martedì 26 febbraio 2019

Parla Paolo Orio, il problema elettrosensibilità inavvertito


A marzo Vicovaro ospiterà il primo meeting nazionale contro la tecnologia 5G

Dr. Orio cosa si intende per elettrosmog? Termine di cui si sente solo recentemente parlare.

L’elettrosmog, o inquinamento elettromagnetico, rappresenta una alterazione artificiale, causata da radiazioni non ionizzanti, degli ambienti di vita quotidiani (indoor e outdoor), generato da diversificate sorgenti elettromagnetiche sia di alta che di bassa frequenza. Stiamo parlando di smartphone, cordeless, wi-fi, wi-max, stazioni radio base di telefonia mobile, elettrodotti, elettrodomestici, ecc.

Cosa sta succedendo nelle nostre città con l’avvento della telefonia mobile, la diffusione delle tecnologie wireless?

Accade che, soprattutto con l’avvento delle tecnologie wireless negli ultimi 20 anni, una grande quantità di energia bioattiva, artificiale, modulata, è stata riversata nell’ambiente. Se l’uomo primitivo nella sua fase evolutiva non ha subito particolari stress adattativi per convivere con campi magnetici naturali, tutto il contrario accade ora in quanto segnali elettromagnetici pulsati artificialmente, difficilmente possono essere riconosciuti come connaturali per i nostri sistemi biologici. Non dimentichiamoci che l’uomo è un “essere elettromagnetico” in quanto tutte le sue funzioni endogene, cellulari, molecolari e funzionali, sono governate da campi elettromagnetici a determinate frequenze. Le interazioni con l’ambiente circostante “saturo” di elettrosmog non possono che alterare i fini equilibri omeostatici degli individui, compresi neonati, bambini e adulti. Purtroppo l’avvento della tecnologia 5G a servizio di Internet delle cose porterà ad un ulteriore impennata del campo elettromagnetico di fondo.

Molti dicono che non ci sono studi, ma tanti altri invece sostengono, come la vostra associazione, che gli attuali telefoni cellulari e i wi-fi non siano da considerare tecnologie sicure. Quali sono le principali ricerche che sostengono la vostra tesi?


Sin dagli anni ’60, ricercatori indipendenti soprattutto afferenti all’est Europa evidenziarono, tramite pubblicazioni scientifiche ben condotte, come le esposizioni a radiofrequenze e microonde potessero causare effetti biologico/sanitari sulla popolazione esposta. In particolare, oggetto di queste ricerche furono i militari addetti ai sistemi radar. Contemporaneamente anche il mondo occidentale avviò ricerche per verificare il possibile nesso causale tra esposizione e danno biologico. Il medico delle forze navali americane, Zoran Glaser, pubblicò al riguardo una vastissima bibliografia con oltre 2.300 articoli scientifici. Ad oggi sono oltre 10.000 gli articoli peer-review (revisioni indipendenti) pubblicati a livello mondiale, che dimostrano inequivocabilmente la capacità delle radiazioni non ionizzanti di causare anche veri e propri stati di malattia: tumori, leucemie, malattie neurogenerative, infertilità, disturbi cognitivo/comportamentali, elettrosensibilità. Differentemente gli studi che negano correlazioni biologiche sanitarie, provengono da ricerche finanziate dall’industria di telefonia mobile ed elettrica come dimostrato anche dal recente rapporto dell’Investigate Europe, un consorzio di nove giornalisti in 8 paesi UE che hanno indagato sullo stesso tema.

Per quanto riguarda le normative nazionali cosa ci può dire in proposito?

Chi ha definito i limiti espositivi a livello internazionale è una associazione di privati con sede in Germania il cui acronimo è ICNIRP (commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti). Nei suoi laboratori di ricerca, nei primi anni 90, prese a riferimento un unico effetto generato dalle radiazioni, quello TERMICO (rilevabile attraverso un aumento di temperatura). Elaborò un esperimento che consisteva nel bombardare in acuto (per breve periodo) con radiazioni, manichini di plastica riempiti di gel proteico nell’intento di assimilarli ad un soggetto vivo in carne ed ossa. Stabilirono in questo modo i limiti espositivi. Al di là del fatto che come esseri viventi siamo un pochino più complessi di un gel proteico, una radiazione elettromagnetica quando interagisce con la materia vivente è in grado di generare interazioni biologiche anche per valori di uno o due ordini di grandezza inferiori: si tratta di effetti NON TERMICI. A supporto esistono, come detto in precedenza, migliaia di articoli scientifici. Pertanto, come esempio, se gli attuali limiti di esposizione per le alte frequenze sono di 6 V/m (volt su metro), da non superare come media nelle 24 ore, in realtà, considerando gli effetti di natura non termica, dovrebbero ridursi cautelativamente a valori di 0,2 V/m se non di 0.03-0.05 V/m come consiglia il monumentale rapporto Bioinitiative redatto da 29 scienziati e caratterizzato da 18 capitoli racchiusi in 1500 pagine. Sembrerebbe che l’ICNIRP fosse più preoccupato a tutelare gli interessi dell’industria piuttosto che la salute pubblica emanando valori rassicuranti invece di misure il più cautelative possibili. In Italia, nel 2003, furono definiti i valori di attenzione per le alte e basse frequenze. In particolare si definirono i valori di attenzione per le alte frequenze pari a 6V/m che da una misurazione nella media di 6 minuti passarono poi nella media delle 24 ore con il decreto sviluppo del 2012. Pur essendo comunque valori più cautelativi rispetto a quelli stabiliti e raccomandati dall’ICNIRP (che raccomandano 61 V/m per radiofrequenze e microonde!!!), non tutelano comunque la popolazione generale per esposizioni di natura non termica. Quindi andrebbero ulteriormente ribassati come detto in precedenza.

Ci può spiegare che cosa è il 5G e come cambierà la nostra vita?

La tecnologia 5G sarà a servizio di Internet delle cose o degli oggetti (IOT). In una logica di massima connettività nelle nostre case ad esempio, attraverso internet saremmo connessi al televisore, alla lavastoviglie, alla lavatrice, al termostato per il riscaldamento, al robottino per la pulizia del pavimento, sino a microchip inseriti nel cartone del latte, nei pannolini dei bambini, ecc. Così sarà per le città “smart” sino alle macchine a guida autonoma. Per garantire tutto questo servirà una rete di connettività mai vista in precedenza, con migliaia e migliaia di micro antenne posizionate in ogni dove, dai lampioni lungo le strade, alle pensiline dei mezzi pubblici, che genererà, attraverso frequenze mai esplorate in precedenza, un ulteriore innalzamento dei livelli elettromagnetici. Vi sarà anche una diffusione di tale tecnologia attraverso numerosi satelliti lanciati nello spazio. Agcom stima un milione di collegamenti simultanei garantiti per ogni chilometro quadrato. Saranno miliardi invece, gli oggetti connessi nel mondo. Nessuna area vitale sarà più risparmiata (anche parchi naturalistici e foreste) con un intento di copertura del segnale pari al 98% del territorio nazionale entro il 2025. Sarà un bombardamento di microonde 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, per 365 giorni all’anno. Purtroppo sarà previsto per supportare tale tecnologia anche l’aumento, per legge, degli attuali limiti di esposizione: da 6 V/m a 61V/m, quindi 110 volte più alti! (guarda caso come raccomanda l’ICNIRP).

Cosa cambierà per la nostra salute?

Moltissimo. Se è dimostrato che per il 2G/3G/4G, il wi-fi, gli effetti sulla salute umana sono incontrovertibili, per il 5G sarà altrettanto. Ricordo quanto riporta in una recente intervista, un ricercatore stimato come il prof. M. Pall, professore di biochimica alla Washington State University, a proposito della implementazione del 5G: “tecnologia inadeguata, obsoleta e a favore dell’industria delle telecomunicazioni che comporterà numerosi e importanti danni come cecità, perdita dell’udito, cancro della pelle, infertilità maschile e problemi alla tiroide”. Chi è sensibile al tema si deve opporre con fermezza e decisione. Ricordo le moratorie prodotte da numerosi scienziati, medici e ricercatori che chiedono uno stop all’avanzamento del 5G sino a che non sia dimostrato attraverso studi indipendenti la totale innocuità biologica di questa tecnologia. Altrimenti saremo sottoposti, tutti, nessuno escluso al più grande esperimento di massa al mondo senza consenso informato.

Lei è presidente di una associazione che fa riferimento a una malattia sconosciuta, sicuramente una malattia dei nostri tempi. Ci può dire qualcosa riguardo ai sintomi, diffusione, ed eventuali riconoscimenti?

L’elettrosensibilità rappresenta una reazione avversa multiorgano caratterizzata da sintomi che variano molto per intensità, frequenza e durata che si verificano per esposizione a radiazioni elettromagnetiche emesse da diversificate sorgenti sia di alta che di bassa frequenza (dagli smartphone, al wi-fi alle antenne di telefonia mobile, ecc) per valori di campo elettromagnetico ben al di sotto di quelli previsti dalle normative nazionali ed internazionali. Una caratteristica comune è rappresentata dal fatto che la sintomatologia si presenta ogni qual volta si viene esposti ad una radiazione elettromagnetica per poi scemare con l’allontanamento da essa. Questo è un passaggio molto importante nel riconoscersi elettrosensibili. Si chiama nesso di causalità (caso/effetto). I sintomi sono espressione dell’interessamento di diversi organi ed apparati. Il sistema nervoso centrale/periferico, il sistema nervoso autonomo, l’apparato cardiovascolare e il tegumento (cute +annessi). Principali e più frequenti sono cefalea, emicrania, vertigini, nausea, acufeni, vuoti di memoria, difficoltà a concentrarsi, disturbi del sonno, tachiaritmie, rush cutanei sensazioni di bruciore e pizzicorio alla cute, disturbi alla visione, stanchezza cronica, facile esauribilità. Il 10% dei soggetti colpiti è gravemente disabile, presentando un totale capovolgimento dello stile e della qualità di vita sino al ritiro sociale. La patologia è a crescita esponenziale e va di pari passo con la diffusione delle tecnologie wireless. Stime OMS pongono al 3% la soglia superiore di incidenza. Il che equivale a milioni di persone nel mondo. Se consideriamo la sola Italia con questo valore di soglia la stima si attesta su 1.8 milioni di persone colpite. In realtà i dati forniti dall’OMS sono sottostimati. In Svizzera per esempio ne soffre il 5% della popolazione, in Germania l’8%, in Svezia sino al 10%. Sono dati impressionanti se pensiamo a quanti nel mondo possiedono almeno uno smartphone. Ed ancora più inquietante è pensare a quanti bambini siano inconsapevolmente esposti. I medici della nostra associazione vedono abbassarsi sempre più la soglia di età colpita. Per quanto concerne i riconoscimenti, la Svezia è il primo paese al mondo ad avere riconosciuto l’elettrosensibilità come disabilità (danno funzionale). In quel paese gli elettrosensibili possono adire a diritti di pari opportunità come il poter ricorrere alle schermatura delle proprie abitazioni o negli ambienti di lavoro sino a poter usufruire di stanze dedicate nei nosocomi a bassissimo impatto elettromagnetico. Il Parlamento Europeo nella storica risoluzione del 2009 richiama gli stati membri a riconoscere l’elettrosensibilità come disabilità come avvenuto in Svezia. Mentre l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa nella risoluzione del 2011 raccomanda la creazione di aree electric free per tutti i soggetti elettrosensibili. Sono passati indubbiamente non pochi anni, e decisioni da parte di organi competenti in materia non si sono viste. Confidiamo in tutti quei ricercatori, medici, scienziati che insistentemente richiedono da parte dell’OMS l’inserimento dell’EHS nei codici delle malattie internazionali (ICD) al fine di poter adire ad un giusto riconoscimento in termini diagnostico/prognostico/terapeutico. Ad oggi una larga fascia della popolazione anche in Italia è totalmente abbandonata dal sistema sanitario. Invisibile.

Qualcuno dice che siamo tutti elettrosensibili. È d’accordo?

Si, come dicevo in precedenza l’uomo è un essere elettromagnetico. Ognuno nella sua individualità possiede una soglia di sensibilità al campo elettromagnetico artificiale presente nell’ambiente. Siamo tutti elettrosensibili, solo che non tutti poi manifestano sintomi specifici e peculiari come quelli dell’elettrosensibilità durante esposizioni a sorgenti elettromagnetiche. Purtroppo è dimostrata una correlazione dose/risposta in rapporto alle esposizioni. Ciò sta a significare che mi posso sensibilizzare a livello biologico alle radiazioni prodotte dal mio wi-fi o dal mio smartphone, senza accorgermene. Ad un certo istante, magari dopo l’ennesima telefonata, inizio a sviluppare sintomi sino ad allora mai sperimentati. Si è rotto qualcosa, si è rotto quell’equilibrio mantenuto tale dai sistemi di difesa delle nostre cellule che esaurendosi nel tempo hanno permesso all’insulto esterno di vincere anche le più strenue resistenze. È fondamentale quindi adire a percorsi di prevenzione primaria attraverso norme di igiene elettrica come per esempio utilizzare uno smartphone con gli auricolari col filo, piuttosto che evitare di tenerlo nella tasca anteriore dei pantaloni, piuttosto che sostituire la connessione wi-fi con il cavo (anche a scuola). Al riguardo la nostra Associazione ha prodotto un dodecalogo per la protezione personale scaricabile dal sito http://www.elettrosensibili.it e ha improntato corsi di prevenzione e conoscenza nelle scuole di ogni ordine e grado.

Cosa vorrebbe comunicare a nome degli ammalati di EHS a un partito come il pdf, così attento all’esigenze della famiglia, dei bambini, delle future generazioni?

Abbiamo ormai pochissimi dubbi e moltissime certezze che le esposizioni alle radiazioni elettromagnetiche causino danni alla salute psicofisica, ed in particolar modo alle categorie più fragili ed esposte come donne in stato di gravidanza, neonati, bambini, adolescenti e giovani. Dobbiamo garantire alle generazioni future una crescita ed uno sviluppo armonico, in sintonia con il proprio corpo e nel rispetto di chi ci sta accanto. Siamo malati a cui sono stati privati i diritti più elementari, quello alla salute in primis. Chiediamo, da una lato di inibire l’implementazione di tecnologie (fino a prova contraria) i cui effetti sanitari e ambientali saranno devastanti per tutti, nessuno escluso, magari bloccando il decreto legge previsto per l’aumento dei limiti, dall’altro di interessarsi sempre più a categorie scartate come noi, anche attraverso l’attuazione di decreti volti alla tutela e alle pari opportunità per un doveroso reinserimento sociale (molti sono i soggetti che hanno perso il lavoro) in condizioni di vivibilità e decoro. Nessun partito (al di là di qualche singolo appartenente) fino ad ora si è chinato su questo problema andando a fondo e studiando il fenomeno. Non siamo persone contro la tecnologia, siamo persone che auspicano uno sviluppo tecnologico sostenibile.

Come reagire a questo aumento vertiginoso dell’elettrosmog?


Bisogna fare corpo tra associazioni, comitati che lottano contro l’elettrosmog, associazioni di consumatori, medici, avvocati, politici, istituzioni al fine di creare sinergie che abbiano un solo comun denominatore: l’applicazione del Principio di Precauzione nell’alveo della Prevenzione Primaria. Prevenire come si dice, è meglio che curare. La recentissima sentenza del TAR del Lazio che obbliga i Ministeri ad attuare un programma su scala nazionale di informazione sui rischi correlati all’uso della tecnologia, ne rappresenta un fulgido esempio. Non roviniamo tutto. Sarebbe un’ulteriore sconfitta. Dobbiamo vigilare.

Il 2 marzo ci sarà un incontro importante a Vicovaro che viene pubblicizzato nei vari gruppi come il gruppo fb STOP5G ITALIA e la pagina fb NO 5G popolo della famiglia. Immagino che lei parteciperà

Certamente. Il prossimo incontro di Vicovaro (Rm) che ci vedrà presenti con una relazione sull’elettrosensibilità, rappresenta a mio avviso la base di partenza per l’avvio di un percorso sinergico di dialogo e di interazione tra diversi soggetti che per diversificate sensibilità vogliono farsi carico, confrontarsi, dialogare, lavorare alacremente per il raggiungimento di quelli obiettivi che non rappresentano altro che la realizzazione del bene comune a tutela della salute di tutti.

di Elisabetta Saviotti

31 gennaio 2019

FONTE: Croce quotidiano online


Per approfondimenti:

Siti internet:

Associazione Italiana Elettrosensibili

SOS Sensibili



Pagine Facebook:

Associazione Italiana Elettrosensibili

Elettrosensibili

Stop5G ITALIA

Stop5G PRATO

NO 5G Popolo Della Famiglia

giovedì 21 febbraio 2019

MCS, quando l'intolleranza è totale


La sindrome A Civitanova fondata una associazione no-profit presieduta dal dottor Sarno. La Regione ha individuato il centro di riferimento per questa patologia all'ospedale di Jesi

Una sindrome poco conosciuta ma di cui si comincia a parlare molto anche nelle Marche. «E' la MCS, Sensibilità Chimica Multipla, una sindrome multi sistemica immuno-neuro-tossica di intolleranza ambientale totale alle sostanze chimiche che può colpire vari apparati ed organi del corpo umano. Le sostanze chimiche danneggiano il fegato e il sistema immunitario sopprimendo la mediazione cellulare che controlla il modo in cui il corpo si protegge dagli agenti estranei. I sintomi si verificano a livello respiratorio, gastrointestinale, endocrino, cardiocircolatorio, neurologico, in risposta all'esposizione a molti composti chimicamente indipendenti e presenti nell'ambiente in dosi anche di molto inferiori a quelle tollerate dalla popolazione in generale e possono aggravarsi fino allo choc anafilattico», dice il dottor Luigi Sarno, biologo.

Le mutazioni

Nelle Marche è nata un associazione di volontariato no-profit, per iniziativa sua e della moglie Enza, malata di MCS. «Da un piccolo nucleo di pochi malati è nato prima come gruppo WhatSapp, alla fine del 2017, per lo scambio di informazioni, consigli, aiuto reciproco. Poi dopo la costituzione in comitato, il 24 febbraio dello scorso anno, e la registrazione al Comune di Civitanova Marche, è gradualmente e notevolmente cresciuto, grazie al passaparola tra malati e alla pagina facebook “MCS Marche” che l'ha fatto conoscere anche a malati di altre regioni», racconta Sarno. La MCS è una delle malattie «più gravi conosciute al mondo poiché implica un'invalidità totale che porta all'isolamento fisico e impedisce qualsiasi forma di vita sociale; definita da tre stadi evolutivi successivi al primo che per antonomasia è la tollerabilità normale, porta il malato a non tollerare la chimica dell'ambiente esterno, quella dell'ambiente domestico e del lavoro. I malati di MCS – spiega Sarno – non possono condurre una vita normale, molti non sopportano neppure il contatto con gli abiti se di tessuti sintetici; non possono neppure entrare in un Pronto Soccorso ospedaliero o ricoverarsi per un intervento o accertamento, non possono fare le normali terapie farmacologiche». Ma quanti sono i malati nelle Marche? Non ci sono dati nazionali né regionali. «I medici di famiglia e ospedalieri non diagnosticano né comunicano i dati perché non conoscono la patologia, non ci sono strumenti di notifica e comunque non è loro richiesto. Uno degli scopi del nascente Centro di riferimento regionale è quello di istituire il Registro regionale dei soggetti affetti e censirli».

La situazione

Chi si occupa dei malati? «Al momento nessuno! - replica Sarno – Non vi sono in Italia strutture pubbliche di accoglienza ad essi adatte. I malati sono quindi abbandonati a loro stessi e si rivolgono ai pochi specialisti che conoscono la patologia, prescrivono accertamenti e terapie con integratori e omeopatici. Purtroppo essendo pochi questi medici sono sovraccarichi di lavoro e hanno difficoltà a seguire i malati che di sovente non tollerano le terapie prescritte. Inoltre sono tutti medici privati, per cui i costi delle visite, degli accertamenti diagnostici e delle terapie sono elevati e spesso insostenibili per molti malati, che proprio a causa delle loro condizioni, sono del tutto privi di reddito. Desideriamo ringraziare la Giunta ed il Consiglio Regionale, per la sensibilità e l'impegno nell'approvare il 18 dicembre 2017 la Legge Regionale n. 38 di riconoscimento della patologia, che ha fatto seguito ad una precedente delibera che riconosce un rimborso economico ai malati per le spese che sostengono. Il comitato ha collaborato con la Regione Marche – Servizio Sanità alla redazione delle norme attuative della stessa, emanate il 17 dicembre 2018 con la Delibera n. 1722. Come è noto questa ha individuato il centro di riferimento regionale nell'Ospedale di Jesi – Clinica Reumatologica. Nello specifico abbiamo richiesto tra l'altro il rilascio ai malati da parte del Centro di una tessera identificativa che possa allertare sin dal primo accesso i reparti ospedalieri per l'adozione dello specifico protocollo per MCS. Insieme ad altre sette associazioni, attive a livello nazionale, il Comitato ha costituito un raggruppamento chiamato “Coordinamento MCS” che si rapporta con Regioni e Parlamento per richiedere e supportare normative utili ai malati, sulla scorta di quelle emanate dalla Regione Marche, diventata a detta di molti un punto di riferimento nazionale».

Di Veronica Bucci

29 gennaio 2019

FONTE: Corriere Adriatico