«In Piemonte 100 mila pazienti ma non esistono protocolli condivisi»
Elisa Barberis
All'inizio sembravano solo un forte mal di gola e un leggero intorpidimento del corpo, come una sorta di stato pre-influenzale, ma costante. Invece la malattia che 15 anni fa ha colpito Filomena Fiordaliso, 55 anni, e che le ha mandato in tilt il sistema immunitario, non l'ha più abbandonata. Dopo decine di esami di ogni tipo e consulti con specialisti in ogni campo, un decennio fa è arrivata la diagnosi: fibromialgia, detta anche sindrome da affaticamento cronico, una malattia reumatica che colpisce in prevalenza le donne in età matura e si manifesta con rigidità muscolare, disturbi della memoria, deficit visivi, febbri ricorrenti e una condizione di affaticamento che spesso impedisce le azioni quotidiane più normali.
«Il cervello “sente” in maniera amplificata il dolore – racconta Filomena – impiegata comunale. Stare seduta a una scrivania, dormire e addidrittura indossare un vestito possono diventare un incubo a cui non c'è soluzione».
Nonostante l'Organizzazione Mondiale della Sanità abbia riconosciuto da tempo questa patologia, gran parte delle Regioni italiane sono ancora indietro. Solo in Trentino Alto Adige, Lazio e Veneto sono stati messi a punto protocolli come in Francia e Germania per dare assistenza – anche a livello lavorativo – a chi soffre. In tutta la Penisola si stima che siano tra i 2 e i 4 milioni, 100 mila - arrotondando per difetto – solo in Piemonte, dove una legislazione ancora non c'è. «Sono più di 100 i sintomi probabili, ma non avendo elementi clinici identificativi, una diagnosi certa è quasi impossibile, a volte ci vogliono anni», spiega Renato Carignola, specialista in Immunologia e Allergologia Clinica all'ospedale San Luigi di Orbassano, che da anni segue l'evoluzione della malattia. Esiste solo un esame empirico che valuta i 18 punti sparsi in tutto il corpo che allo strofinamento provocano picchi di dolore. Sul piano della terapia è ancora più difficile dare una risposta: «Non ce n'è una specifica, ma deve essere adattata a ogni specifica esigenza perchè la malattia muta da paziente a paziente».
Da anni Filomena fa avanti e indietro da Milano, Bologna e Verona in cerca di un sollievo, tra rimedi naturale e medicinali più aggressivi, dalla morfina ad antidepressivi e neurolettici-anticonvulsivanti per alzare la soglia del dolore. Come lei, anche Paola Grosso, 54 anni: «Senza esenzioni da ticket ogni mese curarsi comporta un esborso di centinaia di euro, tutti a carico nostro». Alle Molinette, l'ambulatorio del dipartimento di Reumatologia diretto da Enrico Fusaro ha in carico centinaia di pazienti l'anno, «ma – sottolinea Paola – finchè il Piemonte non riconoscerà la fibromialgia saremo costrette ad andare altrove per ricevere l'assistenza di cui abbiamo bisogno».
4 gennaio 2015
Fonte: Stampa di Torino
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