martedì 21 giugno 2011

Stati vegetativi, il grido d’aiuto delle famiglie

di Francesca Golfarelli

«Dal 1981 centinaia di persone si sono commosse leggendo la vicenda di mia figlia. Decine di politici hanno promesso attenzione e suscitato aspettative che ad oggi sono state deluse. A tutti sempre ho chiesto: che ne sarà di lei dopo di me? E sono ancora qui ad aspettare che qualcuno dia una risposta». Così racconta Romano Magrini, che vive a Sarzana con la figlia Cristina, la giovane donna che vanta il triste primato del coma vigile più lungo che sia conosciuto. «Ho trascorso la vita sui binari dell’indifferenza delle istituzioni verso le famiglie che dedicano tutta la loro energia per offrire ai propri cari una qualità dell’esistenza degna del termine persona. Occorre che fioriscano iniziative concrete di sostegno per l’assistenza domiciliare integrata da una assistenza residenziale per le fasi critiche che minano ulteriormente l’esistenza di chi è nelle condizioni simili a Cristina. Non solo. Serve una risposta istituzionale con la creazione di 'case' dove le persone come mia figlia possano essere accudite quando i familiari decedono o non hanno più forze. Attenzione, però: devono essere accudite con un protocollo familiare personalizzato, lo stesso che gli offriamo tenendoli a casa e facendo così risparmiare lo Stato. Oggi ho la mia bimba e sono sereno. Ma domani cosa le succederà? Chi mi garantisce la sua cura?». Alla pressante richiesta di Magrini si aggiungono tante voci di familiari stremati dalla sofferenza di propri cari e dalla fatica sostenuta per accudirli tra le mura domestiche. «Ho impegnato tutte le mie risorse in questi 13 anni, oltre 450mila euro, per curare mia figlia Barbara e ora per continuare a garantirle una assistenza adeguata devo vendere la casa», afferma Giampaolo Ferrari, pensionato delle ferrovie, padre di una giovane donna che vive a Galliera, nel Bolognese, in stato di minima coscienza dal 1998, dopo un incidente automobilistico avuto a 25 anni mentre raggiungeva il fidanzato.
«Comunque non tornerei indietro – racconta il genitore – perché il profumo di Barbara mi restituisce ogni giorno nuove forze, nonostante che io passi le notti in bianco per controllare i suoi respiri e che non rischi di soffocare. Certo, è dura perché il comune mi chiede anche una tariffa per le due operatrici che mi aiutano a lavarla e dovrò rinunciare pure a loro. Questa situazione mi fa applaudire la normativa in discussione sul fine vita perché tutela chi non può esprimersi. Però a noi vecchi genitori non servono leggi per amare i nostri figli ma solo un concreto aiuto da parte di istituzioni e anche imprese».

Al Sud del nostro Paese il grafico delle attese non varia, come sottolinea Pietro Crisafulli, fratello di Salvatore, un uomo di soli 45 anni che combatte con gli esiti del coma che ancora oggi lo tengono imprigionato in un letto. «Solo qui a Catania – racconta Pietro – seguiamo con la nostra associazione, nata intorno a Salvatore, ben 46 casi. In Italia assistiamo 1.312 persone. Cerchiamo di condividere con altri familiari meno battaglieri le amare conquiste ottenute per mio fratello. Come le ore di fisioterapia e l’idroterapia. Ma se non si concretizzerà in azioni di vero sostegno alle famiglie certamente la cultura della vita rimarrà patrimonio valoriale di pochi sostenuti solo dalla fede».

La fede è l’unica fune a cui si aggrappano in Toscana i genitori di Chiara Ciacci, una ragazza di 34 anni che da 12 anni è in coma vigile dopo un terribile incidente. «Nonostante gli sforzi siamo sempre più soli, schiacciati non solo dalle spese economiche ma anche dalle responsabilità etiche», si lascia sfuggire Rolando Ciacci, il papà di Chiara. Dunque le famiglie battono il pugno sul tavolo per avere – sottolinea Faustino Quaresmini, papà di Moira, la ragazza di Novi Milanese in stato di minima coscienza dal 2000 – «opportunità concrete alle famiglie, aumentando le ore di assistenza domiciliare, agevolando la costruzione di centri di assistenza residenziale per il sollievo, studiando meccanismi fiscali che possano permettere a fondazioni di dedicarsi esclusivamente al 'Dopo di noi'. Io e mia moglie dormiamo a turni sempre attenti che Moira non abbia attacchi o rischi di non respirare». Le notti sono sottratte anche a Monica Nuzzi, moglie di Ermanno, cinquantunenne bolognese colpito da emorragia cerebrale a 47 anni e rientrato a casa dopo un percorso che si è concluso alla Casa dei Risvegli di Bologna. «Ermanno – dice la signora – richiede un impegno enorme che da sola sostengo grazie ad una energia che non so nemmeno io da dove venga. Lavoro perché la pensione non è alle porte, torno a casa e penso a lui giorno e notte. C’era una proposta di legge per anticipare il prepensionamento ai familiari che curano persone in situazioni estreme come quella di mio marito. Questa è una proposta valida, di aiuto concreto, ma bisogna avere accudito il proprio congiunto per almeno 18 anni, altrimenti non c’è il diritto al prepensionamento. Senza proposte che incidano sui bisogni familiari qualsiasi dichiarazione di principio è inutile». Dunque il verdetto è unanime: benvenuta ogni legge che tutela l’esistenza umana ma servono opere concrete che alimentino la cultura della vita «anche con il contributo di privati che vogliano investire sulla dignità della persona».


LA SFIDA PER I MEDICI: IMPARARE AD ASSISTERLI

«Il rafforzamento dell'assistenza domiciliare deve essere lo strumento attraverso il quale le famiglie possono essere messe nelle condizioni di attuare i sostegni vitali alle persone in condizione di minima coscienza». Vincenzo Saraceni è il presidente dell'Associazione medici cattolici. E anche la sua voce si leva per sostenere i nuclei familiari che vivono accanto a un congiunto in stato di minima coscienza. «L'affermazione della cultura a favore della vita - spiega - passa attraverso un impegno concreto che devono assumere Governo e Regioni nei confronti di quelle famiglie, e sono tante, che scelgono ogni giorno di assistere nel proprio domicilio familiare, le persone in stato di grave compromissione della salute. Accanto agli aiuti assistenziali ed economici alle famiglie bisognerà potenziare una rete di assistenza per tutte le condizioni di malattia: penso agli hospice, alle cure palliative, alle Rsa». La Associazione è in prima linea anche su questo fronte. «La diffusione della cultura della vita è il fulcro dei nostri 60 anni di storia. Lo facciamo con una testimonianza personale nel nostro lavoro e lo facciamo anche attraverso lo sforzo di affermare nel mondo della salute e della sofferenza un modello di medico che sia vocazionale».
Significativa anche la presa di posizione dell'Associazione italiana medici di famiglia.
«L'aiuto al paziente e alla sua famiglia - afferma il presidente Tristano Orlando - può venire solo dalle persone che professionalmente partecipano alla assistenza al paziente, rendendo dignitoso e sostenibile il momento più difficile per una persona umana». Orlando sottolinea il ruolo dei medici di base. «Il medico di famiglia non è particolarmente esperto di assistenza a questa particolare condizione. Ma la nostra Associazione è particolarmente impegnata nella formazione dei propri iscritti sia nella terapia del dolore che dei problemi derivanti dalla necessità di avviare una nutrizione artificiale». Poi aggiunge: «Nei programmi di aiuto al paziente e alla famiglia devono partecipare anche altre figure professionali come infermieri professionali, assistenti alla persona e all'ambiente familiare, non escludendo l'intervento dello psicologo e dell'assistente sociale. Ma è al medico di famiglia che rivendico la responsabilità del team multi professionale». (F. Gol)

12 maggio 2011

FONTE: Avvenire


Estremamente significativo questo articolo che parla del grande disagio che le famiglie in cui si trovano persone in stato vegetativo o con disabilità gravissime, devono affrontare... famiglie che scelgono di occuparsi dei propri cari dal loro domicilio affrontando sacrifici veramente al limite dell'umano. Che cosa chiedono queste famiglie, che danno veramente tutta la loro Vita, per Amore dei propri cari? Chiedono alle istituzioni di avere un maggiore aiuto assistenziale, perchè questi malati abbisognano di un attenzione costante 24 ore al giorno, di avere possibilmente un aiuto economico dal momento che si occupano loro stessi dei propri cari, "sollevando" così lo Stato da questo gravoso (e oneroso) impegno, e infine chiedono precise garanzie affinchè venga assicurato un futuro assistenziale ai propri cari, possibilmente in case adeguatamente strutturate, quando loro non saranno più in grado di farlo per questioni di età o perchè non ci saranno più.
Non posso fare altro che unirmi al coro di queste STRAORDINARIE persone e augurarmi che lo Stato si decida veramente ad occuparsi di loro, ascoltando e soddisfacendo le SACROSANTE richieste di aiuto e assistenza che queste famiglie chiedonto. Questo è quello che deve fare un paese Civile, questo AL DI SOPRA DI TUTTO !

Marco

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