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martedì 22 aprile 2014

L’Invenzione di una mamma che fa camminare i bimbi paralizzati

L’invenzione di una mamma che ha dato a suo figlio in sedia a rotelle la possibilità di camminare, è stata lanciata sul mercato mondiale. Una società dell’Irlanda del Nord ha trasformato l’idea di Debby Elnatan in una imbracatura che può cambiare radicalmente la vita di tantissimi bambini disabili. 



La signora Elnatan, musicoterapeuta, stava cercando di pensare a qualsiasi modo per aiutare il suo giovane figlio Rotem, che è affetto da paralisi cerebrale, a provare il piacere di camminare. Ha quindi progettato una cintura di sostegno che aiuta Rotem a stare in piedi e, collegandola a se stessa, permette a lei e a suo figlio di camminare insieme.

Dopo una ricerca globale di una azienda che producesse in serie “Upsee, la mamma israeliana ne ha scelta una con sede in Irlanda del Nord, la Leckey, che ha una lunga esperienza nella realizzazione di equipaggiamento per bambini con bisogni speciali.
Dopo il successo delle prove con le famiglie del Regno Unito, Stati Uniti e Canada, Upsee, della linea Firefly, è stato lanciato oggi a livello mondiale.

"E’ meraviglioso vedere questo prodotto a disposizione delle famiglie in tutto il mondo", ha detto la signora Elnatan, che era alla presentazione ufficiale presso lo stabilimento della Leckey a Lisburn. "Quando mio figlio aveva due anni, mi è stato detto dai medici che 'non sapeva cosa fossero le sue gambe e non aveva coscienza di averle'. Quella è stata una cosa incredibilmente difficile da sentirsi dire per una madre. Ho cominciato a camminare con lui giorno dopo giorno, ma era un compito molto faticoso per entrambi. Dal mio dolore e dalla mia disperazione è nata l’idea per Upsee e sono molto felice di vedere che è andata a buon fine".


Upsee permette ai bambini piccoli di stare in piedi con il supporto di un adulto. E’ composto da una imbracatura per il bambino, che si attacca alla cintura indossata da un adulto, e da sandali appositamente ingegnerizzati che permettono al genitore e al bambino di camminare contemporaneamente, lasciando loro le mani libere per il gioco e altre attività. Progettisti, ingegneri, esperti tessili e terapisti del team Firefly della Leckey hanno lavorato al progetto dal 2012.

Maura McCrystal, madre di Jack, un bimbo disabile di cinque anni, di Draperstown in Irlanda del Nord, è stata uno dei primi genitori del Regno Unito a provare il prodotto. "Domenica scorsa è stato un giorno molto significativo per noi come famiglia perché era la prima volta che nostro figlio Jack è stato in grado di giocare a calcio nel giardino sul retro con suo padre, i suoi fratelli e il nostro piccolo cane Milly", ha detto la mamma. "Vedere Jack giocare come qualsiasi altro bambino di cinque anni, mi ha fatto commuovere. Jack e i suoi fratelli erano contentissimi".

La responsabile della ricerca clinica e terapista di Firefly, Clare Canale, ha detto che il prodotto potrebbe aiutare le famiglie di tutto il mondo. "Nell’immediato Upsee migliora le esigenze particolari delle famiglie e della qualità della vita, mentre a lungo termine la ricerca suggerisce che ha il potenziale per aiutare lo sviluppo fisico ed emotivo del bambino", ha detto la ricercatrice. "E’ stato commovente vedere i progressi e la felicità che Upsee sta creando, guardare i bambini fare le cose semplici per la prima volta, come calciare una palla o giocare con un fratello, è veramente entusiasmante per tutti i soggetti coinvolti, ma soprattutto le famiglie".

di Fabiana Cipro

25 marzo 2014

FONTE: Leggilo.net


Questo post non intende certamente essere una pubblicità, quanto piuttosto essere un chiaro esempio di come l'Amore e l'inventiva di una madre possa portare a un invenzione che è al tempo stesso semplice e geniale.

Marco

lunedì 11 giugno 2012

I fantastici 400 metri di Matt. La lezione di un piccolo disabile

Il suo cognome non è noto, ma la sua impresa, immortalata in un filmato, sta facendo il giro del mondo. Affetto da paralisi spastica cerebrale, il bambino ha gravissime difficoltà motorie. ma partecipa alla gara di corsa. Arriva ultimo, ma è un trionfo di umanità

 

IO ESISTO. E sono come voi. Forse non vi batterò mai. Ma, in fondo, esiste un essere umano sicuro di poter affermare che su questa terra non esista nessuno in grado di superarlo in qualsiasi prova d'abilità, intelligenza o coraggio? Forse era questo il mantra che il piccolo Matt si ripeteva mentre arrancava e osservava i suoi compagni di scuola corrergli davanti e sparire già dopo la prima curva. Ma lui non se curava. Lui era in gara con la vita. E grazie a lui, la vita ha vinto.

Matt, cognome sconosciuto, frequenta le scuole elementari "Colonial Hills" di Worthington (Ohio). Ha un bellissimo viso, tratti sottili e gentili. E' completamente calvo, ma non ci fa caso nessuno. Perché Matt è affetto da una grave forma di paralisi spastica cerebrale. In pratica, Matt ha enormi difficoltà motorie, perché non riesce a controllare e comandare gli arti. Per questo, chi lo osserva per la prima volta non fissa i suoi occhi, non nota quella bella testolina lucida. L'attenzione è tutta per gli sforzi che fa nel semplice camminare, caracollando passo dopo passo come un soldatino di latta.

Matt è abituato a quegli sguardi, la curiosità e la pietà degli altri non gli interessano. Perché lui crede in se stesso e nelle sue gambe. Ci crede al punto da iscriversi alla gara dei quattrocento metri piani ai giochi della gioventù del suo istituto.
Eccolo, sulla linea di partenza, assieme a un pugno di avversari. Davanti a sé, Matt ha una pista nell'erba lunga 200 metri, da correre a perdifiato per due volte. Un insegnante nel ruolo di starter avverte i concorrenti: "Vi dirò semplicemente GO!".

"Go, vai! In fondo è facile, devo semplicemente scattare e lasciar andare le gambe". L'insegnante dà il via alla competizione, pochi metri e Matt già mangia la polvere sollevata dalle scarpette dei coetanei. Da quel momento, in pista restano solo lui e la sua sfida. Le ginocchia di cemento, cosce e polpacci, sottilissimi, piegati rigidamente a elle, è come se Matt stia correndo su piccoli trampoli, occhi sempre puntati a terra, un metro davanti ai piedi.

Gli altri sono già arrivati al traguardo quando Matt non ha ancora completato il primo giro. Dopo il primo scatto entusiasta, ha rallentato, sbuffa e barcolla, quasi si ferma mentre intorno è silenzio. Un silenzio che non dura molto. Dapprima è il signor Blayne, l'insegnante di ginnastica, ad avvicinarsi a Matt. Forse vuole solo sincerarsi delle sue condizioni, forse vuole incoraggiarlo. O forse gli dice che "va bene così, sei stato bravo". Matt fa un cenno col capo e riprende la sua corsa, taglia il traguardo e prosegue per il secondo giro.

Ed è a questo punto che la scena cambia radicalmente. Un bambino dopo l'altro, i ragazzini della Colonial Hills si avvicinano a Matt, sono sempre di più, dieci, venti, cinquanta. Scandiscono in coro il suo nome, battono ritmicamente le mani, quasi a dettare l'andatura al loro compagno. Ma nessuno, nessuno, si permette di precederlo. Sono tutti lì, dietro Matt, a spingere, osservando il numero di gara sulla schiena del loro piccolo Dorando Pietri o Forrest Gump, un cartoncino attaccato con una spilla.

Finché Matt taglia il traguardo e viene travolto dall'abbraccio di bambini bianchi, neri, maschietti, femminucce. Diversi e uguali, come in fondo tutti siamo su questa scheggia di pietra lanciata nello spazio. L'impresa di Matt e il clima di serenità in cui si svolge, rappresentano un messaggio potente. E una vittoria di tutti. Ma in fondo, visto che siamo negli Usa, ha ragione lo slogan di molti tifosi del football americano che allo stadio masticano arachidi e bevono birra: "Vincere, perdere...Ma a chi interessa?".

di Paolo Gallori

2 giugno 2012



FONTE: repubblica.it
http://www.repubblica.it/esteri/2012/06/02/news/usa_i_400_metri_di_matt-36386626/?ref=HREC2-11



Che bellezza questa storia! Una gara, una semplice corsa campestre di 400 m in cui partecipano tanti ragazzi, bianchi, neri, bambini e bambine.... ed uno di questi, Matt, è affetto da paralisi spastica cerebrale. Naturalmente arriva ultimo, ma il vero vincitore morale è lui, perchè per lui finire di correre quei 2 giri di campo equivale a compiere una vera impresa.
Consiglio a tutti di vedere il video, che fa veramente venire la pelle d'oca con tutti quei ragazzi che scandiscono ritmicamente le parole "Let's go Matt, let's go", quasi a volere spingere Matt fino al traguardo col loro incitamento. E il traguardo Matt lo taglia, conquistando così la propria vittoria personale che è poi una vittoria per tutti.

Marco