sabato 15 giugno 2013

Sensibilità Chimica Multipla: "Non è rara la patologia, ma la capacità di diagnosi"

Parla la ricercatrice di uno dei pochi istituti italiani impegnati sulla MCS, Maria Grazia Bruccheri dell'Istituto Ricerca Medica e Ambientale: "C'è scarsa volontà di approfondimento da parte del mondo scientifico".

Tutt'altro che una reazione allergica. La Sensibilità Chimica Multipla è una malattia metabolica, affatto rara, come molti vorrebbero far credere. Il quadro, dunque, è più chiaro di quello che ai pazienti viene segnalato. Ne è certa la dottoressa Maria Grazia Bruccheri, studiosa di MCS all'Istituto Ricerca Medica e Ambientale di Acireale, in provincia di Catania. Uno dei pochi punti di riferimento italiani nell'approfondimento della patologia e per chi vuole capire di più del proprio stato clinico, effettuando alcuni test:

Che tipo di analisi siete in grado di fare per la MCS?
"Gli esami riguardano la farmacogenomica (1), dunque l'analisi sui citocromi, ovvero un gruppo complesso di enzimi che consentono all'organismo di metabolizzare, e quindi di eliminare, le sostanze chimiche tossiche provenienti dall'esterno (i cosiddetti xenobiotici), metalli pesanti, alimenti, ma anche farmaci".

In base alla sua casistica e alle sue ricerche, che cosa ha capito della sindrome?

"Abbiamo visto che tutti i nostri pazienti malati di MCS hanno una mutazione dei citocromi – spiega la Bruccheri -, che si traduce in una una grande lentezza di smaltimento di queste sostanze che, dunque, tendono ad accumularsi, con tutte le conseguenze del caso. Chiarissimo è che c'è un metabolismo rallentato, dunque non c'è una reazione avversa ai farmaci assunti, come potrebbe essere un'allergia".

Dunque, la patologia dovrebbe essere considerata in modo diverso dal mondo scientifico?

"Sì, certamente. Non c'è dubbio che sia una sindrome, perchè colpisce tutti gli organi, che sia 'immunotossica', perché c'è un difetto del sistema immunitario e multifattoriale, perché ha sia una componente genetica che ambientale. Ma sostanzialmente è una patologia cronica e così va inquadrata. Non è rara per niente, è rara la diagnosi".

Quindi la casistica c'è. E in Italia si potrebbe saperne di più se la si montorasse?
"Guardi, se si considerano anche solo i dati esteri, si può capire di cosa parliamo. Negli Usa da 40 anni studiano la patologia e si è visto che la MCS nella popolazione oscilla dal 6 al 12 per cento, con forme lievi. In Europa il tasso è fra il 3 il 6 per cento della popolazione generale. Sono cifre altissime che non giustificano la classificazione di patologia 'rara'. La verità è che è una malattia misconosciuta e sottostimata. In Italia purtroppo non c'è un centro di riferimento, fatta eccezione per Roma. Ma già solo il mio osservatorio potrebbe fornire un'idea: io ho 30 pazienti, e sulla Sicilia il picco massimo di malati è nelle zone a maggior tasso d'inquinamento".

La patologia può insorgere d'improvviso in chi è sempre stato bene?
"In realtà si è osservato che scavando nel passato clinico di chi ha scoperto di stare male verso i 40 anni, sin da bambino aveva disturbi in concomitanza di fattori negati quali inquinamento o sostanze tossiche varie. Il problema è sempre lo stesso: saper diagnosticare la patologia precocemente. I medici in grado di farlo, qui da noi, si contano sulle dita di una mano".

A suo avviso perché questa lacuna?

"In primis perché non è una patologia che si studia sui libri universitari. Essendo stata classificata come patologia rara, non viene contemplata nel corso di studi, a meno che uno studente non decida di fare una specializzazione. Le conoscenze sono molto parcellizzate: alcune materie, come la farmacogenomica, si apprendono, ad esempio, solo facendo farmacologia. Peraltro non è da sottovalutare il fatto che solo vent'anni fa veniva considerata una malattia psichiatrica e alcuni medici ancora oggi fanno fatica ad abbandonare questa idea. L'ignoranza è del medico di turno che non vuole riconoscerla: occorre sempre partire dal malato, se un soggetto dice che sta male devo sempre credere al paziente. Se poi da medico non arrivo a capire quello che ha, sono problemi miei".

Dunque, ci si dovrebbe affidare ai pazienti?
"Sì, certo. Sapendo anche fare, però, i debiti distinguo fra coloro che sono realmente malati e quelli che invece, suggestionati anche da quello che leggono, esasperano il loro stato. Di fatto noi medici e ricercatori dobbiamo, con grande impegno, studiare questa patologia, approfondirne ogni aspetto e capirla. I riferimenti letterari ci sono. Io sono un esempio di questo percorso"…

Ci spieghi meglio...
"Ho cominciato a studiarla per caso, quando mi è capitata sotto mano una paziente. Mi sono incaponita, con pazienza e dedizione mi sono messa ad indagare".

Non esiste un test unico che possa dare certezza sulla diagnosi?
"Purtroppo no, non c'è un'analisi unica, ma più test incrociati da effettuare. È un puzzle, da ricostruire".

Quindi il paziente deve rivolgersi a più specialisti?

"Sì, anche se si può partire da alcune analisi specifiche, relative ad alcune sostanze. Negli stadi più avanzati, in ogni caso, il paziente può evidenziare insufficienze endocrine, malattie tiroidee, pancreatiche, diabetiche, anche patologie cardiache, nonché epatiche. Il quadro è davvero molto complesso. Ma si può venirne a capo, studiando la MCS a fondo. Occorre cominciare, con serietà". 

di Paola Simonetti

4 agosto 2010

FONTE: nannimagazine.it
http://www.nannimagazine.it/notizie/scienze-e-tecnologie/medicina-e-salute/ricerca-in-medicina/04/08/2010/Sensibilita-chimica-multipla-Non-e-rara-la-patologia-ma-la-capacita-di-diagnosi/5223


Intervista un pò datata, ma molto precisa, esauriente e molto ben fatta, che riporto con piacere su questo blog.
Ringrazio di cuore la Dott.ssa Bruccheri e chi, come lei (e sono ben pochi purtroppo), con "pazienza e dedizione" si sono messi a studiare la Sensibilità Chimica Multipla, divenendo così un punto di riferimento per tanti malati di questa patologia in tutt'Italia. Se non fosse per loro, per questi medici che non si sono fermati alle prime apparenze e a giudizi preconcetti, la situazione di questi malati sarebbe ancor più grave di quanto già non è.... quindi il mio "grazie" a loro è particolarmente motivato e sentito.
Ciò che mi auguro è che anche altri giovani medici possano seguire il loro esempio, e questo sopratutto perchè, come giustamente sottolineato dalla Dott.ssa, poter arrivare a una diagnosi precoce di questa patologia è un fattore determinante.

Marco
 

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