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mercoledì 14 marzo 2012

Il nucleare dopo Fukushima


Nel mondo del nucleare c’è un prima e un dopo Fukushima. Il disastro nella centrale giapponese, conseguenza del terremoto e dello tsunami dell’11 marzo 2011, ha cambiato in molti Paesi il destino dell’atomo. Un anno dopo, è tempo di bilanci.

I reattori nel mondo sono 437 in trenta Paesi (altri tre Stati, fra cui l’Italia, hanno avuto il nucleare nel passato ma lo hanno abbandonato). Il record spetta agli Stati Uniti d’America (104 reattori). Seguono Francia (58) e Giappone (50), mentre in tutta l’Africa c’è una sola centrale nucleare, in Sudafrica, a Koeberg, vicino Città del Capo. La tipologia più diffusa è quella Pwr; i reattori nucleari ad acqua pressurizzata.

Nei primi mesi del 2012 si è registrato l’allacciamento di due nuove centrali – entrambe in Corea del Sud di proprietà della Corea Hydro and Nuclear Power co. – secondo i dati dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica dell’Onu. In tutto il 2011 invece gli allacciamenti sono stati più numerosi e hanno riguardato India, Pakistan, Russia, Iran e Cina (in totale Pechino è arrivata a sette, fra cui un mini-reattore da 20 MegaWatt al China Inistitute of Atomic Energy). Hanno cessato le loro attività, oltre ai quattro reattori di Fukushima interessati dal terremoto-tsunami, l’impianto di Oldbury nel Regno Unito e ben otto reattori in Germania. Paese che, entro il 2022 dovrebbe spegnere anche i restanti. Sono stati invece quattro i reattori di cui è iniziata la costruzione, due in India e due sul territorio del suo vicino e rivale, il Pakistan.

Chi ha scelto di puntare sul nucleare in maniera consistente è la Cina che ha ben 26 reattori in costruzione. A seguire Pechino in questa speciale classifica, la Russia, che sta costruendo 10 reattori e l’India dove si stanno realizzando 7 reattori. Quanto al Giappone, il suo atteggiamento è cambiato radicalmente dopo il disastro di Fukushima: la costruzione già in corso di due nuovi reattori è stata arrestata, mentre per la prossima estate è prevista la presentazione di un nuovo piano energetico nazionale, di cui non è ancora noto il mix energetico (cioè quali fonti di energia Tokyo pensi di utilizzare per soddisfare il proprio fabbisogno).

Per capire quanto fosse importante per il Giappone la produzione nucleare, basta ricordare che – prima del disastro ai reattori della Tepco – l’obiettivo nipponico era di arrivare a produrre il 53% del proprio fabbisogno grazie all’energia nucleare entro il 2030. Una quota che nel 2010 era arrivata al 29%. Fra Fukushima Dai-chi e Dai-ni (due impianti a poca distanza), dei dieci reattori esistenti prima del disastro, in tre si è verificato un danneggiamento del nocciolo, di uno è stato lesionato l’edificio e i restanti sei sono stati disattivati. In tutto il Giappone, ad oggi, sono solo due i reattori attivi su 50. Due nuovi erano in costruzione (a Homa, nel Nord del Paese, e il terzo reattore di Shimane, a Matsue), ma i lavori sono stati bloccati.

Nell’ultimo periodo, secondo il Wall Street Journal, la crisi del nucleare in Giappone ha diminuito la capacità di produzione energetica del Paese di circa un quarto. Da marzo 2011 a oggi la percentuale di sfruttamento degli impianti nucleari è crollata. Tanto che, secondo i dati raccolti da Bloomberg, le centrali nucleari operative sono due, ma anche queste andranno incontro a uno spegnimento programmato. Oltre ai reattori già inattivi prima del disastro di Fukushima, il terremoto-tsunami ha danneggiato anche un reattore nell’impianto di Tokai Dai-ni, sede della prima centrale nucleare giapponese, nella prefettura di Baraki, per cui ora si pensa a uno spegnimento definitivo. I restanti 47 reattori giapponesi non producono al momento energia elettrica, non solo per ragioni che dipendono esclusivamente dal terremoto-tsunami. Alcuni stanno subendo controlli di sicurezza, in altri si stanno facendo lavori di adeguamento dopo il terremoto, ma per nessuno è nota al momento una data di riapertura.

Anche la situazione negli Stati Uniti in qualche modo ha tenuto conto del disastro di Fukushima. Secondo Lucas Davis, professore alla Haas School of Business dell’Università della California a Berkeley, le prospettive del mercato della produzione nucleare negli Stati Uniti «erano grigie anche prima dei tragici eventi di Fukushima», come spiega in una sua lunga analisi. Davis parla di 17 domande di costruzione in attesa di risposta per un totale di 26 unità (che possono essere nuove o sostitutive) depositate presso la Nuclear Regulatory Commission americana, ma «è improbabile che vengano costruite più di una manciata di centrali». L’unico reattore in costruzione, secondo i dati Aiea, è quello di Watts-Bar 2 di proprietà della Tennessee Valley Authority. La prima connessione alla rete elettrica è pianificata per il 1° agosto 2012. Viceversa, sono 28 i reattori in status di smantellamento permanente. Sono lontani i tempi degli anni Settanta: nel 1974 erano 54 le centrali nucleari attive negli Stati Uniti e di 197 era programmata la costruzione, ma meno della metà dei reattori ordinati sono stati poi effettivamente costruiti. Nel 1979, con l’incidente alla centrale nucleare di Three Mile Island in Pennsylvania, ci fu un rallentamento nell’industria. Ad oggi, sono attivi 104 reattori nucleari in 65 siti diversi, che producono circa il 20% del totale dell’energia consumata negli Usa. Di questi nessuno è stato ordinato dopo il 1974.

L’Europa, nell’immediato post-tragedia e nei mesi a seguire ha reagito in maniera diversificata. La scelta di Regno Unito, Repubblica Ceca, Olanda e Finlandia è stata quella di confermare in larga parte i loro programmi, pur tenendo conto di quanto successo a Fukushima. Italia e Svizzera invece hanno rinunciato a nuove costruzioni. Gli elvetici hanno deciso di uscire dal nucleare entro il 2034, mentre per l’Italia c’è stato un referendum che con il 94% dei voti ha abrogato la legge che sanciva la possibilità di produrre energia elettrica grazie al nucleare sul territorio nazionale. Anche la Germania ha deciso di abbandonare l’energia atomica, fissando la data di termine di produzione per il 2022. Nel frattempo Berlino ha fermato la produzione in otto fra i reattori più vecchi. Altri Paesi invece hanno deciso di continuare con i propri progetti: le tre repubbliche baltiche (Lituania, Estonia e Lettonia) proseguono nel loro intento di costruire un reattore nucleare nei pressi del lago Visaginas, in Lituania (dove recentemente è stato spenta la vecchia centrale sovietica di Ignalina). In Francia, grande produttore di energia elettrica dal nucleare e sede di una grande azienda attiva nella costruzione di centrali come Areva, il presidente Nicolas Sarkozy ha espresso la propria intenzione di proseguire lungo il sentiero del nucleare, un settore dove la Francia è leader (produce oltre il 77% della sua energia con l’atomo). All’orizzonte però si avvicinano le elezioni presidenziali e il candidato socialista François Hollande vorrebbe ridurre la percentuale di energia prodotta sfruttando l’energia atomica.

In Russia invece non si fermeranno i progetti della Rosatom, la corporation statale dell’energia atomica, ma è stato deciso di rivedere le misure di sicurezza. L’intenzione di Mosca è di raddoppiare la propria capacità di produzione: al momento sono in costruzione 10 reattori, mentre quelli attivi sono 33, di cui la gran parte nella Russia europea.

Il futuro del nucleare però guarda sempre più ad Est. Passando da Turchia, Emirati Arabi e Vietnam, si arriva ai programmi di sviluppo di India e Pakistan. L’India continua nel proprio percorso, modificando le procedure di controllo post Fukushima. Vuole portare la capacità produttiva dai 28.947 Gigawatt/h del 2011 a oltre 63 mila nel 2020. Il Pakistan invece sta costruendo due reattori da 530 MegaWatt. E andando verso Est si arriva in Cina. Dove in costruzione ci sono 26 reattori, cifra record al mondo per quello che attualmente è il nono produttore mondiale di energia elettrica da nucleare. Al termine degli attuali programmi di costruzione, la Cina avrà più che triplicato la componente energia nucleare nel proprio bilancio energetico.

Ad avere un ruolo sempre più di primo piano sono le grandi imprese sul mercato dei costruttori di reattori nucleari. Fra le aziende in questo campo si trovano molti nomi americani e francesi. Per quanto riguarda questi ultimi è da segnalare Areva, compartecipata dalla Siemens tedesca e da Edf (il produttore francese di energia elettrica), concentrata sullo sviluppo del reattore di modello Epr, un reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata. Tuttavia, la costruzione di questo tipo di reattori si sta rivelando complessa: il primo, che è in via di costruzione a Olkiluoto, in Finlandia, ha subito ritardi e i costi si sono innalzati considerevolmente. Idem nel caso francese di Flamanville. Americane o a partecipazione Usa sono invece la Westinghouse Electric, produttrice del reattore Ap1000, un reattore ad acqua pressurizzata, unico reattore di terza generazione evoluta ad aver ricevuto il Design Certification da parte della Nrc, la commissione sul nucleare Usa, e la General Electric-Hitachi, joint venture fra americani e giapponesi, che ha nell’Esbwr o Economic Simplified Boiling Water Reactor, il suo reattore di più recente sviluppo, di terza generazione evoluta.

Fra i Paesi emergenti dal punto di vista nucleare, in India l’unica società autorizzata a operare sul nucleare nazionale è la NPCIL, l’ente pubblico di sviluppo nucleare indiano, che ha costruito siti di centrali atomiche in sinergia con la Atomic Energy of Canada Ltd e General Electric-Hitachi. Dal 2008 ha firmato accordi con Russia e Usa, e ha visto l’intervento di Westinghouse Electric in alcuni siti. In Cina, invece, è presente la statale China National Nuclear Corporation: quattro reattori sono stati realizzati con l’aiuto della Westinghouse Electric, che ha sede negli Usa, una delle società più importanti che opera su tutti i livelli della filiera, con servizi e know-how per costruire e alimentare una centrale nucleare. Infine va ricordato anche che ogni Paese ha la sua azienda nazionale che collabora con le grandi aziende mondiali per la realizzazione di centrali nucleari, sia per quanto riguarda la componentistica che il know-how.

9 marzo 2012

FONTE: it.notizie.yahoo.com
http://it.notizie.yahoo.com/il-nucleare-dopo-fukushima---inchiesta.html


Bell'articolo che espone quella che è la situazione del Nucleare nel mondo dopo il disastro di Fukushima di un anno fa. Come si evince chiaramente dall'articolo, ogni Stato ha reagito in maniera assai diversa all'evento catastrofico giapponese, e se da una parte Giappone, Stati Uniti e Germania paiono essere in recessione da un punto di vista del nucleare, dall'altra ci sono tanti altri Stati, sopratutto paesi dell'est, che proseguono imperterriti il loro programma di espansione. Sono sopratutto i paesi in via di grande sviluppo ad operare questa scelta, probabilmente per far fronte all'esigenza di un incremento del proprio fabbisogno energetico.

Personalmente trovo che ricorrere al nucleare per produrre energia sia SEMPRE una scelta sbagliata, perchè i rischi sono troppo elevati e poi c'è sempre il problema dello stoccaggio delle scorie radioattive. Fukushima e Chernobyl insegnano a tal riguardo (e non solo questi 2 eventi.... ce ne sono tanti altri, solo di portata minore e quindi meno noti) e non dobbiamo illuderci che ciò che è successo in queste 2 situazioni, non potrà riaccadere anche in futuro. Da questo punto di vista l'Italia, (o meglio, gli italiani) ha dato un segnale forte dichiarandosi fermamente contraria al ritorno del nucleare, e c'è solo da sperare che le cose nel nostro paese non cambino mai. Certo è che lo sviluppo del nucleare nei paesi dell'est è molto preoccupante e sembra proseguire senza sosta.
Se succederanno altri disastri in futuro non potremo proprio incolpare nessuno.... di "tristi" catastrofici esempi purtroppo ne abbiamo già avuti, ma l'uomo, si sa, è molto "lento" a capire dai propri errori.

Marco

martedì 13 marzo 2012

Fukushima, un anno dopo lo tsunami


TOKIO - A quasi un anno dal disastro di Fukushima, che ha cambiato la storia del Giappone, la centrale nucleare è stata messa in sicurezza ma i problemi rimangono enormi e il ritorno alla normalità è un miraggio lontano. Attorno alla centrale è ancora in vigore una zona di esclusione entro un raggio di 20 chilometri, abbandonata dai suoi 80mila abitanti. E l'intera area colpita rimane in ginocchio, con i lavori di decontaminazione che dureranno almeno fino a tutto il 2014, mentre in alcune aree la popolazione non potrà rientrare prima di cinque anni secondo le stime più ottimiste.

Il disastro. L'11 marzo dell'anno scorso, il disastro cominciò con una fortissima scossa di terremoto di magnitudo 9 che investì il nord est del Giappone. Il sisma provocò uno tsunami di proporzioni gigantesche che spazzò le coste: l'insieme di queste due catastrofì causò 15.800 mila morti nelle prefetture Iwate, Miyagi e Fukushima. Molti corpi, portati via dal mare, non sono più stati ritrovati e i dispersi sono ancora 3.300. Il maremoto ricoprì anche la centrale Daiichi a Fukushima, provocando un black out e la rottura del sistema di raffreddamento dei reattori che innescarono uno dei più gravi incidenti nucleari della storia mondiale, classificato al livello 7, lo stesso di quello di Cernobyl.

L'emergenza radiazioni. Nei giorni successivi, si fuse il nocciolo di tre dei sei reattori della centrale, mentre si susseguivano i tentativi di raffreddamento, anche con acqua di mare. Solo lo scorso 16 dicembre il governo giapponese ha potuto dichiarare la messa in sicurezza dell'intera centrale con il raggiungimento dello stato di blocco a freddo. Ci vorranno ora decenni per smantellare l'impianto, che nel frattempo dovrà essere mantenuto stabile. Intanto, in questi nove mesi, le particelle radioattive hanno inquinato l'aria, il terreno e le acque attorno all'impianto vicino al mare. Con la messa in sicurezza della centrale si è chiusa la fase dell'emergenza. E la successiva decontaminazione non si annuncia nè facile, nè breve.

Contaminazioni. A Fukushima, una città a 55 chilometri dalla centrale, squadre di operai rimuovono la superfice del terreno, quella più contaminata. Per ora la terra radioattiva viene portata in una località segreta di montagna, ma si tratta di una soluzione temporanea e molti abitanti di Fukushima temono che non sia sicura. In settembre il vice ministro dell'Ambiente Hideki Minamikawa aveva ipotizzato la necessità di stoccare 90 milioni di metri cubi di rifiuti radioattivi. Mentre ancora non sono stati chiariti l'entità dei risarcimenti ai sopravvissuti, rimane inoltre un forte interrogativo sull'agricoltura della zona. Secondo un ultimo rapporto dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia Atomica, circa l'1% delle migliaia di analisi regolarmente effettuate sui prodotti alimentari giapponesi continua a mostrare valori superiori alla norma per il cesio 137. E molti genitori giapponesi, anche residenti lontano dalle zone contaminate, sono preoccupati per ciò che mangiano i loro figli, temendo che quantità anche basse di agenti radioattivi si accumulino nel loro organismo.

I dubbi sul nucleare. L'anniversario sarà un'occasione per ricordare i morti, ma anche per riflettere su un evento che ha cambiato il modo di vedere dei giapponesi e portato l'opinione pubblica di tutto il mondo a ripensare ai rischi della scelta dell'energia nucleare. Svizzera e Germania hanno da allora deciso un progressivo abbandono delle centrali, mentre in Italia un nuovo referendum ha ribadito il no dell'elettorato alla scelta nucleare. In Giappone, dove la catastrofe ha portato ad un cambiamento di governo e ad un crollo della fiducia del pubblico verso le istituzioni, è stato abbandonato il progetto di costruzione di altre 14 centrali ed è stata chiusa la centrale di Hamaoka, a sud di Tokio, considerata ad alto richio sismico.

10 marzo 2012

FONTE: ilmessaggero.it
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=185106&sez=HOME_NELMONDO

venerdì 15 aprile 2011

Con la pioggia pericolo radiazioni in Europa

Secondo l'Organizzazione Non Governativa francese Criirad in Europa si pongono seri rischi di contaminazione nucleare. Il maggior pericolo è nell'acqua piovana. Secondo i Verdi europei i controlli sono troppo scarsi


Rischio contaminazione in Europa - L'Ong francese CRIIRAD, specializzata nella sicurezza nucleare, avverte che "il rischio di radiazioni in Europa non è più negabile". Per tranquillizzare
i cittadini francesi, l'associazione ha redatto un documento che fa il punto sui maggiori pericoli per la salute. Tra questi, soprattutto il contagio da acqua piovana: non berla e maggiori controlli nel suo impiego per fini industriali e agricoli. Sempre secondo l'Ong, le autorità competenti dovrebbero aumentare i controlli su alimenti come latte e formaggi fresco, e verdure a foglia larga, i più soggetti all'assorbimento dello Iodio 131, una sostanza pericolosa contenuta nelle scorie radioattive e rilasciata nell'atmosfera dopo il disastro di Fukushima in Giappone. Questo elemento può provocare serie patologie come il cancro della tiroide.

In Francia - Una settimana fa la CRIIRAD e l'Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire (IRSN) avevano rilevato pericolose concentrazioni di Iodio 131 nell'acqua piovana nel sud est della Francia e nei campioni di latte fresco di alcuni allevamenti prelevati il 28 marzo. Il tutto sarebbe dovuto alla nube contenete radiazioni arrivata nelle settimane scorse sui cieli del vecchio continente.

La risposta dell'UE - Intanto l'European Food Safety Authority basata a Parma ha specificato di non essere coinvolta nel controllo della radioattività degli alimenti ma di essere comunque a disposizione. La risposta dell'Ue è al momento veicolata dal Dipartimento per l'Energia della Commissione europea con il supporto del Joint Research Centre europeo. Il 25 marzo, dopo la certezza che la catena alimentare in Giappone sia stata contaminata dalle radiazioni, l'Ue ha aumentato i controlli sulle importazioni da qualche regione del Giappone. Il Gruppo dei Verdi al Parlamento europeo ha dichiarato che queste misure sono "fin troppo leggere" rispetto ai limiti che il Giappone stesso ha imposto per i consumi interni.

13 aprile 2011

FONTE: terranuova.it
http://www.aamterranuova.it/article5749.htm

mercoledì 13 aprile 2011

Fukushima, un mese dopo il disastro

A un mese dal disastro di Fukushima il quadro dell’incidente nucleare ricorda vividamente la situazione post Cernobyl in Ucraina. A distanza di 25 anni, a distanza di migliaia di chilometri e in due contesti culturalmente e tecnologicamente quanto mai diversi, la situazione sanitaria e ambientale sembra essere proprio la stessa, come pure le modalità di intervento.

L’allarme e l’evacuazione della popolazione.

A Chernobyl dopo l'incidente il governo ucraino fece evacuare un'area di 30 km intorno al reattore, mentre i danni ingenti si sono registrati in un perimetro assai maggiore che si è esteso in gran parte dell'Europa e in realtà, i 30 km di perimetro rappresentavano solamente un ottavo dell'area totale affetta da contaminazioni.

La popolazione dell'ex Unione sovietica non è stata adeguatamente informata dei forti rischi legati alla contaminazione radioattiva e per questo motivo molti cittadini ignari del pericolo atomico stanno pagando con la propria salute gli effetti della radioattività. Tutto questo, naturalmente, perché si è voluto tenere all’oscuro la popolazione per paura di dover gestire una situazione senza via d’uscita.

In Giappone, nonostante la tecnologia d’avanguardia e l’alto livello d'informazione del paese, troviamo stesse situazioni e stesse procedure. Il governo ha allertato solo la popolazione residente fino a 30 km dalla centrale, mentre le radiazioni sono arrivate fino a Tokyo (la capitale che conta oltre 13 milioni d'abitanti e che dista circa 240 km), contaminando in parte acqua e cibo. Anche a Fukushima la gestione del disastro è stata segnata da reticenze e disinformazioni, con una responsabilità diretta sia del Governo che della Tepco: la compagnia giapponese che controlla la centrale nucleare di Fukushima e che non solo non ha fornito informazioni chiare e dettagliate, ma ha anche cercato di minimizzare le conseguenze dell'incidente nei primi giorni, contraddicendosi poi più volte fino a esprimere in modo chiaro, nelle ultime settimane, la sua incapacità di controllo negli interventi.

“È semplicemente agghiacciante ripercorrere le tappe e gli eventi che si sono succeduti 25 anni fa con l'esplosione nella centrale di Chernobyl attraverso ciò che è successo nella centrale di Fukushima solo un mese fa – dichiara il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Ci sono moltissime similitudini che ci fanno capire quanto sia tecnicamente e scientificamente insufficiente, ancora oggi, la capacità d'intervento in caso d'incidente nucleare. La situazione attuale di Cernobyl e gli eventi che sono succeduti in quei territori fino ad ora ci fanno guardare all'incidente giapponese con timore e rassegnazione. Le previsioni sul futuro di Fukushima sono parecchio desolanti: a distanza di un quarto di secolo e in un contesto totalmente differente - dal punto di vista politico, sociale, culturale e soprattutto tecnologico – si ripete la stessa storia: il territorio gravemente contaminato, una dieta zeppa di radionuclidi, l’abbandono totale della ricerca e degli aiuti per le popolazioni vittime del disastro, una crescita esponenziale delle patologie legate alla contaminazione, che aumenteranno sempre più col passare dei decenni”.

La contaminazione.

Il disastro provocato dall'esplosione del reattore di Chernobyl non ha causato solamente morte e distruzione in maniera diretta, nell'immediato, ma ha fatto danni anche e soprattutto a distanza di 25 anni. Sono ancora più di 7 milioni le persone esposte al rischio della contaminazione e costrette a mangiare cibo radioattivo e a bere acqua radioattiva, con un significativo abbassamento delle difese immunitarie e conseguente moltiplicazione di numerose patologie, prime tra tutte quelle legate ai tumori tiroidei. Il pericolo maggiore arriva dal cibo prodotto in loco, nel quale si registrano alte quantità di Cesio 137 e le vittime principali di questa tragedia sono i bambini, condannati, secondo le previsioni della letteratura medica, ai picchi esponenziali delle patologie che saliranno fortemente nei prossimi decenni. Anche a Fukushima c'è stata una contaminazione molto significativa delle derrate alimentari, che ha provocato un allarme diffuso in assenza di informazioni dettagliate e sicure fornite alla popolazione coinvolta. E' evidente, ad oggi, l'incapacità di un controllo preciso e accurato da parte delle autorità governative sia della contaminazione delle derrate alimentari e della falda acquifera, che per quella, assai significativa, dell'ecosistema marino.

Gli incidenti e le soluzioni messe in campo.

Nel reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, del tipo Rbmk, divampò un incendio che provocò il cedimento del tetto superiore costituito da ben 2.700 tonnellate di cemento armato. Il reattore si trasformò in un violento vulcano in esplosione per l'effetto camino creato dalla spaccatura del tetto afflosciato su se stesso che scoperchiò il nocciolo in attività.

Nel disastro di Fukushima la gravità dell'incidente rasenta quella di Chernobyl (livello 7) con conseguenze che ancora oggi non si riescono a prevedere, in una situazione che è in continua evoluzione. Oggi come allora, in Giappone come in Ucraina, si pensa di chiudere l'erogazione di energia per la centrale senza prevedere soluzioni per il contenimento dell'emergenza radioattiva se non con la realizzazione di un sarcofago in cemento armato. Soluzione che in Ucraina doveva essere solo temporanea e che oggi invece rappresenta un triste monumento, altamente a rischio per le crepe causate dal tempo, all’impossibilità di risolvere il disastro nucleare.

Anche a Fukushima come per Chernobyl sono stati utilizzati tecnici e persone di “buona volontà” (i cosiddetti liquidatori) per cercare di arrestare i processi attivati all'interno del reattore, con conseguenze gravissime (diciamo pure letali) per la salute delle persone che sono state direttamente coinvolte. Oggi come allora si è cercato di utilizzare mezzi di fortuna, come elicotteri o cannoni spara acqua, per arginare un incidente di altissima gravità al quale non si è in grado di dare risposte se non in modo precario e artigianale. Anche in questo caso, in prima linea i pompieri e i più affidabili tecnici della centrale che con turni brevi di lavoro si cerca di salvaguardare dalla fortissima contaminazione radioattiva.

“La tragedia di Fukushima - ha concluso Cogliati Dezza – ha costretto i governi dell’Occidente a rivedere i piani energetici, a frenare l’aumento delle centrali nucleari e a cercare, anzi, altre vie per produrre energia. Da questo punto di vista, molti Paesi dovranno affrontare disagi e spese straordinarie per dismettere gli impianti, smaltire le scorie, convertire gli occupati. L’Italia invece, grazie al referendum vinto nel 1987, potrà giocare un ruolo d’avanguardia e far valere positivamente il suo vantaggio tecnologico e occupazionale a tutto vantaggio delle fonti rinnovabili. Il voto referendario del 12 e 13 giugno sarà l’occasione per confermare questo vantaggio”.

FONTE: legambiente.eu
http://www.legambiente.eu/dettaglio.php?tipologia_id=3&contenuti_id=2585


Fukushima e Chernobyl.... sono passati 25 anni, ma questi 2 disastri epocali hanno delle similitudini davvero inquietanti che ci devono far pensare.....
Non voglio spendere tante parole in quanto l'articolo in questione si commenta, ahinoi, da solo.... e Dio solo sa quali e quante saranno le conseguenze di questo disastro a lungo termine. Solo una cosa vorrei dire... il 12 e 13 giugno dovremo votare se vogliamo o meno il nucleare in Italia.... credo che, alla luce di questi recenti tragici avvenimenti, non dovrebbe essere difficile scegliere sensatamente. E non pensiamo che in Italia una cosa del genere non potrebbe avvenire... non ci sono solo i terremoti a provocare dei disastri come questo! Andiamo quindi a votare e votiamo con buon senso.... ognuno di noi può decidere per il bene o per il male della nostra società.

Marco

domenica 3 aprile 2011

Fukushima, l'esperto: a un passo da catastrofe, peggiore della fusione

2 aprile 2011
Secondo Sergio Ulgiati, professore di Chimica a Napoli, la situazione in Giappone sarebbe tutt’altro che tranquilla


“Speriamo che non accada altro, anche perche’ cio’ che sta accadendo e’ gia’ quanto di peggio potesse succedere a una centrale nucleare. Siamo a un passo dall’evento piu’ catastrofico della fusione, nonostante io mantenga ancora qualche speranza negli interventi di contenimento. Dobbiamo imparare da questa esperienza”. E’ Sergio Ulgiati, professore di Chimica ambientale all’Universita’ Parthenope di Napoli e membro del comitato scientifico del WWFItalia, a definire all’AdnKronos “la situazione della centrale atomica di Fukushima non buona e con poco o nulla che noi possiamo fare, a parte aiutare con tutti i mezzi il popolo giapponese a risollevarsi”.

NON BASTA - “Lo sforzo eroico delle poche centinaia di tecnici impegnati nel tentativo di raffreddamento e di chiusura delle crepe – sottolinea Ulgiati – e’ degno della massima ammirazione e l’unica speranza e’ che riescano nel loro intento di contenere il danno. Questi tecnici sono ben consapevoli dei rischi a cui vanno incontro, perche’ sanno perfettamente di contrarre malattie da radiazione, ma sono gli unici a poter intervenire direttamente”. “Se il nocciolo fonde usciranno ancora piu’ radionuclidi – spiega Ulgiati – e a quel punto sarebbe impossibile arrestare una contaminazione ancora maggiore. Una eventuale esplosione del contenitore del combustibile, a causa dell’aumento di pressione o della formazione e combustione di idrogeno causerebbe conseguenze di estrema gravita’. L’unica cosa che possiamo fare e’ imparare la lezione, pensando al futuro del nostro Paese e del mondo. Trovo tragico – conclude l’esperto – che ci sia ancora qualcuno che sostiene che il nucleare e’ sicuro: per questi incidenti ci saranno migliaia e migliaia di persone che subiranno ingenti danni e gia’ ora interi settori dell’economia vengono pesantemente danneggiati con altre gravi conseguenze sulla vita di milioni di persone: dobbiamo imparare da tutto cio’.”

USA - Intanto un team di 15 super esperti Usa nel controllo di radiazioni e’ giunto nel pomeriggio alla base aerea di Yokota, poco lontana da Tokyo, per aiutare il Giappone a fronteggiare la sua peggiore crisi nucleare. Si tratta dei tecnici della Initial Response Force (Irf), una divisione speciale di base a Indian Head, nel Maryland, che include personale altamente specializzato in operazioni di pericolo estremo, come quelli segnati da fattori di contaminazione chimica, biologica e nucleare. Lo scopo dell’iniziativa, annuncia nei giorni scorsi, e’ di fornire supporto nel monitoraggio per rilevare e identificare gli agenti radioattivi, e condurre anche ricerche, salvataggi e decontaminazione del personale provvedendo a cure mediche d’urgenza.

FONTE: giornalettismo.com
http://www.giornalettismo.com/archives/120110/fukushima-lesperto-a-un-passo-da-catastrofe-peggiore-della-fusione/


Trovo estremamente eloquenti le parole del Prof. Ulgiati a proposito del disastro che sta avvenendo in Giappone alla centrale nucleare di Fukushima: "Trovo tragico che ci sia ancora qualcuno che sostiene che il nucleare è sicuro..... dobbiamo imparare da tutto ciò". Già, imparare... ma l'uomo è capace di imparare dai propri errori? Non bastava Chernobyl? No, non bastava... e temo che non basterà neppure Fukushima per imparare.
Le Centrali Nucleari sono troppo, veramente troppe pericolose, e non ci si illuda che le Centrali di ultima generazione siano inattaccabili da qualsiasi problema. Le Centrali Nucleari sono come bombe a orologeria, pronte a esplodere se qualcosa dovesse andare storto.... con conseguenze disastrose per l'umanità intera. E' un rischio davvero troppo grande per avere energia.

Vorrei infine spendere qualche parola per gli uomini che, a rischio della propria vita, stanno operando nella centrale per raffreddare e chiudere le crepe formatesi. Onore e merito a tutti questi uomini, veri eroi degni di ogni ammirazione, per il lavoro davvero impagabile che stanno facendo, ben sapendo che ne pagheranno care le conseguenze a livello di salute per via delle intensissime radiazioni presenti. Onore e merito a voi, coraggiosi uomini pieni di altruismo.... non si potrà mai ringraziarvi abbastanza per quello che state facendo.

Marco