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mercoledì 4 aprile 2012

Elettrosensibilità: la solitudine di una malattia negata

PISTOIA – Si toglie la vita, nella notte tra il 14 e il 15 febbraio M., una quarantottenne di Pistoia, gravemente elettrosensibile: la sofferenza fisica, la perdita di autonomia e il grave isolamento causato dalla malattia erano insostenibili e l’aiuto di persone amiche e delle associazioni non è stato sufficiente a darle fiducia.

M. aveva da anni pesanti problemi di salute e da alcuni mesi lamentava anche sintomi di intolleranza ai campi elettromagnetici e a certe sostanze chimiche come i detersivi. Aveva bruciore alla testa e in tutto il corpo, ronzii alle orecchie, sensazione di soffocamento al contatto con un tessuto lavato di fresco oppure in prossimità di un computer, di un cellulare o di apparecchiature elettriche. Non poteva neanche usare il telefono perché le causava bruciore alla testa, tutti sintomi molto comuni per chi è affetto da Elettrosensibilità (ES), una condizione che colpisce a vari livelli, secondo stime mediche, dall’1 all’8% della popolazione.

M. era in contatto con l’Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o Ambientale (A.M.I.C.A.) e con l’Associazione Italiana Elettrosensibili (A.I.E.) che da mesi cercavano di aiutarla come possibile e le avevano fornito documentazione scientifica da portare ai suoi medici.

Sappiamo che aveva in programma di trasferirsi in montagna, lontano da ripetitori dei cellulari e da cavi dell’alta tensione – commenta Silvia Bigeschi, Vice Presidente e Responsabile per la Toscana di A.M.I.C.A..”

La signora aveva iniziato a non sopportare più i campi elettromagnetici presenti nella vita quotidiana dallo scorso aprile, subito dopo aver fatto un ciclo di terapia con stimolazione elettromagnetica, e si chiedeva se questa poteva essere stata la causa del suo aggravamento.

M. era portatrice di placche metalliche che possono aumentare l’assorbimento di campi elettromagnetici fino a centinaia di volte e, secondo alcuni studi scientifici (Irvine N. 2004), rappresentano un fattore di rischio per la Elettrosensibilità – ha dichiarato Anna Zucchero, medico e Presidente dell’Associazione Italiana Elettrosensibili.

Le linee guida ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection) precisano di non garantire limiti di sicurezza per la popolazione portatrice di protesi metalliche e da 10 anni attendiamo che l’Ente preposto CENELEC (Comitato Europeo per la Standardizzazione Elettrotecnica), stabilisca quali limiti di campi elettromagnetici siano compatibili per tali soggetti”, aggiunge la dottoressa Zucchero.

Numerosi scienziati, inoltre, denunciano da anni che gli standard attuali non proteggono la salute dei cittadini e lo stesso Parlamento Europeo ha raccomandato lo scorso settembre di rivedere i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici dell’ICNIRP proprio a causa dell’emergenza di patologie come la Elettrosensibilità e la Sensibilità Chimica Multipla”, commenta Francesca Romana Orlando, Vice Presidente di A.M.I.C.A.

La Elettrosensibilità è riconosciuta come invalidità in Svezia, dove ci sono interventi per superare le barriere elettriche così da garantire a chi ne è affetto una vita normale e, allo stesso modo, negli Stati Uniti e in Germania la Sensibilità Chimica Multipla è riconosciuta al pari di una invalidità motoria. Sulle Alpi Francesi è nato da pochi mesi il primo villaggio per elettrosensibili: www.zoneblanche.fr.

Secondo associazioni internazionali, come www.next-up.org o www.microwavenews.com, il mancato riconoscimento di questa condizione in tutto il mondo sarebbe da imputare ai pesanti conflitti di interessi che avevano i responsabili del gruppo di studio sui campi elettromagnetici dell’OMS.

A.M.I.C.A. e A.I.E. ritengono che la mancanza di iniziative concrete da parte delle istituzioni e della politica per tutelare chi è affetto da patologie ambientali, come la Sensibilità Chimica Multipla e la Elettrosensibilità, possa rappresentare una vera e propria omissione di soccorso e stanno valutando l’ipotesi di adire le vie legali.

L’unico investimento dal Ministero della Salute all’ISS viene utilizzato per studiare e modificare la percezione del rischio da campi elettromagnetici (progetto CAMELET), contrariamente a quanto previsto dalla legge che suggerisce di studiare l’impatto sulla salute denuncia la Presidente dell’Associazione Italiana Elettrosensibili – e i nostri associati, invece, si autotassano per finanziare studi scientifici indipendenti sul loro problema”.

M. amava la verità, l’onestà intellettuale e affettiva, l’impegno sociale: invitiamo tutti ad ascoltare quello che ci dice con la sua morte affinché altri non abbiano a soffrire come lei”, conclude la dr.ssa Zucchero.

15 febbraio 2009

FONTE: infoamica.it
http://www.infoamica.it/elettrosensibilita-la-solitudine-di-una-malattia-negata/#more-1870


La storia di M. ci deve indurre a riflettere su quello che sono patologie come l'Elettrosensibilità e la Sensibilità Chimica Multipla. Patologie che, nella loro forma più grave, ti tolgono tutto, salute, vita sociale, autonomia, soldi.... e non di rado anche gli affetti più cari. A tutto questo bisogna aggiungere l'omertà e l'indifferenza delle istituzioni che lasciano soli, abbandonati a loro stessi, questi malati.
E' un carico pesantissimo da sopportare e purtroppo non tutte le persone hanno la forza per sostenere un carico del genere. Com'è stato per M., com'è stato anche per altre persone.
Non dimentichiamoci di loro, non lo facciamo..... e dagli errori cerchiamo di imparare la lezione.

Marco

venerdì 2 marzo 2012

Silvia, ''intollerante'' a tutto: ''La mia lotta per chi vive come me''


Affetta da Sensibilità Chimica Multipla, si batte per gli altri

Silvia Bigeschi: ''I malati come me sono intolleranti anche a tantissimi farmaci e la vera terapia è riconoscere ciò che fa male e starne alla larga''

PISTOIA - UN’ESISTENZA sotto protezione, evitando ogni contatto che possa essere contaminante: vestiti di cotone rigorosamente bianchi, pareti della casa spoglie e senza colore, mobili (pochi) privi di tinte e, soprattutto, una vita sociale ridotta ai minimi termini.

Quella di Silvia Bigeschi, 47 anni, di Massa e Cozzile, sposata, due figli è una quotidianità difficile, comune a tutte le persone che soffrono di Sensibilità Chimica Multipla (MCS), una forma molto grave di intolleranza alla maggior parte delle sostanze chimiche presenti negli ambienti chiusi (si va dai deteresivi, ai profumi, alle vernici ecc.). Le reazioni che il contatto con queste sostanze scatena nel corpo sono solo apparentemente simili a quelle provocate da un’allergia, in realtà ben più violente. Chi è affetto da questa patologia, deve affrontare e superare continue difficoltà non solo per difendere il proprio stato di salute, ma anche solamente per vedersi riconosciuta la propria malattia.

«I PROBLEMI iniziano dalla diagnosi — spiega Silvia Bigeschi —. Io, per esempio, sono malata dal 1999, ma la malattia mi è stata diagnosticata solo nel 2006. Molto spesso la malattia viene scambiata per una semplice allergia, perché i sintomi che dà sono simili alle reazioni allergiche: soffocamento, orticaria ecc. Di solito, le persone all’inizio della malattia si rivolgono ad un allergologo che prescrive loro dei test e magari una cura a base di cortisone, che tampona il problema per un po’. In questo modo però non si arriva alla prima forma di cura che è la decontaminazione degli ambienti e delle persone con cui il malato viene in contatto. I malati come me, infatti, sono intolleranti anche a tantissimi farmaci e la vera terapia è riconoscere ciò che fa male e starne alla larga. Quando si accumulano nel corpo le sostanze nocive, la cosa migliore è raggiungere uno spazio aperto e ossigenato come un bosco e restarci per un po’». Questo il motivo per cui Silvia, come tutte le persone affette da MCS, è costretta ad avere contatti limitati e sempre protetti con le altre persone.

Ma i problemi non finiscono qui. La Sensibilità Chimica Multipla, infatti, in Italia non viene riconosciuta come malattia invalidante, come invece avviene in altri Paesi in Europa. Per portare avanti questa battaglia e per ottenere la creazione di servizi dedicati, è nata l’associazione Amica di cui Silvia Bigeschi è vice presidente.

«Dal punto di vista sociale — spiega — il problema più importante per il malato è di poter mantenere il proprio posto di lavoro. Per farlo bisogna che nel luogo di lavoro siano adottati protocolli specifici, cioè che sia imposto ai colleghi di lavoro di seguire le precauzioni necessarie a far sì che l’ambiente non si contamini: evitare fumo, profumi e tutte le sostanze a cui il malato è sensibile. Per questo nel 2010 abbiamo preparato una petizione per ottenere il riconoscimento della malattia come malattia sociale». A livello normativo, in Italia sono state elaborate quattro proposte di legge, una di queste è attualmente in discussione alla commissione Igiene e Salute del Senato, mentre lo scorso anno l’associazione Amica ha preso parte a Ginevra a un incontro per richiedere l’attribuzione alla MCS del codice ICD10, che identifica tutte le patologie riconosciute a livello mondiale.

«DAL PUNTO DI VISTA sanitario — spiega ancora Silvia Bigeschi — avremmo bisogno di un ambulatorio medico dedicato a noi malati, quindi non contaminato. Per questo sto collaborando con il dottor Roberto Biagini, direttore sanitario del Ceppo, per creare percorsi assistenziali personalizzati per i malati. Dal 2008 a ora siamo arrivati a una decina di casi, solo nella nostra provincia. La malattia è stata inserita tra le malattie rare nella regione Lazio, dove in questi giorni sarà inaugurato un ambulatorio dedicato. In Toscana e qui a Pistoia con il dottor Biagini, stiamo lavorando per ottenere un’assistenza specifica in Pronto Soccorso: si potrebbe creare, per esempio, una sala d’attesa riservata o almeno adeguata ai bisogni dei malati, e percorsi separati per accedere ai principali esami diagnostici, come le ecografie, che espongono i malati al contatto con strumenti a rischio di contaminazione. Infine, ci battiamo per il riconoscimento dell’esenzione dal ticket sanitario, date le ingenti spese che questa malattia porta».

di Martina Vacca

29 febbraio 2012

FONTE: lanazione.it
http://www.lanazione.it/pistoia/cronaca/2012/02/29/674331-silvia_intollerante_tutto.shtml


Un grazie sentito a Silvia Bigeschi e a tutte le persone come lei che mettono impegno e cuore nel cercare di migliorare la situazione dei malati di Sensibilità Chimica Multipla.
E' una lotta dura, ardua... ma se dei risultati si sono ottenuti e ancora se ne otterranno (nonostante l'inerzia o, peggio ancora, l'ostruzione delle istituzioni) è perchè ci sono persone che si battono per questi ideali. A tutti loro è giusto che vada il nostro più sentito ringraziamento.

Marco

sabato 2 aprile 2011

La battaglia di Silvia, allergica a tutto

Vita da reclusa per una malattia rara: si batte con una associazione per farla riconoscere invalidante

Tra poco torneranno a casa da scuola i due suoi figli, 9 e 7 anni. Ma prima di entrare in casa dovranno cambiarsi d’abito e lavarsi i capelli. Per Silvia Bigeschi, 44 anni, di Massa e Cozzile a due passi da Montecatini, la vita trascorre da dieci anni tra mille precauzioni per sé e per chi vive con lei. Tutto cominciò con frequenti episodi di sensazione di soffocamento (le si gonfiava la gola) e orticarie devastanti, con la pelle che “bruciava”. Silvia è una delle persone che hanno la sfortuna di soffrire di Sensibilità Chimica Multipla (MCS), una malattia rara ma in continua espansione che si manifesta con una progressiva intolleranza nei confronti di sostanze chimiche di varia origine (dai detersivi ai profumi, dalle vernici ai collanti, ma l’elenco sarebbe lunghissimo). L’organismo sviluppa cioè una serie di intolleranze e ha difficoltà a eliminare numerosissime sostanze chimiche. Malattia riconosciuta come invalidante in Austria e in Germania, ma anche in Giappone e negli Stati Uniti. Ma non in Italia. E’ questa la battaglia di Silvia e di altre persone malate – quattro in provincia di Pistoia, una ventina in Toscano, 4mila quelle censite all’Istituto superiore della Sanità nel 2004 – che hanno una loro associazione nazionale, Amica (Associazione per le malattie da intossicazione cronica e/o ambientale), della quale lei è vicepresidente: l’obiettivo è ottenere il riconoscimento della MCS come malattia sociale e invalidante. Una battaglia difficile e che per ora ha dato pochi risultati. Di pochi giorni fa una lettera al nostro giornale di un'altra persona malata di Livorno.
Recentemente della malattia si è occupato anche il consiglio comunale di Massa e Cozzile approvando all’unanimità una mozione (inviata alla presidenza di Camera e Senato e alle commissioni competenti) per chiedere che vengano rispolverate dal dimenticatoio in cui sono finite le sei Proposte di Legge d’iniziativa parlamentare per il riconoscimento della malattia. “Ringrazio tantissimo i promotori dell’iniziativa – dice Silvia – perché si sono impegnati al mio fianco e di tante persone che soffrono. Come associazione abbiamo intanto avviato contatti con la Regione Toscana – racconta Silvia, che ci riceve con la mascherina nel cortile di casa perché entrando porteremo la scia delle sostanze che abbiamo sul corpo – per avere alcuni sostegni, tra cui l’apertura di un ambulatorio medico al quale poter accedere senza rischio”. Già, perché per Silvia gli ambulatori normali (con tutti i loro prodotti chimici dai disinfettanti ai medicinali e così via) sono posti impossibili da frequentare. “Recentementeracconta questa donna minuta, dallo sguardo diretto e chiaro ho dovuto togliermi 2 denti. La dentista ha dovuto adeguare lo studio alle mie necessità, togliendo il materiale che avrebbe potuto crearmi reazioni. E’ anche stato necessario trovare un’anestesista che fosse in grado di scegliere le sostanze più adatte al mio caso. Per estrarre 2 denti sono stati necessari 2 mesi”. La vita di Silvia è tutta così. Non può entrare – nonostante ormai tenga costantemente la mascherina sul viso – in nessun luogo chiuso. Il supermercato, ad esempio, per lei è veleno. “la spesa – spiega ancora – la fa mio marito. Alle poste ci va mia suocera. Non posso partecipare alle feste dei miei figli: l’unico posto dove posso accompagnare il più grande è calcio, perché sono spazi grandi e all’aperto”. La sua casa è stata via via svuotata: una serie di tentativi per riuscire a eliminare le sostanze che le provocano reazione. Si veste solo con cotone e con colori chiari. E ancora, niente lavoro (“ci vorrebbero ambienti ad hoc”), niente vacanze. “Solo qualche gita in campagna o in montagna – dice Silvia che la malattia ha duramente provato, senza però toglierle la voglia di vivere e lottare – ma ai bambini piace il mare…

26 novembre 2009

FONTE: Il Resto del Carlino


Un altra preziosa testimonianza di malata di Sensibilità Chimica Multipla, con tutto il suo carico di dolore, problemi e limitazioni. La storia di Silvia è un esempio perfetto di cosa significa avere l'MCS, ma è anche un grande esempio di vita, di reazione alle difficoltà, scegliendo di mettere in campo la propria esperienza diretta e il proprio impegno a favore di altri malati, nonchè lottando per ottenere il Riconoscimento di questa patologia in continua espansione.
Grazie Silvia, per tutto.

Marco