sabato 27 aprile 2019

Pierluigi e la solidarietà arrivata da Facebook


Grazie al sos sui social della mamma sono arrivati i fondi per acquistare un'auto modificata

Sono stati proprio l'amore e la testardaggine della signora Imma a consentire al figlio, Pierluigi Muggeri, di avere una macchina adatta alla sua disabilità. Senza perdersi d'animo, infatti, ha raccontato la sua storia su Facebook e avviato una raccolta fondi che le ha consentito di realizzare il sogno del suo ragazzo.
Pierluigi ha 15 anni ed è malato di distrofia muscolare di Duchenne, una malattia progressiva che da 11 anni lo costringe su una sedia a rotelle.
Con quell'auto è andato fino a Lecco per curarsi e gli ha consentito di spostarsi in città. Al volante, come sempre, c'è mamma Imma che da anni si batte per affermare i diritti di quanti vivono le stesse condizioni del figlio. E che ora attende di poter lasciare l'appartamento insalubre e fatiscente dove sono costretti a vivere.
Solo pochi giorni fa, il ragazzo ha avuto l'ennesima crisi respiratoria dovuta alla muffa e all'umidità della casa che sarebbe praticamente inabitabile per chiunque, a maggior ragione per chi ha problemi di salute di Pierluigi. Da mesi, la signora Imma e Pierluigi attendono di poter essere inseriti in lista per avere almeno una casa popolare in alternativa, ma le graduatorie devono essere rifatte daccapo e non c'è ancora il nuovo regolamento. «Continuo a non capire con quale criterio vengano assegnate le case se ci abitano persone che risultano separate ma che continuano a sfornare figli per approfittare dei bonus e che hanno un lavoro ben retribuito. Io, invece – sbotta la signora Imma – devo pagare 500 euro di affitto per una casa fatiscente, ho un figlio disabile e devo arrangiarmi con lavori pagati malamente».

11 aprile 2019

FONTE: La città di Salerno


Questa è proprio una bellissima notizia che ci dice, una volta di più, quanto generoso sia il popolo italiano. Adesso però, dopo la macchina, cerchiamo di far arrivare anche la casa.... ancora più importante per Pierluigi, nella precaria situazione di salute in cui si trova.

Marco

martedì 23 aprile 2019

"Per un bambino su due mutazioni del Dna per l'inquinamento"


UN BIMBO torinese su due ha subito mutazioni del Dna per colpa dell'inquinamento. A dirlo è lo studio “Mapec life” realizzato dall'Università di Torino con altri atenei italiani su un campione di 1200 bambini tra i 0 e gli 8 anni che vivono, oltre che nel capoluogo piemontese, a Brescia, Perugia, Pisa e Lecce. «Non vogliamo creare apprensione, ma abbiamo fatto un lavoro per capire gli effetti dello smog sui bambini
» chiarisce Giorgio Gilli, ordinario di Igiene e tra i responsabili del progetto finanziato dalla Commissione Europea.
La ricerca si è concentrata sugli effetti degli inquinanti sul corredo genetico di 120 bambini di tre elementari torinesi, la …...., la Ilaria Alpi e la Gobetti. A Torino il 53 per cento dei campioni prelevati dalla bocca degli studenti presentava almeno un micronucleo, cioè un indicatore di mutazione del Dna.
«Le analisi mostrano la capacità dei Pm 0,5 di indurre effetti tossici, mutageni e cancerogeni. L'effetto biologico precoce è legato alla stagione in cui vengono fatti i prelievi, in inverno più che in primavera» racconta Elisabetta Carraro, docente e responsabile dell'unità di ricerca torinese.
Oltre al prelievo di mucosa dalla bocca con uno spazzolino, lo studio ha anche misurato la concentrazione di inquinanti nei cortili delle scuole, mettendoli a confronto con quelli delle centraline dell'Arpa, ma se a Brescia le polveri respirate hanno una maggiore tossicità, a Torino si registra il picco di “mutagenicità”. «I dati vanno interpretati con cautela, considerando l'elevata variabilità del fenomeno, registrato in una stagione con un alto livello di inquinanti nell'aria». Le analisi continueranno per capire se le trasformazioni siano causate solo dagli inquinanti o anche da altri fattori: «Non abbiamo analizzato i danni alla salute perché le patologie possono insorgere solo dopo anni – aggiunge Gilli – Queste informazioni possono essere utili anche per ciascuno di noi per capire come cambiare stile di vita». Molta attività fisica e non essere sovrappeso possono evitare lo sviluppo delle malattie legate all'inquinamento, sostengono gli esperti: «Il nostro lavoro però - dice ancora il docente – può dire ai politici come intervenire sulle politiche ambientali».
Alla presentazione di ieri è intervenuta anche l'assessore all'ambiente della Città, Stefania Giannuzzi: «I risultati saranno valutati dall'amministrazione – assicura -. Uno dei nostri compiti è proteggere le fasce più deboli, tra cui i bambini dagli effetti dell'inquinamento». L'assessora è intervenuta anche sul problema smog delle scorse settimane: «Ora abbiamo preso misure emergenziali come il blocco degli Euro3, ma vogliamo mettere in piedi anche politiche di lungo periodo. In questo però devo dire serve un cambio di mentalità. Un cittadino mi ha scritto lamentandosi che col blocco non poteva portare il nipote a scuola in auto, senza considerare che espone il nipote a questi problemi di cui si parla oggi».

Di Jacopo Rocca

sabato 6 aprile 2019

Raccolta fondi per curare il tumore di Patrick negli Usa: "Aiutateci, non si può abbandonare un sogno di vita a 40 anni"


Bologna, lʼappello della fidanzata Luciana: "Il tempo stringe, non possiamo più aspettare"

Patrick Majda ha 40 anni e vive a Bologna. Nella vita fa l’operaio meccanico, è appassionato di sport e da due anni a questa parte ha trovato l’amore, Luciana Grieco. Purtroppo, però, nel 2018 la sua vita è cambiata, da quando cioè gli è stato diagnosticato un tumore maligno: adenocarcinoma mucinoso al colon con Kras mutato e metastasi al fegato. Dopo un intervento all'Ospedale Maggiore di Bologna e undici cicli di chemioterapia, il tumore è ancora lì. Per via di alcune complicazioni seguite all'operazione, Patrick assume farmaci anticoagulanti che gli impediscono l'accesso ad altre cure chemioterapiche. Al momento in Italia non ci sono altri protocolli standard o sperimentali che possano salvargli la vita. L'unica speranza per Patrick è il Penn Medicine's Abramson Cancer Center Clinical di Philadelphia, ma le cure costano tanto. Per questo la fidanzata ha lanciato una raccolta fondi (clicca qui). L'obiettivo è raggiungere la cifra necessaria: 500mila euro. "Aiutateci, stavamo provando ad avere un bimbo. Non si può abbandonare un sogno di vita a 40 anni", ha dichiarato Luciana a Tgcom24.

Quando è iniziato tutto? Come vi siete accorti del tumore?

La diagnosi è arrivata nel gennaio 2018. C’era stato un primo segnale nel novembre del 2017, quando Patrick aveva avuto dei forti dolori addominali e si era recato al pronto soccorso per capire di cosa si trattasse. L’hanno rimandato a casa senza fargli nessun tipo di accertamento, ma lui non si è arreso: si è rivolto al medico di base e, su consiglio di quest’ultimo, ha fatto una serie di esami. Solo a gennaio, tramite la colonscopia, abbiamo preso consapevolezza di quello che stava succedendo. Da quel momento, abbiamo consultato vari chirurghi e oncologi per capire se procedere prima con la chemio e poi con l’operazione o viceversa. Dopo aver sentito diversi pareri, si è deciso di procedere con l’intervento per rimuovere con urgenza quello che c’era. Il tumore era già esteso.

L’intervento c’è stato, poi Patrick ha trascorso quaranta giorni in ospedale.

Sì, perché l’intervento in sé e per sé è andato bene, ma poi ci sono state delle complicazioni. Ha avuto una trombosi venosa profonda. Questo ha portato a delle ischemie, è stato in coma cinque giorni. Ma, grazie alla sua forza di volontà, è riuscito a venirne fuori. Si è ripreso, ha dovuto fare riabilitazione. Aveva una ridotta capacità sia motoria che linguistica. E finalmente quando è uscito dall’ospedale ha recuperato un po’ le forze e a maggio ha iniziato la chemioterapia.

Ma poi il tumore si è ripresentato…

Già la prima tac di verifica dopo il primo ciclo di chemio ha mostrato che la terapia con Folfox non stava funzionando, i medici hanno cambiato terapia passando al Folfiri, ma purtroppo il tumore si è dimostrato resistente anche a questa chemio. Per le caratteristiche della sua malattia non c'è radioterapia né immunoterapia.

Per questo Patrick è costretto ad andare in Usa. Vi siete informati voi sul centro o ve l’hanno suggerito?

No, no, ci siamo dovuti informare noi. I medici ci hanno detto: "Rivolgetevi a qualche altro centro". Sì, ma a chi? Non hanno saputo rispondere. Fortunatamente, una mia ex collega di Università fa la ricercatrice negli Stati Uniti da diversi anni: è stata lei a mettermi in contatto con il Penn Medicine's Abramson Cancer Center Clinical (Pennsylvania), altrimenti non avrei saputo come comportarmi. Sono stata fortunata perché avevo degli agganci, altrimenti... Tra l’altro, sono ancora in attesa di avere un parere dagli oncologi che dovrebbero seguire Patrick. I protocolli possibili sono tre ed è necessario sceglierne uno. Non abbiamo nessuna consapevolezza di quello che c’è in questi farmaci. Siamo stati proprio abbandonati a noi stessi. Nessuno ci ha aiutato.

La più grande speranza dunque rimangono gli Stati Uniti, per questo ha lanciato la raccolta fondi.

Sì, perché il tempo stringe. Il medico ci ha detto di non aspettare.

Quindi dovreste partire il prima possibile?

Dalla Pennsylvania ci hanno già sollecitato, i dottori hanno visto le carte, mi hanno mandato i possibili protocolli. Il problema è che non c’è modo di partire se si raggiunge solo una parte della cifra. Vogliono tutto il denaro subito.

Patrick continua a lottare?

Lui ha voglia di lottare, ma è stanco, non ne può più, ultimamente sta peggio, è sempre a letto. Finora ha avuto una grinta pazzesca, ma ora è proprio stanco. Però i nostri progetti futuri sono sempre lì.

Come quello di avere un bimbo?


Sì, stavamo provando ad avere un bimbo. Non si può abbandonare un sogno di vita a 40 anni.

La raccolta fondi sta dando i suoi frutti. Patrick sente l’affetto della gente?

Sì. Fa piacere vedere che c’è gente che si attiva, persone che cercano di dare una mano in ogni modo. Devo dire che Patrick è molto riservato e quindi questa iniziativa un po' lo turba. Credo sia anche una questione psicologica: vedere che la speranza è appesa a un qualcosa che non puoi controllare (né la malattia né tanto meno la possibilità di cura) non è facile. Però capisce che è stato utile e spera di trovare il supporto necessario per le cure e per continuare a vivere.

di Giorgia Argiolas

14 febbraio 2019

FONTE: Tg Com 24


Di Patrick Majda e del suo raro tumore maligno, nonchè della raccolta fondi organizzata a suo favore, ha parlato anche la televisione. Ed anche io, nel mio piccolo, tramite le pagine di questo blog, condivido questo accorato appello a suo favore. Invito quindi tutti a donare il proprio "obolo"  a favore di questo ragazzo di 40 anni, che ha ancora tanta voglia di sognare e di vivere. La cifra da raggiungere è grande, ma se saremo in tanti, tutti insieme, nessun traguardo è impossibile!
Per comodità riporto qui sotto le coordinate per poter effettuare un bonifico bancario a favore di Patrick:


IBAN: IT05I0301503200000002905809
Beneficiario: Luciana Grieco
Causale: il vostro pensiero per Patrick


e consiglio vivamente di seguire l'evolversi della situazione di Patrick attraverso la pagina Facebook aperta per lui
"Salviamo Patrick".
Attraverso questa pagina è possibile rendersi conto di come la gente sta partecipando attivamente nell'aiutare questo ragazzo e la sua fidanzata a raggiungere il traguardo prefissato, anche e sopratutto attraverso l'organizzazione di eventi benefici a suo favore.
Ricordiamoci sempre che tante gocce, tutte insieme, formano l'oceano..... e ciascuno di noi può essere quella "goccia" di Solidarietà e Amore che potrà permettere a Patrick di andarsi a curare negli Stati Uniti e continuare a vivere!

Marco