Dalila Timmonieri ha lo sguardo e l’entusiasmo di chi ha temuto di dover rinunciare alla vita. Oggi può muoversi, cucinare, andare in bici. Tutto sembra semplice e naturale, ma non è stato sempre così. Qualche anno fa, la sua esistenza tranquilla di studentessa universitaria di psicologia è stata sconvolta da una malattia che l’ha costretta in un letto e che è riuscita a sconfiggere solo con caparbietà e optando per una scelta drastica sul piano alimentare: diventare vegana. Un’esperienza che ora può raccontare con serenità e che l’ha condizionata anche nella costruzione del suo futuro professionale. Dalila, infatti, insieme al fidanzato, Tiberio Marilli, sta per aprire un ristorante vegan-bio-gluten free in pieno centro a Pescara. Se tutto filerà liscio, inaugurerà l’attività all’inizio di marzo.
“Ne abbiamo iniziato a parlare nove anni fa ed ora stiamo per realizzare questo sogno” spiega con entusiasmo. “La crisi? Non siamo intimoriti, ci sono tanti motivi per lamentarsi, le tasse da pagare, le banche che non danno soldi. Ma ci vuole un po’ di coraggio perchè così non si va più avanti”.
Di coraggio Dalila, che oggi ha 29 anni, ne ha avuto già tanto. Sette anni fa, il suo corpo ha cominciato a cedere alla stanchezza impendendole di svolgere una vita normale. “Non riuscivo più a salire sull’autobus per andare all’università, non avevo forza nelle gambe, sembravano pesare tonnellate” racconta. “In quel periodo avevo iniziato a lavorare nell’ufficio di un commercialista dove mi recavo in bici. Non ce la facevo più neanche a pedalare perchè mi sentivo troppo stanca. Tremavo dalla stanchezza e, qualche volta, sono anche caduta dalla bici”. Lo stress, la pressione dello studio, tentativi di darsi una spiegazione a una vitalità che viene meno, ma ogni giornata diventa una lotta con il proprio corpo che si ribella alla mente.
I sintomi, gradualmente, peggiorano. Nel giro di pochi mesi, Dalila ha dolori sempre più forti alle ossa e alla muscolatura, è costretta a lasciare il lavoro perchè non ce la fa ad alzarsi dal letto, non ce la fa a studiare visto che inizia ad avere anche problemi a livello cognitivo. “Quando leggevo una frase, non ricordavo più la precedente. Alla fine sono rimasta nell’immobilità, non riuscivo più neanche a mangiare da sola, la mia famiglia era lontana. L’unico mio punto di riferimento è stato Tiberio” .
Inizia il viatico negli ospedali di Chieti e Pescara, ma non emerge una diagnosi. Dalila comincia a prendere peso, inspiegabilmente, pur mangiando assai poco. L’ago della bilancia segna 15 chilogrammi in più, macigni su un corpo che non riesce a muoversi. “Un endocrinologo mi diede una dieta” prosegue. “Mi disse che era la bilancia a parlare, non credeva al fatto che io non mangiassi. Mi consigliò un regime alimentare impossibile da seguire per la quantità di cibo. In ospedale mi rivoltarono come un calzino, ma non emerse nulla di significativo; fino al terzo ricovero non mi diagnosticarono neanche la celiachia”.
Dalila non si arrende, a ventidue anni non può rinunciare a muoversi, non può piegarsi a una fatica invalidante che le impedisce di vivere con fiducia ed entusiasmo. Si pianta davanti al computer e, con internet, cerca, studia, prende contatti con persone che hanno i suoi stessi sintomi e arriva ad una convizione. “Il mio problema si chiamava Sindrome da Fatica Cronica” spiega. “E’ una malattia di cui non si conosce l’origine e non ci sono terapie efficaci. Trovai uno specialista, l’unico in Italia, del centro antitumori di Aviano. Alla prima visita mi disse che era un caso eclatante di questa sindrome e mi propose una terapia sperimentale. Assunsi dei farmaci che mi fecero peggiorare. Avevo già una rigidità muscolare notevole che si aggravò. Tiberio doveva farmi delle iniezioni, ma non riusciva più ad infilare l’ago per il gonfiore e la rigidità. Mi sottoposi ad altre tre terapie, ma continuai a peggiorare e così lo specialista mi disse che non aveva mai visto un caso come il mio e che l’unica speranza era di andare in Belgio in un centro specializzato”.
Dalila non si arrende, a ventidue anni non può rinunciare a muoversi, non può piegarsi a una fatica invalidante che le impedisce di vivere con fiducia ed entusiasmo. Si pianta davanti al computer e, con internet, cerca, studia, prende contatti con persone che hanno i suoi stessi sintomi e arriva ad una convizione. “Il mio problema si chiamava Sindrome da Fatica Cronica” spiega. “E’ una malattia di cui non si conosce l’origine e non ci sono terapie efficaci. Trovai uno specialista, l’unico in Italia, del centro antitumori di Aviano. Alla prima visita mi disse che era un caso eclatante di questa sindrome e mi propose una terapia sperimentale. Assunsi dei farmaci che mi fecero peggiorare. Avevo già una rigidità muscolare notevole che si aggravò. Tiberio doveva farmi delle iniezioni, ma non riusciva più ad infilare l’ago per il gonfiore e la rigidità. Mi sottoposi ad altre tre terapie, ma continuai a peggiorare e così lo specialista mi disse che non aveva mai visto un caso come il mio e che l’unica speranza era di andare in Belgio in un centro specializzato”.
Facile lasciarsi andare alla sfiducia, alla depressione, ma Dalila non ci sta. Continua la sua ricerca su Internet, si informa, si concentra sull’alimentazione e arriva ad una nuova conclusione: la sua malattia può essere dovuta ad un’intossicazione da metalli pesanti.
“Il mio secondo tentativo mi portò a contattare un professore, Mauro Mario Mariani, che è l’unico in Italia che fa la terapia chelante con EDTA per disintossicarsi dai metalli pesanti. Contemporaneamente, decisi, insieme a Tiberio, di diventare vegana in seguito ai miei studi sull’alimentazione. Per due mesi mangiai solo frutta e verdura e iniziai a migliorare e a capire che non si mangia solo per piacere o per nutrirsi, ma anche per curarsi. Dopo quindici giorni ripresi a camminare. Il mese successivo fui ricevuta dal dottor Mariani e cominciai la terapia per disintossicarmi. Tutti possiamo essere intossicati dai metalli e non sapere leggere semplici sintomi, come una pressione alta. Sono stata fortunata a capirlo in tempo e a trovare qualcuno che mi abbia curata”.
Grazie alla sua intuizione, alla nuova terapia e al nuovo regime alimentare, Dalila, gradualmente, torna ad una vita normale e alle sue abitudini. Le gambe ricominciano a muoversi, i muscoli a riprendere elasticità e morbidezza, i dolori si attenuano. Non ci sono più diagnosi da cercare, incubi da combattere. Nel giro di un anno si riscrive all’università, si muove di nuovo in bicicletta, opta, per continuare a curarsi, la medicina integrata, e prosegue la sua alimentazione vegana prediligendo il biologico. Oggi può guardare con fiducia al suo futuro e coltivare la sua vera passione: la cucina.
“Anche prima amavo cucinare, ma da quando sono diventata vegana ho imparato a conoscere ed utilizzare tanti cereali” spiega. “Adopero moltissimi legumi e 35 – 40 varietà di riso, le farine le macino da sola e propongo le mie ricette in un blog”.
Oggi Dalila sta realizzando un sogno coltivato e condiviso a lungo con Tiberio, una scommessa a cui nessuno credeva: aprire un ristorante vegan. “L’idea l’abbiamo tenuta chiusa in un cassetto per nove anni” dice Tiberio. “Quando siamo diventati vegani, ne abbiamo riparlato. Ho partecipato ad un concorso in Confindustria e sono rientrato tra i venti progetti selezionati per un corso gratuito professionale per realizzare l’idea di impresa partendo dal business plan. Ho imparato tante cose che le esperienze lavorative precedenti non mi avevano fatto acquisire. Siamo anche rientrati come progetto in un bando regionale. Siamo coraggiosi? Forse sì, ma preferiamo creare una nostra attività piuttosto che trovare un altro lavoro da dipendenti dove non arriva lo stipendio anche per sei mesi consecutivi”.
Il locale di Dalila e Tiberio si chiamerà “Moashi”, un nome inventato nel segno della creatività che lo connoterà. Il bar-ristorante, situato in via Regina Margherita, sarà aperto a colazione e per l’aperitivo, a pranzo e a cena con piatti vegan-bio-gluten free.
“Cucinero iò” spiega Dalila con entusiasmo. “Cambierò il menù tutti i giorni per il pranzo; per la cena penso che la variazione sarà settimanale e poi farò un sacco di pasticceria perchè mi piace tantissimo. Credo che il nostro corpo sia un meraviglioso “mezzo di trasporto” per la nostra anima in questa vita e come tale vada tutelato e ringraziato; siamo ciò che mangiamo, quindi le ricette che preparerò saranno sempre basate su ingredienti naturali e integrali, senza glutine, le cose buone che mi hanno fatta stare bene e che mi fanno stare bene e che spero rendano felici le persone con cui le condividerò, almeno quanto rendono felice me”.
di Simona Giordano
19 febbraio 2014
FONTE: abruzzoservito.it
http://www.abruzzoservito.it/dalila-e-tiberio-il-mondo-vegan-ci-ha-ridato-la-vita-e-ora-ve-lo-facciamo-assaggiare/
Gran bella storia, non solo per i miglioramenti avuti da Dalila nel suo percorso di salute, ma anche per la sua intraprendenza nel volersi tuffare in questo progetto, davvero bello e originale, di aprire un ristorante rigorosamente "vegan" assieme al marito Tiberio.
Tanti Auguri per tutto cara Dalila.... e che i tuoi progetti diventino al più presto delle splendide realtà !!!
Marco
di Simona Giordano
19 febbraio 2014
FONTE: abruzzoservito.it
http://www.abruzzoservito.it/dalila-e-tiberio-il-mondo-vegan-ci-ha-ridato-la-vita-e-ora-ve-lo-facciamo-assaggiare/
Gran bella storia, non solo per i miglioramenti avuti da Dalila nel suo percorso di salute, ma anche per la sua intraprendenza nel volersi tuffare in questo progetto, davvero bello e originale, di aprire un ristorante rigorosamente "vegan" assieme al marito Tiberio.
Tanti Auguri per tutto cara Dalila.... e che i tuoi progetti diventino al più presto delle splendide realtà !!!
Marco
Ciao Marco sono venuta sul tuo blog per segnalarti questa notizia, che forse saprai già, e credo interessante: http://www.tuttogreen.it/arriva-wheelmap-la-mappa-interattiva-sociale-dei-luoghi-accessibili-ai-disabili/
RispondiEliminaE sono incappata in questo articolo il cui titolo mi ha subito incuriosita, perchè anche io, per diversi motivi, spesso cucino vegano e ogni tanto pubblico su Veganblog. Ciaoooooo
Ciao Francesca, grazie per la segnalazione, molto interessante. No, non conoscevo questa mappa interattiva dei luoghi acessibili ai disabili..... e credo che sia un ottimo progetto, davvero molto utile. Certo, dovrà essere continuamente aggiornata in quanto i luoghi acessibili ai disabili cambiano (speriamo in meglio) in continuazione.
RispondiEliminaPersonalmente non sono vegano, però da quando ho saputo di essere intossicato ho aumentato, e di molto, il consumo di frutta e verdura. E tutta rigorosamente biologica.
Un abbraccione Francesca :)