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giovedì 29 aprile 2021

L'appello di Dominique: “Salvatemi dal Lyme e da altre malattie neurologiche rare”

Cari amici,

sono davvero molto malata.

Mi chiamo Dominique, ex ballerina, artista, insegnante, moglie... la mia vita non è mai stata facile, ma ho lottato per vivere al meglio con amore e cura per tutti gli esseri umani. L'uomo del mio destino si chiama Michael ed è di Berlino, la città che amo di più in Europa.
Ho la malattia di Lyme con coinfezioni, che mi stanno uccidendo molto velocemente. In passato questa malattia è stata diagnosticata erroneamente come una condizione autoimmune trattata con farmaci sbagliati. Essa e' chiamata la “grande imitatrice”, perché imita molte patologie. Nel mio triste caso ho sviluppato come una Sla fulminante, una malattia dei motoneuroni, meglio conosciuta come morbo di Lou Gehrig. Inutile dire che in questa fase ho bisogno di uno speciale trattamento con cellule staminali e medicina rigenerativa all'estero. Ci sono diverse possibilità in centri specializzati in Germania o Thailandia.
L'infezione sta danneggiando tutto, soprattutto ll mio collo con una grave instabilita' craniocervicale. Il mio collo si è praticamente attaccato alle spalle ed ho difficoltà a parlare, ad ingoiare, a deglutire e non riesco a respirare bene. Sono anche debole di cuore e mezza paralizzata.
L'unica possibilità per ora è di fare un intervento chirurgico superspecializzato dal dottor Gilete a Barcellona.
L'operazione è urgente, ho bisogno di volare, per pagare i costi di assistenza medica, ossigeno, cure e uno speciale dispositivo di trazione.

Prego tutti voi di darmi la possibilità di salvare la mia vita e di essere un esempio per altre persone sfortunate come me, che non possono permettersi una cura a causa dei soldi. La mia famiglia è molto povera, mia sorella è anch'essa malata e mio padre molto anziano. Purtroppo non possono occuparsi di me.

Il welfare italiano è terribile, le persone bisognose sono abbandonate a una morte sicura in questo periodo storico.
Ho paura, basta poco che siete tanti. Aiutate me e la mia famiglia a ritrovare speranza e dignità. Grazie mille, non lasciatemi morire in queste condizioni terribili.


Dominique Pinto


Per aiutare Dominique si può fare un offerta sulla piattaforma Gofundme:

https://www.gofundme.com/f/Salvate-Dominique-Save-meam-dying?utm_source=facebook&fbclid=IwAR0GcF2cCFHcZkouiEIAZ4lxVzaUN2UMUlWfRsF1xhrNahS4tI3LZNWMkdU   

Oppure alle coordinate del suo C/C Bancario:

IBAN: IT44N0760102400000073415523

Intestato a Dominique Pinto



Tante gocce, tutte insieme, formano l'oceano. E allora tocchiamoci il cuore e trasformiamoci in quella goccia che, assieme a tante altre, può consentire a Dominique di intraprendere quelle cure di cui ha bisogno per avere una salute e un futuro migliore.

Grazie di vero cuore a chi potrà e vorrà aiutarla.


Marco

(Post aggiornato al novembre 2023)

venerdì 12 febbraio 2021

Elena Delle Donne, star del basket, malata di Lyme, costretta a scegliere tra il rischiare la vita e lo stipendio

La star del basket statunitense femminile Elena Delle Donne è costretta a decidere se “rischiare la vita” o perdere i suoi stipendi dopo che le è stata negata l’opportunità di rinunciare alla prossima stagione. La cestista che lotta da anni con il morbo di Lyme infatti non vuole giocare per non correre il rischio di contrarre il Covid.

Rischiare la vita continuando a giocare, o perdere i suoi stipendi? Elena Delle Donne, star del basket femminile, si è trovata a fare i conti con questo triste dilemma a pochi giorni dalla ripresa della stagione. L'atleta che soffre di una malattia cronica (il morbo di Lyme che indebolisce il sistema immunitario), aveva chiesto ai vertici del massimo campionato di pallacanestro femminile americano di rinunciare a giocare per motivi di salute, alla luce del rischio di contrarre il Covid. Una richiesta che è stata respinta, con la WNBA che ha evidenziato che in caso di forfait la Delle Donne dovrebbe fare a meno degli stipendi.

Elena Delle Donne è una delle stelle del basket americano capace di vincere in carriera anche un oro olimpico e un mondiale. L’atleta di origini italiane è salita alla ribalta per una situazione che sta facendo molto discutere oltreoceano. La classe 1989 soffre infatti del morbo di Lyme, una malattia infettiva che oltre a colpire la cute intacca anche organi interni, articolazioni e sistema nervoso provocando stanchezza, dolori muscolari e febbre. La malattia cronica indebolisce anche il sistema immunitario, una situazione che ha spinto la Delle Donne alla luce dell'emergenza Coronavirus a richiedere di non giocare la stagione 2020. Anche se il campionato femminile di basket americano si giocherà in una "bolla" in Florida con le giocatrici isolate e costantemente controllate, la cestista non vuole correre rischi.

La WNBA, la massima lega della pallacanestro in rosa degli States ha rispedito al mittente la richiesta della Delle Donne, costringendola di fatto a scegliere tra la propria salute e lo stipendi. Secondo i vertici del basket infatti se la trentenne si rifiutasse di giocare lo farebbe per una sua scelta e non avrebbe dunque diritto al salario. La malattia di Lyme non è inclusa nell'elenco dei Centri statunitensi per il controllo delle malattie e la prevenzione, ma è innegabile che la Delle Donne potrebbe andare incontro a gravi conseguenze in caso di positività al Covid. La sua domanda, presentata sulla linea del protocollo di valutazione medica della WNBA, è stata negata da un gruppo di tre medici. Questo il suo commento: "Ora mi sono rimaste due alternative: posso rischiare la vita o perdere la busta paga. Onestamente fa male. Non ho i soldi dei giocatori della NBA. Non ho il desiderio di andare in guerra con la Lega su questo. E non posso fare appello".


di Marco Beltrami

16 luglio 2020

FONTE: Fanpage

venerdì 29 gennaio 2021

Quando la malattia di Lyme persiste

La storia di Marina, che dal 2017 combatte contro infezioni multiple. Senza riconoscimento, senza la legge 104 e, oggi, senza un lavoro.

È il 2017 e Marina è in aereo, durante un viaggio all’estero. A un certo punto, per caso, si accorge di questo puntino nero sulla pelle. All’inizio pensa sia un piccolo neo e lo fotografa: non si era mai accorta della sua esistenza fino a quel momento e chiede anche al compagno se lo avesse mai notato. Poi prova a toccarlo con le dita e dopo qualche minuto, ricontrollando, si accorge che il puntino nero non c’è più. Bene, non era un nuovo neo.

In realtà questo puntino era una zecca e quella fotografia scattata è l’unica testimonianza dell’origine di quello che, per Marina, di lì a poco sarebbe diventato un calvario: una forma di malattia di Lyme molto difficile da debellare.

Lo diciamo subito: oggi, a distanza di due anni e mezzo, Marina mi dice di stare meglio. Non ha più la valanga di sintomi che nel giro di poche settimane l’avevano costretta a letto, senza riuscire ad alzarsi, a parlare, a scrivere, a guardare fuori dalla finestra senza che la sua testa scoppiasse. Ma ancora non è finita: il batterio responsabile di questa forma così resistente di Lyme non se ne è ancora andato del tutto e a breve – mi dice speranzosa – verrà inserita in una nuova sperimentazione all’estero per una terapia che potrebbe apportare importanti miglioramenti per lei. Nel frattempo però ha perso il lavoro, una carriera importante guadagnata con anni di duro impegno e a cui teneva infinitamente: a causa dei vari limiti fisici, non era più in grado di far fronte agli impegni.

Lyme, la malattia dimenticata

La sua storia è molto importante, perché racconta aspetti meno noti di questa malattia di cui poco si parla, se non in territori montani. Quella di Marina è anzitutto la vicenda di una persona che da anni studia, si informa, anche perché – mi dice – è fortunata, ha gli strumenti per farlo, dato che lavorava nel settore sanitario. “Ci tengo a raccontare a più persone possibili quello che ho fatto, perché se solo io avessi avuto qualcuno come me – che mi avesse indicato da subito i luoghi giusti ai quali rivolgermi – avrei ricevuto tempestivamente un’adeguata terapia”.

Il problema è che sono rari gli specialisti esperti di malattia di Lyme e che sanno come comportarsi quando – come nel caso di Marina – accanto alla Borrelia la zecca è portatrice di altre co-infezioni. “L’idea dominante è che la malattia di Lyme abbia un decorso relativamente breve, se si fa correttamente la terapia, ma spesso non è così: ci sono forme persistenti, io stessa sono ancora positiva ai test, e in questi casi non è semplice trovare uno specialista che abbia seguito dei corsi di aggiornamento specifico su come trattare casi come il mio, che non è certo l’unico in Italia. Anche perché, in realtà, ogni persona ha reagito diversamente, anche in conseguenza dei tempi di diagnosi, alla malattia, e dunque reagisce diversamente alle terapie”.

L’iter di Marina dura molti mesi, e parte da Milano, dove viene ospedalizzata per un mese, dopo la comparsa di una serie di sintomi invalidanti nel giro di pochissimo tempo. “Tornata in Italia dal mio viaggio mi sono subito sottoposta al test e sono risultata positiva. Ho iniziato la normale terapia ma ho iniziato a stare sempre peggio: faticavo a respirare, non riuscivo più a fare le scale, avevo sempre un’emicrania potentissima che mi impediva di stare con gli occhi aperti, avevo nausee e iniziavo a perdere la vista e la memoria”.

Quando il malato si informa da solo

Per Marina, che fino a un mese prima arrampicava, è qualcosa di spaventoso. Ma lei continua a cercare in rete informazioni, a studiare, a iscriversi ai gruppi sui social media e alle associazioni che si occupano di Lyme. “I medici a Milano mi hanno detto che non si spiegavano questa persistenza della malattia e che probabilmente c’era qualcos’altro, anche se fatti tutti gli esami possibili per altre malattie non è risultato nulla. Sempre e solo Lyme. Allora mi hanno detto che forse ero depressa, ma non lo ero. Grazie all’ Associazione Lyme Italia e Coinfezioni sono stata quindi indirizzata a Trieste, presso la Clinica Dermatologica dell’Ospedale Maggiore, dove c’è un reparto con competenze avanzate specializzato nella diagnosi e cura della malattia di Lyme
.

Inizia quindi per Marina e la sua famiglia un lungo periodo di viaggi a Trieste, dove viene presa in cura e sottoposta a una terapia combinata che riduce i sintomi, anche se la gestione è difficile. I tempi d’attesa sono lunghi poiché il reparto è piccolo, ma vista l’elevata competenza rispetto al resto delle regioni in Italia ci sono tante richieste. La cosa più importante è che a Trieste sottopongono Marina a nuovi esami e si rendono conto che oltre alla Borrelia ci sono altre tre co-infezioni in corso dovute alla zecca. Viene quindi richiesto di effettuare alcuni approfondimenti diagnostici, ma in Italia sono poche le strutture ospedaliere attrezzate per eseguirli. Ciò obbliga Marina a informarsi presso varie strutture ospedaliere e a doversi attrezzare, per casi in cui in Italia non sia possibile effettuare questi esami, a farli all’estero. A spese sue.

Anche se ci sono dei miglioramenti, le terapie svolte in Italia non permettono a Marina di risolvere la patologia. Per questo decide di andare all’estero, a malincuore, spendendo molto in pochi mesi per pagare una clinica privata dalla quale riceve una terapia che ha un buon effetto su di lei. Sta per un mese in Germania, prendendo in affitto un appartamentino, e intraprende delle terapie non disponibili in Italia. “Di giorno facevo le mie sei-sette ore di infusione e poi stavo male tutta la notte. Ma alla fine le cose hanno iniziato ad andare meglio, e sono potuta tornare a Milano per continuare la terapia”.

Problema: non tutti i farmaci che le sono prescritti sono in commercio in Italia ed è quasi impossibile trovare una struttura che ti prenda in carico per effettuare la terapia infusionale prescritta. Così, fra una cosa e l’altra, il percorso costa a Marina altre migliaia di euro. “Mi chiedo, chi non ha la mia determinazione e le mie possibilità che cosa fa”.

Poi, la difficoltà finale

Infine arriva il momento più duro di tutti, il giorno in cui è fissata la visita in commissione INPS per l’accertamento dell’invalidità e altre tutele previste dalla legge per le patologie invalidanti. “In quel momento stavo molto male, avevo anche problemi cognitivi, nel senso che non riuscivo a compilare il modulo, a capire che cosa leggevo e a rispondere. Non chiedevo pietà, ho sempre lavorato tanto nella mia vita e chiedevo solo un riconoscimento di quanto questa patologia sia invalidante dal punto di vista sociale, lavorativo e sanitario”.

Ma la commissione, dove non era presente alcuno specialista in malattie rare, minimizza la situazione e concede a Marina una minima percentuale di riconoscimento perché la malattia di Lyme non è considerata grave. “Ero lì con mia mamma ma nessuno mi ha fatto domande, non hanno guardato la documentazione richiesta, erano incompetenti sulla malattia di Lyme e mi hanno solo detto che se fossi stata lì con una gamba rotta sarebbe stato più facile. Te lo assicuro, io non piango mai, ma quel giorno ho pianto per un’ora in macchina. Mi sono sentita meno di zero, delusa e frustrata”.

Mentre Marina mi racconta questa sua giornata ho i brividi. Ho già sentito storie simili, raccontate da altre persone che hanno contribuito a Vite Pazienti, come Flavia con la distonia, Maria Grazia con il Lupus, Giuseppe con il Pemfigo. Persone affette da malattie rare che sono regolarmente inserite negli elenchi ufficiali degli aventi diritto, ma non riescono ad ottenere i riconoscimenti previsti dalla legge perché in Italia si trovano a dover fare i conti con le enormi difficoltà di un corretto riconoscimento sanitario e sociale.


di Cristina Da Rold

18 febbraio 2020

FONTE: OggiScienza

mercoledì 9 settembre 2020

La puntura di un tafano e la tua vita è sconvolta per sempre


Donata Rotondo colpita dalla Borrelliosi. Da Baldissero lotta per impedire che dilaghi

BALDISSERO E' bastata la puntura di un tafano a sconvolgere per sempre la vita di Donata Rotondo, nove anni fa. Aveva 56 anni. Era a letto. Lì per lì non diede molto peso a quel fatto. Non sapeva che stava iniziando la sua lotta contro una malattia subdola: la Lyme. Oltre a combatterla dentro se stessa, Donata Rotondo ha deciso di darle battaglia anche in campo aperto, raccontando cos'è e come la si può affrontare.
«Per il primo anno non mi sono accorta di essere stata infettata. Però mi sentivo strana, avevo sbalzi d'umore inspiegabili. Circa un anno dopo la puntura, ha iniziato a gonfiarmi un braccio e, nei giorni successivi, la stessa cosa è successa anche ad altre parti del corpo».
Non capisce di cosa si tratta fino a quando, un giorno, una dermatologa, da cui va per altri motivi, ha il sospetto che possa trattarsi di Lyme: identificata nel 1975 in una contea del Connecticut, negli Stati Uniti, è una malattia infettiva di origine batterica, provocata dalla Borrellia burgdorferi. Si trasmette in prevalenza attraverso il morso della zecca, ma altri vettori di contagio possono essere insetti come tafani, zanzare, pulci.
«Il problema maggiore di questa malattia è proprio la diagnosi: spesso i sintomi che provova vengono scambiati per altro e non si riesce ad intervenire quando è necessario farlo», racconta Rotondo.
Il primo classico sintomo della malattia è un eritema migrante, cioè un arrossamento della cute localizzato nella zona del morso, che però si presenta solo nel 30-40% dei casi, rendendo più complicata la diagnosi.
La signora Rotondo viene sottoposta al test per la Borrellia, a cui risulta positiva. Così inizia la terapia per contrastare la malattia.
La Lyme si manifesta attraverso febbre e sudorazione, problemi intestinali, dolori al collo e alle articolazioni e uno stato di malessere generale, che rendono difficile vivere una quotidianità normale. «Ma non solo: spesso ho anche mal di testa, pelle sensibile, soffro di amnesie e ho difficoltà di concentrazione – racconta – Mi sono poi rivolta all'Ospedale Maggiore di Trieste, dove sono stata ricoverata una prima volta a Natale del 2012 e una seconda nel 2015, quando ho scoperto dell'esistenza di possibili coinfezioni collegate alla Lyme».
Dopo i trattamenti comincia a stare meglio: «Non è stato facile, ero in continuazione sotto antibiotici: se non si debella la malattia, appena vengono smessi gli antibiotici, i sintomi possono ripresentarsi e c'è bisogno di un continuo confronto con il medico curante».
La battaglia con la malattia costringe anche a cambiare le proprie abitudini alimentari, per ridurre i rischi di complicanze da farmaci.
Adesso Donata Rotondo è nella fase di remissione della malattia: ha sconfitto le coinfezioni. «Sto meglio e conduco una vita dignitosa, prima non era vita. Anche se per due anni ancora i sintomi potrebbero ripresentarsi».
Per permettere ad altre persone di conoscere la malattia, ha creato su Facebook il gruppo “aggiornamento ricerche sul Lyme”, dove pubblica materiale informativo. Per saperne di più sulla Lyme, esiste inoltre l'Associazione Lyme Italia e coinfezioni, una rete di malati, familiari e professionisti sanitari che si occupa di sensibilizzazione (per informazioni: infoassociazionelyme@gmail.com, www.associazionelymeitalia.org o 338.18.43.725, il sabato in orario 10-13).
Sul sito dell'Istituto superiore di sanità , si legge che “la malattia di Lyme è oggi la più diffusa e rilevante patologia trasmessa da vettore con diffusione nelle zone geografiche temperate, ed è seconda, per numero di casi, solo alla malaria fra le malattie che richiedono un vettore artropode per la diffusione”. Rotondo sottolinea che ormai la Lyme è endemica su tutto il territorio italiano. «E il problema diventa più grave se si considera che le zecche sono in aumento: è necessario fare quindi attenzione e prendere le dovute precauzioni».
Ma è possibile prevenire la Lyme? «Purtroppo non esistono vaccini: si può solo cercare di evitare la puntura delle zecche». L'Associazione Lyme Italia consiglia, quando si fanno passeggiate in aree verdi, di usare repellenti per insetti sulla pelle scoperta, di indossare indumenti chiari per meglio individuare le zecche e coprire gambe e braccia.
E' inoltre utile camminare al centro dei sentieri e, al termine dell'escursione, controllarsi su tutto il corpo, dato che la presenza delle zecche non è percepita sulla pelle. «Se per caso si viene punti, è meglio non rimuovere da soli la zecca, a meno che non si sia esperti. Conviene recarsi al pronto soccorso e poi far analizzare la zecca: a Torino ci si può rivolgere all'istitutozooprofilattico per capire se è infetta».

di Vladimire Labate


Dall'eritema migrante ad artriti, cefalee e disturbi neurologici

Dr. Maria R. D'Alterio

La malattia di Lyme o Borrelliosi, è causata dal morso di una zecca infettata da un batterio detto Borrelia Burgdoferi. L'infezione, nell'uomo, procede attraverso vari stadi che si manifestano con un'eruzione cutanea: eritema migrante, artriti, artralgie o mialgie migranti, rigidità o dolore del collo; problemi neurologici: sensazione di “annebbiamento”, amnesie, difficoltà di concentrazione, cefalea, parestesie, paralisi facciale, meningite, neurite multipla, encefalite, sintomi neuropsichiatrici; cardiologici: arresto cardiaco, pericardite; oculari: uveite. cheratite. L'eritema migrante, che ricorda la forma di un bersaglio, costituito da cerchi concentrici di zone più rosse alternate a zone di cute più chiara, è la reazione della pelle caratteristica della malattia e si manifesta dopo il morso della zecca. Purtroppo questa lesione non sempre è presente, notata o riconosciuta.
Può comparire da 1 settimana a 3 mesi dopo il morso e perdurare per diverse settimane. Non provoca prurito, né calore, né dolore.
La diagnosi della malattia di Lyme si fa attraverso un test a elevata sensibilità, l'Elisa. Quando il risultato è positivo o dubbio, si approfondisce con un altro test, più specifico, l'Immunoblot. In caso di conferma, si procede con la terapia. Doxiciclina o amoxiciclina per almeno 3 settimane sono gli antibiotici maggiormente efficaci.
La prevenzione delle punture delle zecche è l'arma più valida per proteggersi dalla malattia di Lyme. E' consigliabile usare spray repellenti da spruzzare su pelle e abiti quando ci si avventura, maggiormente in primavera ed estate, in zone boscose, tra l'erba alta, in prossimità di corsi d'acqua dove si abbeverano gli animali selvatici che possono trasportare questi insetti.
Al rientro dalle escursioni, è bene controllare abiti e scarpe. Ispezionare accuratamente il corpo durante la doccia e contattare il medico in caso di presenza di zecche, di comparsa di lesioni eritematose a/o di febbre e malessere generale.


25 aprile 2019

FONTE: Corriere di Chieri

giovedì 20 agosto 2020

Cuglieri, grazie al web colletta riuscita: Cristina potrà curarsi negli Usa


La ragazza affetta dal morbo di Lyme è riuscita a raccogliere i fondi per pagare la terapia

SASSARI. L'America non era mai stata così vicina. Sopratutto se per raggiungerla è possibile contare sul sostegno di un'intera regione. Cristina Rosa, la ragazza di Cuglieri che aveva aperto una sottoscrizione online per provare a sconfiggere la malattia di Lyme, arriverà negli Usa la prossima settimana. Negli States, in particolare nel District of Columbia, incontrerà il dottor Joseph G. Jemsek nella sua clinica di Washington.

La Malattia

Cristina l'ha contratta 19 anni fa. Aveva appena undici anni quando una puntura di zecca le aveva spalancato davanti agli occhi l'incubo di una malattia difficile da diagnosticare ma assolutamente spietata. Si chiama anche “borrelliosi” ed è una malattia infettiva causata da un batterio che spesso viene identificata a fatica: i sintomi iniziali somigliano a quelli di altre infezioni, al punto che proprio la malattia di Lyme viene definita come “il grande imitatore”. Peccato che proprio la tempestività della cura sia fondamentale per la terapia. Se diagnosticata in tempo, la maggior parte dei pazienti può essere curata con successo con una semplice terapia antibiotica. Se invece la diagnosi è fallace, le conseguenze possono essere disastrose.

Il caso

Cristina ha atteso anni prima di capire a cosa dovesse il senso di debolezza costante che la affliggeva. Nell'attesa ha rischiato la vita con terapie sballate e non è migliorata sottoponendosi ai cicli di antibiotici che, perlomeno in Italia, sembrerebbero l'unica cura possibile. Considerata l'inefficienza delle terapie, Cristina e la madre hanno iniziato a girare l'Europa andando a caccia di una cura con risultati pressochè inconsistenti che hanno avuto effetti solo sul conto in banca della famiglia, prosciugato dai viaggi della speranza. I soldi sono scomparsi ma i capogiri, l'estrema debolezza e l'impossibilità di vivere una vita normale non hanno preso vigore. Anzi.

La speranza

Mentre i medici faticavano, Cristina diventava un'esperta del suo nemico invisibile. Al punto da scoprire che negli Usa due dottori, Richard Horowitz e Joseph Jemsek, avevano ottenuto ottimi risultati sui loro pazienti. Gli Stati Uniti, però, sono lontani e i trattamenti medici davvero costosi. L'unica soluzione era fare quello che Cristina non avrebbe mai voluto: chiedere una mano.

La solidarietà

La prima raccolta è stata lanciata sulla piattaforma Gofoundme, poi rilanciata sui social network che ne hanno amplificato la diffusione al punto da attirare l'attenzione di tanti sardi e di tutti i suoi compaesani: «Sono stati tutti magnifici, ho ricevuto donazioni davvero generose. E se sto partendo è solo grazie a loro – dice Cristina che ha raggiunto il suo obiettivo a poche settimane dall'apertura della sottoscrizione -. Nel mio paese, poi, la giunta comunale e gli amministratori si sono impegnati tantissimo e durante gli spettacoli di Natale hanno organizzato una raccolta fondi. Chi non ha partecipato alle manifestazioni natalizie ha lasciato la sua offerta nei negozi, che hanno allestito un circuito alternativo. E' stato davvero un bel gesto e io non posso fare altro che ringraziare tutti, i miei compaesani e tutti i sardi. Senza il loro aiuto non sarei mai riuscita a pagare le spese per il viaggio e per le cure». Un aiuto che tutti sperano possa servire a restituire salute e tranquillità a una ragazza di trent'anni che sta in piedi a fatica ma che lotta come un leone e non ha alcuna intenzione di arrendersi.


Di Claudio Zoccheddu

9 gennaio 2017

FONTE: La Nuova Sardegna

giovedì 13 agosto 2020

«Voglio guarire dal morbo di Lyme», da Cuglieri Cristina chiede aiuto al web


Per le cure in una clinica di New York servono 20mila euro. La ragazza ora vive tra ospedali e terapie

CUGLIERI. Diciannove anni di convivenza con uno sconosciuto incontrato per caso. La storia di Cristina Rosa, trentenne di Cuglieri, è un incubo iniziato nel 1997, quando la ragazza aveva appena 11 anni. Un'età in cui non si può dare troppa importanza alla puntura di un insetto che, generalmente, causa prurito, bruciore e uno sfogo cutaneo che passa dopo qualche giorno. Per Cristina, però, l'epilogo è stato diverso. Quella puntura le ha segnato la vita consegnando il suo corpo alle bizze della malattia di Lyme, un mostro in incognito difficilissimo da diagnosticare.

Tecnicamente non esiste una cura, almeno per il momento. Tuttavia, in alcune parti del mondo la ricerca ha fatto progressi: «Ho impegnato metà della mia vita vagando tra gli ospedali di mezza Europa senza che nessuno fosse in grado di aiutarmi – ricorda la ragazza -, adesso che ho avuto una dignosi attendibile e ho scoperto che le maggiori percentuali di pazienti guariti dalla malattia è stata registrata nella clinica del dottor Richard Horowitz, un top doctor che lavora a New York e che studia la malattia da quando è stata identificata».

Per giocare la carta degli Stati Uniti, però, serve un bel gruzzoletto: «La clinica è privata e per le cure, che sono costosissime, servono tanti soldi. Per colpa del mio girovagare ormai siamo in bancarotta e per poter volare a New York sono costretta a chiedere un aiuto». Per dare una mano a Cristina è sufficiente contattarla su Facebook, dove usa il nome d'arte Cristina Rose, oppure sulla piattaforma www.gofundme.com, impostando la ricerca su “help me with my battle against lyme”. La raccolta, attiva da pochi giorni, ha già raggiunto i 6mila euro e il traguardo dei 20mila non è troppo lontano. Come gli Stati Uniti e come la voglia di ritornare a inseguire i sogni.


di Claudio Zoccheddu

21 dicembre 2016

Fonte: La nuova Sardegna

mercoledì 5 agosto 2020

Justin Bieber rivela: “Dicevano che sembravo una merda ma la verità è che ho la malattia di Lyme”. Ecco di cosa si tratta


"Sono stati un paio d’anni difficili", ha confidato la popstar. La malattia di Lyme è una patologia provocata dalla Borrelia, un batterio molto diffuso e pericoloso sia per gli adulti che per bambini

Mentre in tanti continuavano a dire che sembravo una merda, che ero sotto di anfetamine, ecc, non si accorgevano che mi è stata recentemente diagnosticata la malattia di Lyme
. È la rivelazione fatta a sorpresa da Justin Bieber in un post su Instagram, che ha sconvolto i fan. “Non solo, ho avuto una grave mononucleosi cronica che ha colpito la mia pelle, la funzione del cervello, le mie energie e la salute in generale. Spiegherò tutto in una docu serie che metterò su YouTube a breve… saprete tutto ciò che ho combattuto e superato!! Sono stati un paio d’anni difficili – ha confidato Bieber ai suoi fan -, ma con il giusto trattamento che aiuterà a curare questa malattia tornerò e meglio che mai. Senza limiti”, ha spiegato la popstar canadese.

DI COSA SI TRATTA – La malattia di Lyme è una patologia provocata dalla Borrelia, un batterio molto diffuso e pericoloso sia per gli adulti che per i bambini. Trasmessa all’uomo dalla zecca detta "dei boschi" o "della pecora" (l’Ixodes ricinus, che attacca anche caprioli, cani e altri mammiferi), l’infezione è caratterizzata da un eritema migrante, che si allarga intorno al morso fino a raggiungere i 50 centimetri di diametro e compare dopo un periodo di incubazione da 5 a 30 giorni. “Quando la malattia viene riconosciuta nella fase iniziale guarisce quasi sempre con una terapia a base di antibiotico specifico. Se cronicizzata però può portare complicazioni a carico della cute, le articolazioni, l’apparato nervoso e più raramente, cuore e sistema immunitario”, spiegano gli esperti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Trieste. E aggiungono: “Non pochi, soprattutto tra i bambini, sono gli episodi di paralisi facciale
.

Secondo gli esperti di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss)su questa malattia c’è poca informazione e spesso la diagnosi rischia di arrivare in ritardo”. La borreliosi di Lyme deve il nome all’omonima cittadina americana in cui fu descritto il primo caso nel 1975. La malattia è oggi la più diffusa e rilevante patologia trasmessa da un vettore diffusa nelle zone geografiche temperate ed è seconda, per numero di casi, solo alla malaria fra le malattie che richiedono un vettore artropode per la diffusione. Il batterio Borrelia burgdorferi sensu striato è presente in Europa ed è l’unico agente di infezione nel Nord America, il Borrelia afzelii e il Borrelia garinii sono invece presenti in Europa, Asia e Africa.


di F. Q.

19 gennaio 2020

FONTE: Il fatto quotidiano

sabato 29 febbraio 2020

Quando la malattia di Lyme persiste


La storia di Marina, che dal 2017 combatte contro infezioni multiple. Senza riconoscimento, senza la legge 104 e, oggi, senza un lavoro.

È il 2017 e Marina è in aereo, durante un viaggio all’estero. A un certo punto, per caso, si accorge di questo puntino nero sulla pelle. All’inizio pensa sia un piccolo neo e lo fotografa: non si era mai accorta della sua esistenza fino a quel momento e chiede anche al compagno se lo avesse mai notato. Poi prova a toccarlo con le dita e dopo qualche minuto, ricontrollando, si accorge che il puntino nero non c’è più. Bene, non era un nuovo neo.

In realtà questo puntino era una zecca e quella fotografia scattata è l’unica testimonianza dell’origine di quello che, per Marina, di lì a poco sarebbe diventato un calvario: una forma di malattia di Lyme molto difficile da debellare.

Lo diciamo subito: oggi, a distanza di due anni e mezzo, Marina mi dice di stare meglio. Non ha più la valanga di sintomi che nel giro di poche settimane l’avevano costretta a letto, senza riuscire ad alzarsi, a parlare, a scrivere, a guardare fuori dalla finestra senza che la sua testa scoppiasse. Ma ancora non è finita: il batterio responsabile di questa forma così resistente di Lyme non se ne è ancora andato del tutto e a breve – mi dice speranzosa – verrà inserita in una nuova sperimentazione all’estero per una terapia che potrebbe apportare importanti miglioramenti per lei. Nel frattempo però ha perso il lavoro, una carriera importante guadagnata con anni di duro impegno e a cui teneva infinitamente: a causa dei vari limiti fisici, non era più in grado di far fronte agli impegni.

Lyme, la malattia dimenticata

La sua storia è molto importante, perché racconta aspetti meno noti di questa malattia di cui poco si parla, se non in territori montani. Quella di Marina è anzitutto la vicenda di una persona che da anni studia, si informa, anche perché – mi dice – è fortunata, ha gli strumenti per farlo, dato che lavorava nel settore sanitario. “Ci tengo a raccontare a più persone possibili quello che ho fatto, perché se solo io avessi avuto qualcuno come me – che mi avesse indicato da subito i luoghi giusti ai quali rivolgermi – avrei ricevuto tempestivamente un’adeguata terapia”.

Il problema è che sono rari gli specialisti esperti di malattia di Lyme e che sanno come comportarsi quando – come nel caso di Marina – accanto alla Borrelia la zecca è portatrice di altre co-infezioni. “L’idea dominante è che la malattia di Lyme abbia un decorso relativamente breve, se si fa correttamente la terapia, ma spesso non è così: ci sono forme persistenti, io stessa sono ancora positiva ai test, e in questi casi non è semplice trovare uno specialista che abbia seguito dei corsi di aggiornamento specifico su come trattare casi come il mio, che non è certo l’unico in Italia. Anche perché, in realtà, ogni persona ha reagito diversamente, anche in conseguenza dei tempi di diagnosi, alla malattia, e dunque reagisce diversamente alle terapie”.

L’iter di Marina dura molti mesi, e parte da Milano, dove viene ospedalizzata per un mese, dopo la comparsa di una serie di sintomi invalidanti nel giro di pochissimo tempo. “Tornata in Italia dal mio viaggio mi sono subito sottoposta al test e sono risultata positiva. Ho iniziato la normale terapia ma ho iniziato a stare sempre peggio: faticavo a respirare, non riuscivo più a fare le scale, avevo sempre un’emicrania potentissima che mi impediva di stare con gli occhi aperti, avevo nausee e iniziavo a perdere la vista e la memoria”.

Quando il malato si informa da solo

Per Marina, che fino a un mese prima arrampicava, è qualcosa di spaventoso. Ma lei continua a cercare in rete informazioni, a studiare, a iscriversi ai gruppi sui social media e alle associazioni che si occupano di Lyme. “I medici a Milano mi hanno detto che non si spiegavano questa persistenza della malattia e che probabilmente c’era qualcos’altro, anche se fatti tutti gli esami possibili per altre malattie non è risultato nulla. Sempre e solo Lyme. Allora mi hanno detto che forse ero depressa, ma non lo ero. Grazie all’Associazione Lyme Italia e Coinfezioni sono stata quindi indirizzata a Trieste, presso la Clinica Dermatologica dell’Ospedale Maggiore, dove c’è un reparto con competenze avanzate specializzato nella diagnosi e cura della malattia di Lyme
.

Inizia quindi per Marina e la sua famiglia un lungo periodo di viaggi a Trieste, dove viene presa in cura e sottoposta a una terapia combinata che riduce i sintomi, anche se la gestione è difficile. I tempi d’attesa sono lunghi poiché il reparto è piccolo, ma vista l’elevata competenza rispetto al resto delle regioni in Italia ci sono tante richieste. La cosa più importante è che a Trieste sottopongono Marina a nuovi esami e si rendono conto che oltre alla Borrelia ci sono altre tre co-infezioni in corso dovute alla zecca. Viene quindi richiesto di effettuare alcuni approfondimenti diagnostici, ma in Italia sono poche le strutture ospedaliere attrezzate per eseguirli. Ciò obbliga Marina a informarsi presso varie strutture ospedaliere e a doversi attrezzare, per casi in cui in Italia non sia possibile effettuare questi esami, a farli all’estero. A spese sue.

Anche se ci sono dei miglioramenti, le terapie svolte in Italia non permettono a Marina di risolvere la patologia. Per questo decide di andare all’estero, a malincuore, spendendo molto in pochi mesi per pagare una clinica privata dalla quale riceve una terapia che ha un buon effetto su di lei. Sta per un mese in Germania, prendendo in affitto un appartamentino, e intraprende delle terapie non disponibili in Italia. “Di giorno facevo le mie sei-sette ore di infusione e poi stavo male tutta la notte. Ma alla fine le cose hanno iniziato ad andare meglio, e sono potuta tornare a Milano per continuare la terapia”.

Problema: non tutti i farmaci che le sono prescritti sono in commercio in Italia ed è quasi impossibile trovare una struttura che ti prenda in carico per effettuare la terapia infusionale prescritta. Così, fra una cosa e l’altra, il percorso costa a Marina altre migliaia di euro. “Mi chiedo chi non ha la mia determinazione e le mie possibilità che cosa fa”.

Poi, la difficoltà finale

Infine arriva il momento più duro di tutti, il giorno in cui è fissata la visita in commissione INPS per l’accertamento dell’invalidità e altre tutele previste dalla legge per le patologie invalidanti. “In quel momento stavo molto male, avevo anche problemi cognitivi, nel senso che non riuscivo a compilare il modulo, a capire che cosa leggevo e a rispondere. Non chiedevo pietà, ho sempre lavorato tanto nella mia vita e chiedevo solo un riconoscimento di quanto questa patologia sia invalidante dal punto di vista sociale, lavorativo e sanitario”.

Ma la commissione, dove non era presente alcuno specialista in malattie rare, minimizza la situazione e concede a Marina una minima percentuale di riconoscimento perché la malattia di Lyme non è considerata grave. “Ero lì con mia mamma ma nessuno mi ha fatto domande, non hanno guardato la documentazione richiesta, erano incompetenti sulla malattia di Lyme e mi hanno solo detto che se fossi stata lì con una gamba rotta sarebbe stato più facile. Te lo assicuro, io non piango mai, ma quel giorno ho pianto per un’ora in macchina. Mi sono sentita meno di zero, delusa e frustrata”.

Mentre Marina mi racconta questa sua giornata ho i brividi. Ho già sentito storie simili, raccontate da altre persone che hanno contribuito a Vite Pazienti, come Flavia con la distonia, Maria Grazia con il Lupus, Giuseppe con il Pemfigo. Persone affette da malattie rare che sono regolarmente inserite negli elenchi ufficiali degli aventi diritto, ma non riescono ad ottenere i riconoscimenti previsti dalla legge perché in Italia si trovano a dover fare i conti con le enormi difficoltà di un corretto riconoscimento sanitario e sociale.

di Cristina Da Rold

18 febbraio 2020

FONTE: OggiScienza

giovedì 17 maggio 2018

«Devo emigrare in Polonia per sconfiggere la malattia»


Villaspeciosa. Il dramma di un allevatore colpito dalla sindrome di Lyme

Il ciclo di antibiotici iniziato a maggio avrebbe finalmente dovuto sconfiggere la malattia che gli era stata diagnosticata dopo 11 anni dai primi sintomi, vissuti nella più totale sofferenza e alla ricerca di una risposta ai suoi mali. Invece sono peggiorate le condizioni di Fabrizio Sarais, 42enne di Villaspeciosa, affetto dalla sindrome di Lyme, rara malattia (non contagiosa) in Italia, provocata dalla puntura di una zecca e i cui sintomi sono infiniti: febbri alte, debolezza, capogiri, dolori ossei, insonnia, depressione, problemi alla vista e così via. Dopo innumerevoli e inefficaci terapie, l'allevatore ha perso fiducia nel sistema sanitario italiano e deciso di spendere migliaia di euro per curarsi in Polonia, a Danzica, nella clinica "St. Luke", specializzata nella cura del morbo.

LA SOFFERENZA. Il calvario di Sarais inizia un giorno di dicembre del 2006: «Avevo appena finito di mungere le pecore - ricorda -. Ho sentito qualcosa staccarsi dal fianco: una zecca. Avevo avuto la febbre ma non la associai alla puntura. Il primo sintomo è la comparsa del "rash": un eritema con vari cerchi in corrispondenza del punto in cui si è stati attaccati dalla zecca ma non gli diedi importanza. Col passar del tempo non sono più riuscito a lavorare, ho dovuto vendere le mie 300 pecore, gli inverni sono diventati devastanti: per evitare le febbri alte non posso uscire, appena tocco l'acqua starnutisco, ho capogiri, insonnia e dolori dappertutto».

IN OSPEDALE. Dopo anni di ricoveri, l'asportazione della colecisti e esami medici, a maggio 2017 dal Policlinico di Monserrato era arrivata la diagnosi che Sarais si aspettava, viste le analogie con persone affette dal Lyme, con cui è in contatto: «La cura avrebbe dovuto fare effetto dopo qualche mese ma ormai il Lyme ha intaccato il sistema nervoso e - non a causa dei farmaci - sono peggiorato: ho problemi alla vista, alla memoria e sul petto è comparsa una grossa cisti. Mi sono messo in contatto con i medici che mi hanno fornito un questionario e il mese prossimo partirò in Polonia. Sono costretto: ho capito che il sistema sanitario non affronta come dovrebbe la sindrome, perché qui è rara, ma dovrebbe adeguarsi, visto il mio e altri casi, come quello di Victoria Cabello, scomparsa tre anni dalla tv per dedicarsi alle cure».

IN POLONIA. Secondo Sarais, è «fondamentale lavorare sulla prevenzione, con controlli capillari di merci e animali, così come viene fatto per le nostre esportazioni. Bisogna invertire la rotta: il Lyme rovina la quotidianità e si può contrarre anche in Italia e in Sardegna».

di Lorenzo Ena

8 gennaio 2018

FONTE: L'Unione Sarda

giovedì 3 maggio 2018

Morbo di Lyme, il calvario di Loretta: "Dolori atroci ma lo Stato non paga la cannabis terapeutica"


Loretta Facelli ha 53 anni e vive a Vercelli con la madre che si prende cura di lei. Ha il morbo di Lyme, una malattia rara che ha contratto a Roma 18 anni, attraverso il morso di una zecca.
La difficoltà di individuare la malattia e la scarsità di informazioni su di essa hanno lasciato Loretta nell'ombra per più di un decennio, scambiando l'eritema della puntura di zecca, la spossatezza e i dolori iniziali per altro. Qualche anno fa è arrivata la conferma che si trattava di Lyme ma è troppo tardi per guarire la malattia. Negli ultimi mesi la situazione si è fatta più grave e ai problemi di salute si sono aggiunti anche i problemi economici: la terapia del dolore è costosa - Loretta deve comprare cannabis terapeutica migliore rispetto a quella che riceverebbe gratuitamente dalla Asl di Vercelli - e vorrebbe trasferirsi in un hospice. La struttura ideale per Loretta si trova però sotto un'altra provincia: Vercelli, dove Loretta risiede, non vuole infatti pagare le spese del ricovero nella provincia di Alessandra e così la sua vita è costretta a letto, in casa con la madre, isolata dal mondo




13 dicembre 2017

FONTE: Youmedia.fanpage

martedì 15 agosto 2017

Punto dalla zecca: raccolta fondi per aiutare Gaetano


MALATTIA DI LYME PER CURARSI NEGLI USA

Gaetano è partito all'inizio della settimana per la Germania per sottoporsi alle cure disintossicanti necessarie per contrastare gli effetti dei farmaci che deve assumere per curarsi dopo che, 15 anni fa, era stato punto da una zecca portatrice del batterio della Borrelia.
Quasi una banalità, se l'infezione viene individuata subito, ma lui ha saputo solo tre anni fa che era stata proprio quella puntura la causa dei tanti problemi di salute che ancora oggi si trascina. Nonostante le centinaia di esami fatti, la diagnosi giusta è arrivata quando ormai la malattia di Lyme, o neuroborrelliosi, era già diventata cronica. Per saperlo, però, Gaetano ha girato tanti ospedali e consultato specialisti in Italia e all'estero spendendo migliaia di euro. Soldi che non vengono rimborsati dal servizio sanitario nazionale e cure da fare prevalentemente all'estero, con i relativi costi di soggiorno.
Le spese stanno già mettendo in ginocchio la sua famiglia e la speranza di riuscire a mettere insieme la cifra necessaria per andarsi a curare negli Stati Uniti, dove esistono centri specializzati, è lontana. Prima di partire per la Germania, Gaetano è andato con alcuni amici in pellegrinaggio al Santuario di Fontanellato partecipando al Rosario e alla Messa vespertina per ringraziare di un inaspettato supporto arrivato solo qualche ora prima: l'associazione «Luce di Cristo Onlus», con sede in Via Verdi 3 a Parma, ha messo a disposizione il suo conto corrente per una raccolta fondi destinata a sostenere almeno una parte delle spese per le cure con la speranza di arrivare a coprire il viaggio negli USA. Chi vorrà partecipare all'iniziativa potrà effettuare la propria donazione sul conto corrente postale dell'associazione (Iban: IT90 H076 0112 7000 0007 8026 101) indicando nella causale del versamento «donazione per Gaetano».

c.d.c.

FONTE: La Gazzetta di Parma

martedì 1 agosto 2017

Malattia di Lyme, diagnosi dopo 15 anni di calvario


IL CASO L'odissea di un 33enne parmigiano, punto a 18 anni da una zecca

«Riconosciuta a Trieste, ma la Regione non mi paga le cure necessarie»

A 18 anni se ti punge una zecca forse non ci fai troppo caso. Forse 15 anni fa non ci facevano molto caso nemmeno i medici: una disinfettata, un antibiotico a largo spettro per sicurezza e via e se poi veniva la febbre, poteva essere un'influenza di stagione.
Eppure la puntura di una zecca può portare a problemi di salute davvero gravi. E' successo a Gaetano che oggi ha 33 anni e solo da tre conosce il nome della patologia che, fin da quando era ragazzo, gli ha creato problemi di salute sempre peggiori. Gaetano aveva un cane che, ogni tanto, dopo una corsa nei prati rientrava a casa con qualche zecca: difficile metterlo in relazione con febbre e i dolori muscolari. Dolori "strani" e che ogni tanto si ripresentavano facendo capire che qualcosa non andava. Nonostante le centinaia di esami fatti, solo tre anni fa è arrivata la diagnosi giusta: malattia di Lyme o neuroborrelliosi. Per saperlo, però, Gaetano ha girato tanti ospedali, consultato specialisti, sostenuto visite inconcludenti e speso migliaia di euro per sentirsi dire che aveva le più svariate malattie: dalla polineuropatie demializzante cronica alla fibromialgia, dalla miosite alla connettivite, dalla sindrome da stanchezza cronica all'elettrosensibilità e sensibilità chimica multipla, e nessuna di queste era, in realtà, la diagnosi giusta.
«E' stato solo nel 2015 che si è arrivati alla vera diagnosi grazie al Centro Lyme di Trieste guidato dal dottor Trevisan e grazie agli esami ematologici in Germania – ricorda Gaetano -. L'aver scoperto così tardi la vera causa dei miei problemi di salute ha reso cronica questa malattia, con gravi conseguenze a livello neurologico». Scoperta la patologia, però, il calvario non è finito: in Italia non è infatti riconosciuta una terapia per la forma cronica di questa malattia rara: le linee guida prevedono un ciclo di cura di 21 giorni, efficace solo per la forma acuta. 
«Sono costretto a rivolgermi ai centri medici privati specializzati esteri, sopratutto in Germania, sostenendo importanti spese per analisi e relative terapie. Le cure non consistoni infatti solo in antibiotici, antimalarici, antivirali e antiparassitari ma servono anche costose terapie integrative di supporto per la detossificazione del corpo». Spese che stanno mettendo in ginocchio la sua famiglia. «La malattia mi ha reso invalido al 67%, ho una sorella con un'invalidità del 100%, anche a mio fratello è stata diagnosticata la malattia di Lyme e la regione Emilia Romagna ha respinto la mia richiesta di rimborso di parte delle spese sostenute per le cure all'estero».
Ora il sogno è di andare a curarsi negli Usa, ma servono soldi che per ora non ci sono. «Occorre sensibilizzare i medici italiani sull'attenzione a questa malattia, ancora praticamente sconosciuta. A fine maggio a Venezia si è tenuto un congresso con due dei massimi esperti mondiali della Malattia di Lyme, il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier e Richard Horowitz, ma pochi medici italiani hanno colto l'occasione per approfondire una patologia che, senza una diagnosi immediata, lascia a chi ne viene colpito solo la speranza di tenerla sotto controllo». 

c. dc.

Frequente negli Usa

Fra i Vip colpiti Richard Gere e Alec Baldwin

La malattia di Lyme prende il nome da un piccolo centro del Connecticut dove nel 1975 si verificarono numerosi casi di infezione. Negli Stati uniti è la patologia che si diffonde più rapidamente dopo l'Aids e anche i Vip non ne sono immuni: nel 2000 Richard Gere dovette allontanarsi per un periodo dal set di "Autumn in NY" per affrontare le cure, nel 2013 è stata colpita Avril Lavigne, la modella Bella Hadid ha reso pubblico su Istagram il contagio della madre Yolanda Foste, l'ex campionessa di tennis Jennifer Capriati ha rivelato su Twitter di essere malata, Alec Baldwin ne soffre in forma cronica, Ben Stiller si è accorto della malattia grazie a dei controlli per un'infezione al ginocchio e ne è stato colpito persino l'ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush.

FONTE: Gazzetta di Parma


La malattia di Lyme è una delle patologie più dolorose che esistano e, al contempo, una delle più sottovalutate, sopratutto nel nostro paese. Postando questo articolo mi auguro di contribuire un pochinino a divulgare questa patologia che, come detto, è ancora troppo poco considerata. E questo è davvero un grande peccato perché prima questa patologia viene diagnosticata e meglio si può intervenire su di essa per sradicarla. Ma perché venga diagnosticata occorre che si conosca e per farla conoscere bisogna parlarne. Per contro se questa patologia viene diagnosticata dopo molto tempo, diventa tutto assai più difficile, perchè è come se mettesse le radici.
A Gaetano Manno, protagonista suo malgrado di questa dolorosa vicenda, faccio i miei più cari Auguri, e invito tutti a seguire la sua storia e il suo percorso nella pagina Facebook a lui dedicata.
Un carissimo augurio di guarigione a lui e a tutte le persone colpite da questa subdola, sottovalutata, dolorosa malattia.

Marco

giovedì 1 giugno 2017

L’amaro caso di Loretta Facelli


Oggi affronto un argomento serio e drammatico. E, contravvenendo a quella che è quasi un dogma del giornalismo, evitare cioè aggettivi ed avverbi, ancor più se questi enfatizzano i concetti, adopererò tutte le qualificazioni possibili per denunciare, stigmatizzare, definire inaccettabile quanto sta accadendo ad una signora di Vercelli. Si chiama Loretta Facelli e da qualche tempo vive una condizione gravissima. Situazione quella di Loretta, che ti fa capire come spesso le cose che dovrebbero essere normali diventino impossibili. Loretta è affetta da malattia di Lyme, che oggi l’ha portata ad uno stato terminale. La malattia di Lyme è causata dalla puntura di una zecca. Se individuata per tempo, le conseguenze sono molto minime. Ma se la diagnosi non è tempestiva, col passare del tempo e degli anni si può arrivare alla morte. Loretta Facelli poco più di 16 anni fa è stata punta da una zecca. Non si accorse dell’incidente, notò un punto rosso sull’epidermide, si fece controllare, ma si pensò ad una reazione normale causata da qualche insetto. Insomma, nessun allarme scattò. Loretta proseguì la sua vita, ritenendo che niente fosse accaduto e che nessun pericolo potesse correre a causa di quell’episodio. Dopo 16 anni Loretta Facelli è in stato terminale, il morbo vigliacco e non per tempo determinato, lentamente e inesorabilmente la sta consumando. E gli effetti sono del tutto uguali a quelli del cancro. Insomma, per essere chiari e diretti, nessuno dei medici si è accorto di cosa stesse capitando a questa donna. I sintomi peggioravano e non si considerò, tra le tante, anche la possibilità della malattia di Lyme, patologia di cui è, peraltro affetta la stessa zecca. Cure appropriate e fatte per tempo avrebbero senza alcun dubbio evitato il peggio.
Oggi Loretta vive tra sofferenze atroci. I dolori sono insopportabili, la morfina che da qualche tempo è costretta ad assumere non attenua il peso di ciò che è un’autentica tortura. In Italia, inoltre, sulla patologia, secondo quanto mi riferiscono alcune persone, siamo più o meno agli inizi dell’impegno. In alcuni nazioni estere, invece, sono state sperimentate cure con buoni risultati. Ma Loretta non solo non è più autonoma nei movimenti, ma non ha neanche il denaro necessario per organizzare il ricovero oltre i confini patrii. Oggi è assistita, pensate un po’, in casa e dalla madre di 72 anni. Avrebbe la assoluta e innegabile necessità di essere ricoverata in un hospice per malati terminali. Ma nemmeno questo sembra essere possibile. Una serie di intoppi burocratici, tipicamente italiani e che si riproporrebbero da anni, non hanno finora consentito il riconoscimento di un diritto che in una nazione civile dovrebbe essere elementare e garantito. Tutto ciò è semplicemente fuori da ogni logica e da ogni umanità. Ribadisco: inaccettabile.
In questi anni Loretta non è stata lasciata sola completamente, amici e assistenti sociali hanno combattuto e lottato per farle vivere una quotidianità dignitosa. Lei stessa sfoga la sua indignazione, quando i dolori glielo consentono, con esternazioni pubbliche e attraverso il suo profilo di Facebook. La stampa piemontese si è interessata del suo caso, ma è evidente che nessuno si è mosso. Loretta è costretta ad una inopportuna e improduttiva assistenza domiciliare. In questi giorni sono stato in contatto con chi, volontariamente, la affianca e combatte per un diritto sacrosanto. La sfiducia, è comprensibile, comincia a serpeggiare. Ma nel contempo la forza di non abbandonare del tutto il campo di battaglia c'è. Questo approfondimento ne è un esempio. E grazie anche al bombardamento, in questo caso sempre auspicabile, di informazioni su Loretta se l’attività mediatica non è scemata.
Lo stato italiano, dunque, non è in grado di dare assistenza ad una sua cittadina gravemente malata. E tutto ciò avviene in un’area del profondo Nord, dove l’efficienza è regola. Cosa è accaduto? Cosa sta accadendo? Approfitto di questa pagina, per lanciare un messaggio anche a chi all’estero opera nella sanità e a chiunque altro legga questo approfondimento. Dall’America qualcuno può tendere una mano di aiuto concreto a questa donna, che avrebbe potuto vivere un assistenza normale, serena e gioiosa ed è, per un approccio approssimativo al suo caso, invece condannata ad uno stato di patimenti inenarrabili? Non mi fermo a questo quesito. Grandangolare.com continuerà a seguire, approfondendo gli aspetti scientifici, questo caso. L’amaro e assurdo caso di Loretta Facelli.

di Enzo Romeo

FONTE: Grandangolare.com

giovedì 21 luglio 2016

Vercelli, l'appello: “Aiutatemi a trovare una struttura dove curare mia figlia”


Mi appello al buon cuore di chi ha la possibilità di aiutarmi a trovare una struttura dove ricoverare e curare mia figlia, non è giusto che una persona debba soffrire così. Io ho 73 anni, da sola non riesco più ad occuparmene".

Liliana è la mamma di Loretta Facelli, 52 anni, vercellese affetta da morbo di Lyme (borreliosi), una malattia di origine batterica che si contrae attraverso il morso delle zecche. L’Istituto superiore di Sanità la definisce “la più diffusa e rilevante patologia trasmessa da vettore con diffusione nelle zone geografiche temperate ed è seconda, per numero di casi, solo alla malaria fra le malattie che richiedono un vettore artropode per la diffusione”.

Loretta l’ha contratta 15 anni fa in campeggio - racconta la signora Facelli - all’inizio si è manifestata con un eritema e febbre, per quasi un anno. Si è pensato a un’allergia ai farmaci, poi sono iniziati i forti dolori alle gambe. Sette anni fa mia figlia ha dovuto lasciare lavoro e marito, e si è trasferita a casa mia. La diagnosi è arrivata da un ortopedico novarese solo un paio di anni fa, troppo tardi per frenare in tempo il decorso cronico del morbo, che nel frattempo ha provocato alla donna altre gravi patologie. Ci siamo recate a luglio 2015 a Trieste, perché quella zona è conosciuta come la più endemica in Italia e lì esiste un centro specializzato - prosegue la mamma di Loretta - grazie alla disponibilità di due volontari, due angeli che ci hanno portate fin laggiù, evitandoci di pagare 2mila euro di ambulanza. Gli esami hanno confermato la presenza del batterio: in 20 giorni le hanno fatto 40 flebo di antibiotici, sono intervenuti sui problemi alla vista e ai denti, poi siamo dovute ritornare a casa.

Le cure per casi così radicati sono purtroppo poche e in luoghi inaccessibili per la famiglia Facelli, come Germania o Usa.
Ormai mia figlia ha fortissimi dolori ovunque, specie alle gambe, alla schiena, al collo e alla testa, tanto da essere arrivati a curarla con la morfina - dice la signora Liliana -. Ma io sono anziana, potrei sbagliare a somministragliela: per questo chiedo che sia ricoverata, anche solo per un mese ogni tanto, in strutture che possano assisterla adeguatamente. Ogni settimana viene a casa nostra a visitarla il primario o un medico del Centro di terapia del dolore del Sant’Andrea, ma la situazione peggiora costantemente e noi non riusciamo più a farle fronte. C’è un hospice nel torinese collegato alle Molinette che sarebbe perfetto per Loretta, ma costa 250 euro al giorno. A questo punto ci accontentiamo di una struttura, anche locale, dove ci sia il personale adeguato per fornirle cure palliative. Qualcuno per favore ci dia una mano a trovare un posto dove mia figlia possa essere ricoverata e seguita costantemente.

di Mariella Massa

15 giugno 2016

FONTE: Lasesia.vercelli.it
http://www.lasesia.vercelli.it/stories/vercelli/14767_vercelli_lappello_aiutatemi_a_trovare_una_struttura_dove_curare_mia_figlia/


Sulle pagine di questo blog ho già parlato in passato della dolorosissima storia di Loretta Facelli, questa signora di Vercelli affetta dalla terribile malattia di Lyme, una malattia che ti procura problemi a non finire e dolori lancinanti in gran parte del corpo. Purtroppo se questa malattia non viene diagnosticata in tempo, essa si cronicizza e peggiora sempre più, ed ora la situazione di Loretta è ancor più dolorosa che in passato. Per questo, sulle pagine di questo blog, chiedo a tutti di firmare questa petizione:
https://secure.avaaz.org/it/petition/ASL_del_Piemonte_Voglio_che_ricoverino_Loretta_Facelli_malata_terminale_di_Lyme/
nella quale si richiede che Loretta possa essere ricoverata e seguita all'hospice "Il Faro" di Lanzo Torinese o quantomeno possa ottenere le cure palliative domiciliari assistite quotidiane.
Firmiamo in tanti, perchè la situazione di Loretta è sempre più grave e la sua famiglia non sa più come farvi fronte. Grazie di cuore a chi lo farà.

Marco

mercoledì 25 marzo 2015

Loretta, affetta da neuroborrelliosi, ha urgente bisogno del nostro aiuto !


Loretta Facelli è una signora di 51 anni che abita a Vercelli e che da diversi anni, ma sopratutto negli ultimi 4, vive un vero e proprio calvario doloroso a causa di una serie impressionante di patologie.
Loretta in passato lavorava, era impiegata presso un commercialista della sua città, ma ben presto, a causa di vari e sempre più invalidanti problemi fisici che l'hanno colpita, ha dovuto abbandonare la propria occupazione. E' allora iniziato per lei un vero e proprio “pellegrinaggio” tra medici, ospedali e specialisti vari e tanti tanti esami da fare, talvolta molto costosi, che l'hanno portata a predere tutto quello che aveva e persino a indebitarsi. Nonostante tutto questo, nessuno è riuscito a capire quello di cui questa donna soffrisse esattamente e per questa ragione non le è stata mai riconosciuta neppure l'invalidità. Solo recentemente, finalmente, un bravo medico piemontese, attraverso accurate e sofisticate analisi (alcune di queste fatte anche in Spagna) è riuscito a capire l'origine dei suoi mali, individuando varie patologie di cui soffre, ma in maniera particolare una: la neuroborrelliosi, conosciuta anche come malattia di Lyme. Questa malattia, di origine batterica e dai sintomi variegati e dolorosissimi, è causata da batteri a forma di spirocheta, appartenenti al genere Borrellia, che infesta le zecche e che si può trasmettere facilmente ad animali e uomini. Questa malattia può estendersi anche al sistema nervoso centrale, da qui il suo nome, “neuroborrelliosi”, la patologia di cui soffre Loretta.
Ma non è tutto.... Loretta soffre anche di endometriosi, ha noduli alla tiroide, noduli al seno, linfonodi ingrossati, prolasso alla valvola mitrale e gli hanno trovato un adenoma focale di 5 cm sul fegato con rischio di sanguinamento. Soffre anche a causa di un osteopania grave, ha la diverticolosi, anse gonfie, flogosi intestinali, placche di Peyer all'ileo e ha l'utero fibromatoso. Gli è stata rilevata anche un intossicazione da metalli pesanti e da farmaci, con forte candidosi intestinale causata anche da carenze vitaminiche e malassorbilmento, ed inoltre ha diversi virus riattivati, il sistema linfatico congestionato, ghiandole surrenali indebolite e problemi di parassitosi intestinale. Inoltre è elettrosensibile e celiaca.

Loretta, a causa della neuroborrelliosi, nonchè da tutti gli altri problemi di salute di cui è colpita, è sempre stanca, debole e senza forze, ha continue emicranie e vertigini, soffre di sudorazioni massiccie, senso di soffocamento, ha sbalzi della pressione, tachicardie, fascicolazioni e frequenti svenimenti. Soffre anche di mal di stomaco, ha nausee e coliche frequenti e dolori lancinanti in tutto il corpo, in particolar modo gambe e stomaco. Ha anche perso tutti i denti e, in aggiunta a tutto questo, ha una forte depressione reattiva e piange spessissimo.
La sua è veramente una situazione di grandissima sofferenza che dura ormai da molto tempo.

Come detto, la situazione economica di Loretta e della sua famiglia è molto critica, non ha soldi per fare praticamente nulla e la necessità di fare degli esami che potrebbero permetterle di accedere alla terapia del dolore con morfina.
Gli esami fatti da Loretta in passato, esami del sangue al microscopio in campo oscuro, hanno evidenziato che la donna è affetta da Borrelliosi, ma questi esami non vengono accettati dal nostro sistema sanitario nazionale. L'unico laboratorio in grado di fare gli esami di cui ha bisogno Loretta è l'Infectolab di Colonia, in Germania, ma sono molto costosi, sono 8 esami da fare al prezzo di ben 1700 euro.

Loretta e la sua famiglia chiedono aiuto, un aiuto economico che possa permetterle di far fronte a queste spese, per poter seguire il suo iter e accedere, come detto, alla terapia del dolore, che le permetterebbe finalmente di non dover più soffrire in una maniera così inenarrabile.

Per aiutare Loretta, si può donare un contributo libero a queste coordinate:

C/C Bancario:
Vercelli BNL
Intestato a Venesio Liliana (la madre di Loretta)
IBAN: IT10K0100510000000000520077
C/C 8100/520077



Cari amici tutti, la situazione e il futuro di Loretta dipendono molto da noi..... tocchiamoci il cuore e doniamole quello che possiamo.
Un contributo libero, anche piccolo, per lei può significare moltissimo, può voler dire un futuro meno sofferto, meno doloroso. Tante piccole gocce formano l'oceano, e noi possiamo essere veramente quell'oceano di Amore e Solidarietà che può aiutare Loretta ad avere una vita meno sofferta e più dignitosa.
Sosteniamola anche divulgando la sua storia, con la preghiera e con la nostra sincera amicizia e vicinanza.
Grazie di vero cuore a chi vorrà aiutarla.

Marco

[Modificato il 27 novembre 2020]