La storia di Valentina Malagutti: "Vittima della burocrazia". La donna, affetta da sindrome di Sensibilità Chimica Multipla, una forma particolare di intolleranza, da un anno esclusa dalla Prefettura
FERRARA - I primi sintomi sono iniziati nel febbraio del 1999; poi, in un crescendo di problemi fisici, per Valentina è iniziata una vera odissea. Sia di natura medica, sia nei confronti della burocrazia. La donna, madre di due figli dislessici, è dipendente della Prefettura da 24 anni; ma dall’ottobre del 2009 è senza stipendio, né lavoro. Le uniche somme che percepisce, sono quelle dell’assegno di assistenza erogato dall’Inps.
Il problema di fondo si chiama MCS, la ‘sindrome di Sensibilità Chimica Multipla’: una patologia inserita tra le malattie rare, causata dall’impossibilità delle persone che ne soffrono a tollerare un dato ambiente chimico o una classe di sostanze chimiche. Per Valentina, si è manifestata tra il 1999 e il 2000, poco dopo il trasferimento della Prefettura a palazzo Giulio d’Este, appena ristrutturato: «Accusavo frequenti spasmi alla laringe, poi broncospasmi — ricorda — e dolori muscolari fortissimi. In quel periodo non frequentavo nessun altro luogo oltre alla mia casa, che è sempre la stessa da quando avevo nove anni, ed avendo due bimbi di cui uno piccolo, non andavo neppure al cinema».
E’ iniziato così un confronto serrato su due fronti: quello medico, per tentare una soluzione alla malattia che, riconosciuta negli Usa ed in qualche Stato europeo, in Italia viene spesso considerata come un disturbo psicosomatico. Ma soprattutto quello con la Prefettura, per cercare di far attrezzare il proprio ufficio in modo tale da poter lavorare: «In famiglia siamo in quattro, mio marito lavora ma abbiamo due figli di cui uno con l’invalidità civile riconosciuta — racconta la donna —, non è certo possibile provvedere a tutto con un solo stipendio. Abbiamo dovuto rinunciare anche a terapie specifiche per i disturbi di cui soffre mio figlio. Con pochi soldi, come si fa?».
Il suo stipendio, infatti, le è stato definitivamente azzerato il 28 ottobre 2009, dopo una serie infinita di ricorsi, certificazioni mediche, esami da parte delle commissioni sanitarie, test nei laboratori e persino prove di... permanenza negli uffici del palazzo del Governo: nel giugno 2007, ed anche lo scorso 3 maggio (quando peraltro l’erogazione dello stipendio era già stata bloccata dalla direzione provinciale del Ministero dell’Economia) Valentina ha provato a utilizzare gli spazi messi a sua disposizione in Prefettura; ma si sono nuovamente scatenate reazioni asmatiche e bronchiali, e riemersi forti dolori articolari.
Da alcuni anni, comunque, Valentina aveva proposto una soluzione — anche attraverso esponenti del sindacato, oltre che con i legali che hanno seguito la sua vicenda —, rappresentata innanzitutto dalla possibilità di utilizzare un ufficio appositamente attrezzato, anche con l’impiego di speciali vernici (già studiate ad esempio in America e Germania) oltre che con un computer collegato agli altri uffici in modo da non doversi spostare per i vari spazi della Prefettura. Ma ciò non ha avuto buon esito: «La ristrutturazione del luogo di lavoro — sottolinea la donna — è stata attuata senza accogliere la nostra indicazione di utilizzare ditte specializzate e materiali idonei».
A quel punto, si sono aggravati i problemi di natura fisica, e dopo un lungo distacco per malattia nel febbraio 2009 il Ministero dell’Interno ha respinto anche la richiesta di pensione di inabilità e di equo indennizzo. Ed addirittura, all’inizio di quest’anno, le è stato notificato l’avviso di un «accertamento di un debito per assegni ridotti, di cui appena possibile verrà comunicato l’ammontare».
Insomma, senza uno stipendio né un posto (oltre agli spazi della propria casa), e con la minaccia di dover restituire anche le indennità percepite tra il 2005 ed il 2009. Ma Valentina continua a inseguire il sogno del proprio lavoro: «Sono stata fra i primi giovani ferraresi a svolgere un corso regionale per programmatore di computer — ricorda —, e nel 1985 avevo ricevuto esito positivo in ben quattro concorsi, da quello di dattilografa alla Pretura di Comacchio alla Pubblica Istruzione, dall’Ufficio del Tesoro di Bologna alla Prefettura, dov’ero stata assunta come operatrice del Ced ed in seguito, per dodici anni, ho lavorato come impiegata all’ufficio delle invalidità civili».
A questo punto la speranza si chiama ‘telelavoro’: grazie alle nuove tecnologie, ma anche alla conoscenza delle funzioni amministrative sviluppata in oltre vent’anni di attività, Valentina potrebbe ancora essere produttiva e guadagnarsi lo stipendio. Ma anche dimostrare di essere vitale («La situazione che si è venuta a creare in questi anni mi ha portato ad una pesante depressione», confida); tuttavia, dopo un ultimo incontro svolto a metà maggio, sul suo caso è sceso un silenzio tombale: «L’amministrazione non mi ha più contattato, e se non ci fossero mio marito, i miei figli e gli amici che mi aiutano, mi sentirei una specie di reclusa», chiude Valentina.
di Stefano Lolli
9 dicembre 2010
FONTE: ilrestodelcarlino.it
http://www.ilrestodelcarlino.it/ferrara/cronaca/2010/12/09/426698-malattia_rara.shtml
"Classico" esempio di come una malattia invalidante ed estremamente limitante come l'MCS ti porta in poco tempo a perdere il lavoro e la vita sociale, e questo con la totale inerzia delle istituzioni che si dimostrano del tutto passive ed inefficenti. Una situazione triste che purtroppo si ripete sempre e che lascia i malati di questa patologia (e non solo), abbandonati a loro stessi.
Marco
FERRARA - I primi sintomi sono iniziati nel febbraio del 1999; poi, in un crescendo di problemi fisici, per Valentina è iniziata una vera odissea. Sia di natura medica, sia nei confronti della burocrazia. La donna, madre di due figli dislessici, è dipendente della Prefettura da 24 anni; ma dall’ottobre del 2009 è senza stipendio, né lavoro. Le uniche somme che percepisce, sono quelle dell’assegno di assistenza erogato dall’Inps.
Il problema di fondo si chiama MCS, la ‘sindrome di Sensibilità Chimica Multipla’: una patologia inserita tra le malattie rare, causata dall’impossibilità delle persone che ne soffrono a tollerare un dato ambiente chimico o una classe di sostanze chimiche. Per Valentina, si è manifestata tra il 1999 e il 2000, poco dopo il trasferimento della Prefettura a palazzo Giulio d’Este, appena ristrutturato: «Accusavo frequenti spasmi alla laringe, poi broncospasmi — ricorda — e dolori muscolari fortissimi. In quel periodo non frequentavo nessun altro luogo oltre alla mia casa, che è sempre la stessa da quando avevo nove anni, ed avendo due bimbi di cui uno piccolo, non andavo neppure al cinema».
E’ iniziato così un confronto serrato su due fronti: quello medico, per tentare una soluzione alla malattia che, riconosciuta negli Usa ed in qualche Stato europeo, in Italia viene spesso considerata come un disturbo psicosomatico. Ma soprattutto quello con la Prefettura, per cercare di far attrezzare il proprio ufficio in modo tale da poter lavorare: «In famiglia siamo in quattro, mio marito lavora ma abbiamo due figli di cui uno con l’invalidità civile riconosciuta — racconta la donna —, non è certo possibile provvedere a tutto con un solo stipendio. Abbiamo dovuto rinunciare anche a terapie specifiche per i disturbi di cui soffre mio figlio. Con pochi soldi, come si fa?».
Il suo stipendio, infatti, le è stato definitivamente azzerato il 28 ottobre 2009, dopo una serie infinita di ricorsi, certificazioni mediche, esami da parte delle commissioni sanitarie, test nei laboratori e persino prove di... permanenza negli uffici del palazzo del Governo: nel giugno 2007, ed anche lo scorso 3 maggio (quando peraltro l’erogazione dello stipendio era già stata bloccata dalla direzione provinciale del Ministero dell’Economia) Valentina ha provato a utilizzare gli spazi messi a sua disposizione in Prefettura; ma si sono nuovamente scatenate reazioni asmatiche e bronchiali, e riemersi forti dolori articolari.
Da alcuni anni, comunque, Valentina aveva proposto una soluzione — anche attraverso esponenti del sindacato, oltre che con i legali che hanno seguito la sua vicenda —, rappresentata innanzitutto dalla possibilità di utilizzare un ufficio appositamente attrezzato, anche con l’impiego di speciali vernici (già studiate ad esempio in America e Germania) oltre che con un computer collegato agli altri uffici in modo da non doversi spostare per i vari spazi della Prefettura. Ma ciò non ha avuto buon esito: «La ristrutturazione del luogo di lavoro — sottolinea la donna — è stata attuata senza accogliere la nostra indicazione di utilizzare ditte specializzate e materiali idonei».
A quel punto, si sono aggravati i problemi di natura fisica, e dopo un lungo distacco per malattia nel febbraio 2009 il Ministero dell’Interno ha respinto anche la richiesta di pensione di inabilità e di equo indennizzo. Ed addirittura, all’inizio di quest’anno, le è stato notificato l’avviso di un «accertamento di un debito per assegni ridotti, di cui appena possibile verrà comunicato l’ammontare».
Insomma, senza uno stipendio né un posto (oltre agli spazi della propria casa), e con la minaccia di dover restituire anche le indennità percepite tra il 2005 ed il 2009. Ma Valentina continua a inseguire il sogno del proprio lavoro: «Sono stata fra i primi giovani ferraresi a svolgere un corso regionale per programmatore di computer — ricorda —, e nel 1985 avevo ricevuto esito positivo in ben quattro concorsi, da quello di dattilografa alla Pretura di Comacchio alla Pubblica Istruzione, dall’Ufficio del Tesoro di Bologna alla Prefettura, dov’ero stata assunta come operatrice del Ced ed in seguito, per dodici anni, ho lavorato come impiegata all’ufficio delle invalidità civili».
A questo punto la speranza si chiama ‘telelavoro’: grazie alle nuove tecnologie, ma anche alla conoscenza delle funzioni amministrative sviluppata in oltre vent’anni di attività, Valentina potrebbe ancora essere produttiva e guadagnarsi lo stipendio. Ma anche dimostrare di essere vitale («La situazione che si è venuta a creare in questi anni mi ha portato ad una pesante depressione», confida); tuttavia, dopo un ultimo incontro svolto a metà maggio, sul suo caso è sceso un silenzio tombale: «L’amministrazione non mi ha più contattato, e se non ci fossero mio marito, i miei figli e gli amici che mi aiutano, mi sentirei una specie di reclusa», chiude Valentina.
di Stefano Lolli
9 dicembre 2010
FONTE: ilrestodelcarlino.it
http://www.ilrestodelcarlino.it/ferrara/cronaca/2010/12/09/426698-malattia_rara.shtml
"Classico" esempio di come una malattia invalidante ed estremamente limitante come l'MCS ti porta in poco tempo a perdere il lavoro e la vita sociale, e questo con la totale inerzia delle istituzioni che si dimostrano del tutto passive ed inefficenti. Una situazione triste che purtroppo si ripete sempre e che lascia i malati di questa patologia (e non solo), abbandonati a loro stessi.
Marco
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