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domenica 3 gennaio 2016

«Aiutateci a salvare nostra figlia». Nasce il comitato per Alice. I genitori: la cureremo in Israele


La piccola finì al centro del caso Stamina

TREVISO
Un comitato per Alice, la bambina di 13 anni affetta dalla nascita da una grave patologia e dal 2008 sottoposta a dialisi. Lo scopo è di raccogliere fondi:
«Per portare Alice in Israele a fare una terapia con le cellule staminali e in qualsiasi luogo la mettano in lista per un trapianto di reni». Ad annunciarlo è Bora, l’infaticabile mamma della piccola, sulla pagina Facebook «Una speranza per Alice».
I genitori da anni si battono affinché la loro bambina riceva le cure migliori. Una battaglia che hanno condotto anche aderendo al metodo Stamina e finendo inevitabilmente al centro di una battaglia legale che inizialmente avevano vinto. Il giudice del lavoro di Treviso, infatti, aveva emesso un’ordinanza per obbligare gli Ospedali Civili di Brescia (i cui operatori si astenevano dalla somministrazione del metodo, in attesa del parere del Comitato Etico del ministero della Salute) ad assumere il personale necessario affinché la piccola potesse essere sottoposta al trattamento Stamina. Ma l’inchiesta e il processo sull’ideatore della terapia, Davide Vannoni, hanno di fatto reso lettera morta quell’ordinanza e Alice non è mai stata sottoposta al trattamento.
La battaglia della mamma e del papà della bambina è continuata in ogni struttura sanitaria e reparto dove la piccola è stata ricoverata. I genitori non smettono di cercare la cura migliore per la figlia, e questo li ha messi in difficoltà anche con il tribunale dei minori. La madre è stata denunciata, perché avrebbe contestato una terapia farmacologica che, a suo avviso, avrebbe aggravato il quadro clinico della figlia. Ora la bambina è seguita a Milano, dove effettua regolarmente la dialisi. Ma le sue condizioni, purtroppo, stanno pian piano peggiorando:
«A novembre abbiamo chiesto anche a Milano la possibilità che Alice fosse messa in lista d’attesa per un trapianto ma ci hanno detto di no. L’unica speranza che ci rimane è andare all’estero – scrive la mamma su Fecebook -. Come prima cosa dobbiamo tentare con le cellule staminali in Israele o in qualche altro Paese ma sempre fuori Europa».
Un viaggio costoso che la famiglia non può sostenere da sola, per questo l’idea di far nascere il Comitato per aiutare Alice:
«Ora non c’è più tempo per la bambina, dobbiamo decidere in fretta. Rimane solo la speranza di unirsi tutti insieme per aiutare Alice e darle una vita migliore».
Per le donazioni al Comitato per Alice le coordinate bancarie sono:


Cassa di Risparmio del Veneto.

Bassano del Grappa.

Comitato per Alice,

IBAN: IT96 F062 2560 1661 0000 0006 420

BIC/SWIFT: IBSPIT2P



di Milvana Citter 


FONTE: Corriere della Sera

mercoledì 24 luglio 2013

Rinunciano al trapianto di rene per lasciarlo a chi è più giovane di loro e muoiono: le toccanti storie di Walter e Rina

"Lascio il mio posto a chi ha famiglia". Rinuncia al trapianto e muore
 
Walter Bevilacqua, pastore tra le montagne dell'Ossola, aveva 68 anni. Al parroco disse: "Io sono solo, è giusto così".

Varzo - "Sono solo, non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere". Walter Bevilacqua lo aveva confessato al parroco poco tempo fa. La morte l'ha colto durante la dialisi a cui si sottoponeva ogni settimana all’ospedale San Biagio di Domodossola. Il cuore ha ceduto durante la terapia e la bara è stata portata a spalle al cimitero dagli alpini di Varzo, penne nere come lui. Dietro al feretro, le sue sorelle Mirta e Iside: "Era proprio come lo descrivono: altruista, semplice. Un gran lavoratore. Sapeva che un trapianto lo avrebbe aiutato a tirare avanti, ma si sentiva in un’età nella quale poteva farne a meno. E pensava che quel rene frutto di una donazione servisse più ad altri" racconta Iside.

Una vita piena di sacrifici, così come quelle di altri pastori di montagna, stretti alla loro terra. Solitario e altruista, nel momento più delicato della vita ha detto no al trapianto. "Sono in molti che aspettano quest’occasione. Persone che famiglia e più diritto a vivere di me. E’ giusto così" aveva detto, con quella naturalezza che l'ha sempre contraddistinto. Bevilacqua è morto a 68 anni, una storia venuta alla luce quando il parroco del paese, don Fausto Frigerio, l’ha raccontata in chiesa durante la messa, un esempio da affidare a tutti. Quella frase pronunciata tanto tempo prima, gli era rimasta impressa: "Me l’aveva detto durante una chiacchierata. So che l’aveva confidato anche a un conoscente con cui si trovava in ospedale per le terapie" racconta il prete.

E' questa la notizia che ha bucato il silenzio dell'Ossola, in una valle corridoio verso la Svizzera, a una manciata di minuti. Sui monti della valle Divedro, Walter Bevilacqua ha trascorso i suoi anni, allevato dal nonno Camillo, uomo di altri tempi, ligio alle regole, gran lavoratore. Da lui aveva imparato a non risparmiarsi mai, a non lamentarsi delle difficoltù di chi vive in quota. "Credo non abbia mai fatto le ferie" racconta chi lo conosceva bene. L’agricoltura e gli animali erano la sua passione. Il suo mondo era là, una fetta di terra strappata alla montagna che poco più in alto diventa spettacolo nella conca dell’alpe Veglia.

di Renato Balducci

20 gennaio 2013

FONTE: Lastampa.it


Rinucia al trapianto di rene e muore: "Datelo a chi è più giovane di me, io la mia vita l'ho fatta"

Paderno, provincia di Treviso, una 79enne ha rifiutato l'intervento che avrebbe potuto salvarla dopo 16 anni di emodialisi.

Da sedici anni era costretta a sottoporsi tre volte alla settimana a dialisi. Nonostante questa lunga battaglia, giunto il momento del tanto atteso trapianto di rene, ha deciso di rinunciarvi. Questo è il gesto di generosità di Rina Zanibellato, 79enne di Paderno in provincia di Treviso, che è morta per favorire qualcun altro in lista di attesa. Aveva spiegato a suo marito, a suo figlio e ai suoi parenti, la volontà e il desiderio di donare il rene della salvezza a un giovane, uno dei tanti ragazzi che aveva incontrato negli anni di dialisi.

Alla proposta di sottoporsi al tanto atteso trapianto, lei ha risposto nell’unico modo che conosceva, attraverso la generosità: “No, datelo a chi è più giovane di me, io la mia vita l’ho fatta”. E così ha continuato la dialisi, senza mai lamentarsi o abbattersi. Fino a giovedì 27 giugno, quando si è spenta nel reparto di Nefrologia dell’ospedale Ca’ Foncello, lo stesso ospedale nel quale aveva visto nel corso degli anni i tanti ragazzi malati come lei.

28 giugno 2013

FONTE: Tgcom24.mediaset.it


Due storie, quelle di Walter e di Rina, in tutto e per tutto simili tra loro, due storie di Vero Amore, senza compromessi, per il prossimo e per la vita. Sì, Amore anche per la vita, ma non la loro di vita, bensì quella di altri, di persone sconosciute più giovani di loro, a cui queste 2 splendide, meravigliose persone hanno ceduto il posto, hanno donato quell'organo che avrebbe permesso loro di vivere ancora a lungo.
Forse qualcuno potrebbe pensare che per una persona giunta oramai al tramonto della vita, sia facile compiere un gesto come questo..... pensarlo è lecito, ma farlo è tutta un altra cosa! Rinunciare alla propria vita a favore di quella di un altro, sopratutto se sconosciuto, non è mai facile..... ma loro l'hanno fatto, coraggiosamente, amorosamente, gratuitamente.

Riposate in Pace, cari Walter e Rina..... avete vissuto silenziosamente e lontani dai clamori del mondo, ma certamente ora i vostri nomi sono scritti a caratteri d'oro nel Libro Eterno dell'Amore.  Grazie di tutto!

Marco

martedì 27 novembre 2012

Ammalarsi a Gaza

I devastanti effetti dell’embargo israeliano e del governo di Hamas sul sistema sanitario della Striscia di Gaza raccontati in un videoreportage shock del Guardian. Le storie di chi si ammala in una situazione di continua emergenza.
 
Marah non ha neanche sei anni ma in seguito ad un collasso renale, da un anno e mezzo si sottopone a dialisi tre o anche quattro volte a settimana. Lo fa in uno degli ospedali di Gaza, da cinque anni tenuta in scacco dall’embargo Israeliano, che impedisce di fare arrivare sul territorio beni di prima necessità, medicinali e anche energia elettrica. Il padre di Marah è preoccupato, denuncia la mancanza di filtri adeguati per questo tipo di procedura, una mancanza che potrebbe rivelarsi molto pericolosa per la bambina.

Mohamed Rayyan, infermiere, racconta le condizioni difficilissime in cui si lavora negli ospedali di Gaza, dove molto spesso, durante i trattamenti di dialisi, la luce viene a mancare e medici e infermieri devono far funzionare a mano i macchinari, per evitare che si formino coaguli di sangue, pericolosissimi per i pazienti.

Sono alcune delle storie di ordinaria emergenza ritratte dal videoreportage di Simon Rawles, Noah Payne-Frank and Karl Schembri, inviati del Guardian a Gaza. Nel video, viene ritratto un devastante spaccato del sistema sanitario in questo territorio palestinese dove, per avere cure adeguate nella vicina Israele, i casi più urgenti devono sottoporsi ad un travagliato percorso burocratico per richiedere un permesso speciale, che spesso viene negato.

Una situazione definita inaccettabile dal direttore sanitario del’ospedale di Rantisi, Al Aila, che affida proprio alla videocamera dei tre reporter, un appello disperato: “Sono un medico, ho tutte le capacità per salvare questi bambini, ma non ho i mezzi. I diritti umani devono essere rispettati, almeno per i nostri figli”.

Nel 2010 Israele ha reso meno severo il blocco, ma i medicinali e le attrezzature medico sanitarie continuano ad essere estremamente difficili da recuperare. La situazione è resa ancora più complessa dalla mancanza di cooperazione tra l’Autorità Palestinese e Hamas. Lo scorso aprile Munir al Bursh, direttore generale del dipartimento farmaceutico della Striscia di Gaza, aveva lanciato l’allarme, dichiarando che il bilancio di medicine e attrezzature ospedaliere era pari a zero ma affermando l’esistenza di un dialogo con il governo di Ramallah, auspicando di raggiungere presto un’intesa. 



16 luglio 2012

FONTE: yallaitalia.it
http://www.yallaitalia.it/2012/07/ammalarsi-a-gaza/



Mentre incombono le dolorosissime notizie dell'attacco israeliano sulla striscia di Gaza, che già tante vittime ha causato, questo articolo mette in evidenza la situazione critica degli ospedali di Gaza a causa dell'embargo israeliano. Una situazione critica, ma ora ulteriormente aggravata dalla pioggia di fuoco che si sta verificando su questa terra martoriata in questi ultimi giorni.
Questi sono gli effetti dell'embargo e della guerra.... e a pagare il prezzo più salato sono, purtroppo, proprio gli innocenti.


Riuscirà mai a capire l'essere umano, che la guerra è la cosa più ASSURDA, INSENSATA E CONTRO OGNI LEGGE DI DIO, che possa esistere? Quanta tristezza, quanto dolore, quanta sofferenza........

Marco

mercoledì 25 aprile 2012

"Ho fatto rinascere mio figlio"

Nel 2003 ha donato il midollo per poter sconfiggere una leucemia, ma la chemioterapia ha dato complicazioni. Ieri mattina alle Molinette i nefrologi hanno prelevato alla donna un rene che ridarà a Matteo una nuova vita

TORINO - Per due volte ha ridato la vita al figlio, quando ormai sembrava non esserci più alcuna possibilità. Nel 2003 gli ha donato il midollo osseo per combattere una leucemia che l’avrebbe ucciso. E oggi, donandogli anche un rene, gli ha di nuovo regalato una speranza.

Alle Molinette c’è chi l’ha già ribattezzata «madre coraggio», ma lei, ancora provata dall’intervento, sorride e dice semplicemente che «per un figlio si fa questo e altro», che è «una cosa spontanea», e «qualunque madre lo farebbe». Simonetta Severi, 54 anni, vive a Perugia. Nove anni fa - per il trapianto di midollo - era stata ricoverata insieme al figlio a Roma. Oggi, per quello di rene, è stata sottoposta a un lungo intervento dall’équipe di Nefrologia delle Molinette diretta dal professor Giuseppe Segoloni: l’operazione, conclusa nella tarda mattinata di ieri, è perfettamente riuscita. Ed è proprio il fatto che la madre avesse donato alcuni anni fa il midollo al ragazzo che ha permesso questo secondo trapianto: «Grazie al midollo ricevuto dalla madre - spiega il dottor Bretto - il sistema immunitario del ragazzo, derivato dalla mamma, non riconosce il rene trapiantato come “ostile” e ci consente di non dover ricorrere alla terapia anti-rigetto».

Matteo ha 29 anni: era stato sottoposto al primo trapianto a fine 2003 per una grave forma di leucemia acuta linfoblastica. Anche quell’operazione era perfettamente riuscita, al punto che sei anni dopo i medici avevano dichiarato la remissione completa della malattia. «Purtroppo - spiega ancora il dottor Bretto - complicazioni urologiche provocate dalla chemioterapia hanno compromesso lentamente i reni del ragazzo causando prima un’insufficienza renale grave, per poi costringere Matteo alla dialisi dal 2005, tre volte la settimana».

La vita di Matteo era ormai scandita dai tempi delle terapie. Il doppio intervento è durato otto ore: il prelievo del rene dalla madre è stato eseguito dagli urologi Giovanni Pasquale, Andrea Bosio e dall’anestesista Fabio Gobbi; il trapianto sul figlio è stato affidato ai chirurghi vascolari Piero Bretto e Monica Hafner con l’urologo Fedele Lasaponara e l’anestesista Guido Sansalvadore.

Madre e figlio erano in due sale operatorie vicine. Adesso Matteo è in una stanza di terapia semi-intensiva, mentre la madre è ricoverata un Nefrologia, ma si sono già inviati messaggi telefonici.
«Appena sveglio Matteo mi ha mandato una coccinella - ha detto mamma Simonetta - poi mi ha scritto 'mamy come stai?' e ancora altri. Presto lo rivedrò, ho la totale consapevolezza che abbiamo fatto l'unica cosa da fare, ora spero solo che mio figlio possa solo avere una vita normale. Vederlo andare tre volte la settimana a fare la dialisi era per me durissima».
«Vivere con un rene solo?», sorride. «I medici mi hanno detto che dovrò avere qualche cautela in più. Vuol dire che finalmente mi riposerò un po’».


Madre e figlio resteranno ricoverati alcuni giorni alle Molinette. Poi torneranno a casa a Perugia. Ai medici delle Molinette è arrivato in serata un messaggio del presidente della Regione, Roberto Cota: «L’eccellenza nel campo dei trapianti continua a essere il supporto fondamentale di tanti atti d’amore che periodicamente si ripetono in Piemonte».

30 marzo 2012

FONTI: lastampa.it, torinotoday.it 



Una storia davvero bellissima che testimonia, se ancora ce ne fosse bisogno, l'immenso Amore che intercorre tra madre e figlio.
Auguroni per tutto, Simonetta e Matteo !!! 

Marco