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giovedì 1 gennaio 2015

Vittoria di Patrizia sulla fibromialgia: «Invalida al 35 per cento»


La patologia in Italia non è ritenuta invalidante

«Alla visita, il mese scorso, mi hanno concesso il 35 per cento d'invalidità permanente “solo” per la fibromialgia». E' felice Patrizia Marchese, 42 anni, che da tempo lotta perchè la malattia, che toglie le forze e rende ogni gesto un calvario, sia riconosciuta come malattia invalidante. In altre nazioni, e da noi in Trentino, la fibromialgia è una malattia; in Lombardia no. «Per questo è così importante questo risultato, per me ma anche per tutti coloro che soffrono di questa patologia – continua Patrizia - E vorrei anche lanciare un messaggio di speranza ai malati: non arrendetevi mai, si può migliorare. Io ho trovato un grande beneficio sia grazie alla psicoterapia cognitivo comportamentale per gestire lo stress sia nell'attività fisica». «In Italia, nonostante l'Organizzazione Mondiale della Sanità già dal 1992 l'abbia riconosciuta come tale, la fibromialgia non è riconosciuta come malattia cronica e invalidante: qui ho ottenuto tutti e due – riprende lei – Poichè permanente, hanno dato per certo che non guarirò, e il 35% direi che è un giusto punteggio».
Una donna positiva, Patrizia. Ha passato la visita di un Asl della provincia di Varese,
«per essere tutelata al lavoro, perchè purtroppo abbiamo diverse limitazioni. Io stessa ho dovuto lottare per essere trasferita in un altro reparto». Lei spiega che deve gestire le forze per non avvertire più quei maledetti dolori, nonostante i muscoli siano rinforzati dallo sport, nel suo caso la corsa. «Ci sono però ancora giorni in cui i dolori diffusi in tutto il corpo non riesco ancora a farli sparire – confida – La fase acuta è stata tremenda, mi ha tolto ogni dignità, non riuscivo ad aprire una busta, una bottiglia d'acqua, a vestirmi, a spingere un carrello, a camminare a passo normale». Racconta che nell'azienda sanitaria in cui lavora alcuni l'hanno derisa, pensando che non avesse voglia di lavorare, e che solo con lo spostamento di reparto, anche per consentirle di restare in piedi non più di due ore consecutive, le cose sono migliorate. Patrizia vuole che la sua storia serva agli altri malati. Infatti dice: «Migliorare si può, guarire non credo. Ma lasciarsi alle spalle la fase acuta, con tanta costanza, è possibile». Una conquista che lei ha raggiunto anche grazie al suo sorriso.

Renata Manzoni

30 dicembre 2014

Fonte: La Prealpina

venerdì 28 novembre 2014

Fibromialgia: Grazie alla corsa ho ritrovato me stessa

Sono una "ragazza" di 42 anni.... affetta da fibromialgia da 2 anni......
Spesso siamo visti come malati immaginari, ipocondriaci .... ma è una patologia vera, colpisce i neurotrasmettitori deputati al dolore a livello del sistema nervoso centrale.
E’ una malattia vera, ma a livello strumentale e di laboratorio gli esami sono tutti negativi. Nel mio caso al lavoro ero derisa e non capita... pur lavorando in un ambiente sanitario.
Dolori muscolari cronici senza alcuna risposta ai farmaci, o comune con poca risposta....
Nella fase acuta i dolori non mi mollavano mai mai... 24 ore su 24...
Ho dovuto lottare nella mia azienda per poter cambiare reparto: sono infermiera e lavoravo in sala operatoria, lavoravo anche 12 ore al giorno sempre in piedi immobile (a volte anche più di 12 ore) e questo aumentava la mia rigidità muscolare...
Alcuni fibromialgici vengono licenziati per i troppi giorni di malattia... e non ottengono limitazioni lavorative e la giusta postazione dopo essersi ammalati, questo non aiuta a migliorare, ma a peggiorare la loro esistenza.
Tanti non conoscono abbastanza la malattia (anche perché non è ancora riconosciuta a livello nazionale) e quindi la sottovalutavano....
Io ho lottato finchè sono riuscita a farmi cambiare di reparto ed ora comincio a stare meglio.
Premetto che prima di ammalarmi ero abbastanza sportiva... praticavo un pò di sport, sopratutto bicicletta (ho anche pedalato per 85 km)... ma tutto questo dolore muscolare ti porta all’immobilità per paura di soffrire e peggiorare di più.
Invece durante la fase dei dolori cronici ho cominciato ad Ascoltare il mio corpo.
Nelle lunghe notti insonni a causa del dolore ho cominciato ad alzarmi per fare streching... perchè sentivo che il mio corpo aveva bisogno di tirare i muscoli.
Una mattina d'autunno ho deciso di provare a correre un pò..... Nonostante la corsa non fosse il mio sport preferito, la mia mente e il mio corpo desideravano il movimento....... beh... quel giorno avrò camminato e corso alternativamente forse 4 km, con calma.... ed il miracolo per me è avvenuto...
Grazie alla corsa per diverse ore il dolore fisico svanisce.
Lo sport per noi e' un toccasana, oltre alla psicoterapia cognitivo comportamentale per aiutare a gestire le emozioni negative e quindi il dolore e ad accettarlo...
Mi sentivo vecchia.... non riuscivo più a vestirmi, camminavo pochissimo. Aprire una busta, una bottiglia, i gesti quotidiani erano altamente compromessi...
Mi sentivo frustrata e depressa e avevo perso anche la voglia di vivere a causa dei dolori e delle limitazioni (anche spingere il carrello della spesa era doloroso), avevo perso la mia identità...
Poi la corsa, lo psicologo, cambiare reparto, stile di vita, accettare tutti questi cambiamenti mi hanno aiutato e la mia vita è migliorata. Ora non voglio annoiarvi oltre.
Il messaggio che desidero passare è di sensibilizzazione per tutti. E soprattutto sensibilizzare i malati verso l'attività fisica, una cura vera!!!!! Una delle tante cure vere!!!!
Ora anche grazie alla corsa ho ritrovato me stessa e ne sono talmente felice !!!!!! Migliorare si può........ ”


Patrizia Marchese

26 novembre 2014

FONTE: Asdrunnervarese.com
http://www.asdrunnervarese.com/tapanews/fibromialgia.html

lunedì 28 luglio 2014

Siamo degli invalidi, non dobbiamo arrenderci


Caro Direttore, sono la malata FIBROMIALGICA che da tempo cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica su una malattia vera, e invalidante, non riconosciuta ancora dallo Stato italiano.
Ho dovuto affrontare tanti ostacoli e umiliazioni al lavoro... ancora adesso so che ci sono persone che sottovalutano la malattia! Ho lottato poiché sapevo di avere ragione e dei diritti veri come malata vera.... Ora sono migliorata tantissimo e sono contenta di questo, o meglio, avverto meno dolori e soffro meno. E comunque la mia vita è cambiata, mi limito giornalmente nei movimenti, nella vita quotidiana e al lavoro, e nello stress per ridurre al massimo lo stato doloroso.
In ultimo e più importante di tutto... sono stata spostata in un reparto idoneo a me. Tutto questo grazie solo ed esclusivamente al mio Direttore Generale aziendale che conoscendo perfettamente la malattia e con sensibilità si è adoperato a farmi finalmente spostare in tempi brevi! Insomma, lo ringrazierò a vita.
Dopo tante porte chiuse nonostante le limitazioni scritte dall'ASL, dopo il mio ricorso contro il parere del medico competente (e l'ASL di Varese ha riconosciuto limitazioni per una malata di fibromialgia), finalmente una porta aperta. Io lo definirei un PORTONE. Vale tantissimo per me. Perchè essere solo considerati per noi è già un miracolo, lo assicuro e sarei pronta a riscriverlo sempre e in maiuscolo!!!
Grazie e spero questo serva per non fare arrendere gli altri malati come me!
Mai arrendersi, perchè non siamo malati IMMAGINARI, ma siamo malati VERI.
E' frustrante accettarla ma si deve fare se si vogliono ridurre i dolori.
Siamo invalidi ed è invalidante!!

Patrizia Marchese

30 Novembre 2013

FONTE: Il cittadino di Lodi

venerdì 8 novembre 2013

Riconosceteci



Fibromialgia, patologia invalidante: le storie di Chiara e Patrizia

VARESE – Non riuscire ad alzarsi dal letto senza che una mano si tenda per dare un aiuto, salire le scale un passo alla volta ma solo attaccandosi al corrimano, non fare neanche la coda perchè i capelli farebbero male, evitare di spingere il carrello della spesa perchè
«è uno sforzo titanico». No, le parole non sono nostre ma di Claudia Canziani, 30 anni, mamma di un bimbo di un anno e mezzo, che ha scoperto che cosa la limitava così tanto nella vita di tutti i giorni, che cosa le procurava quel dolore fisso e continuo che rende l'esistenza un lungo calvario senza fine: è la fibromialgia a provocare quest'inferno quotidiano spesso scambiato per depressione o stress. Una malattia? Sì, all'estero o in Trentino lo è, mentre nel resto dell'Italia questa patologia, genetica e non autoimmune, che colpisce sopratutto le donne sui 30-40 anni, spesso anche dopo un forte stress non è riconosciuta come tale. E così oltre tre milioni di fibromialgici d'Italia come Claudia non sono riconosciuti come malati: tra loro 300.000 lombardi. Con tutto quanto consegue: visite, cure, fisioterapia che servono per sentire un po' meno quel terribile invalidante dolore sono a carico di ogni paziente. E se Claudia ha scoperto solo pochi mesi fa, grazie al primario della Reumatologia dell'ospedale di Circolo, il dottor Marco Broggini, di essere affetta da questa patologia, c'è Patrizia Marchese, 41 anni, che ha la stessa malattia ma una storia diversa.
Claudia non ha un lavoro, (
«e forse non lo troverò mai»), Patrizia, che soffre di fibromialgia da un anno, già a 30 aveva dei dolori a un'anca che andavano e venivano e non si sapeva che cosa fossero. «Chi non ha un lavoro non lo trova (Patrizia ha un lavoro che l'impegna fisicamente molto, ndr), perchè non può iscriversi come invalido: la fibromialgia non è riconosciuta in Italia, tranne che in Trentino, anche se l'Oms dal 1992 la definisce “malattia cronica invalidante” - dice Patrizia - Eppure non si può immaginare che cosa si prova ad avere un dolore continuo, stressante, che non ti abbandona mai, non lasciandoti dormire neanche di notte».
Claudia lo descrive così:
«Poi d'un tratto il corpo non ce la fa più: all'improvviso mi abbandona, non sono più in grado di camminare, piedi e mani formicolano, la testa mi scoppia e il più piccolo rumore o spiraglio di luce mi distrugge, non riesco a scrivere, a usare il cellulare, ad aprire il tappo di una bottiglia, ad allacciare i bottoni di una maglia o le stringhe delle scarpe». Allora non può fare altro che restare immobile a letto, sperando che le medicine facciano effetto: Claudia come altri milioni di ammalati di questa patologia, causata da un deficit dei neurotrasmettitori che portano il segnale del dolore al cervello. E così il cervello “sente” sempre quel dolore insopprimibile.
Al dolore fisico si aggiunge la frustrazione di non vedersi riconosciuti come malati.
Il messaggio di Claudia e Patrizia:
«Vogliamo dire a tutti i fibromialgici: non nascondetevi, insieme saremo una forza».
E per chi vorrà contattarle: marchesepatrizia7@mail.com

Renata Manzoni

20 ottobre 2013

FONTE: La Prealpina

lunedì 21 ottobre 2013

"L'Asl mi ha dato ragione. La mia malattia è invalidante"

Il racconto di Patrizia, affetta da fibromialgia, che ha ottenuto il riconoscimento del suo diritto ad avere limitazioni lavorative a causa della patologia

La sua è una storia di nicchia (vedi: http://marco-lavocedellaverita.blogspot.it/2013/09/noi-ammalati-di-fibromialgia-ci.html) Una malattia poco conosciuta, una sanità impreparata e vaga, dolori vissuti in solitudine, ignorati dalla gran parte della gente.
Il racconto di Patrizia Marchese parla di fibromialgia, malattia cronica, che crea stanchezza e dolorose contrazioni muscolari generalizzate. Ci sono terapie, soprattutto palliative, qualche medicina in fase sperimentale.

Così, in solitudine, Patrizia vive la sua vita quotidiana divisa tra lavoro, faccende domestiche, amicizie. A scandire, però, la sua quotidianità è spesso la grande stanchezza che la blocca, unita a dolori in diverse parti del corpo. Non è l'unica, e lei lo sa: grazie a internet ha trovato diverse testimonianze di persone che vivono il suo stesso incubo.

Il dolore, infatti, non è l'unico patimento che deve sopportare costantemente. A renderle l'esistenza più gravosa è anche la mancanza di riconoscimenti, la non legittimazione della sua sofferenza: «Lavorare diventa sempre più difficile: io occupo una posizione che non mi permette pause - racconta Patrizia - sto molto in piedi, ferma, sottoposta a tensioni e stress. Il mio corpo non riesce più a tollerare questo ritmo».

Nonostante due certificati che ne diagnostichino la fibromialgia, Patrizia non ha ottenuto considerazione da parte del medico del lavoro dell'azienda di cui è dipendente: «Nessuno sconto, nessuna concessione. Allora mi sono rivolta all'azienda sanitaria. La commissione che ha giudicato il mio caso ha capito la situazione e ha giudicato che la mia malattia richiede limitazioni nell'esercizio della professione».

Per Patrizia Marchese quella decisione dell'Asl corrisponde a una vittoria insperata: «È la prima volta che ottengo un riconoscimento. Per me è importantissimo vedere che qualcosa comincia a muoversi, che non sono più sola in questa lotta. Vorrei, quindi, parlare a tutte le persone affette da fibromialgia: l'Asl di Varese ha riconosciuto la patologia come limitante. Occorre, quindi, muoverci, far sentire la nostra voce, alzare la testa. È giunto il momento, i segnali ci sono e fanno ben sperare».

I dolori di Patrizia non sono passati, sono ancora lì ad accompagnare la sua vita quotidiana. Ma il giudizio dell'Asl ha avuto un effetto benerfico almeno sulla sua volontà e sulla voglia di continuare a lottare per la sua dignità.

A.T.
Una bella notizia che riporto con piacere sul mio blog.... con la speranza che da questa vittoria si possa giungere presto a una Vittoria ancora più grande: quella del riconoscimento ufficiale della Fibromialgia come malattia vera, cronica e altamente invalidante da parte del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Ce lo auguriamo tutti !

Marco

sabato 21 settembre 2013

Noi, ammalati di Fibromialgia: ci guardano come se inventassimo i dolori

Caro direttore,
sono una ammalata di Fibromialgia. Non è mia intenzione denunciare ciò che sto vivendo nel mio ambiente lavorativo e i tanti ostacoli che sto affrontando per un trasferimento in un reparto idoneo alla mia patologia. È giusto parlarne, rendere i cittadini sensibili a questa malattia... almeno capire cosa sia. Le Istituzioni è ora che si adoperino a intervenire per renderla riconosciuta anche in Italia. Può colpire chiunque, soprattutto donne.

È una malattia reumatica extrarticolare che colpisce muscoli e tendini, rende incapaci di esercitare movimenti semplici..., diminuisce l’attenzione e la concentrazione. Al lavoro sei vista come una finta malata o esagerata rispetto ai dolori; i fibromialgici non hanno il viso sofferente, non urlano dal dolore ma soffrono costantemente, 24 ore su 24 senza tregua... diminuisce la forza muscolare, rallentano i movimenti e ci si sente vecchi prima del tempo, tutto cambia, qualsiasi azione che prima era normale... ora è dolorosa e rallentata. E’ una malattia difficile da accettare, ti cambia la vita da un giorno all’altro!!

Nessuno, se non chi ne soffre e i reumatologi, comprende ciò che si sopporta per poter andare avanti al lavoro, e nella vita quotidiana. Al lavoro in particolare è veramente difficile farci comprendere e la sottovalutano, ma non do colpa a loro... quanto alle Istituzioni e a chi non ha abbastanza diffuso le informazioni su una malattia cronica come la Fibromialgia!!!

Sono stufa di essere vista come malata con qualche doloretto (esclusi alcuni, pochi medici che la conoscono bene, anche solo per amici che ne soffrono), è una sintomatologia che da subito ti cambia la vita!! È ora che si faccia qualcosa di concreto, sensibilizzare al massimo i cittadini, medici... tutti!!! L’OMS l’ha riconosciuta come malattia cronica e invalidante... e in Italia ancora non è stato fatto! Ma allora l’OMS a cosa serve?

Una volta decisa una direttiva non dovrebbe renderla d’obbligo a livello mondiale? Non mi piace questa società, piena di contraddizioni. Sono di Varese e se qualcuno, qualche fibromialgico volesse supportarmi a sollevare un polverone a Roma alle Istituzioni sono disponibile! Lottiamo per la malattia e per farci capire, è assurdo... ma è ora di agire!!

Patrizia Marchese


7 settembre 2013

FONTE: varesenews.it


Con piacere riporto sul mio blog la sentita lettera di Patrizia, malata fibromialgica che, come tante, tante altre persone in tutt'Italia chiede che questa patologia possa finalmente essere riconosciuta dal nostro Sistema Sanitario Nazionale, e tutti coloro che ne sono colpiti possano essere presi in maggiore considerazione. E' chiedere troppo per un paese che si definisce "civile"?

Marco