Un bimbo di 18 mesi vive in un hotel per sfollati. Ma senza elettricità.
Ha soli 18 mesi e combatte dalla nascita con un problema ai polmoni che gli impedisce di respirare correttamente. E’ la storia di Abdul Rasek che con la mamma Vera e due fratelli vive al terzo piano dell’hotel Vergilius, a Napoli, dove da anni il Comune ha sistemato gruppi di sfollati.
GLI SFOLLATI - Abdul e’ nato qui a Napoli con un parto prematuro. La sua unica casa, ad oggi, sono state le mura della stanza 310 dell’albergo in cui sono alloggiati alcuni immigrati e le famiglie sgomberate, venti anni fa, dai palazzi pericolanti di via Carbonara e via Settembrini. Vera e i suoi figli vivono in questa stanza da tre anni, da quando e’ stata allontanata dal quartiere di Pianura dove c’era stata una rivolta dei residenti che protestavano per la presenza ingombrante dei troppi immigrati. Una situazione di disagio che con la nascita di Abdul e la sua malattia per mamma Vera, arrivata in Italia e a Napoli anni fa dall’isola di Capo Verde, diventa ogni giorno piu’ difficile. E ora, un’ulteriore complicazione.
NIENTE ELETTRICITA’ - All’albergo, infatti, e’ stata staccata la fornitura di quella energia elettrica che impedisce a Vera di poter caricare regolarmente la macchina che serve a ‘risucchiare’ il muco che si forma nei polmoni e nella gola di Abdul impedendogli di respirare con regolarita’. In pratica la struttura, che ospita oltre 130 persone tra rifugiati politici e sfollati, secondo quanto sottolineato nel corso di una conferenza stampa dal consigliere regionale del Pdl, Luciano Schifone, vanterebbe un credito di 9 milioni di euro dal Comune. L’Enel a sua volta reclama un pagamento di 20 mila euro di bollette. Di qui il distacco del contatore. Sulla situazione degli sfollati sono aperte inchieste per accertare la legittimita’ del diritto a continuare a rimanere nelle strutture pagate dal Comune. E in questa situazione i drammi personali. "Abdul – spiega la madre – deve poter utilizzare l’apparecchio quotidianamente e soprattutto la notte, momento in cui maggiormente si accumulano i muchi".
I NEGOZIANTI – Per poter stare "tranquilla", Vera, da quando in stanza non c’e’ piu’ la corrente, chiede aiuto ai negozianti vicino alla struttura alberghiera. "Ogni giorno – ha proseguito – mi aiutano le persone del negozio di detersivi qui vicino dove mi fanno attaccare la macchina alla corrente cosi’ da ricaricarla perche'" – ha aggiunto – la notte e’ lunga e non posso rischiare di non poter utilizzare la macchina". Nella stanza, anche una bombola per l’ossigeno. E ora che le temperature stanno scendendo, la stanza, come spiegato da mamma Vera, diventa fredda e umida, condizioni che aggravano la salute di Abdul sottoponendolo a rischio di raffreddori e tosse che complicherebbero il suo quadro sanitario. "Per fortuna – ha concluso Vera – siamo seguiti dai medici del Santobono, ma e’ certo che questo ambiente non fa bene alla salute di Abdul". (ANSA)
4 gennaio 2012
FONTE: giornalettismo.com
http://www.giornalettismo.com/archives/185281/cosi-lotto-per-far-respirare-mio-figlio/
A prescindere dal fatto che il piccolo Abdul e sua mamma Vera abbiano i requisiti o meno per abitare in una struttura comunale, è doveroso che si intervenga immediatamente per poter garantire al piccolo Abdul di poter utilizzare la sua apparecchiatura "salvavita" e, possibilmente, donandogli anche un alloggio adeguato alla sua condizione di salute.
L'umanità e la generosità impongono di agire in questo modo, a prescindere da tutto il resto.... quell'umanità e quella generosità che hanno dimostrato i vicini di casa di Vera e Abdul, nonchè i medici del Santobono, cui va il mio sentito ringraziamento.
Marco
Ha soli 18 mesi e combatte dalla nascita con un problema ai polmoni che gli impedisce di respirare correttamente. E’ la storia di Abdul Rasek che con la mamma Vera e due fratelli vive al terzo piano dell’hotel Vergilius, a Napoli, dove da anni il Comune ha sistemato gruppi di sfollati.
GLI SFOLLATI - Abdul e’ nato qui a Napoli con un parto prematuro. La sua unica casa, ad oggi, sono state le mura della stanza 310 dell’albergo in cui sono alloggiati alcuni immigrati e le famiglie sgomberate, venti anni fa, dai palazzi pericolanti di via Carbonara e via Settembrini. Vera e i suoi figli vivono in questa stanza da tre anni, da quando e’ stata allontanata dal quartiere di Pianura dove c’era stata una rivolta dei residenti che protestavano per la presenza ingombrante dei troppi immigrati. Una situazione di disagio che con la nascita di Abdul e la sua malattia per mamma Vera, arrivata in Italia e a Napoli anni fa dall’isola di Capo Verde, diventa ogni giorno piu’ difficile. E ora, un’ulteriore complicazione.
NIENTE ELETTRICITA’ - All’albergo, infatti, e’ stata staccata la fornitura di quella energia elettrica che impedisce a Vera di poter caricare regolarmente la macchina che serve a ‘risucchiare’ il muco che si forma nei polmoni e nella gola di Abdul impedendogli di respirare con regolarita’. In pratica la struttura, che ospita oltre 130 persone tra rifugiati politici e sfollati, secondo quanto sottolineato nel corso di una conferenza stampa dal consigliere regionale del Pdl, Luciano Schifone, vanterebbe un credito di 9 milioni di euro dal Comune. L’Enel a sua volta reclama un pagamento di 20 mila euro di bollette. Di qui il distacco del contatore. Sulla situazione degli sfollati sono aperte inchieste per accertare la legittimita’ del diritto a continuare a rimanere nelle strutture pagate dal Comune. E in questa situazione i drammi personali. "Abdul – spiega la madre – deve poter utilizzare l’apparecchio quotidianamente e soprattutto la notte, momento in cui maggiormente si accumulano i muchi".
I NEGOZIANTI – Per poter stare "tranquilla", Vera, da quando in stanza non c’e’ piu’ la corrente, chiede aiuto ai negozianti vicino alla struttura alberghiera. "Ogni giorno – ha proseguito – mi aiutano le persone del negozio di detersivi qui vicino dove mi fanno attaccare la macchina alla corrente cosi’ da ricaricarla perche'" – ha aggiunto – la notte e’ lunga e non posso rischiare di non poter utilizzare la macchina". Nella stanza, anche una bombola per l’ossigeno. E ora che le temperature stanno scendendo, la stanza, come spiegato da mamma Vera, diventa fredda e umida, condizioni che aggravano la salute di Abdul sottoponendolo a rischio di raffreddori e tosse che complicherebbero il suo quadro sanitario. "Per fortuna – ha concluso Vera – siamo seguiti dai medici del Santobono, ma e’ certo che questo ambiente non fa bene alla salute di Abdul". (ANSA)
4 gennaio 2012
FONTE: giornalettismo.com
http://www.giornalettismo.com/archives/185281/cosi-lotto-per-far-respirare-mio-figlio/
A prescindere dal fatto che il piccolo Abdul e sua mamma Vera abbiano i requisiti o meno per abitare in una struttura comunale, è doveroso che si intervenga immediatamente per poter garantire al piccolo Abdul di poter utilizzare la sua apparecchiatura "salvavita" e, possibilmente, donandogli anche un alloggio adeguato alla sua condizione di salute.
L'umanità e la generosità impongono di agire in questo modo, a prescindere da tutto il resto.... quell'umanità e quella generosità che hanno dimostrato i vicini di casa di Vera e Abdul, nonchè i medici del Santobono, cui va il mio sentito ringraziamento.
Marco
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