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mercoledì 21 settembre 2011

Goletta Verde: scarichi fognari, cementificazione e trivelle minacciano il mare

Sono 146 i punti critici e fortemente inquinati disseminati lungo il territorio nazionale, uno ogni 51 km di costa. Sotto i riflettori, ancora una volta, l’emergenza foci: 112 sono infatti quelle risultate off limits a conferma che il problema della mancata depurazione riguarda in primo luogo i comuni dell’entroterra. L’Oscar dell’inquinamento va alla regione Calabria, dove oltre il 60% dei cittadini scarica a mare reflui non depurati a norma di legge, seguita da Campania e Sicilia. E’ la sintesi del tour 2011 di Goletta Verde, la storica campagna estiva di Legambiente, che anche quest’anno in due mesi di navigazione e 40 tappe ha eseguito il monitoraggio dell’inquinamento microbiologico delle acque italiane, causato dall’assenza di depurazione per ben 18 milioni di cittadini a ormai 35 anni dall’approvazione della legge Merli, la prima sul trattamento delle acque reflue.

Scarichi fognari illegali, cementificazione selvaggia delle coste e progetti energetici basati sulle fonti fossili sono i principali nemici del mare italiano” – ha commentato Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente, nel presentare a Capalbio i risultati dell'indagine. “Serve un ‘Green new deal’ per la tutela delle coste e per il rilancio dell’economia turistica del Belpaese, fondato sulla realizzazione di opere pubbliche davvero utili alla collettività. Si devono aprire nuovi cantieri per realizzare i depuratori per quel 30% di cittadini che ne è ancora sprovvisto, per migliorare un sistema fognario inadeguato a fronteggiare i picchi turistici estivi, per abbattere a colpi di tritolo gli ecomostri di cemento che deturpano le coste. Per non aggravare una situazione già complicata si abbandonino anche progetti insensati come la svendita ai privati delle spiagge con pericolosi diritti di superficie, la corsa alle trivellazioni offshore di petrolio o le ricorrenti proposte di condono edilizio, che costituiscono solo una seria ipoteca per la tutela dell’ecosistema marino e costiero, alla base del turismo di qualità, sempre più importante per il Pil del nostro Paese”.

Se Calabria, Campania e Sicilia, nonostante l’indiscutibile bellezza dei loro litorali, si distinguono a livello nazionale per presenza di scarichi illegali o impianti non a norma o mal gestiti, le regioni dal mare più cristallino sono risultate invece la Sardegna e la Puglia.

Un altro triste capitolo è quello della cementificazione delle coste: nel nostro paese, sono infatti ben 3.495 le infrazioni per abusivismo edilizio sul demanio accertate dalle Forze dell’Ordine solo nel 2010, quasi 10 reati al giorno. Anche in questa poco onorevole classifica il podio è occupato da Sicilia (682 infrazioni), Calabria (665) e Campania (508), che rappresentano insieme il 53% del totale nazionale dei reati sul cemento illegale. Non solo, in queste tre regioni insistono anche quattro dei cinque ecomostri simbolo dell’Italia sfregiata dal cemento abusivo, censiti da Legambiente, da abbattere al più presto: le ville mai finite costruite dalla mafia con la complicità della pubblica Amministrazione a Pizzo Sella, la “collina del disonore” di Palermo; le 35 ville abusive di Capo Colonna a Crotone che, nonostante una sentenza di confisca, sfregiano l’area archeologica; l’albergo di Alimuri a Vico Equense sulla penisola sorrentina; le “villette degli assessori” sulla spiaggia di Lido Rossello a Realmonte nell’agrigentino. A completare il quadro della top five da abbattere al più presto il villaggio abusivo di Torre Mileto nel comune di Lesina (Fg) in Puglia.

Ma il cemento sulle coste non dilaga solo al Sud, ma anche al Centro e al Nord, dove prende le vie legali della speculazione edilizia, delle megaopere portuali e della bolla affaristica delle seconde e terze case. Il Veneto, con progetti di nuove darsene, porti turistici e urbanizzazioni sulla costa in provincia di Venezia, il Friuli Venezia Giulia, con l’espansione urbanistica che riguarda la città di Grado (Go), ma anche le Marche e l’Emilia Romagna, con la cementificazione costiera passata e recente, o il Lazio, con il nuovo porto a Fiumicino, pagano sotto forma di ulteriore consumo di suolo il cospicuo prezzo della bramosia di costruttori ed amministrazioni spesso compiacenti. Ad aggravare una situazione già preoccupante la proposta del cosiddetto “diritto di superficie”, inizialmente prevista e poi stralciata dal Decreto Sviluppo e ora di nuovo in discussione nell’ambito del disegno di legge Comunitaria, che rischierebbe di alimentare ancor di più la colata di cemento sulle coste italiane.

Accanto a inquinamento da scarichi non depurati e cemento legale e illegale, i tradizionali nemici del mare italiano, la minaccia più recente è costituita proprio dalle nuove trivellazioni proposte dalle società petrolifere. “Il mare italiano è vittima di un vero e proprio assedio” – afferma Legambiente. “Si tratta di permessi di ricerca già rilasciati al fine di estrarre idrocarburi dai fondali marini per un superficie di poco inferiore alla regione Campania”. “Se ai permessi rilasciati, sommiamo anche le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca petrolifera, l’area coinvolta diventa di 30mila kmq, una superficie più grande della regione Sicilia”.

Ma il viaggio di Goletta Verde è servito anche per premiare le esperienze più positive per la tutela del mare e delle coste. Sotto questo punto di vista, si distinguono positivamente la Sardegna, la Puglia e la Toscana, le tre regioni più premiate dalle vele della “Guida Blu 2011” redatta da Legambiente insieme al Touring Club Italiano, la bussola per le vacanze di qualità che anche quest’anno ha segnalato le migliori località di mare per trascorrere una vacanza all’insegna di natura e acqua pulita.

Quest’anno è stato il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU) il main partner della storica campagna estiva di Legambiente. La difesa dell’ambiente e del mare in particolare rappresenta uno dei capisaldi dell’azione del Consorzio. L’olio usato è ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino. Se eliminato in modo scorretto, questo rifiuto pericoloso può danneggiare l’ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in mare inquinano una superficie grande come un campo di calcio A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. Con la propria attività di comunicazione COOU cerca di modificare i comportamenti scorretti di chi crede che piccole quantità di olio lubrificante disperse nell’ambiente provochino poco inquinamento.

17 agosto 2011

FONTE: unimondo.org
http://www.unimondo.org/Notizie/Goletta-Verde-scarichi-fognari-cementificazione-e-trivelle-minacciano-il-mare


Articoli come questo mi fanno piangere il cuore pensando a quante incurie devono subire i nostri mari: scarichi fognari non depurati, cementificazione selvagge delle coste e trivellazioni dei nostri fondali alla ricerca del petrolio, sono le cause principali del profondo inquinamento delle nostre coste e dei nostri mari. Tutte cose che con un pò di buon senso, di spirito ecologico e di "non dipendenza dal dio denaro" si potrebbero tranquillamente evitare, con grande beneficio di tutti.
L'Italia è il paese più bello del mondo e non posso credere che debba essere deturpato per la noncuranza e la sete di denaro di noi uomini.... e meno male che c'è chi evidenzia questi soprusi e chi ci mette in guardia. Il fatto poi che siano la Sicilia, la Calabria e la Campania a pagare il tributo più grande in fatto di inquinamento costiero mi addolora particolarmente viste le grandi bellezze naturalistiche di queste regioni, in particolar modo proprio quelle delle coste e dei mari, ma non mi sorprende affatto visto che queste 3 regioni sono la casa delle 3 più grandi organizzazioni criminali del nostro paese... e questo non è certo casuale.
Speriamo, speriamo che in futuro le cose possano migliorare.... e tutti noi ci dobbiamo mettere del nostro perchè questo avvenga.

Marco

giovedì 25 agosto 2011

Due saranno le piatteforme petrolifere nel Golfo di Taranto

Secondo Legambiente - e non solo - due saranno le piatteforme nel golfo di Taranto che saranno costruite dalla mano della senza-scrupoli Shell

di Ottavio G. Fogliata

Taranto – Ormai è quasi certo, nel golfo di Taranto tra non molto potremmo veder sorgere due piatteforme petrolifere (denuncia di Legambiente, nel dossier “Un mare di trivelle”). Risale ormai all’aprile 2010 quel patto silente fra il governo nazionale – per mezzo del non tanto onorevole Scajola – e la Shell, che autorizzò quest’ultima a scandagliare il fondale del Golfo affinché si installino impianti per l’estrazioni di idrocarburi. Pochi furono le notizie date dai media in questione. E mentre da un lato vogliamo completamente ignorare il motivo per cui non abbiano voluto farci conoscere non solo una notizia ma una vera e propria minaccia per il nostro ambiente, dall’altro ricordiamo quanto importante sia il mare per l’intero Sud Italia: una fonte inestimabile e preziosa per buona parte del turismo e l’economia locale.

D’altrocanto, mentre la Shell si unisce alla banda degli assassini di Taranto – club di cui fa parte Riva e la fuorilegge Ilva – sull’altra costa pugliese, l’inglese Northern Petroleum promette, a conclusione di quest’estate, di riuscire a dare inizio ai lavori nel mare Adriatico in una zona compresa fra Bari e il Salento. Questa situazione non è solo dunque tarantina, ma una minaccia di devasto all’intero territorio pugliese, che credono sia territorio di conquista. “Siete circondati”, sembra ci urlino le multinazionali del petrolio.

Dunque, a noi tarantini toccherà la Shell, che nel Mare del Nord ultimamente non si è fatta un bel nome. È di pochi giorni la notizia secondo cui una sua piattaforma, la Gannet Alpha, abbia dovuto affrontare due falle dalle quali, fino al 16 agosto scorso, sono fuoriuscite circa 216 tonnellate di petrolio, quasi 1300 barili. E tutto ciò a circa 180 chilometri di distanza dalla costa scozzese.

Nel Golfo di Taranto invece, a che distanza avremo queste presunte piatteforme?

Vi è un comma a favore delle trivellazioni petrolifere, ed è stato inserito nel decreto legislativo di attuazione della direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. In base a quanto è stato denunciato da Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, in questo celato comma del governo si consentirebbe di ridurre il limite di installazione di piatteforme da 12 a sole 5 miglia di distanza dalla costa. Così infatti è scritto al comma 17 dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, dopo il secondo periodo: “Per la baia storica del Golfo di Taranto di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n. 816, il divieto relativo agli idrocarburi liquidi è stabilito entro le cinque miglia dalla linea di costa.”.

A Taranto ci stanno ammazzando. Le nostre vite, i nostri tumori, le nostre varie intossicazioni (anche alimentari) sono la vera merce che il club degli assassini stanno da noi stessi acquistando.

L’Ilva già da anni è colpevole delle sue inadempienze. Da tempo esegue una vera e propria frode di forze e vite tarantine. E, la classe politica locale – così come quella regionale – fallisce miseramente. SEL ad esempio, che dell’ecologia ne fa una promessa, sputa parole su parole, ma in realtà continua a consentire questi reati ambientali. Perché di fondo lo sappiamo tutti: due piatteforme petrolifere nel Golfo di Taranto sono due grossi reati, all’ambiente, alla bellezza di Taranto, e al mare che chiama a sé tanto turismo, tanto pesce, e la sopravvivenza dell’intera città.

Sarebbe bello marciare pacificamente contrastando l’ignoranza politica. Sarebbe bello se marciare servisse a qualcosa.

Ma mi sorge ora una domanda. Permettetemi di porgerla, e credetemi nell’innocenza del mio dubbio: quantunque ci toglieranno il mare, di Taranto cosa rimarrà??

18 agosto 2011

FONTE: ilpinocchio.it
http://ilpinocchio.it/2011/08/18/due-saranno-le-piatteforme-petrolifere-nel-golfo-di-taranto/


Notizia dolorosissima che riporto con grande dispiacere.... dispiacere sopratutto nel constatare quanto ai nostri politici, assessori & C. NON stia assolutamente a cuore la tutela dell'ambiente, delle bellezze naturalistiche e, naturalmente, della salute dell'uomo.
2 piattaforme petrolifere nel mare di Taranto sono veramente un reato all'ambiente e all'uomo, per di più di quella Shell che si sta facendo tristemente conoscere per il disastro ambientale che si sta consumando al largo delle coste scozzesi. E se dovesse accadere una cosa del genere anche qui da noi? Meglio non pensarci... meglio di no!
E poi Taranto.... una città già tristemente segnata da quell'Ilva che colpisce al cuore i tarantini col suo carico di tossico che viene liberato nei cieli, causa di tante, tante malattie e vite spezzate prematuramente. Perchè si permette una cosa del genere, perchè? Si è deciso di trasformare Taranto nella "fogna" d'Italia? E poi i mari del sud che sono un patrimonio naturalistico, nonchè un richiamo per tanti turisti da tutt'Europa e dal mondo intero, andrebbero tutelati, preservati da questi orrori! E invece.......

Non ho parole, solamente tanta delusione, amarezza e preoccupazione.... e anche tanta solidarietà nei confronti dei tarantini che spero si faranno sentire con TUTTE LE LORO FORZE affinchè quest'ennesima violenza che la loro città sta per subire non venga perpetrata.
Io lo spero, me lo auguro di vero cuore perchè altrimenti, se anche il Golfo di Taranto verrà deturpato, "di Taranto cosa rimarrà?"

Marco

mercoledì 24 agosto 2011

Marea Nera: disastro ecologico a largo della Scozia, è una “bomba” per l’ecosistema

Si sta aggravando la fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma Gannet Alpha di Shell, nel Mare del Nord, circa 150km a est delle coste Scozzesi: dopo quasi un anno e mezzo dalla catastrofe del Golfo del Messico, un nuovo evento disastroso rischia di stravolgere l’ecosistema marino, stavolta in Europa.
La perdita di petrolio è iniziata mercoledì scorso, il 10 agosto. La Shell, a cui fa riferimento la piattaforma, ha riferito che sono finiti in acqua 216 tonnellate di greggio, equivalenti a 1.300 barili (in media, ha spiegato la compagnia, si tratta di 5 barili al giorno) determinando l’emergenza più grave dal 2000. “La macchia di petrolio
, ha detto un portavoce della Shell stamattina, “era ieri di circa un chilometro quadrato. La Shell, secondo ciò che scrive la Bbc, ha individuato una seconda falla da cui fuoriesce petrolio nelforma, ma non è ancora riuscita a localizzarla con precisione. “Abbiamo un sistema sottomarino molto complesso, e la perdita si trova in una posizione difficile con molta vegetazione marina, ha detto il responsabile Shell per l’esplorazione in Europa, Glen Cayley. Le squadre di sommozzatori sono al lavoro per individuare la falla, mentre la perdita dal primo “buco” è stata riparata. La perdita che abbiamo contenuto era nel condotto e la prima cosa che abbiamo fatto e’ stato chiudere le fonti e isolare il giacimento che consiste chiaramente nel piu’ grande volume della perdita”, ha detto Cayley, aggiungendo che la piccola falla che rimane e’ in una posizione difficile da raggiungere. La piattaforma e’ una struttura sottomarina complessa e raggiungere la falla attraverso una vegetazione marina piuttosto densa si sta dimostrando complesso”. Mentre dalla prima falla sono fuoriuscite 216 tonnellate di petrolio, pari a 1.300 barili, la seconda falla, ha detto Cayley, ammonta a soli due barili.
La perdita – la piu’ grande nel mare del Nord dell’ultimo decennio – e’ stata notata da un elicottero e al suo culmine si estendeva per quasi 30 chilometri. Secondo Cayley, le condizioni del mare stanno disperdendo naturalmente il petrolio e per ora non vi sono danni alla popolazione di uccelli marini.
Shell rimpiange molto questa perdita. Lavoriamo duramente per assicurarci che l’ambiente sia protetto e quando i nostri sforzi falliscono in una situazione come questa agiamo velocemente come abbiamo fatto in questo caso, formando la nostra squadra di emergenza e lavorando a stretto contatto con le agenzie del governo, il ministero per i cambiamenti climatici, le autorita’ sanitarie, la guardia costiera, le autorita’ per la protezione della costa ed il governo scozzese”.

Incidenti come questo sono delle piccole bombe ecologiche” per gli ecosistemi marini, ha spiegato Silvio Greco, biologo marino. Si tratta di ecosistemi molto delicati – precisa -. In particolare il Mare del Nord e’ un’area di forte concentrazione di merluzzi e luogo di nidificazione per piu’ di una decina di specie di uccelli marini, che sono i primi tra l’altro a risentire degli effetti degli olii pesanti. Il primo problema – aggiunge – e’ l’intossicazione provocata dal petrolio e la morte conseguente di larve e pesci che sono in superficie”.
Il dramma, sottolinea l’esperto,
e’ che si continua a minimizzare l’episodio come se fosse normale che le piattaforme petrolifere perdessero petrolio. E’ un atteggiamento assurdo, compreso quello di non diffondere in tempo i dati – dice -, che dimostra come le grandi compagnie abbiano solo un unico obiettivo, l’aumento del capitale sociale, in completo sfregio ad ambiente e bene comune”.

16 agosto 2011

FONTE: http://www.meteoweb.eu/2011/08/marea-nera-disastro-ecologico-a-largo-della-scozia-e-una-bomba-per-lecosistema/73867/


Marea nera in Scozia: Shell chiude la valvola, ma è ancora emergenza

Nella vicenda della marea nera in Scozia, oggi arrivano due notizie, una buona ed una cattiva. La buona è che la Shell è riuscita a chiudere la valvola che perdeva maggiormente e che ha sversato in mare 218 tonnellate di petrolio greggio. La cattiva è che per ripulire l’area ci vorranno ancora diverse settimane, anche perché c’è un secondo pozzo che perde, anche se quantità decisamente minori. Ma almeno è un buon inizio.

Le dichiarazioni iniziali della compagnia (“non sappiamo dov’è la perdita”) hanno fatto preoccupare il mondo, ed hanno fatto tornare il pensiero ad un anno fa, quando di questi tempi al largo delle coste americane i tecnici stavano combattendo contro la marea nera più devastante della storia. Quindi già il fatto che la valvola difettosa sia stata trovata e chiusa ci deve far tirare un sospiro di sollievo.

Sperare poi che la situazione si risolva in breve tempo, è davvero troppo. Le 218 tonnellate disperse (o 1.300 barili) infatti sono la stima dell’azienda, e non ci sorprenderemmo se fossero calcolate al ribasso. Per questo quel “ci vorrà tempo” annunciato dai tecnici per ripulire l’area un po’ ce lo aspettavamo. L’incidente, avvenuto nel fine settimana di Ferragosto, si calcola sia il peggiore degli ultimi 10 anni nella zona del Mare del Nord. Ma nonostante questo i portavoce del colosso anglo-olandese hanno affermato:
"la macchia dovrebbe disperdersi naturalmente, senza arrivare sulle coste [...] non ha avuto un impatto significativo sull’ambiente".

Di certo non ci si poteva attendere un’ammissione di colpa, le azioni legali partiranno senza dubbio e quindi l’azienda tende ad alleggerire la propria posizione di fronte all’opinione pubblica. Anche perché adesso dovrà impegnarsi nella chiusura del secondo pozzo che, dicono, rilasci “appena” 5 barili di petrolio al giorno, meno del precedente, ma sempre di un’azione devastante si tratta, anche perché dai primi dati pare che sia in una posizione più difficile da raggiungere. Intanto i primi effetti di questa chiazza nera di 31 km di lunghezza si sono già avuti: blocco della pesca nelle vicinanze e danni ancora incalcolabili alle diverse specie di uccelli migratori che, denunciano dalla Reale società britannica per la protezione degli uccelli (Rspb), proprio in questi giorni solcano quei mari.


21 agosto 2011

FONTE:
http://www.ecologiae.com/marea-nera-scozia-shell-chiude-valvola/47197/


Doppio articolo sul disastro ambientale che si sta verificando nel mare del Nord al largo della Scozia, disastro che segue di appena un anno e mezzo quello catastrofico del Golfo del Messico.
Comune denominatore è il petrolio, più precisamente quello che viene estratto dai fondali del mare attraverso l'utilizzo di piattaforme petrolifere. E' fin troppo evidente che questo sistema di estrazione del petrolio è molto insicuro e a costante pericolo di fuoriuscita del greggio in caso di incidente (cosa tutt'altro che rara) con conseguenze ambientali gravissime come quelle che si stanno verificando ora (e tristemente minimizzate dalla Shell). Cosa si può fare per evitare tutto ciò? La risposta a questa domanda per me sta a monte di tutto: finire con queste ricerche ed estrazioni smodate del petrolio, sopratutto nei mari e negli oceani, e impegnarsi sempre più a fondo nella ricerca e sviluppo di fonti alternative che possano sostituire il petrolio. Questo si deve fare, per il bene del nostro pianeta, degli ecosistemi e della salute dell'uomo.
Fatti come questi fanno rabbrividire e purtroppo tutti sappiamo già che questo non sarà l'ultimo. E a rimetterci sarà sempre la nostra cara Madre Terra e tutti i suoi abitanti, uomo compreso.

Marco