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martedì 2 marzo 2021

Tumori rari. «Colpa dei pozzi»

Casalguidi: l'oncologa Gentilini lancia l'allarme. «I sarcomi sentinelle dei danni ambientali»

di Michela Monti
PISTOIA

«A Casalguidi bisogna indagare sull'inquinamento ambientale, è questo quello che bisogna fare. I sarcomi sono tumori sentinella proprio di questo aspetto e c'è ampia letteratura scientifica che lo dimostra». L'oncologa ambientalista Patrizia Gentilini ne è praticamente certa. L'inquinamento dei pozzi a Casalguidi, la presenza della discarica ma anche un potenziale uso di pesticidi, potrebbero essere le cause alla base dell'abnorme numero di tumori rari registrati nel territorio. «Il cloruro di vinile monomero trovato nei pozzi si forma dai prodotti di discarica – spiega l'oncologa – Nel tempo, materiale come la plastica ad esempio, si trasforma in questa sostanza. Sono convinta che la presenza di questo tipo di tumori stia a significare che in quell'area c'è un significativo squilibrio ambientale. Non servono indugi su questo aspetto». Gentilini poi sottolinea come il cancro sia soltanto in piccola percentuale causato da una predisposizione genetica. «Si continua a presentare il cancro come una malattia genetica che trae origine da mutazioni più o meno casuali dei geni – tuona -. Si tratta di una visione obsoleta e stereotipata su cui sono intervenuta già in passato ed è desolante constatare che si continua a non tenere adeguatamente conto delle più recenti conoscenze scientifiche. In particolare di quelle che derivano dall'epigenetica. Questa disciplina infatti ha ormai ampiamente dimostrato che l'incontrollata proliferazione cellulare che caratterizza il cancro può essere scatenata non solo da mutazioni geniche, ma anche dai processi che alterano le loro funzioni. L'importanza di queste conoscenze è enorme perchè i meccanismi epigenetici sono sotto la diretta influenza degli stimoli ambientali di qualsivoglia tipo, e si attuano in assenza di mutazioni che coinvolgono il genoma. Oramai si ammala una persona su due, vogliamo continuare a parlare di genetica? E' l'inquinamento, l'ambiente che porta ai tumori, indagate su questo a Casalguidi».
Gentilini, medico oncologo ed ematologo, ha lavorato per oltre 30 anni nel reparto di oncologia di Forlì. Ha iniziato a interessarsi alle problematiche ambientali 10 anni fa, in occasione del raddoppio dei due inceneritori di Forlì.

18 ottobre 2019

FONTE: La Nazione

sabato 27 febbraio 2016

«Non ho diritto nemmeno a un’ora libera di aria pura»

L’appello di Imma, barlettana affetta da M.C.S.

«Devo indossare una maschera per proteggermi dall'inquinamento, utile a pochi che ci faranno i soldi e a spese dei molti che ne subiranno i veleni»: questo l'SOS lanciato dalla nostra concittadina Imma, affetta da M.C.S. (acronimo di Multiple Chemical Sensivity) ossia Sensibilità Chimica Multipla.

L'aria è da anni, nostro malgrado, un accumulo di sostanze tossiche che contaminano suolo, acqua e tutto ciò che ci circonda, determinando effetti cronici sulla salute. Le cellule di Imma non si sono adeguate ai limiti previsti dalla legge e non riuscendo ad arrestare metalli pesanti, diossine, arsenico, nanoparticelle si è ammalata gravemente. La M.C.S. o Sensibilità Chimica Multipla è una sindrome organica immuno-tossica ed infiammatoria corredata all'inquinamento ambientale, che si sviluppa per effetto di una prolungata esposizione a sostanze chimiche e in presenza di un accentuato livello di smog legato al traffico veicolare, ai complessi industriali e agli inceneritori che, giorno per giorno, rischiano di incenerire persino il nostro futuro.

Si tratta di una malattia progressiva, invalidante, irreversibile, cronica e purtroppo in costante aumento, e che già conta in Italia più di 10.000 vittime, costretti ad una vita che non è vita. Se non curata adeguatamente può provocare notevoli danni al sistema nervoso centrale, ai reni, al fegato, ai polmoni, al sistema muscolo-scheletrico e al sistema endocrino. Non è solo la malattia dei profumi, come la definiscono alcuni, ma una patologia fra le più gravi al mondo e ancora poco conosciuta. In Italia non tutti i medici la conoscono nonostante colpisca il 5% della popolazione e consigliano terapie il più delle volte inefficaci ed inadeguate. Per la diagnosi occorre recarsi a Roma, poiché il Lazio è l'unica regione che riconosce la malattia ma l'Italia non dispone di strutture altamente specializzate e adeguate al trattamento di questi pazienti "speciali". Per le cure occorre andare a Londra o Dallas, il che implica elevatissimi costi.

«Le esposizioni possono condurre ad un rapido decorso della patologia e causare in tempi brevissimi aggressive forme tumorali o leucemie - prosegue Imma - perciò evito ogni forma di esposizione tossica proteggendomi con una mascherina». Per questo si batte contro chi continua a bruciare rifiuti e promuove nuovi inceneritori in Italia. Imma è una donna coraggiosa, che cerca di sopravvivere, perché afferma «anche io ho diritto a vivere» ed è consapevole che il suo stato rende impossibile ogni convivenza con le abitudini quotidiane tossiche (essendo intollerante a profumi, detergenti, vernici ecc.). Non si arrende e continua a segnalare e denunciare la situazione sua e di molti in Italia prima che il fenomeno cresca vertiginosamente costringendo molti come lei a vivere in casa, microcosmo protetto da agenti esterni grazie ai depuratori dell'aria: una sorta di gabbia, d'oro certo, ma pur sempre una gabbia.

Per lei e per tutti i cittadini vittime dell'indiscriminata politica di chi non vuole mettere fine all'inquinamento: «Mi ribello e grido tutto il mio sdegno, il problema esiste e non riguarda solo me. Siamo tutti esposti, per questo Barletta deve conoscere la mia storia».

di REDAZIONEBARLETTAVIVA

24 febbraio 2016

FONTE: Barlettaviva.it
http://www.barlettaviva.it/notizie/non-ho-diritto-nemmeno-a-un-ora-libera-di-aria-pura/



E' da quando ho aperto questo blog che parlo e posto articoli sulla Sensibilità Chimica Multipla (MCS), in particolar modo testimonianze di persone malate che, senza tanti peli sulla lingua, parlano della propria situazione, che è poi quella di tante, tante persone in tutto il mondo.
Ebbene non mi stancherò mai di ringraziare abbastanza le persone che, come Imma e come tante altre al pari di lei, parlano di questa subdola, terribile malattia, della loro situazione e della situazione ambientale che c'è in Italia, spesso molto negativa perchè "avvelenata" da grandi complessi industriali, inceneritori, sversamenti o interramenti illeciti di rifiuti tossici e ogni quant'altro. I malati di MCS sono come "sentinelle" di questi "attentati" che vengono continuamente perpetuati al nostro ambiente, sono persone che ci dicono più che mai che dobbiamo avere il coraggio di fermarci, rivedere tutto e cercare di costruire una società basata su valori di rispetto e tutela della nostra cara madre Terra. 
Ascoltiamoli, ascoltiamoli...... fare propri questi Valori significa fare del bene a noi stessi, ma anche ai nostri figli, ai nostri nipoti e a tutte le generazioni future. Significa dare loro in eredità un paese e una società migliore. E non è veramente una cosa da poco!

Marco

sabato 31 agosto 2013

Gli inceneritori uccidono - intervista al Dott. Celestino Panizza



Ormai le evidenze abbondano e i principi di precauzione e prevenzione dovrebbero suggerire la messa al bando degli inceneritori. Di quelli vecchi come di quelli nuovi. Parla il dott. Celestino Panizza, medico per l’ambiente di Brescia, dove opera l’inceneritore più grande d’Europa.

La ricerca di un medico capace di esprimersi in modo autorevole e deciso sul danno sanitario degli inceneritori mi porta fuori provincia, a Brescia, essenzialmente per due motivi. Da una parte, perché in Trentino, a parte qualche eccezione rappresentata da medici-amministratori (il sindaco di Centa San Nicolò dottor Roberto Cappelletti e l’assessore all’ambiente di Lavis dottor Lorenzo Lorenzoni), i medici trentini finora non hanno trovato di meglio che prendere atto della volontà di costruire l’inceneritore (è accaduto nell’estate 2008, vedi QT 16/2008). Dall’altra parte, perché dire Brescia, parlando d’inceneritori, significa riferirsi all’ambito di osservazione più importante, perché a Brescia opera dal 1996 l’inceneritore più grande d’Europa, un mostro che brucia 800.000 tonnellate l’anno di rifiuti.

A Brescia, quindi, vado a incontrare il dottor Celestino Panizza. Medico specializzato in Medicina del lavoro presso l’Università di Pavia e Statistica medica ed epidemiologia presso l’Università di Pavia, il dottor Panizza lavora come medico del lavoro all’Asl di Brescia. Membro dell’Associazione Medici per l’Ambiente, da tempo mette a disposizione le proprie competenze professionali per fornire sostegno alle organizzazioni impegnate nella lotta all’inquinamento e nella difesa della salute.

Dottor Panizza, dell’impatto sanitario degli inceneritori si parla poco e male, e il pubblico è impossibilitato ad orientarsi, tra un Veronesi che dice in prima serata televisiva che l’impatto sanitario degli inceneritori è pari a zero ed evidenze che dimostrano ben altro...

Il caso di Veronesi è emblematico. La propaganda inceneritorista ha utilizzato un medico di fama, che ha competenze relative alla cura dei tumori, e non alla loro prevenzione, per far passare il concetto che l’inceneritore non è rischioso. Il meccanismo usato da chi con gli inceneritori fa i soldi è sempre quello: comprare le università e i centri di ricerca, finanziandoli, affinché essi, al termine dei vari studi epidemiologici, pronuncino la frase magica: ‘il dato non è conclusivo’. Ovvero, non si nega che gli impatti sanitari possano esserci, ma si enfatizza l’incertezza epidemiologica, affermando che le evidenze non permettono di legare con certezza quegli impatti all’incenerimento. È stato fatto per anni anche dagli studi, prezzolati dall’industria del tabacco, sui danni da fumo di sigaretta: ‘non c’è evidenza che provochi il cancro’, si continuava a ripetere...

Non esistono quindi studi epidemiologici che permettano con certezza di rilevare gli impatti sanitari degli inceneritori?

Non ho detto questo. Decine e decine di studi, condotti per indagare le ricadute delle emissioni inquinanti degli inceneritori sulla salute delle popolazioni residenti intorno ad essi, hanno evidenziato numerosi effetti avversi alla salute dell’uomo, sia tumorali che non.

Ce ne può indicare qualcuno?

Certamente. Tra i più recenti, possiamo ricordarne quattro. Lo studio effettuato nel 2007 in provincia di Venezia dal Registro Tumori dell’Istituto Oncologico Veneto è la più convincente dimostrazione esistente in letteratura di un aumento di rischio di cancro associato alla residenza vicino a inceneritori: esso evidenzia come il rischio aumenti di 3,3 volte fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione. Sempre nel 2007, lo studio “Enhance Health Report”, finanziato dalla Comunità Europea e condotto per l’Italia nel comune di Forlì, dove operano due inceneritori, ha portato a evidenze significative rispetto al sesso femminile: in particolare si è registrato un aumento della mortalità tra il +17% e il +54% per tutti i tumori, proporzionale all’aumento dell’esposizione; e questa stima appare particolarmente drammatica perché si basa su un ampio numero di casi - 358 decessi per cancro tra le donne esposte e 166 tra le non esposte - osservati solo nel periodo 1990-2003 e solo tra le donne residenti per almeno 5 anni nell’area inquinata. Nel 2008, poi, uno studio francese condotto dall’Institut de Veille Sanitarie ha rilevato un aumento di tumori di tutte le sedi nelle donne e, in entrambi i sessi, dei linfomi maligni, dei tumori del fegato e dei sarcomi dei tessuti molli. Da ricordare infine il 4° Rapporto della società Britannica di Medicina Ecologica, anch’esso del 2008, che nelle molte e documentate considerazioni ricorda come nei pressi degli inceneritori si riscontrino tassi più elevati di difetti alla nascita e di tumori negli adulti e nei bambini.

Una situazione allarmante. E a Brescia avete evidenze dell’impatto sanitario dell’inceneritore più grande d’Europa?

Il Registro Tumori segnala in provincia di Brescia un tasso d’incidenza tumorale tra i più alti del Nord Italia, ma non c’è modo di imputare all’inceneritore questa circostanza. Di studi epidemiologici sull’esposizione alle emissioni dell’inceneritore bresciano non ce ne sono, e del resto sarebbero inutili...


In che senso?

Nel senso che l’inceneritore di Brescia si trova in città, tra innumerevoli altre fonti che emettono sostanze inquinanti: voler rilevare l’impatto dell’inceneritore sarebbe quindi come voler individuare l’onda più alta in un mare in tempesta. Tuttavia, due fatti del recente passato ci permettono di identificare nell’inceneritore di Brescia un pericoloso produttore di diossine, sostanze tra le più dannose per la salute.


Ovvero?

Nel 2007 l’Istituto Superiore di Sanità ha misurato le diossine del tipo PCDD-F presenti nell’aria di Brescia per condurre la valutazione del rischio nel contesto delle indagini sul sito inquinato di rilevanza nazionale Brescia-Caffaro. L’indagine è stata condotta nel mese di agosto, quando sono ridotte le condizioni di traffico e le principali fonti d’immissione industriali, eccetto l’inceneritore, che funziona regolarmente anche in quel mese e insiste nella zona oggetto dello studio. Ebbene, il confronto con altre misurazioni, condotte negli ultimi anni in diverse località nella stagione estiva, mostra chiaramente come le concentrazioni di diossine nell’aria di Brescia siano le maggiori, con quantitativi almeno tripli.


E l’altro fatto?


Nel 2008 la Centrale del Latte di Brescia ha riscontrato presenza di diossine del tipo TCDD-F-PCB nel latte proveniente da sette aziende agricole ubicate nel territorio a sud di Brescia, proprio nei pressi dell’inceneritore. Il latte rifiutato dalla Centrale del Latte aveva tossicità equivalente ben oltre i limiti di soglia: tra i 6,5 e gli 8 picogrammi di diossine per grammo di grasso, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda per l’uomo il limite di un picogrammo per chilo di peso corporeo al giorno. Vale a questo punto la pena di ricordare che le diossine sono bioaccumulabili, ovvero si accumulano all’interno di un organismo in concentrazioni crescenti man mano che si sale di livello nella catena alimentare. È questo il motivo per cui è verosimile che il latte delle mucche alimentate con foraggio raccolto nel terreno soggetto a ricaduta dell’inceneritore sia risultato contaminato da tali sostanze.


Quello che lei riferisce dovrebbe indurre a fermare qualunque progetto di costruzione di un inceneritore. Ma già immaginiamo che chi vuole incenerire abbia la risposta pronta: “Questi dati si riferiscono agli inceneritori di vecchia generazione, noi costruiremo inceneritori di nuova...”


Vengono a dirci che i livelli delle emissioni dei nuovi impianti, che adottano le cosiddette “migliori tecnologie disponibili”, sarebbero di molto contenuti rispetto ai vecchi. Tralasciando che le migliori tecnologie, valutate dalla stessa industria secondo criteri di economicità, hanno già dimostrato di non presentare sufficienti garanzie sul versante dei sistemi di abbattimento, resta in ogni caso da tener presente che le concentrazioni delle emissioni ottenute applicando le migliori tecnologie sono allineate con i valori limite stabiliti dalle normative, i quali purtroppo non garantiscono di per sé la salute: basti pensare che il limite alla diossina stabilito dall’Unione Europea è mille volte superiore a quello stabilito dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente statunitense. E poi va ricordato un punto fondamentale: in realtà i controlli sulle emissioni sono oggi alquanto problematici.


Per quale motivo?


Da un lato, perché essi sono sostanzialmente eseguiti in regime di autocontrollo dagli stessi gestori degli impianti, dall’altro perché sono in effetti inadeguati a monitorare le effettive quantità emesse. Uno studio recente ha rilevato che in fase di accensione (quando non è monitorato), un inceneritore produce in media, nell’arco di un periodo di 48 ore, il 60% delle emissioni annuali totali di diossine prodotte quando è a regime. Anche durante lo spegnimento e il periodo di messa in servizio degli inceneritori (altri momenti in cui le emissioni non vengono controllate), si possono produrre livelli molto più elevati di diossine. E non si pensi che spegnimenti e accensioni siano rari: a Brescia la manutenzione li richiede un paio di volte l’anno.

Insomma, par di capire che ci sono ragioni per diffidare anche degli inceneritori di nuova generazione.


La limitata disponibilità di dati scientifici e di evidenze epidemiologiche sull’impatto sanitario dei moderni impianti non coincide con una mancanza di evidenza: il principio di precauzione induce ad attenersi a linee di maggiore prudenza. Di contro, le evidenze tossicologiche e sperimentali ormai assodate, e relative ad inquinanti oggettivamente emessi, come le diossine, non consentono certo deroghe all’obbligo della prevenzione. La storia del confronto tra vecchi e nuovi inceneritori ricorda quanto afferma l’autorevole epidemiologa Devra Davis nel libro “La storia segreta della guerra al cancro”, a proposito delle sigarette: quando la marea d’informazioni sui pericoli del tabacco cominciò a montare, le industrie cambiarono musica, diffondendo l’idea che forse le sigarette vecchie erano pericolose, ma quelle nuove, col filtro, sarebbero state gustose e salubri...

di Marco Niro

6 giugno 2009

FONTE: questotrentino.it

mercoledì 28 agosto 2013

Inceneritore di Parma, il comitato: “Sarà acceso il 28 agosto”


L'associazione Gestione corretta rifiuti annuncia la data in cui la struttura di Ugozzolo ricomincerà a bruciare rifiuti. A inizio agosto il Tar aveva accolto il ricorso di Iren contro il Comune e dichiarato irricevibile la domanda di agibilità parziale presentata dalla multiutility


I rifiuti sono già dentro e il 28 agosto il camino comincerà a fumare, questa volta senza soluzione di continuità”. Lo annuncia il comitato Gcr, Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma, da sempre contrario all’inceneritore di Parma, avversato anche dal Comune a 5 Stelle guidato dal sindaco Federico Pizzarotti. Il comitato ha seguito tutta la costruzione dell’impianto, comprese diverse sospensioni per inchieste della Procura, ancora in corso, e procedimenti amministrativi davanti al Tar.

Ancora una manciata di ore – sottolinea – e Parma tornerà ad avere un inceneritore, dopo 12 anni di assenza dalla chiusura del Cornocchio (2001)”. L’impianto a Ugozzolo di Parma “non è l’unica fiamma sul nostro territorio”, prosegue: “a Rubbiano di Solignano, un co-inceneritore di oli esausti e altri materiali pericolosi dal 2000 brucia oltre 50.000 tonnellate l’anno; a Noceto un impianto militare di distruzione di esplosivo e propellenti; a Polesine abbiamo scoperto in queste ore un impianto di termodistruzione di materiali organici come il pollame colpito da aviaria”.

Il Tar aveva decretato quasi un mese fa la riaccensione a Ugozzolo (dopo uno stop del 3 luglio) accogliendo il ricorso di Iren Ambiente contro il Comune, che aveva dichiarato irricevibile la domanda di agibilità parziale presentata dalla multiutility. L’udienza di merito è il 9 ottobre.

25 agosto 2013

FONTE: ilfattoquotidiano.it

 
Con mio grande, grande dolore, devo annunciare sulle pagine di questo blog che l'inceneritore di Parma è da ieri entrato ufficialmente in funzione. Ci sono stati ricorsi, rinvii, e "stop", ma ora il "mostro" è realmente entrato in funzione, con tutto il suo carico di esalazioni che non tarderanno a farsi sentire, sia per quanto riguarda l'inquinamento ambientale che per quanto concerne la salute dei cittadini. Sì, perchè non dobbiamo farci illusioni in proprosito: checchè se ne dica, anche se si tratta di un impianto di ultima generazione (speriamo), si tratta sempre e comunque di "incenerimento di rifiuti", e questi non si volatilizzano nel nulla, ma si trasformano soltanto, e si trasformano sopratutto in piccolissime particelle, le famigerate nanoparticelle, che verranno disperse ovunque e che ricadranno al suolo inquinando terra, campi, fiumi, falde acquifere e chi più ne ha più ne metta. Ma sopratutto..... finiranno per essere inalate da noi uomini, con immancabili danni per la salute di tutti.
E dire che l'alternativa ci sarebbe, e questa alternativa si chiama "Strategia Rifiuti Zero"
(vedi: http://marco-lavocedellaverita.blogspot.it/2011/11/strategia-rifuti-zero-che-cose.html), ovvero come ridurre al massimo la produzione di scarti e come trasformare questi ultimi in nuova materia prima nuovamente utilizzabile. Se tutti si impegnassero per attuare questa Strategia nel migliore dei modi, non ci sarebbe più bisogno nè di nuovi inceneritori nè di nuove discariche e, anzi, verrebbero chiusi gran parte di quelli ancora in funzione.

Aprire un nuovo inceneritore è sempre un ERRORE ed è una SCONFITTA per tutti! E gli errori si pagano.... sempre!

Marco

lunedì 20 maggio 2013

«La leucemia di mia figlia? Non è colpa del destino»

Daniela Spaggiari ha caricato un video su You Tube e pubblicato un e-book «La presenza di un inceneritore e di una ceramica vicino a casa non è casuale»


«In questo momento vorrei essere una mosca e vedere i vostri sguardi per capire se qualcosa di questo messaggio vi è entrato nel cuore... Buona vita a tutti». Con queste parole si conclude un video di incredibile intensità, crudo e toccante, nel quale Daniela Spaggiari, madre di una ragazza malata di leucemia, lancia su YouTube (vedi sotto) un messaggio che non può lasciare indifferenti. Un messaggio nel quale si parla di inceneritore, di sostanze inquinanti, di stili di vita sbagliati. E della necessità di dire basta, «perché il nostro benessere dipende dalle scelte che quotidianamente facciamo. E smettiamola di considerare la malattia un destino crudele, perché non è così».

«Ci si può ammalare - afferma nel video Erica Francia che tre anni fa ha scoperto di essere stata colpita dalla leucemia - quando si vive in un’ambiente ostile perché contaminato da elementi inquinanti e cancerogeni». Erica dice queste parole con un tono di voce pacato. Ma non rassegnato. Così come non rassegnata è la madre che, oltre a girare il video, ha pubblicato un e-book intitolato “Oltre la soglia” (sottotitolo “introspezione di una mamma bastone a sostegno della guarigione della figlia”). Al centro una storia che potrebbe essere quella di ognuno di noi.
 
Erica abita con la madre e il padre a Cadelbosco Sopra. Una vita tranquilla. Una famiglia come tante. I genitori lavorano, lei studia. Ma è proprio tre anni fa, quando sta partendo per un viaggio studio con Erasmus, che tutto cambia. Nel luglio 2010 Erica inizia a stare male e, a settembre, arriva la diagnosi: leucemia.
 
«Forse per il mio carattere che mi spinge ad andare in fondo alle cose - ci spiega Daniela Spaggiari - e probabilmente grazie alla fede che mi porta a non arrendermi, quando a mia figlia è stata diagnosticata la leucemia, non mi sono fermata ad aspettare gli eventi. Ho letto, mi sono informata, sui libri e su internet. E sono approdata al San Raffaele di Milano dove io e mia figlia siamo vissute per due anni e mezzo. Ero stata obbligata a lasciare il mio lavoro, avevo dei debiti da pagare, la situazione economica non era facile, ma non mi sono arresa». Anni difficili, quelli trascorsi a Milano, ma nei quali madre e figlia si trovano a condividere una situazione terribile e insieme eccezionale. Perché l’obiettivo è sempre stato “capire”. «Mia figlia - prosegue Daniela - a Milano aveva iniziato a stare meglio. Certo, merito delle cure, ma non solo. E io volevo capire se la sua malattia poteva dipendere dalle condizioni ambientali in cui aveva vissuto. Mi sono rivolta a Stefano Montanari, ricercatore e studioso di nanopatologie, direttore scientifico dell'azienda modenese Nanodiagnostics. La biopsia del midollo di Erica ha portato alla presenza di polveri di diversi metalli pesanti ad altissima concentrazione». E’ stato immediato, per Daniela, pensare a “dove” Erica e la sua famiglia erano stati fino a quel momento: «Per dieci anni mia figlia ha vissuto a ridosso dell’inceneritore e a due chilometri da una ceramica che recentemente è stata chiusa. Chiaramente non ci sono prove che possano indicare con certezza delle responsabilità. Ma da quel momento, ho capito che era anche colpa mia. E di quanti sono indifferenti di fronte a scelte e situazioni considerate scontate. Certo, pensiamo al benessere, ma nell’accezione sbagliata: prima viene il denaro. Ed era così anche per me, prima che Erica si ammalasse: lavoravo per guadagnare, per aiutare mio marito a pagare il mutuo e fare studiare nostra figlia. E non mi rendevo conto che c’era qualcosa di più importante».
 
Ma nella quotidianità, come si è trasformata la vita di una donna che non ha paura di andare fino in fondo? «Sono le scelte quotidiane che cambiano - ci dice Daniela - per esempio sono diventata quasi vegetariana, compro biologico, sono attentissima alla raccolta differenziata mentre prima la consideravo solo una perdita di tempo. E mi faccio bastare quello che ho. Perché ho scelto di pubblicare un e-book? Ho risparmiato il 30%, non ci saranno camion che lo trasporteranno, e non sono stati tagliati alberi».

Lei le chiama piccole scelte. In realtà si tratta di stravolgere una vita... «Ciò che è accaduto - ammette Daniela - ha fatto sì che la mia fede, assopita dalla quotidianità, abbia avuto un sussulto e mi abbia fatto vedere le cose con una maggiore lucidità». Forse è necessario che la vita ti cambi per riuscire a vedere un futuro diverso. Ed è quello che è capitato a Daniela. «Nel mio libro - spiega - per definire il mio ruolo mi definisco un bastone. Ma forse anche Erica è stata un bastone per me: se lei si fosse arresa forse l’avrei fatto anch’io. Perché vivere con un malato oncoematologico è un’esperienza totale. Erica ha perso la sua vita e io ho perso la mia. O meglio le nostre vecchie vite... Erica non ha difese immunitarie quindi non può frequentare i luoghi pubblici, deve sempre indossare la maschera sterile, non può viaggiare su bus o treni, non può nemmeno cucinare perché potrebbe restare contaminata da ciò che tocca».
 
A questo punto chiedere come sta Erica non è un tabù, ma la tappa di un difficile percorso. «Erica ha già subito due trapianti, per il momento non è previsto un terzo tentativo. Si sta curando, sempre a Milano, con una terapia chemioterapica. La nostra battaglia continua».




25 aprile 2013 

FONTE: gazzettadireggio.gelocal.it
http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2013/04/24/news/la-leucemia-di-mia-figlia-non-e-colpa-del-destino-1.6942117



Una testimonianza veramente forte quella di Daniela ed Erica (il video è da vedere), una testimonianza che ci dice in maniera concreta come gli errori che noi uomini perpetriamo all'ambiente che ci circonda con le nostre scelte errate, prima o poi ci torna indietro sotto forma di tumori o di malattie di varia natura.
Chi di noi non ha o ha avuto nella propria famiglia o tra la schiera delle proprie amicizie almeno un caso di persona colpita da tumore? Io penso nessuno! Ebbene.... nessuno di noi si è mai chiesto perchè questo tumore ha colpito quella o quell'altra persona? Perchè proprio a lui? Daniela ed Erica si sono poste questa domanda, e la risposta non ha tardato ad arrivare: altissima concentrazione di metalli pesanti nel proprio organismo, probabilmente causati sopratutto dalla vicinanza di un inceneritore e da una fabbrica di ceramiche. Vedete che a cercare bene una risposta si trova sempre.... e quando ci sono di mezzo i metalli pesanti, potete star sicuri che il primo responsabile è l'inquinamento ambientale (sopratutto quello da nanoparticelle) o le esalazioni che una persona può avere sul lavoro o, aggiungo io, le dannosissime amalgame dentali. E' chiaro poi che c'è chi è maggiormente predisposto ad ammalarsi e c'è chi lo è di meno, diversamente ci ammaleremmo tutti e nello stesso modo.... ma chi si può dire al sicuro da tutto questo? Ecco che allora diventa DOVEROSO da parte di ognuno di noi fare delle scelte responsabili, come quelle che Erica e Daniela hanno fatto, e passare a uno stile di vita diverso, più rispettoso della natura e di noi stessi. Basta poco, un pò di impegno e di attenzione, per poter operare dei GRANDI cambiamenti, e questo, lo ribadisco, lo può fare ognuno di noi, senza eccezzioni. Mangiare biologico, usare il meno possibile l'automobile (magari acquistandola a metano, o elettrica o comunque ibrida), operare un attenta raccolta differenziata cercando di riutilizzare il più possibile i propri avanzi (che sono sempre un importantissima risorsa), acquistare prodotti biocompatibili, piantare degli alberi negli spazi verdi delle proprie abitazioni..... sono tante, tante le cose che si possono fare e a tutti i livelli. Se tutti noi ci comportassimo in questo modo, sapete di quanto migliorerebbero le cose? Se tutti noi, per fare un esempio, iniziassimo a mangiare solamente biologico, le grandi industrie agro-alimentari sarebbero "costrette" a convertirsi anch'esse al biologico per non vedre crollare le proprie vendite..... e da questo ne deriverebbe un grandissimo beneficio a livello ambientale (oltre che per la nostra salute) per il cessato utilizzo dei dannosissimi pesticidi di cui si fa così largo consumo. Certo, anche i Governi dovrebbero fare la loro parte, con norme restrittive a tutela della salute e dell'ambiente e controlli rigorosi.... ma il "grosso" viene dal basso, viene da ognuno di noi con il proprio stile di vita.
E allora... iniziamo a prenderci cura della nostra cara Madre Terra, cerchiamo ciascuno di noi di fare la nostra parte..... e poi, ne sono sicuro, il nostro buon esempio si propagherebbe alle altre persone come una macchia d'olio. Praticare uno stile di vita rispettoso della natura e di noi stessi è un Bene che, oltre a far stare meglio noi (in tutti i sensi, anche spirituale), fa star meglio anche gli altri, e già questo è un motivo di grande soddisfazione personale e non solo. Questo significa anche lasciare in eredità ai nostri figli un mondo migliore, più pulito, più sano, più ricco di valori.... e siccome l'esempio trascina sempre, i nostri figli si comporterebbero allo stesso modo con i loro futuri figli e via di seguito di generazione in generazione. Dal Bene scaturisce sempre dell'altro Bene, ricordiamocelo sempre, così come dal male scaturisce dell'altro male.... sta a noi scegliere da che parte stare, come impostare la nostra vita. Daniela ed Erica, con la loro testimonianza forte e veritiera, ci hanno dato un bellissimo esempio in questo senso.... ora sta a ognuno di noi "raccogliere" e fare tesoro delle loro parole ed iniziare (per chi ancora non lo avesse fatto) ad avere uno stile di vita migliore nel rispetto di sè stessi, dell'uomo e della natura. E questo, per il bene di tutti !!!

Marco
 

domenica 19 maggio 2013

Inceneritore di Parma: da sabato 18 maggio l’esercizio provvisorio con i rifiuti, dal 1 agosto il pieno regime


Il fumo si vede già e dei primi rifiuti non resta che cenere. Dopo la prova del 29 aprile, Iren elenca le tappe che porteranno il termovalorizzatore a dare il meglio di sè, mostrare i muscoli ed entrare in pieno regime.

Quello del 29 aprile è stato un assaggio di cui la multiutility ha dato qualche informazione in più in un comunicato stampa del 14 maggio:
"Si è svolta nei giorni tra il 29 e 30 aprile, nei limiti delle 50 ore autorizzate dagli Enti di Controllo, l’attività di test delle apparecchiature e degli apparati del ciclo termico e del sistema impiantistico di produzione energetica (turbina e alternatore), effettuata a caldo attraverso la combustione di rifiuti solidi urbani selezionati. L’attività realizzata in questa ha consentito di effettuare le verifiche necessarie e prodromiche alla messa in esercizio provvisorio dell’impianto".

L’indomani, in una conference call organizzata per presentare agli azionisti i risultati del gruppo nel primo trimestre, il direttore generale Andrea Viero si è spinto oltre.

Da sabato 18 maggio prenderà il via la fase di esercizio provvisorio con l’incenerimento dei rifiuti, che andrà avanti fino a sabato 27 luglio. Qualche giorno di pausa ed ecco lo start dell’impianto a tutta forza dal 1 agosto.

di Fabio Manenti

17 maggio 2013

FONTE: ilmattinodiparma.it
http://www.ilmattinodiparma.it/?p=60228



Grande, profonda tristezza da parte mia per questa notizia che oramai era nell'aria. L'inceneritore di Parma è ufficialmente entrato in funzione e dal mese di agosto sarà a pieno regime (se verranno trovati così tanti rifiuti da dargli "in pasto").
Questa è una grande sconfitta per la città di Parma, la mia città, quindi per tutti i parmigiani (e non solo) e per l'ambiente. Si è cercato di bloccarlo, di fermarlo (e sono sicuro che ancora si proverà a farlo), ma non c'è stato nulla da fare. Purtroppo, temo, la nocività di questo impianto non tarderà a manifestarsi, e già nelle prove preliminari, per chi abita o si trovava nei paraggi, è stato avvertito un odore, un effluvio decisamente "strano" che non prometteva nulla di buono.
Grande, profonda tristezza.... per me, per Parma, per tutti !

Marco

domenica 20 maggio 2012

Il Parlamento europeo dice no agli inceneritori

Il Parlamento europeo ha approvato un rapporto sulle linee guida del prossimo programma ambientale Ue. Previsto il divieto di incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati o compostati. Passa anche un rapporto sulla tutela della biodiversità. Zanoni (IdV): “Misure concrete per arrestarne la perdita. I rifiuti devono diventare una risorsa”.

Passano al Parlamento europeo due importanti rapporti su ambiente e biodiversità. “Una pietra miliare per l'Europa. Adesso la Commissione segua la linea indicata dal Parlamento e compia azioni concrete per salvaguardare la biodiversità, proteggere l'ambiente e chiudere una volta per tutte con pratiche obsolete e pericolose come l'incenerimento dei rifiuti”. Così Andrea Zanoni, Eurodeputato IdV, commenta l'approvazione dei due rapporti da parte dell'Aula di Strasburgo. Si tratta della relazione “sulla revisione del sesto programma d'azione in materia di ambiente e la definizione delle priorità per il settimo programma” (stragrande maggioranza) e di quella sulla “Strategia europea per la biodiversità 2020” (414 favorevoli, 55 contrari e 64 astenuti).

Nel testo che detta le linee guida del Settimo programma sull'Ambiente si legge chiaramente che la Commissione deve prevedere “obiettivi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio più ambiziosi, tra cui una netta riduzione della produzione di rifiuti, un divieto di incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati o compostati”, spiega Zanoni. “Finalmente troviamo nero su bianco l'impegno del Parlamento a spingere l'intera Ue nella direzione della sostenibilità ambientale”.

Con l'approvazione del rapporto sulla biodiversità abbiamo sottolineato il bisogno di un maggior impegno Ue per fermare la perdita di biodiversità entro il 2020 – continua l'Eurodeputato – Il rapporto del collega Alde Gerben-Jan Gebrandy invita l'Ue a compiere passi fondamentali come restaurare gli ecosistemi danneggiati e rafforzare la protezione di specie animali ed habitat minacciati dall'inefficienza delle politiche attuali - spiega Zanoni - Tra i provvedimenti più urgenti, rientra un'attività di pesca e agricoltura finalmente sostenibili, e lo stop allo sfruttamento indiscriminato di foreste e territorio”.
Da questo punto di vista l'Europa può e deve giocare un ruolo chiave nella protezione della biodiversità e nella lotta ai fenomeni che minacciano anche la nostra salute come l'incenerimento dei rifiuti – aggiunge Zanoni – La nuova strategia di ripresa economica Ue presentata questa settimana a Strasburgo va nella direzione giusta – conclude l'Eurodeputato – Mi auguro che anche il governo italiano voglia seguirne le indicazioni, in merito a green economy, salute e nuove tecnologie, alla lettera”.

di C.B.

23 aprile 2012

FONTE: aamterranuova.it
http://www.aamterranuova.it/Ambiente-e-decrescita-felice/Il-Parlamento-europeo-dice-no-agli-inceneritori


Questa notizia mi riempie di gioia. Finalmente il Parlamento Europeo sembra aver preso a cuore la tanto delicata questione dei rifiuti, approvando un rapporto secondo il quale il rifiuto non deve più essere visto come un materiale di scarto da "eliminare", ma come una risorsa da riutilizzare reinserendola nel ciclo produttivo. Questo è un passo IMPORTANTISSIMO, perchè da questo punto si può partire per arrivare in un prossimo futuro (lo spero) a vietare del tutto l'incenerimento dei rifiuti, una pratica che, per utilizzare le stesse parole dell'Eurodeputato Andrea Zanoni, è "obsoleta e pericolosa".
In una società come la nostra sempre più inquinata e in un mondo in cui le materie prime iniziano a scarseggiare (mentre la popolazione cresce costantemente), non ci si può più permettere di "bruciare" o accantonare in discariche sempre più grandi tutto ciò che non si utilizza più. Quasi ogni materiale infatti può essere riutilizzato o riciclato, e per quella parte che non può essere riciclata esistono "trattamenti a freddo", quindi senza alcun tipo di incenerimento, in cui i materiali possono essere trasformati in finissima sabbia sintetica da utilizzare poi per la produzione di altri materiali. E' quello che succede a Vedelago (http://marco-lavocedellaverita.blogspot.it/2011/11/come-riciclare-al-99-il-centro-riciclo.html), è quello che, mi auguro, dovrebbe accadere in ogni parte del mondo.

Marco

giovedì 17 maggio 2012

Il Pistoiese inquinato dall'inceneritore

Il comitato per la chiusura dell’inceneritore dei rifiuti di Montale (Pistoia) lancia l’allarme: “Qui non è sicura nemmeno la filiera corta nell’alimentare a causa dell’inquinamento prodotto dall’impianto”.

Il Comitato esprimerebbe piena condivisione al sostegno dello sviluppo di una filiera “corta” ma ciò, purtroppo, non è possibile a causa della pesante ipoteca ecologica indotta dall’incenerimento dei rifiuti”: queste le parole con cui il Comitato per la chiusura dell’inceneritore di Montale (Pistoia) rilancia l’allarme. “Il Comitato registra l’ennesima contraddizione e reticenza propalata sulle autentiche minacce portate dall’impianto di incenerimento di Montale che, in modo silente, espone l’intero territorio della piana a un impercettibile, ma costante inquinamento della catena alimentare” prosegue il comitato. “L’iniziativa della Coldiretti “Campagna Amica” è la dimostrazione della sconsideratezza dell’Amministrazione che, pur di attenuare gli effetti dei processi di biomagnificazione dei microinquinanti sul territorio (POP’s), non esita a promuovere delle iniziative che avrebbero certo altro giudizio di merito, qualora non fossimo in un contesto di conclamata “emergenza sanitaria”. Il Comitato esprimerebbe piena condivisione al sostegno dello sviluppo di una filiera “corta” ma ciò, purtroppo, non è possibile a causa della pesante ipoteca ecologica indotta dall’incenerimento dei rifiuti. La denuncia di pericolosità non è un mero e libero parere del Comitato. Essa è stata bene e specificamente argomentata dallo stesso relatore di ASL 3 Dott. Roberto Biagini nella relazione tenuta il 2 Dicembre a Pistoia nel convegno sull’incenerimento dei rifiuti. Si veda il link, consultando le prime e ultime due slide, con conclusioni ben dirimenti sulla circostanza:
http://www.provincia.pistoia.it/AMBIENTE/INIZIATIVE_AMBIENTE/ConvegnoImpantiIncenerimento_2-3dic2011/programma/BIAGINI_slide.pdf


E dunque, dopo aver denunciato la pericolosità delle coltivazioni tenute sul territorio e l’intossicazione dovuta dal consumo degli animali da cortile diffusi tra le nostre comunità, i cittadini restano sbalorditi di fronte a questa ennesima sconsiderata iniziativa, priva di ogni prudenza e cautela. Ricorre altresì l’esigenza opposta di dover limitare, anzi proibire con apposite ordinanze sindacali, il consumo di alimenti dimostratamente intossicati dai cosiddetti POP’s. È solo con la chiusura dell’impianto di via Tobagi e la bonifica delle aree inquinate che la piana potrà recuperare la tradizionale capacità di coltura di terreni e l’autoconsumo alimentare di ortaggi, prodotti caseari e avicolture indenni da inquinanti. A distanza di un anno dalla denuncia d’inquinamento delle colture di rape, spinaci e bietole nella prossimità dell’impianto, che sono causa della persistente esposizione dei cittadini all’assunzione di diossine, furani e policlorobifenili, tutto continua. Il Comitato ricorda infine che i cittadini residenti fuori dalle aree di ricaduta dei POP’s, non potranno ritenersi esclusi dal processo di trasmissione che colpisce la catena alimentare tutta, senza il controllo della qualità dei prodotti alimentari locali, trasportati certamente anche fuori dai Comuni esposti come prodotti derivati.

11 maggio 2012

di C. B.

FONTE: aamterranuova.it
http://www.aamterranuova.it/Foto-Video-inchieste-dei-lettori/Il-Pistoiese-inquinato-dall-inceneritore

domenica 12 febbraio 2012

Il falso mito dei cementifici-inceneritori

La combustione di rifiuti nei cementifici, pratica che si vorrebbe nel nostro paese sempre più diffusa, consente secondo chi la propone di limitare la costruzione di nuovi inceneritori, la sostituzione parziale con i rifiuti di parte dei combustibili fossili di solito utilizzati per alimentare questi impianti, la riduzione delle emissioni di CO2, il recupero totale delle ceneri di combustione (inglobate nel clinker) e, in ultimo, una minore produzione di diossine rispetto ai “classici” impianti di incenerimento dei rifiuti.
Se così fosse, questa pratica sarebbe davvero da considerare l'optimum nella gestione dei rifiuti residui. Tuttavia, questa soluzione presenta numerosi e pesanti limiti per i rischi alla salute umana, ancora maggiori rispetto agli inceneritori. I limiti di legge per le emissioni dei cementifici, infatti, sono enormemente superiori rispetto a quelli degli inceneritori (solo gli NOx, inceneritore 200 mg/Nmc, cementificio tra 500 e 1800 mg/Nmc).
I cementifici sono impianti industriali altamente inquinanti già senza l’uso dei rifiuti come combustibile, e andrebbero drasticamente ridotti e contingentati, specie nel nostro Paese.
L’Italia è infatti la nazione europea con più cementifici, con i suoi 59 impianti (22% del totale degli impianti europei). La Germania, che è al secondo posto in classifica, ne ha 38, 21 in meno dell’Italia.
Secondo il registro europeo delle emissioni inquinanti i soli cementifici italiani (molti dei quali bruciano rifiuti) hanno prodotto nel 2009 13.8 Kg di PCB (la pericolosità di questa sostanza si misura in nanogrammi), 21.237.000 tonnellate di CO2, 12 Kg di cadmio, 53.4 Kg di mercurio, 115 Kg di Nickel, 13.643 tonnellate di CO, 369 tonnellate di ammonio, 49.930 tonnellate di ossidi di azoto, 2.917 tonnellate di ossidi di zolfo, 6,76 tonnellate di benzene e quantità incalcolabili di particolato, dannoso per la salute anche a minime concentrazioni (Ware 2000) e tramite particelle di dimensioni nanometriche (le UFP, Ultra-Fine Particles), impossibili da trattenere con i filtri comunemente utilizzati. Il limite giornaliero per le emissioni di particolato è di 50 μg/m3 e tale limite non può essere superato per più di 7 giorni all’anno dal primo gennaio 2010 (DM 2 aprile 2002, n.60 allegato III).
È stato calcolato che le concentrazioni medie di particolato in prossimità di un cementificio variano da 350μg/m3 (un Km dall’impianto) a 200μg/m3 (a 5 Km dall’impianto) e che la maggior parte delle particelle emesse hanno dimensioni nanometriche e sono dunque estremamente rischiose per la salute umana.
La letteratura medico-scientifica ha dimostrato aumentati livelli di alluminio e cromo nel sangue di chi lavora in un cementificio, che è a rischio elevato di tumore maligno del polmone, aumentati livelli di particolato e metalli pesanti nell'aria e nei terreni circostanti e aumentati livelli di metalli pesanti nel sangue di chi vive in prossimità di un cementificio.
I sostenitori della co-combustione di rifiuti sono soliti affermare che l’utilizzo di CDR nei cementifici può consentire una riduzione dell’uso di combustibili fossili e, di conseguenza, una riduzione della produzione di CO2.
Ciò che di solito viene taciuto è che un cementificio produce di solito circa il triplo di CO2 rispetto ad un inceneritore. La sola cementeria COLACEM di Galatina (LE), ad esempio, nel 2007 ha prodotto 774.000 tonnellate di CO2, circa il triplo delle emissioni di un inceneritore di grossa taglia come quello di Brescia (228.000 tonnellate di CO2 nello stesso anno).
Considerata la abnorme produzione annua nazionale di CO2 da parte di questi impianti, una minima riduzione è dunque una goccia nel mare, per giunta pagata a caro prezzo, soprattutto se si considera la sottrazione di rifiuti alla raccolta differenziata, al riciclo, al riuso (la vera valorizzazione dei rifiuti) e la sommazione degli inquinanti già prodotti dai cementifici a quelli tipicamente prodotti dalla combustione dei rifiuti.
Non a caso la normativa nazionale permette limiti di emissioni da 3 a 7 volte superiori a quelle concesse ad un inceneritore.
Molto propagandata è inoltre la minore produzione di diossine rispetto agli inceneritori “classici”, grazie alle elevate temperature raggiunte dai forni dei cementifici.
Le diossine sono tra i più potenti veleni noti in farmacologia e la loro pericolosità è dovuta alla non biodegradabilità (persistenza) e dunque a fenomeni di accumulo nel suolo, nella catena alimentare e negli organismi viventi nei quali, se esposti per lungo tempo, possono prodursi tumori maligni (principalmente linfomi e sarcomi), difetti di sviluppo del feto e varie alterazioni ormonali e metaboliche.
L’affermazione che le alte temperature diminuiscano o addirittura eliminino le emissioni di diossine è invalidata da evidenze che mostrano come, sebbene le molecole di diossina abbiano un punto di rottura del loro legame a temperature superiori a 850°C, durante le fasi di raffreddamento esse si riaggregano e si riformano.
I limiti di emissione delle diossine sono identici per cementifici a co-combustione e inceneritori (0.1 ng/Nmc).
Considerato che il tempo di dimezzamento delle diossine nell’uomo è ancora più lungo (da 12 a 132 anni (Geyer et al. 2002), è facilmente comprensibile come le presunte “basse emissioni” di questi impianti siano una favola che difficilmente può lasciare tranquilli dal punto di vista sanitario ed epidemiologico.
Nei cementifici a co-combustione di rifiuti, inoltre, la riduzione quantitativa delle emissioni di diossine rispetto agli inceneritori è compensata da un significativo incremento delle emissioni di metalli pesanti (in particolare mercurio), altrettanto pericolosi per la salute umana.
Nello studio di impatto ambientale di un cementificio proposto dalla “Apricena Leganti”, gli stessi proponenti scrivono che “i metalli relativamente volatili, quale ad esempio il mercurio, non vengono trattenuti durante il processo”.
Il documento europeo di riferimento dei cementifici (BREF europeo) riporta che gli impianti europei possono produrre sino a 1300 Kg/anno di mercurio. Questa sostanza, accumulabile nell’ambiente e nel ciclo alimentare, è estremamente tossica e pericolosa per la salute umana. L’esposizione prenatale a questo metallo può causare nel bambino deficit neurologici, vertigini, paralisi, disturbi della vista e dell’udito, anomalie dell’eloquio, difficoltà nella deglutizione e nella suzione.
Per questi (e altri) motivi, l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia europea per aver assimilato il CDR-Q a materie prime come i combustibili fossili. La corte ha ribadito nella sue sentenza che “il CDR-Q, anche se corrisponde alle norme tecniche UNI 9903-1, non possiede le stesse proprietà e caratteristiche dei combustibili primari. Come ammette la stessa Repubblica italiana, esso può sostituire solo in parte il carbone e il coke di petrolio. Il CDR-Q e la sua combustione presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l’ambiente, che costituiscono una delle caratteristiche dei residui di consumo e non dei combustibili fossili”.
In ultimo, riguardo al presunto vantaggio della “scomparsa” delle ceneri tossiche prodotte dalla combustione, è da ricordare che essa è semplicemente dovuta al loro inglobamento nel clinker prodotto (“nulla si crea e nulla si distrugge”, Antoine Lavoisier, 1789), materiale utilizzato per gli impieghi più vari e, a fine vita delle opere, trasformato in materiale di risulta da smaltire in discarica, con il suo carico "nascosto" di pericolosi inquinanti, con buona pace dei propositi di
sostenibilità.
Dal punto di vista strettamente sanitario (escludendo dunque ogni considerazioni di tipo economico e sociale, che pure avrebbe grande valore), una corretta gestione del ciclo dei rifiuti non dovrebbe assolutamente prevedere il loro incenerimento.
Che si tratti di inceneritori “classici” o di cementifici, tale pratica è dannosa per l’ambiente e per gli esseri umani che lo popolano, come documentato da ormai innumerevoli testimonianze scientifiche.
La proposta di co-combustione dei rifiuti nei cementifici come alternativa più “sostenibile” e meno pericolosa all’incenerimento in impianti dedicati, è al tempo stesso da considerare una dichiarazione indiretta della pericolosità degli inceneritori e un ulteriore sacrificio del bene comune sull’altare di interessi privati.
Chi sceglie la sostenibilità ambientale e la sicurezza sanitaria dovrebbe percorrere altre e più proficue strade.

A cura di Agostino Di Ciaula,
in collaborazione con Manrico Guerra, Vincenzo Migaleddu,
Maria Grazia Petronio, Giovanni Vantaggi.
Isde Italia (Associazione Internazionale Medici per l'Ambiente)

FONTE: ambienteparma.blogspot.com
http://ambienteparma.blogspot.com/2011/09/il-falso-mito-dei-cementifici.html

Testo integrale qui: http://gestionecorrettarifiuti.it/pdf/Ilfalsomito.pdf

12 settembre 2011


Non solo traffico veicolare, grandi complessi industriali e inceneritori sono tra le maggiori cause d'inquinamento nel nostro paese e in ogni parte del mondo, ma anche i cementifici, e ancor più i cementifici che bruciano rifuti, comportandosi quindi come veri e propri inceneritori. I cementifici, come esposto esaurientemente in questo articolo, godono tra l'altro di limiti di emissioni assai più ampi rispetto agli stessi inceneritori, risultando quindi, in proporzione, persino più inquinanti. E l'Italia, neanche a dirlo, è il paese europeo con il più alto numero di cementifici, un triste primato che certo non rappresenta un vanto per il nostro paese.

Quanti "insulti" alla nostra bella ma deturpata Italia..... i cementifici, e ancor più i cementifici-inceneritori, rappresantano uno di questi "insulti", uno dei tanti, uno dei peggiori.... e questo è bene che la gente lo sappia.

Marco

venerdì 10 febbraio 2012

Buzzi Unicem a Barletta: 3 inquinanti superano la soglia di inquinamento


Perché bruciare plastica anziché riciclarla? E’ questo uno degli interrogativi sollevati dal coordinamento No biomasse ed inceneritori che ha posto e continua a porre sul tavolo di discussione da un lato la cementeria Buzzi Unicem di Barletta ad alto impatto ambientale, dall’altro la “necessità che l’amministrazione intervenga seriamente con un consiglio comunale monotematico in seduta di seconda convocazione in cui si decida per il no all’aumento dei rifiuti da bruciare nella cementeria”.

Proprio questa è infatti la contestazione mossa dal coordinamento pro ambiente nei confronti dello stabilimento Buzzi Unicem che chiede di aumentare la quantità di rifiuti da incenerire da 40mila a 80mila tonnellate l’anno. E’ secco il niet da parte del coordinamento No biomasse ed inceneritori che, denunciando la combustione di plastiche, gomme sintetiche, fibre artificiali, ossia di rifiuti perfettamente riciclabili, chiede da un lato di ritirare l’iter per l’autorizzazione ad aumentare la quantità di rifiuti da bruciare e, dall’altra, di aprire un tavolo tecnico, con esperti e con la Regione, che salvaguardi sia la produzione di cemento da parte dell’azienda, che l’ambiente.

«La cementerai brucia plastica presa dalla raccolta differenziata, mentre è necessario – dichiara Alessandro Zagaria, a capo del comitato – chiudere il ciclo dei rifiuti, dunque differenziare e rigenerare la plastica, come le gomme sintetiche ed altri rifiuti che, ad oggi, vengono inceneriti nella cementeria di Barletta, sita nel tessuto urbano cittadino». Risale al 2003, infatti, l’autorizzazione concessa alla società Buzzi Unicem, prorogata negli anni, a produrre cemento attraverso l’incenerimento di rifiuti speciali non pericolosi. “Dal 2005 – si legge in una nota diffusa dal coordinamento No biomasse ed inceneritori – la proroga avviene in regime transitorio in attesa dell’autorizzazione definitiva”. A sostegno della posizione assunta dal coordinamento pro ambiente parlano i dati, quelli che riferiscono delle emissioni della cementeria dal 2003 al 2006, l’ultimo anno in cui si è effettuato il monitoraggio sul territorio.

Diffusi dal Registro INES e ripresi dall’ARPA Puglia, i numeri parlano di emissioni di monossido di carbonio della cementeria di Barletta con un andamento crescente dal 2003 al 2006, quando le emissioni arrivavano a 1555,0 Mg/a. Sarebbero tre le categorie inquinanti riferite alla cementeria di Barletta dichiarate nel Registro INES sino all’anno 2005: Anidride carbonica (650549,0Mg/a a fronte del limite di 100000,0 Mg/a), Ossidi di azoto (1639,0 Mg/a su un limite di 100,0 Mg/a) e Ossido di carbonio (1216,0 Mg/a contro il valore limite di 500,0 Mg/a).

«Tra le esalazioni più pericolose che la cementeria ha sprigionato tra il 2003 ed il 2006 – spiega il dott. Oncologo Dino Leonetti, del coordinamento Andria città sana – c’è il particolato PM10, PM2,5, PM0,1, PM0,2, ossia pericolosissime polveri ultrafini, che non sono monitorate per legge né tantomeno possono essere filtrate». Dal Piano Regionale di Qualità dell’Aria emerge che Barletta ricade tra i comuni nei quali vanno adottate misure per gli impianti industriali con notevole potenziale inquinante, soggetti cioè alla normativa IPPC sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.

di Adriana Quacquarelli

FONTE: ambienteambienti.com
http://www.ambienteambienti.com/top-news/2010/12/news/buzzi-unicem-a-barletta-3-inquinanti-superano-la-soglia-di-inquinamento-24014.html


Questo articolo si collega idealmente con l'ultimo postato su questo blog, ovvero la testimonianza di una signora di Barletta malata di Sensibilità Chimca Multipla (MCS), che accusa vivacemente il forte inquinamento ambientale della sua città come causa principale dei suoi mali e di quelli di tante altre persone.
Purtroppo ormai so per esperienza che dove ci sono casi di MCS, lì è presente un forte inquinamento ambientale, vuoi per l'onnipresente smog causato dal traffico veicolare, vuoi per la presenza di grandi complessi industriali ed inceneritori. Barletta naturalmente non fa eccezzione e, anzi, essa risulta essere una delle città più inquinate del sud Italia e questo anche e sopratutto per la presenza di 2 "mostri" altamente inquinanti: la suddetta cementeria-inceneritore Buzzi Unicem e l'azienda chimica Timac.

Se dovessi mettere in rassegna tutti gli orrori ecologici presenti sul nostro territorio italiano dovrei creare un blog a parte e lo dovrei ricolmare di post quasi ad ogni ora per farci stare dentro tutto.... diverse cose le ho già fatte vedere (inceneritori, Ilva ecc...), altre conto di farle vedere in futuro, perchè trovo sia giusto mostrare alla gente tutto quello che di altamente inquinante è presente nel nostro belpaese (e lo faccio con dolore, perchè ogni "insulto" ecologico all'ambiente e all'uomo è causa di grande dispiacere in me).
Detto questo, il mio blog è e rimarrà sopratutto un mezzo che vuole raccontare le storie della gente, vicende umane di uomini e donne alle prese con la malattia e la disabilità, con tutto il loro carico di Valori veri, come l'Amore, il dolore, la speranza, il desiderio, la solidarietà, il coraggio.... e tanto, tanto altro ancora. Per questo ho pensato il mio blog, per questo l'ho chiamato "La Voce della Verità".... la Voce della Verità non è la mia voce, ma quella di tutte le persone, malate e disabili, che scrivono e raccontano le loro particolari, intensissime storie di vita. A tutti costoro, che io considero i veri "salvatori" del mondo, va tutta la mia sincera riconoscenza.

Marco

domenica 22 gennaio 2012

Diossine ed inceneritori: nuove evidenze di danni alla salute

Ancora storie di latte materno contaminato in Emilia Romagna in aree interessate dalla presenza degli inceneritori, mentre a Pisa i cittadini si organizzano per raccogliere firme a favore della chiusura delle attività dell'inceneritore di Ospedaletto. Ma perché la legislazione europea è incapace di fornire soluzioni efficaci?

Le diossine, i furani e i PCB (policlorobifenili) rientrano in diversi ambiti della politica ambientale come inquinanti organici persistenti (POP, persistent organic pollutants).

Al pari di altri POP, le diossine, i furani e i PCB vengono trasportati al di là delle frontiere e costituiscono una minaccia per l’ambiente e per la salute umana in quanto si bio-accumulano attraverso la catena alimentare. Possono danneggiare il sistema immunitario, quello nervoso e il sistema endocrino, provocare disturbi della funzionalità riproduttiva, oltre ad avere una sospetta azione cancerogena. I feti e i neonati sono i più sensibili all’esposizione a tali sostanze.

Questa preoccupazione a livello planetario ha trovato espressione nella convenzione di Stoccolma dell’UNEP (United Nations Environment Programme – Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) sugli inquinanti organici persistenti, di cui la Comunità Europea è diventata parte contraente nel febbraio 2005, nonché nel protocollo del 1998 sui POP della convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza dell’UNECE (Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Europa).

Nel 1993 il Consiglio Europeo aveva stabilito lo scopo di raggiungere la riduzione del 90% delle emissioni di diossina da fonti note entro il 2005 rispetto ai valori del 1985. Il 12 Dicembre 2001 il Consiglio appoggia la strategia proposta dalla Commissione sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati (strategia sulla diossina). La strategia è duplice: da una parte si propone di ridurre la presenza di diossine, furani e PCB nell’ambiente e, dall’altra, mira a ridurne il tenore nei mangimi e negli alimenti.

Ancora nella seconda relazione sull’attuazione della strategia, che sintetizza le attività intraprese dalla Commissione nel periodo 2004-2006, si legge però:

“Nel settembre 2006 è stata adottata una strategia tematica sulla protezione del suolo, comprendente una proposta di direttiva quadro che prescrive agli Stati membri di prevenire la contaminazione del suolo, compilare un inventario dei siti contaminati e risanare i siti individuati. Per quanto riguarda i rifiuti, il regolamento sui POP dispone la distruzione degli inquinanti o la loro trasformazione irreversibile in altre sostanze. Questo principio generale ammette alcune deroghe, per la cui applicazione sono stati adottati, nel 2006 e nel 2007, due regolamenti che fissano valori limite per le diossine, i furani e i PCB”.

Non soltanto gli obiettivi del 1993 non sono stati raggiunti, ma gli studi della Commissione non evidenziano il rapporto fra la produzione di diossine e l'incenerimento incontrollato dei rifiuti. Il monitoraggio delle fonti industriali da una parte e i controlli tossicologici dell'inquinamento alimentare dall'altra non sono integrati in una strategia operativa unitaria capace di raggiungere gli obiettivi per la riduzione completa delle diossine. Mentre si offrono delle deroghe e si stabiliscono soglie minime di POP, non si offrono incentivi per l'applicazione di buone pratiche che consentano di dismettere gli impianti inquinanti ed introdurne nuovi, efficaci e compatibili con l'ambiente e la salute umana.

Intanto, appena qualche settimana fa, il 18 Dicembre 2011, il Resto del Carlino diffondeva la notizia della presenza di diossina nel latte materno di due donne della provincia di Ravenna (Savarna e Porto Corsini), nell'area della ricaduta delle polveri dell'inceneritore Hera. Il problema è stato portato alla pubblica attenzione dal Movimento 5 Stelle, che un anno prima aveva chiesto al consorzio Inca di Marghera di analizzare due campioni di latte materno di due donne non fumatrici e residenti nell'area minacciata da più di cinque anni. Benché privi di valore statistico, i risultati colpiscono perché le concentrazioni di diossina in ciascuna donna superano rispettivamente di 3 e 4 volte il limite consentito per legge per il latte di mucca (pari a 6 miliardesimi di milligrammo).

Le verifiche sulla presenza di diossina nelle matrici biologiche hanno un precedente recente in Emilia Romagna: pochi mesi fa l'associazione Medici per l'Ambiente aveva condotto a Forlì degli accertamenti su dei polli allevati a breve distanza dagli inceneritori di Hera e Mengozzi. Le cifre sono inferiori rispetto a quelle di Savarna e Porto Corsini, ma difficilmente questi casi possono essere definiti 'eccezionali'. Come fa notare il Gruppo Consiliare del Movimento 5 stelle del Comune di Ravenna, è importante tener presente che “tutti i cittadini di zone industrializzate sono nelle stesse condizioni di esposizione”.

Senza spostarsi troppo dall'Emilia Romagna, un caso analogo è rappresentato dalla provincia di Pisa, dove il comitato NonBruciamociPisa ha raccolto cento firme nella sola giornata del 20 Dicembre a favore delle petizioni contro lo sforamento di diossine dell'inceneritore di Ospedaletto e contro il superamento dei limiti delle polveri registrato dalle centraline di Piazza del Rosso.

L'inceneritore dell'area di Ospedaletto è attivo da circa una ventina d'anni e nel 2003 ingenti somme sono state spese per la sua ristrutturazione (i Comuni della provincia pisana si sono fatti carico di 40mln di euro tramite l'azienda a capitale completamente pubblico Geofor). Tuttavia, solo pochi anni dopo sono stati necessari nuovi interventi che hanno comportato ulteriori spese, ultime quelle del 2011.

Numerose evidenze (nube viola del 2007; scoperta del conferimento di rifiuto radioattivi all'inceneritore nel 2008 ed infine gli attuali sforamenti dei limiti di emissione di diossina) confermano che ulteriori investimenti nell'impianto di incenerimento di Ospedaletto non sono giustificati a fronte degli alti livelli di raccolta differenziata ottenuti con il porta a porta (72% a Vecchiano e 65% a S. Giuliano T.).

I sottoscrittori chiedono che venga data attuazione a quanto richiesto con la petizione del 2007 e che pertanto l'inceneritore di Ospedaletto non riprenda la sua attività e che il denaro pubblico venga utilizzato per estendere il sistema di raccolta porta a porta a tutta la provincia, per promuovere iniziative di riduzione dei rifiuti e per la costruzione di impianti a freddo per il trattamento meccanico biologico del residuo della raccolta differenziata.

di Elisa Magri

20 gennaio 2012

FONTE: ilcambiamento.it
http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/diossine_inceneritori_nuove_evidenze_danni_salute.html


Come e perchè si continuino a realizzare nuovi inceneritori, oppure a spendere ingenti somme per rimodernare quelli vecchi, per me rimane un autentico mistero visto che in tutt'Europa si tende a chiudere gli inceneritori e questo a vantaggio di una sempre più capillare raccolta differenziata, nonchè nell'incentivazione della riduzione degli scarti e nell'utilizzo di sistemi a freddo per il trattamento dei rifiuti residui non recuperabili. Tutto questo considerando anche che le risorse del nostro pianeta non sono infinite (petrolio in primis) e quindi l'obiettivo di ridurre al minimo possibile la produzione di rifiuti deve essere la LOGICA strada da percorrere per il futuro.
E invece in Italia non è così, si realizzano nuovi inceneritori come quello monstre di Brescia o come quello che sta sorgendo a Parma (la food valley italiana ed europea) e questo, come detto, in netta controtendenza con quanto sta accadendo dovunque. La cosa mi rammarica enormemente, perchè significa che da noi manca veramente una cultura ecologica e coloro che ci governano se ne infischiano grandemente di tutelare l'ambiente e la salute dell'uomo, approvando progetti come questi che sono OBSOLETI, SUPERATI, COSTOSI e sopratutto DELETERI. In una sola parola: ASSURDI!
Quanta delusione, quanta amarezza in tutto questo.... quanta mancanza di buon senso in chi ci governa e, lasciatemelo dire, molto spesso anche da parte del popolo, che fa salire al potere persone che non hanno a cuore le sorti del paese, e questo per mancanza di conoscenza e di voglia di menefreghismo. Purtroppo però gli sbagli si pagano, e la realizzazione di nuovi inceneritori sono uno sbaglio che pagheremo in tanti.

Marco

sabato 17 dicembre 2011

Segnali d'allarme sulla salute per gli inceneritori

COMUNICATO STAMPA

Sono stati presentati ieri a Bologna i risultati definitivi dello studio Moniter, studio avviato nel 2007 dalla Regione Emilia Romagna per indagare gli effetti sull’ambiente e sulla salute nelle popolazioni residenti in prossimità degli 8 inceneritori presenti sul territorio regionale. Tali risultati, in particolare l’incremento dei linfomi non Hodgkin nella coorte di Modena, appaiono come segnali di allarme circa l’esistenza di ricadute negative per la salute nelle popolazioni esposte alle emissioni di questi impianti ed appaiono coerenti con altre segnalazioni emerse dalla letteratura.

Abbiamo infatti appreso che ai rischi già segnalati di “piccoli per età gestazionale” (ovvero di neonati di di peso inferiore alla nascita di quanto ci si sarebbe aspettato) e di “nascite pretermine
, si aggiunge anche un “andamento crescente della prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di esposizione”, un “andamento crescente con l’esposizione a carico della totalità delle malformazioni” .

Inoltre la “mortalità per tumore a fegato e pancreas nei maschi è significativamente associata nel livello di esposizione più elevato” e si registrano inoltre incrementi anche di incidenza per tumore al pancreas nei maschi e, nella coorte di Modena più a lungo indagata, incrementi per tumore al polmone nei maschi, tumore al colon, ovaio ed endometrio nelle femmine e linfomi non Hodgkin in entrambi i sessi.

Segnaliamo che tali rischi, visti i tempi di latenza delle patologie tumorali, potrebbero non essersi ancora manifestati in maniera totale nelle altre coorti che non risultano altrettanto indagate come quella di Modena per quanto attiene l’esposizione temporale.

Inoltre non ci sembra che siano stati indagati effetti a breve termine, in particolare nei bambini, quali i ricoveri per patologie respiratorie e cardiache, indicatori eccellenti di danni immediati alla salute umana e “premonitori” dei danni a più lungo termine.

Ricordiamo che un recente studio condotto a Seoul su 4 inceneritori che rispettano i limiti emissivi ha valutato – per soli 4 inquinanti (PM10, NOx, SO2, CO) – un carico complessivo di morti e malati di ben 297/persone anno!

Se poi si tiene conto che in letteratura gli studi che hanno prodotto i risultati più significativi hanno indagato popolazioni residenti entro 10 km e sono stati condotti su decine di impianti (nel Moniter indagati 8 impianti per un raggio di 4 km ciascuno), le nostre preoccupazioni non possono che aumentare. Spiace inoltre constatare che nello studio Moniter, costato 3 milioni e 400 mila euro e che ha previsto sofisticate indagini ambientali, la ricerca della diossine sia stata fatta nel particolato aereo e non in polli o altri matrici viventi dove effettivamente questi inquinanti si accumulano come esami autonomamente condotti a Forlì hanno evidenziato.

Non può quindi che destare profondo sconcerto la rassicurazione a pieno campo operata dai decisori politici con il comunicato stampa emesso dalla Giunta Regionale che letteralmente recita:
l’indagine epidemiologica condotta nell’ambito di Moniter non mostra un incremento del rischio nè per patologie tumorali, nè per la mortalità in generale. Rimane solo la conferma di un aumento delle nascite pre termine…. Anche questo dato rimane tuttavia entro la media regionale e non è correlato a nessun aumento di rischio per la salute dei neonati”.

A nostro avviso, ma evidentemente anche per il Presidente del Comitato Scientifico che ha invitato a ritirare il comunicato suddetto, i risultati di Moniter sono quanto meno segnali da non sottovalutare, tanto più che viviamo nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate del pianeta.

Pertanto, in accordo con i colleghi di Seoul non possiamo che ribadire che:
nessun ulteriore aggravio per la salute umana proveniente dall’incenerimento dei rifiuti può essere considerato accettabile” .

Sezione ISDE Bologna

Sezione ISDE Ferrara

Sezione ISDE Forlì

Sezione ISDE Parma

Sezione ISDE Piacenza


3 dicembre 2011

FONTE: parmadaily.it
http://www.parmadaily.it/Notizie/Dettaglio.aspx?pdi=50062&pda=CTT


Il Comincato Stampa emesso dai medici ISDE (Associazione Medici per l'Ambiente) riferito allo studio Moniter
per indagare gli effetti sull’ambiente e sulla salute nelle popolazioni residenti in prossimità degli 8 inceneritori presenti in Emilia Romagna, deve indurci a riflettere.
In tempi di conclamata crisi e in un mondo sempre più inquinato e le cui risorse, sopratutto petrolifere, non sono eterne, quale può essere il senso di costruire o di tenere in vita gli inceneritori? I loro deleteri effetti sull'ambiente e salute dell'uomo sono evidenziati da un enorme numero di studi, perchè quindi continuare a perseguire questa strada, quando esistono delle alternative? E l'alternativa, l'ho già scritto tante volte, è sopratutto quella di NON PRODURRE RIFIUTI, o di produrne il minor quantitativo possibile, e per quelli che inevitabilmente si fanno, di incentivare al massimo la raccolta differenziata per il loro riciclaggio e quindi riutilizzo. In una parola l'alternativa si chiama Strategia Rifiuti Zero, di cui tanto ho già parlato su questo blog (
http://marco-lavocedellaverita.blogspot.com/2011/11/strategia-rifuti-zero-che-cose.html) e che vorrei venisse adottata in ogni Comune e Provincia d'Italia.

Il mio grande rammarico invece è nel constatare che in certe luoghi si va esattamente nella direzione opposta, e questo è proprio quello che sta accadendo nella mia città, Parma, dove sta sorgendo un enorme inceneritore che potrà bruciare 130mila tonnellate di rifiuti l'anno. Io ripeto e ripeterò questo quesito in eterno... perchè realizzare un nuovo inceneritore, per di più a Parma, la città ribattezzata Food Valley per le sue prelibatezze culinarie, nonchè in Pianura Padana, uno dei luoghi più inquinati del mondo, quando se ne potrebbe fare assolutamente a meno? E SE NE PUO' FARE A MENO, come difatti hanno fatto i vicini di casa di Reggio Emilia che hanno rinunciato all'inceneritore, perchè inquinante, antieconomico e quindi INSENSATO.
Da parte mia spero ancora che questo assurdo progetto, che tanto nuocerà alla città e non solo, possa ancora essere fermato, e se questo non accadrà tutte le persone che lo hanno voluto, l'hanno difeso, l'hanno incentivato, saranno TUTTI quanti responsabili delle sue conseguenze. Che purtroppo inevitabilmente ci saranno (e non saranno certamente buone), come ci sono per qualsiasi altro stabilimento che brucia rifiuti in Italia e nel mondo.

Marco