlamentare formulata nel luglio 2013 da Daniela Sbrollini in merito alla possibilità di riconoscere la MCS, Balduzzi rispose che data l’assenza di evidenze nella letteratura internazionale non era possibile considerare la malattia come individuabile nosologicamente e che comunque il Servizio Sanitario Nazionale era già in grado di fornire un’adeguata assistenza nei casi di intolleranza a sostanze chimiche. Peccato che i malati di MCS neppure possano andare in ospedale, visto che anche lì ci sono sostanze che possono farli andare in coma. In Campania, dove i malati con diagnosi scritta sono un centinaio (ci spiega Mariagiovanna), l’Asl non la riconosce come patologia invalidante, nonostante, di fatto, ai suoi ammalati sia preclusa una vita normale.

I sintomi della malattia si scatenano al momento dell’esposizione alle sostanze tossiche: “Se cammino per strada e a una finestra è steso il bucato fresco di lavatrice, vado in coma, perché nel detersivo per il bucato ci sono sostanze tossiche – racconta Mariagiovanna – Se qualcuno viene a casa mia con il profumo o odora di bucato, mi sento male. Siamo in ossigenoterapia, viviamo in un ambiente controllato, non possiamo aprire nemmeno le finestre. Quando esco, devo portare una serie di mascherine, per cui finisce che raramente mi allontano da casa. Non posso stare in ambienti chiusi con altre persone, niente teatro, cinema, convegni, a meno che l’ambiente in questione e le persone con cui entro in contatto non vengano decontaminati. A casa mia non puoi venire anche se ti fai uno shampoo o usi un bagnoschiuma qualsiasi”.

Esiste un vero e proprio vademecum per entrare in contatto con Mariagiovanna e con chi, come lei, è affetto da MCS: evitare di indossare indumenti lavati con normali detersivi, poiché devono essere inodori e non rilasciare alcuna sostanza chimica volatile; evitare l’uso di saponi, shampoo, gel, lacca, profumi, creme o pomate di qualsiasi natura, e per diversi giorni, perché ne rimane traccia sul corpo; non usare detergenti o deodoranti per ambienti nei luoghi condominiali e neppure stendere il bucato lavato con ammorbidente o detersivo non naturale; evitare di portare in dono cibi e bevande, perché un malato di MCS può mangiare solo pochi cibi e tutti biologici; non portare con sé libri o giornali, ma solo documenti sigillati in buste trasparenti, per evitare l’esposizione a nano particelle da toner; non usare scarpe, borse o giacche troppo nuove, poiché nella loro costruzione vengono usati collanti e solventi e ciò danneggia la salute degli ammalati; evitare di andare a trovare un malato di MCS con un telefonino o similare, perché sarà intollerante ai campi elettromagnetici; evitare di stare a contatto con vernici, solventi, derivati del petrolio, pesticidi e tutto ciò che rilascia sostanze chimiche volatili. Prima di andare a trovare un malato di MCS occorre avvisarlo, per permettergli di prepararsi con una bella dose di ossigeno. Se non si osservano queste norme, il malato di MCS può anche finire in coma.


Mariagiovanna ha allergie anomale che le provocano asma e edema (ora è perennemente in edema e entrare in contatto con sostanze tossiche le fa prendere anche 2 o 3 chili), diverse malattie autoimmuni come la spondilite anchilosante, ha l’artrite psoriasica, la cistite cronica, gravi disturbi visivi, disuria e stranguria (mancanza di pipì e dolore quando si fa pipì), asma, aritmia con rischio fibrillazione, encefalomielite mialgica, emicranie e cefalee violente, reflusso gastroesofageo, vertigini, extrasistole ventricolare e sopra ventricolare, sinusite, rinite e oculorinite croniche, sindrome da fatica cronica, dispepsia, parestesie diffuse, insonnia persistente, infiammazioni di tutte le mucose, disturbi della sensibilità gustativa, intolleranze alimentari e trombofilia, e potremmo continuare l’elenco delle patologie. Nonostante questo, la Regione Campania le riconosce solo il 40% di invalidità. Mariagiovanna non può condurre una vita normale. Spende moltissimi soldi per tirare avanti, sopravvivere, assicurarsi il necessario per resistere alla malattia. Ma, per lo Stato e per la Regione, non esiste. 


di Ilaria Puglia

7 aprile 2014

FONTE: paralleloquarantuno.it 
http://www.paralleloquarantuno.it/articoli/ha-una-malattia-ambientale-va-in-coma-con-lodore-di-bucato.html


Bellissimo articolo, lungo, completo e veramente esauriente. Un "grazie" particolare va a Mariagiovanna, per aver esposto così bene la sua situazione di malata di MCS (purtroppo molto grave)... così come è giusto darlo a tutti quei malati che continuamente fanno sentire la propria voce.
Quello che invece è indecoroso, anzi VERGOGNOSO, che ad una persona con tutte le problematiche di salute come quelle di Mariagiovanna, venga riconosciuto un miserissimo 40% d'invalidità. Non ci sono davvero parole! Vorrei ricordare che con una MCS a questo livello di gravità, ogni minima esposizione ti può condurre allo shock anafilattico, e quindi al coma, e quindi anche alla morte..... e che una persona con questa patologia spende un infinità di soldi in più del normale, tra cure disintossicanti, alimenti biologici, purificatori, depuratori e così via.
Ecco, queste sono quelle cose che proprio non si riescono a comprendere e che fanno veramente gridare all'ingiustizia. Possiamo soltanto augurarci che le cose cambino..... perchè ce n'è tanto, ma proprio tanto bisogno!

Marco 

martedì 4 febbraio 2014

L’oncologo e la battaglia infinita. In tre anni 1500 bambini con il tumore

“I veleni nascono dal lavoro nero: inevitabile che lo smaltimento degli scarti sia illegale”

NAPOLI - «La Terra dei fuochi è l’altra faccia della tragedia di Prato, un problema non solo nazionale ma mondiale. Per questo auspico che la data del 3 dicembre diventi la giornata per la tutela della dignità del lavoro e di conseguenza dell’ambiente». L’oncologo Antonio Marfella è una delle voci storiche della protesta contro l’avvelenamento dei terreni in Campania e di sue dichiarazioni sono pieni i faldoni delle Procure e i resoconti stenografici del Parlamento. Eppure la sua chiave di lettura spiazza. «Perché il problema reale è il traffico illegale di rifiuti industriali. Ora conosciamo la vera emergenza e sappiamo che lo Stato ha preferito chiudere gli occhi piuttosto che affrontarla». Un dramma dai numeri impietosi: ad Acerra, uno dei Comuni della Terra dei fuochi, dal 2009 al 2012 le esenzioni da ticket per tumori maligni sono aumentate dell’81,2%. Nel solo triennio 2009-2011 i bambini con tumore nella provincia di Napoli sono stati 1.519, in quella di Caserta 342.

Il ragionamento di Marfella è logico: se una ditta produce in nero un manufatto in pelle, gli scarti dovranno per forza essere smaltiti illegalmente, quindi bruciati nelle campagne tra Caserta e Napoli. E se in provincia di Napoli si registra il più alto numero d’illegalità diffusa in ambito lavorativo allora il conto torna. «Il problema dei roghi tossici – spiega Marfella – non va confuso con la gestione dei rifiuti urbani». Ancora qualche numero: nel 2012 in Italia (dati Ispra) sono stati prodotti 138 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, di cui 10 altamente tossici, contro i 29 milioni di rifiuti urbani. A questa cifra va aggiunta la quota in «nero», ossia i rifiuti speciali prodotti dall’economia sommersa. «Se questi scarti di lavorazione non saranno più bruciati nella Terra dei fuochi, – continua Marfella – alimenteranno un traffico mondiale. Ritorneranno forse in Cina per poi approdare ancora in Italia sotto forma di giocattoli fatti con plastica tossica».

E la soluzione? Marfella ha la sua: «Per spegnere la Terra dei fuochi occorre avere il coraggio di abbassare le tasse sulle imprese e consentire di far emergere quel sommerso che sversa rifiuti speciali dove capita». E le bonifiche? E l’Esercito? Per Marfella basta dividere i terreni inquinati da quelli non inquinati. Terreni (in Campania sono 800 ettari su 700mila) che potrebbero essere riconvertiti per produrre canapa o per creare spazi verdi. «Un giardino dei giusti, con alberi donati da tutti i Comuni della Campania – continua Marfella – per riabilitare anche all’estero l’immagine della nostra regione e dell’Italia tutta». Ma bisogna fare presto, perché il rischio è che la lentezza dell’azione di contenimento dell’avvelenamento del territorio si scontri con le nuove tecniche adottate della criminalità ambientale. Nelle fabbriche dove tutto è fuorilegge, gli scarti, ormai, non si bruciano più. Troppo rischioso. Meglio obbligare chi lavora lì a portare a casa la sua quantità di rifiuti speciali utilizzando, poi, il sacchetto di casa per farli scomparire.

di Antonio Salvati

4 dicembre 2013

FONTE: lastampa.it


Una situazione che si commenta da sola: quasi 2000 bambini con tumore nelle province di Napoli e Caserta in appena 2 anni. Una vera ecatombe, causati dagli interramenti e dai roghi di rifiuti tossici e non (provenienti non solo da questi luoghi, ma da tutt'Italia), che avvengono in questi posti, denominati appunto "Terra dei fuochi".
Un autentico disastro, ambientale e umano, un dramma che si continua a perpetrare, giorno dopo giorno, causato dalla criminalità organizzata, ma anche dal menefreghismo e dall'inerzia delle istituzioni, nonchè da tutti quegli imprenditori (del nord e del sud) che preferiscono rivolgersi a queste società in mano a organizzazioni criminali deputate allo smaltimento abusivo di rifiuti, piuttosto che pagare le (onerose... bisogna dirlo) tasse che riguardano appunto lo smaltimento dei rifiuti.
Le conseguenze di tutto questo, se non si prenderanno serissimi e urgenti provvedimenti, continueranno per anni e decenni ancora, e non solo in questi posti, ma in tutt'Italia.

Marco

sabato 1 febbraio 2014

Terra dei Fuochi, morto il vigile che lottava contro i veleni della Camorra


Acerra, per anni aveva combattuto una battaglia solitaria alle eco-mafie. Il cordoglio di Napolitano

Il figlio Emiliano era al piano di sopra a pulire la cannula intasata di vitamina K. La moglie Maria, seduta al piccolo tavolo del soggiorno, quasi si giustificava: «Sono un po’ stanca, non sono molto brava in queste faccende. Emiliano, invece, è diverso. Lui è preciso, paziente. Ha 32 anni, ingegnere informatico. Ma si è iscritto a Medicina per aiutare il padre». Le finestre della villetta erano sigillate. Sulla porta d’ingresso c’era scritto a pennarello: «Se avete tosse, raffreddore o influenza, ringraziamo della visita, ma non bussate. Abbiamo già le nostre rogne».

Alle quattro di venerdì pomeriggio, la signora Liguori si è alzata lentamente, ha preso tre faldoni dalla libreria e li ha appoggiati sul tavolo. «Sono tutti gli articoli che parlano di Michele», ha detto. «Questo è lui durante un sequestro. Ecco località Calabricito. La bomba ecologica, la discarica con i fusti. Resti di fonderia, plastica e liquami. Qua invece è a Gorgone, dove ogni volta perdeva completamente la voce. Sui giornali citavano sempre “il nucleo di polizia ambientale”. E noi ridevamo. C’era solo Michele, in verità. Michele era l’unico vigile della sezione ambientale di Acerra. Ha chiesto rinforzi tante volte, ma non glieli hanno mai dati. Certe volte si è portato appresso me e nostro figlio».

In mezzo ai ritagli, c’era anche un articolo recente, non più di trenta righe di taglio basso, in cronaca locale. Era la notizia più importante di tutte, anche se non l’avevamo capita. Titolo: «Il pentito: rifiuti, i Pellini erano coperti. L’eccezione era il vigile Michele Liguori».
I tre fratelli Pellini, con i loro impianti di smaltimento fanghi e un’impresa edile con cemento avvelenato, sono stati condannati per traffico illecito di rifiuti tossici. «Essi erano capaci di corrompere tutti - c’è scritto nell’articolo - amministratori e carabinieri. Solo Liguori dava fastidio, faceva le foto, non offriva coperture». Quando ha rimesso gli articoli in ordine, la signora Liguori ha detto: «Avevo deciso di tenere tutto questo in modo che da nonno potesse raccontare il suo lavoro ai nipoti...». Nella stanza si è allargato un silenzio terribile. «Non diventerà nonno - ha detto - gli restano pochi giorni di vita. Non gli hanno fatto neppure la chemioterapia. Ora che andrete su a intervistarlo, mi raccomando: non dite niente. Michele non lo sa».

Michele Liguori era sotto un piumino rosa, non tirava fuori nemmeno le braccia. La sua camera era ingombra di medicine. «Al Cardarelli mi hanno operato al pancreas e hanno trovato l’alieno - ha detto cercando di sorridere - all’inizio l’ho presa con molta filosofia, poi mi sono abbattuto». Il tumore è stato causato dai veleni che ha cercato di combattere in servizio, lo stesso tipo di diossina che ha sterminato le greggi e ammalato la Regione Campania. Di tutto questo, il vigile Liguori era profondamene consapevole. «E’ la mia terra - ha detto - non potevo far finta di niente. Non mi sono mai piaciuti i vigliacchi. Non so dire se ne sia valsa la pena, però l’ho fatto».

Michele Liguori, 59 anni, figlio di un poliziotto, unico vigile urbano della sezione ambientale di Acerra, è morto alle 6,43 di domenica mattina 19 Gennaio.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato un messaggio alla famiglia: «Partecipo al cordoglio per la scomparsa di un servitore delle istituzioni che si è adoperato nell’affrontare la situazione devastante determinata nella Terra dei Fuochi». Nella domenica del lutto, il figlio Emiliano ritira la flebo e dice: «Papà mi ha insegnato che bisogna crederci sempre, senza mai lasciarsi corrompere. Credeva nel suo lavoro, anche se si sentiva abbandonato. Per me è un eroe senza medaglia». Ieri pomeriggio, il telefono della famiglia Liguori ha incominciato a squillare. Quello stesso telefono che per anni suonava soltanto in piena notte: minacce, silenzi, risate di scherno. Forse adesso qualcuno si ricorderà dell’unico vigile della sezione ambientale di Acerra. Se così non fosse, lui l’aveva messo in conto. Con le ultime forze, tirandosi il piumino rosa fino ai denti, Michele Liguori ha detto: «Meglio soli... Meglio soli che...». 

di Niccolò Zancan

20 gennaio 2014

FONTE: la stampa.it


http://www.lastampa.it/2014/01/20/italia/cronache/morto-il-vigile-della-terra-dei-fuochi-ZfrdEY2hIsUoi9zwkElGiL/pagina.html?fb_action_ids=10201389738160693&fb_action_types=og.recommends&fb_source=other_multiline&action_object_map
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Profondo cordoglio per la morte di questo uomo Giusto, Michele Liguori, vigile di Acerra, che ha sempre svolto il proprio lavoro con coraggio, onesta e professionalità, senza mai piegarsi a compromessi con le mafie del posto e  denunciando gli scempi che si stavano perpetrando in queste zone, che oggi vengono ribattezzate da tutti come "la Terra dei Fuochi". E per fare questo, per documentare e denunciare questi misfatti, ha girato in lungo e in largo questi posti, fino ad ammalarsi, 2 tumori che non gli hanno dato scampo.
E' stato un uomo "Giusto", ricordiamocelo così, Giusto e Coraggioso. Onore e merito a lui e alle persone come lui che danno lustro e onore alla nostra Italia.  Ora Riposa in Pace, nel Regno dei Giusti e dell'Amore senza fine. 

Marco


Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro dipartita da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.


Dal Libro della Sapienza 3, 1-3