La patologia in Italia non è ritenuta invalidante
«Alla visita, il mese scorso, mi hanno concesso il 35 per cento d'invalidità permanente “solo” per la fibromialgia». E' felice Patrizia Marchese, 42 anni, che da tempo lotta perchè la malattia, che toglie le forze e rende ogni gesto un calvario, sia riconosciuta come malattia invalidante. In altre nazioni, e da noi in Trentino, la fibromialgia è una malattia; in Lombardia no. «Per questo è così importante questo risultato, per me ma anche per tutti coloro che soffrono di questa patologia – continua Patrizia - E vorrei anche lanciare un messaggio di speranza ai malati: non arrendetevi mai, si può migliorare. Io ho trovato un grande beneficio sia grazie alla psicoterapia cognitivo comportamentale per gestire lo stress sia nell'attività fisica». «In Italia, nonostante l'Organizzazione Mondiale della Sanità già dal 1992 l'abbia riconosciuta come tale, la fibromialgia non è riconosciuta come malattia cronica e invalidante: qui ho ottenuto tutti e due – riprende lei – Poichè permanente, hanno dato per certo che non guarirò, e il 35% direi che è un giusto punteggio».
Una donna positiva, Patrizia. Ha passato la visita di un Asl della provincia di Varese, «per essere tutelata al lavoro, perchè purtroppo abbiamo diverse limitazioni. Io stessa ho dovuto lottare per essere trasferita in un altro reparto». Lei spiega che deve gestire le forze per non avvertire più quei maledetti dolori, nonostante i muscoli siano rinforzati dallo sport, nel suo caso la corsa. «Ci sono però ancora giorni in cui i dolori diffusi in tutto il corpo non riesco ancora a farli sparire – confida – La fase acuta è stata tremenda, mi ha tolto ogni dignità, non riuscivo ad aprire una busta, una bottiglia d'acqua, a vestirmi, a spingere un carrello, a camminare a passo normale». Racconta che nell'azienda sanitaria in cui lavora alcuni l'hanno derisa, pensando che non avesse voglia di lavorare, e che solo con lo spostamento di reparto, anche per consentirle di restare in piedi non più di due ore consecutive, le cose sono migliorate. Patrizia vuole che la sua storia serva agli altri malati. Infatti dice: «Migliorare si può, guarire non credo. Ma lasciarsi alle spalle la fase acuta, con tanta costanza, è possibile». Una conquista che lei ha raggiunto anche grazie al suo sorriso.
Renata Manzoni
30 dicembre 2014
Fonte: La Prealpina