Ha 53 anni e una malattia gravissima: è affetta da Sensibilità Chimica Multipla. Chiusa in casa, l’aiutano amici e familiari
PIOMBINO. «Un giorno, fortuna nel disastro, si scopre che soffri di Sensibilità Chimica Multipla (MCS), un dottore lo intuisce ed evita di darti medicinali che potrebbero ucciderti. Tutto cambia, per sempre – Manuela Benevelli (nella foto dove lavora, a casa), 53 anni, non racconta volentieri la sua esperienza – però ora è necessario. Una settimana fa è morta a Roma una ragazza di 36 anni, malata come me, che ha cominciato il suo calvario finale per un mal di denti: le persone devono sapere, la sanità si deve muovere».
Incontrare Manuela è già un rito; suoni alla porta e lei è obbligata ad “annusarti”. Bello per cronista e fotografo, scoprire di essere stati sufficientemente attenti con gli odori che si portano appresso, da poter stare in cucina con lei: «In Italia siamo all'anno zero – Manuela si tira su le mascherine – per questa patologia multi-sistemica progressiva e siamo abbandonati dalla sanità. Eppure l’Organizzazione mondiale ha dato mandato di fare cure e ricerche». Bella donna. Divertente, ama l'arte, la natura, i colori. Si legge nelle cose di casa: «Tre anni fa – dice – l’evento scatenante che pareva una comune allergia a dei profumi sentiti in ufficio. La mia fortuna? Un fitoterapeuta di Careggi che conosceva la patologia e mi ha indirizzato a Roma, in uno dei pochi centri di riferimento». La Sensibilità Chimica Multipla, gravissima forma di intolleranza per tutte le sostanze chimiche: niente detersivi, disinfettanti, profumi, farmaci. «Presa coscienza – prosegue Manuela –, mi sono dovuta reinventare l’esistenza, grazie a mio marito e a mio figlio che non mi hanno mai lasciato sola. Poi sempre con me c'è la mia Perla». In casa un barboncino così buono che dopo i primi bau di saluto sembra una statua. «Sì il cane – sospira – ma io sono allergica alle sostante chimiche non alla natura…».
Dunque cosa fa questa dipendente della pubblica ormai segregata in una casa bonificata - su ogni piano adeguato sistema di purificazione dell'aria («non di quelli "semplici" – chiarisce – queste macchine depurano il particolato fine»). Il sorriso, sotto le mascherine non si vede ma si sente mentre racconta, lieve, l'inferno dove è stata catapultata: «Mi alzo e comincio a mettermi in moto, ma i tempi diventano sempre più lunghi e i dolori tanti. L’alimentazione? Biologica, ma ho messo su chili... anche gli indumenti devono essere biologici: la pelle non resisterebbe al contatto con sostanze chimiche per i trattamenti». Slalom sempre più difficile. «Poi procedo col telelavoro, vicino la bombola d'ossigeno… potrei averne, ne ho bisogno. Una volta alla settimana vado ancora in ufficio».
Qualche costo: filtri per l'aria 500 euro l'uno da cambiare spesso, la prima mascherina, quella sulla bocca viene dall'America, 390 euro («ma costa ancora di più farla arrivare…!») tra una mascherina e l'altra, («quelle grandi, da dentista...») filtri di carboni attivi. «A volte – aggiunge – per noi si parla di componente genetica. In alcuni individui la malattia non insorge mai o non si riconosce finché non sono attaccati gli organi principali come l'apparato digerente o respiratorio... e ci vuole un esperto. I medici di base non ne sanno nulla e talvolta neppure gli specialisti».
Il messaggio di Manuela è forte: «Bisogna denunciare il problema perché chi è malato come me ha anche una forte difficoltà sociale, è solo. Difficoltà ad essere autosufficiente, difficoltà a conservare il lavoro». Dunque niente luoghi affollati e neppur aree trattate con agenti chimici? «L’estate qui è invivibile – risponde –. La situazione peggiora in modo devastante. Da maggio a settembre devo andar via perché, coi pesticidi che vengono liberati, rischio di scoppiar e anche trovare un luogo dove andare è tutt'altro che semplice».
Manuela, mai da sola: un po' come i sub in immersione. «Vero – conferma – il sistema immunitario non mi difende più e a volte non riesco neppure a rendermene conto. Quando il fastidio non è per me immediato e resto esposta alla sostanza tossica, rischio di non poter respirare più e non c'è terapia che tenga. Antibiotici, cortisone... sono veleno». Ricapitolando: malattia scarsamente riconosciuta (in tante regioni italiane, anche nella nostra, ma dall'Oms sì) e visto che il malato reagisce malissimo a qualsiasi contatto chimico figuriamoci se le case farmaceutiche vogliono in qualche modo occuparsene.
«Conta il valore umano – sottolinea Manuela – Vivo ai Diaccioni, è un buon posto per me: sempre ventilato e, a volte, quando esco col cane, posso anche stare senza mascherina: altrimenti finisco per respirare fin troppo della mia anidride carbonica. Mi sono rimasti davvero pochissimi amici… a volte, per stare un po' insieme, devono lavarsi a casa loro coi miei saponi e indossare capi che preparo appositamente. Grazie a tutti e grazie ai miei vicini – specifica – che sono una testimonianza della solidarietà: hanno cambiato le loro abitudini utilizzando diversi detersivi, mai l’ammorbidente ed ogni volta che devono fare dei lavori mi avvertono, cercando di concentrarsi sulla parte davanti della casa, lasciandomi la possibilità di dedicarmi al piccolo giardino sul retro».
La stretta di mano è decisa. «Non vi preoccupate – ci rassicura – ho il sapone al ferro, che viene dalla Germania, per lavarmi subito. Sono un lottatore! Grazie per essere stati con me, come una boccata d’ossigeno sul mondo, che ora mi farà compagnia per un bel po’!» saluta Manuela, che proprio non ci vorrebbe far uscire insegnando involontariamente, in realtà, quant'è bella questa vita; che tutti noi, finché crediamo di essere “normalmente sani”, abbiamo, ma ne riscopriamo il miracolo di ogni giorno solo avendo l’onore d’incontrare proprio chi rischia di perderla - questa stessa vita - in ogni momento, solo per una “nuance” fuori posto, anche se è di un profumo costosissimo, d'ultimo grido.
di Cecilia Cecchi
17 marzo 2013
FONTE: iltirreno.gelocal.it
http://iltirreno.gelocal.it/piombino/cronaca/2013/03/17/news/manuela-costretta-a-vivere-segregata-1.6719880
PIOMBINO. «Un giorno, fortuna nel disastro, si scopre che soffri di Sensibilità Chimica Multipla (MCS), un dottore lo intuisce ed evita di darti medicinali che potrebbero ucciderti. Tutto cambia, per sempre – Manuela Benevelli (nella foto dove lavora, a casa), 53 anni, non racconta volentieri la sua esperienza – però ora è necessario. Una settimana fa è morta a Roma una ragazza di 36 anni, malata come me, che ha cominciato il suo calvario finale per un mal di denti: le persone devono sapere, la sanità si deve muovere».
Incontrare Manuela è già un rito; suoni alla porta e lei è obbligata ad “annusarti”. Bello per cronista e fotografo, scoprire di essere stati sufficientemente attenti con gli odori che si portano appresso, da poter stare in cucina con lei: «In Italia siamo all'anno zero – Manuela si tira su le mascherine – per questa patologia multi-sistemica progressiva e siamo abbandonati dalla sanità. Eppure l’Organizzazione mondiale ha dato mandato di fare cure e ricerche». Bella donna. Divertente, ama l'arte, la natura, i colori. Si legge nelle cose di casa: «Tre anni fa – dice – l’evento scatenante che pareva una comune allergia a dei profumi sentiti in ufficio. La mia fortuna? Un fitoterapeuta di Careggi che conosceva la patologia e mi ha indirizzato a Roma, in uno dei pochi centri di riferimento». La Sensibilità Chimica Multipla, gravissima forma di intolleranza per tutte le sostanze chimiche: niente detersivi, disinfettanti, profumi, farmaci. «Presa coscienza – prosegue Manuela –, mi sono dovuta reinventare l’esistenza, grazie a mio marito e a mio figlio che non mi hanno mai lasciato sola. Poi sempre con me c'è la mia Perla». In casa un barboncino così buono che dopo i primi bau di saluto sembra una statua. «Sì il cane – sospira – ma io sono allergica alle sostante chimiche non alla natura…».
Dunque cosa fa questa dipendente della pubblica ormai segregata in una casa bonificata - su ogni piano adeguato sistema di purificazione dell'aria («non di quelli "semplici" – chiarisce – queste macchine depurano il particolato fine»). Il sorriso, sotto le mascherine non si vede ma si sente mentre racconta, lieve, l'inferno dove è stata catapultata: «Mi alzo e comincio a mettermi in moto, ma i tempi diventano sempre più lunghi e i dolori tanti. L’alimentazione? Biologica, ma ho messo su chili... anche gli indumenti devono essere biologici: la pelle non resisterebbe al contatto con sostanze chimiche per i trattamenti». Slalom sempre più difficile. «Poi procedo col telelavoro, vicino la bombola d'ossigeno… potrei averne, ne ho bisogno. Una volta alla settimana vado ancora in ufficio».
Qualche costo: filtri per l'aria 500 euro l'uno da cambiare spesso, la prima mascherina, quella sulla bocca viene dall'America, 390 euro («ma costa ancora di più farla arrivare…!») tra una mascherina e l'altra, («quelle grandi, da dentista...») filtri di carboni attivi. «A volte – aggiunge – per noi si parla di componente genetica. In alcuni individui la malattia non insorge mai o non si riconosce finché non sono attaccati gli organi principali come l'apparato digerente o respiratorio... e ci vuole un esperto. I medici di base non ne sanno nulla e talvolta neppure gli specialisti».
Il messaggio di Manuela è forte: «Bisogna denunciare il problema perché chi è malato come me ha anche una forte difficoltà sociale, è solo. Difficoltà ad essere autosufficiente, difficoltà a conservare il lavoro». Dunque niente luoghi affollati e neppur aree trattate con agenti chimici? «L’estate qui è invivibile – risponde –. La situazione peggiora in modo devastante. Da maggio a settembre devo andar via perché, coi pesticidi che vengono liberati, rischio di scoppiar e anche trovare un luogo dove andare è tutt'altro che semplice».
Manuela, mai da sola: un po' come i sub in immersione. «Vero – conferma – il sistema immunitario non mi difende più e a volte non riesco neppure a rendermene conto. Quando il fastidio non è per me immediato e resto esposta alla sostanza tossica, rischio di non poter respirare più e non c'è terapia che tenga. Antibiotici, cortisone... sono veleno». Ricapitolando: malattia scarsamente riconosciuta (in tante regioni italiane, anche nella nostra, ma dall'Oms sì) e visto che il malato reagisce malissimo a qualsiasi contatto chimico figuriamoci se le case farmaceutiche vogliono in qualche modo occuparsene.
«Conta il valore umano – sottolinea Manuela – Vivo ai Diaccioni, è un buon posto per me: sempre ventilato e, a volte, quando esco col cane, posso anche stare senza mascherina: altrimenti finisco per respirare fin troppo della mia anidride carbonica. Mi sono rimasti davvero pochissimi amici… a volte, per stare un po' insieme, devono lavarsi a casa loro coi miei saponi e indossare capi che preparo appositamente. Grazie a tutti e grazie ai miei vicini – specifica – che sono una testimonianza della solidarietà: hanno cambiato le loro abitudini utilizzando diversi detersivi, mai l’ammorbidente ed ogni volta che devono fare dei lavori mi avvertono, cercando di concentrarsi sulla parte davanti della casa, lasciandomi la possibilità di dedicarmi al piccolo giardino sul retro».
La stretta di mano è decisa. «Non vi preoccupate – ci rassicura – ho il sapone al ferro, che viene dalla Germania, per lavarmi subito. Sono un lottatore! Grazie per essere stati con me, come una boccata d’ossigeno sul mondo, che ora mi farà compagnia per un bel po’!» saluta Manuela, che proprio non ci vorrebbe far uscire insegnando involontariamente, in realtà, quant'è bella questa vita; che tutti noi, finché crediamo di essere “normalmente sani”, abbiamo, ma ne riscopriamo il miracolo di ogni giorno solo avendo l’onore d’incontrare proprio chi rischia di perderla - questa stessa vita - in ogni momento, solo per una “nuance” fuori posto, anche se è di un profumo costosissimo, d'ultimo grido.
di Cecilia Cecchi
17 marzo 2013
FONTE: iltirreno.gelocal.it
http://iltirreno.gelocal.it/piombino/cronaca/2013/03/17/news/manuela-costretta-a-vivere-segregata-1.6719880
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