La sindrome A Civitanova fondata una associazione no-profit presieduta dal dottor Sarno. La Regione ha individuato il centro di riferimento per questa patologia all'ospedale di Jesi
Una sindrome poco conosciuta ma di cui si comincia a parlare molto anche nelle Marche. «E' la MCS, Sensibilità Chimica Multipla, una sindrome multi sistemica immuno-neuro-tossica di intolleranza ambientale totale alle sostanze chimiche che può colpire vari apparati ed organi del corpo umano. Le sostanze chimiche danneggiano il fegato e il sistema immunitario sopprimendo la mediazione cellulare che controlla il modo in cui il corpo si protegge dagli agenti estranei. I sintomi si verificano a livello respiratorio, gastrointestinale, endocrino, cardiocircolatorio, neurologico, in risposta all'esposizione a molti composti chimicamente indipendenti e presenti nell'ambiente in dosi anche di molto inferiori a quelle tollerate dalla popolazione in generale e possono aggravarsi fino allo choc anafilattico», dice il dottor Luigi Sarno, biologo.
Le mutazioni
Nelle Marche è nata un associazione di volontariato no-profit, per iniziativa sua e della moglie Enza, malata di MCS. «Da un piccolo nucleo di pochi malati è nato prima come gruppo WhatSapp, alla fine del 2017, per lo scambio di informazioni, consigli, aiuto reciproco. Poi dopo la costituzione in comitato, il 24 febbraio dello scorso anno, e la registrazione al Comune di Civitanova Marche, è gradualmente e notevolmente cresciuto, grazie al passaparola tra malati e alla pagina facebook “MCS Marche” che l'ha fatto conoscere anche a malati di altre regioni», racconta Sarno. La MCS è una delle malattie «più gravi conosciute al mondo poiché implica un'invalidità totale che porta all'isolamento fisico e impedisce qualsiasi forma di vita sociale; definita da tre stadi evolutivi successivi al primo che per antonomasia è la tollerabilità normale, porta il malato a non tollerare la chimica dell'ambiente esterno, quella dell'ambiente domestico e del lavoro. I malati di MCS – spiega Sarno – non possono condurre una vita normale, molti non sopportano neppure il contatto con gli abiti se di tessuti sintetici; non possono neppure entrare in un Pronto Soccorso ospedaliero o ricoverarsi per un intervento o accertamento, non possono fare le normali terapie farmacologiche». Ma quanti sono i malati nelle Marche? Non ci sono dati nazionali né regionali. «I medici di famiglia e ospedalieri non diagnosticano né comunicano i dati perché non conoscono la patologia, non ci sono strumenti di notifica e comunque non è loro richiesto. Uno degli scopi del nascente Centro di riferimento regionale è quello di istituire il Registro regionale dei soggetti affetti e censirli».
La situazione
Chi si occupa dei malati? «Al momento nessuno! - replica Sarno – Non vi sono in Italia strutture pubbliche di accoglienza ad essi adatte. I malati sono quindi abbandonati a loro stessi e si rivolgono ai pochi specialisti che conoscono la patologia, prescrivono accertamenti e terapie con integratori e omeopatici. Purtroppo essendo pochi questi medici sono sovraccarichi di lavoro e hanno difficoltà a seguire i malati che di sovente non tollerano le terapie prescritte. Inoltre sono tutti medici privati, per cui i costi delle visite, degli accertamenti diagnostici e delle terapie sono elevati e spesso insostenibili per molti malati, che proprio a causa delle loro condizioni, sono del tutto privi di reddito. Desideriamo ringraziare la Giunta ed il Consiglio Regionale, per la sensibilità e l'impegno nell'approvare il 18 dicembre 2017 la Legge Regionale n. 38 di riconoscimento della patologia, che ha fatto seguito ad una precedente delibera che riconosce un rimborso economico ai malati per le spese che sostengono. Il comitato ha collaborato con la Regione Marche – Servizio Sanità alla redazione delle norme attuative della stessa, emanate il 17 dicembre 2018 con la Delibera n. 1722. Come è noto questa ha individuato il centro di riferimento regionale nell'Ospedale di Jesi – Clinica Reumatologica. Nello specifico abbiamo richiesto tra l'altro il rilascio ai malati da parte del Centro di una tessera identificativa che possa allertare sin dal primo accesso i reparti ospedalieri per l'adozione dello specifico protocollo per MCS. Insieme ad altre sette associazioni, attive a livello nazionale, il Comitato ha costituito un raggruppamento chiamato “Coordinamento MCS” che si rapporta con Regioni e Parlamento per richiedere e supportare normative utili ai malati, sulla scorta di quelle emanate dalla Regione Marche, diventata a detta di molti un punto di riferimento nazionale».
Di Veronica Bucci
29 gennaio 2019
FONTE: Corriere Adriatico