Lo schianto in autostrada e poi il black out. Massimiliano (Max) Tresoldi aveva solo 20 anni in quel Ferragosto del 1991 in cui iniziò il suo "grande sonno", lo stato vegetativo da cui pareva non dovesse svegliarsi più. Dieci anni di sofferenze, dieci anni di una speranza che non voleva morire a differenza di quel figlio che tutti dicevano sarebbe morto prima o poi, entrato in quel "coma apallico", come definito dai medici, senza possibilità di recupero alcuna.
Così parla mamma Lucrezia: “L’hanno dato subito per spacciato, facendoci contare le ore – ha detto la madre – e in quello stato è rimasto, senza mai dar segni di ripresa, per otto mesi, passando da un ospedale all’altro. Alla fine ho capito che lì, isolato, sarebbe morto veramente. E me lo sono portato a casa sentendomi dire dal viceprimario, mentre gli staccavo il sondino naso-gastrico, che se fosse deceduto io sarei stata denunciata. Non me ne importò nulla. Andai avanti per la mia strada, appellandomi ai suoi amici, alla parrocchia, ai volontari del servizio civile del Comune”.
Ma Massimiliano non è morto e sono passati dieci anni, durante i quali, insieme alla madre, 50 giovani ventenni riuniti in una associazione, si sono alternati di giorno e di notte, 365 giorni all'anno, per muovere Max, fargli fare ginnastica passiva e nutrirlo con frullati: “Io non ho mollato – ha detto la madre – Molti, alla fine, mi commiseravano e mi prendevano per pazza. Il medico mi ha denunciato. Non è stato facile”.
Poi, il 28 dicembre del 2000, Lucrezia ha un attimo di crollo: alla morte del padre, la donna è sul punto di arrendersi e non ce la fa a seguire Max con la stessa determinazione di prima. E provocatoriamente una sera, al momento di fargli il segno della croce, gli dice: “Fattelo tu, se vuoi”. E lui lo fa!
Forse un miracolo di Natale, fatto sta che da quel giorno in poi Massimiliano si fa capire, prima con le mani e poi con l’alfabeto muto e fa una rivelazione sconvolgente: “Per tutto quel tempo, dal giorno dell’incidente, aveva sentito e capito tutto quello che accadeva attorno a lui, ma non riusciva a comandare il suo corpo”. Oggi Max sta imparando a parlare di nuovo con l’aiuto di un logopedista e sta cercando di riprendere in mano la sua vita.
La straordinaria storia di Max Tresoldi è divenuta anche un libro: "E adesso vado al Max", in cui mamma Lucrezia è divenuta scrittrice di una storia che si legge di un fiato e si riassume nella parola "Speranza", a raccontare l’avventura di una vita controcorrente.
Luglio 2014
FONTI: retenews.24.it, bisceglieindiretta.it
Storia davvero straordinaria questa di Max Tresoldi, una storia fatta di una volontà e di un Amore incredibili. L'Amore sopratutto di sua madre Lucrezia, ma anche dei suoi cari amici, che sempre hanno creduto nel recupero di Max, a dispetto di tutto e di tutti..... e non sono stati delusi! Stupendo!
Marco
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