LA STORIA. Un altro caso nel Vicentino: una trentatreenne convive con l'intolleranza alle sostanze chimiche. I sintomi da bambina, la diagnosi però solo pochi mesi fa.
Le prime avvisaglie dopo aver mangiato panna spray, poi una odissea tra medici e terapie. Ora vita "bio" e pillole dagli Usa AI MUSEI CIVICI
«Il medico lo ha detto a mia madre un mese dopo che mi aveva vista per la prima volta: sua figlia ha rischiato il danno neurologico permanente, l'abbiamo raccolta con il cucchiaino». A vederla ora così Elena Cimenti, 33 anni, volto sereno e in buona forma, non sembra la donna che era un anno fa, prima d'incontrare l'immunologo Giuseppe Genovesi del Policlinico Umberto I di Roma e prima ancora l'allergologo Stefano Crescioli di Vicenza. Il secondo le ha messo per la prima volta davanti la parola MCS, Sensibilità Chimica Multipla, intolleranza alle sostanze chimiche che condanna ad una vita d'isolamento e di cui ormai la donna era satura. Genovesi è arrivato poi ad una diagnosi precisa prescrivendo una terapia che ora le permette di «sopravvivere». Il resto lo ha fatto la forza di volontà, il sostegno del compagno Luca e soprattutto di mamma Daniela e del papà Claudio Sartori, volto noto per essere commissario della polizia locale di Vicenza. Nel piccolo pezzo di terra dietro alla casa di Polegge ha fatto un orto biologico, alleva le galline, ha fatto nascere i pulcini per avere polli sicuri e sostenere la figlia con un'alimentazione garantita. Poi l'aiuto dei colleghi ai Musei Civici dove Elena Cimenti lavora da un anno. Ma per 28 anni un calvario, quello che continua a vivere V. M., la vicentina che ora abita a Padova, la cui storia è stata raccontata dal Giornale di Vicenza e anche Cinzia Pegoraro di Caldogno, altro dramma.
La sua storia come è iniziata?
Fin da piccola ho sempre avuto problemi di allergie alimentari, ma la prima volta in cui i miei genitori hanno avuto davvero paura è stata quando aveva 4 anni.
Cosa è accaduto?
Avevo mangiato della panna, quella spray che piace tanto ai bambini. La mamma mi racconta che mi si sono gonfiati i polsi, le mani, poi dei rigonfiamenti dietro alle ginocchia, con le petecchie, versamenti di sangue. E male, tanto male. Da quell'episodio abbiamo cominciato a girare medici e ospedali. Ricordo un'infanzia dentro e fuori dal pronto soccorso. Ero magrissima, i miei compagni mi chiamavano Olivia, come la fidanzata di Braccio di Ferro. Una volta ho mangiato una pesca, mi si è chiusa la gola, uno shock anafilattico e via di corsa all'ospedale.
Che terapie le prescrivevano?
Nel 1989, avevo 11 anni, parlarono di asma e per tre anni una volta la settimana andavo a fare il vaccino. Quando il prof. Genovesi un anno fa mi fece alcune analisi specifiche mi hanno trovato ancora residui del trivalente. Ero satura, avvelenata. Devo dire che mia madre, quando ero piccola, aveva chiamato anche il centro Antiveleno di Milano e lì avevano individuato in una possibile causa d'intolleranza gli additivi chimici. Subito ho cominciato ad eliminare completamente lo scatolame.
La sua vita come proseguiva?
Ho frequentato il Liceo Artistico, poi una scuola di restauro per dipinti a Verona, a 19 anni il sogno della mia vita: assunta in un laboratorio di restauro a Vicenza, un ambiente fantastico, si lavorava per la Soprintendenza con i dipinti del Bellini, Crivelli, Montagna. Ma io stavo sempre male, una volta sono quasi svenuta.
Cosa le era accaduto?
Stavo ritoccando una tela e mi sembrava che mi cadesse addosso e invece ero io che mi muovevo. Un fastidio al cervelletto e poi un peso enorme dalle spalle alle gambe, non riuscivo più a parlare.
La causa?
L'ho capito un po' alla volta: venendo a contatto con acqua ragia, vernici, colori perdevo la cognizione del senso e dello spazio, non capivo più nulla anche se usavo mascherine e guanti. Sono andata avanti così sei anni tra alti e bassi, poi la febbre quotidiana, le mani blu, la circolazione andata. Ero ingrossata di 10 chili. Il problema è che le analisi del sangue classiche non evidenziavano niente. Siamo andati dappertutto, hanno parlato anche di sospetta embolia. Dal neurologo mi sono sentita derisa, mi ha prescritto antidepressivi, mai presi. Avevo 26 anni, mi sono licenziata, poi ho toccato il fondo.
Perchè?
Sono stata tre mesi a letto come in coma. Non scrivevo più, non leggevo più, non ero più niente. Avevo sempre freddo, la pelle squamata.
La svolta?
L'incontro con l'allergologo, la diagnosi di deficit da antiossidanti, in grado di proteggere il sistema nervoso e neurologico, fu la prima volta che sentii la parola MCS. Il medico mi tolse tutte le medicine e iniziai con gli integratori. Mi disse di evitare le sostanze chimiche e il lavoro. Andavo avanti a riso e insalata, calai di 15 chili. Alla visita successiva disse a mia mamma che mi aveva preso per i capelli, rischiavo danni neurologici permanenti.
Con il lavoro?
Feci il percorso per l'invalidità e fui la prima in Veneto, così mi dissero, a vedersi riconosciuta l'invalidità di lavoro per allergia alle polveri e sostanze volatili, ero iscritta in liste speciali. Mi chiamarono ad un colloquio in conceria per una mansione amministrativa ma non riuscii neppure ad entrare travolta dagli odori. Ad un altro colloquio in un studio dentistico quasi svenni per l'odore di disinfettanti, quando raggiunsi l'auto rimasi paralizzata per 50 minuti.
Chi la salvò?
Il mio compagno mi raggiunse avvertito da mia madre, che era in ansia per me. Mi portarono in ospedale, ma stavo malissimo, ancora il neurologo, ancora derisa.
Quando incontrò Genovesi?
Un anno fa, smanettai in internet finché non riuscii ad avere il nome di un esperto. Andai a Roma tre giorni, spesi mille euro di analisi: quelle del capello furono mandate in America, quelle sulle cellule a Bologna, una serie di fialette sul Dna. Mi diagnosticò la MCS, ad ottobre sarà registrata.
Che cura le prescrisse?
Una terapia chelante che cattura le parti tossiche e le fa espellere, un enzima per il fegato che ordino in America. Poi su consiglio di una biologa prendo l'azeolite, un minerale che si forma quando la lava incontra l'acqua e funge da calamita delle sostanze chimiche che si sono annidate nel mio corpo, poi bevo l'acqua della Groenlandia per purificare il corpo, faccio bagni di sale dell'Himalaya e della Bretagna. Un toccasana sarebbe la sauna, bisognerebbe averla in casa, ma quella non posso permettermela a Brendola, dove abito con il mio compagno.
Cosa mangia oggi?
Ho eliminato tutto il cibo da supermercato, mangio frutta e verdura biodinamica però sono intollerante a molti prodotti, per cui mi limito a insalata, cappuccio, zucchine, carne una volta la settimana, cereali.
Spende tra medicine e cibo?
Circa 400 euro al mese.
Per l'igiene?
I detersivi per la biancheria li faccio in casa con limone, sale, aceto, acqua, in farmacia prendo un prodotto naturale per lavarmi, niente dentifricio.
È tornata al lavoro?
Da un anno attraverso un concorso del Comune di Vicenza per le liste speciali sono stata assunta ai Musei Civici, sono addetta alla sorveglianza.
Come si destreggia?
È un ambiente coibentato per preservare le opere e allo stesso tempo protegge me. Devo anche dire che ho dei colleghi eccezionali pronti a sostituirmi quando arriva il visitatore troppo profumato, anche la direttrice Avagnina è molto disponibile nei miei confronti.
Come vede il suo futuro?
Sono tornata a sopravvivere e mi sono posta degli obiettivi, tra cui migliorare. Da due mesi ho preso anche un cane e ho iniziato davvero a credere nella pet therapy.
Cosa consiglia agli altri malati?
Uscire allo scoperto, non mollare. Io ho pianto tanto davanti alle umiliazioni e ancor oggi mi sfogo. Ma ora sopravvivo pur con la mia mascherina, ed è questo ciò che conta.
Roberta Bassan
31 luglio 2011
FONTE: ilgiornaledivicenza.it
http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Cronaca/275175__mcs_sopravvivo_ad_un_calvario_da_28_anni/
Un altra storia di MCS, un altra storia di dolore ma anche di speranza, speranza perchè Elena, nonostante le grandi prove che ha dovuto affrontare nella sua vita a causa di questa malattia, con volontà, determinazione e l'aiuto delle persone a lei più vicine (aspetto questo MOLTO importante) è riuscita a risalire la china fino anche a riprendere a lavorare.
Vorrei approfittare di questo articolo per ringraziare pubblicamente tutte le persone colpite da Sensibilità Chimica Multipla che decidono di uscire allo scoperto raccontando la propria dolorosa storia di malattia, facendo così un importante opera di divulgazione e aiutando indirettamente tutte quelle persone che sono affette da questa patologia e che ancora non sanno di esserlo, che sono quindi alla ricerca di un qualcosa che ancora non conoscono. In appena 2 settimane sono uscite 3 storie di MCS sul Giornale di Vicenza, quella di V. M., quella di Cinzia Pegoraro e ora questa di Elena Cimenti, 3 storie simili ma diverse, 3 persone che con coraggio hanno deciso di raccontare la propria vicenda contribuendo così a far conoscere maggiormente questa tremenda patologia. A tutte loro e a tutti coloro che hanno deciso o che decideranno di far conoscere la propria storia, posso solamente dire il mio più sentito... grazie.
Marco
Le prime avvisaglie dopo aver mangiato panna spray, poi una odissea tra medici e terapie. Ora vita "bio" e pillole dagli Usa AI MUSEI CIVICI
«Il medico lo ha detto a mia madre un mese dopo che mi aveva vista per la prima volta: sua figlia ha rischiato il danno neurologico permanente, l'abbiamo raccolta con il cucchiaino». A vederla ora così Elena Cimenti, 33 anni, volto sereno e in buona forma, non sembra la donna che era un anno fa, prima d'incontrare l'immunologo Giuseppe Genovesi del Policlinico Umberto I di Roma e prima ancora l'allergologo Stefano Crescioli di Vicenza. Il secondo le ha messo per la prima volta davanti la parola MCS, Sensibilità Chimica Multipla, intolleranza alle sostanze chimiche che condanna ad una vita d'isolamento e di cui ormai la donna era satura. Genovesi è arrivato poi ad una diagnosi precisa prescrivendo una terapia che ora le permette di «sopravvivere». Il resto lo ha fatto la forza di volontà, il sostegno del compagno Luca e soprattutto di mamma Daniela e del papà Claudio Sartori, volto noto per essere commissario della polizia locale di Vicenza. Nel piccolo pezzo di terra dietro alla casa di Polegge ha fatto un orto biologico, alleva le galline, ha fatto nascere i pulcini per avere polli sicuri e sostenere la figlia con un'alimentazione garantita. Poi l'aiuto dei colleghi ai Musei Civici dove Elena Cimenti lavora da un anno. Ma per 28 anni un calvario, quello che continua a vivere V. M., la vicentina che ora abita a Padova, la cui storia è stata raccontata dal Giornale di Vicenza e anche Cinzia Pegoraro di Caldogno, altro dramma.
La sua storia come è iniziata?
Fin da piccola ho sempre avuto problemi di allergie alimentari, ma la prima volta in cui i miei genitori hanno avuto davvero paura è stata quando aveva 4 anni.
Cosa è accaduto?
Avevo mangiato della panna, quella spray che piace tanto ai bambini. La mamma mi racconta che mi si sono gonfiati i polsi, le mani, poi dei rigonfiamenti dietro alle ginocchia, con le petecchie, versamenti di sangue. E male, tanto male. Da quell'episodio abbiamo cominciato a girare medici e ospedali. Ricordo un'infanzia dentro e fuori dal pronto soccorso. Ero magrissima, i miei compagni mi chiamavano Olivia, come la fidanzata di Braccio di Ferro. Una volta ho mangiato una pesca, mi si è chiusa la gola, uno shock anafilattico e via di corsa all'ospedale.
Che terapie le prescrivevano?
Nel 1989, avevo 11 anni, parlarono di asma e per tre anni una volta la settimana andavo a fare il vaccino. Quando il prof. Genovesi un anno fa mi fece alcune analisi specifiche mi hanno trovato ancora residui del trivalente. Ero satura, avvelenata. Devo dire che mia madre, quando ero piccola, aveva chiamato anche il centro Antiveleno di Milano e lì avevano individuato in una possibile causa d'intolleranza gli additivi chimici. Subito ho cominciato ad eliminare completamente lo scatolame.
La sua vita come proseguiva?
Ho frequentato il Liceo Artistico, poi una scuola di restauro per dipinti a Verona, a 19 anni il sogno della mia vita: assunta in un laboratorio di restauro a Vicenza, un ambiente fantastico, si lavorava per la Soprintendenza con i dipinti del Bellini, Crivelli, Montagna. Ma io stavo sempre male, una volta sono quasi svenuta.
Cosa le era accaduto?
Stavo ritoccando una tela e mi sembrava che mi cadesse addosso e invece ero io che mi muovevo. Un fastidio al cervelletto e poi un peso enorme dalle spalle alle gambe, non riuscivo più a parlare.
La causa?
L'ho capito un po' alla volta: venendo a contatto con acqua ragia, vernici, colori perdevo la cognizione del senso e dello spazio, non capivo più nulla anche se usavo mascherine e guanti. Sono andata avanti così sei anni tra alti e bassi, poi la febbre quotidiana, le mani blu, la circolazione andata. Ero ingrossata di 10 chili. Il problema è che le analisi del sangue classiche non evidenziavano niente. Siamo andati dappertutto, hanno parlato anche di sospetta embolia. Dal neurologo mi sono sentita derisa, mi ha prescritto antidepressivi, mai presi. Avevo 26 anni, mi sono licenziata, poi ho toccato il fondo.
Perchè?
Sono stata tre mesi a letto come in coma. Non scrivevo più, non leggevo più, non ero più niente. Avevo sempre freddo, la pelle squamata.
La svolta?
L'incontro con l'allergologo, la diagnosi di deficit da antiossidanti, in grado di proteggere il sistema nervoso e neurologico, fu la prima volta che sentii la parola MCS. Il medico mi tolse tutte le medicine e iniziai con gli integratori. Mi disse di evitare le sostanze chimiche e il lavoro. Andavo avanti a riso e insalata, calai di 15 chili. Alla visita successiva disse a mia mamma che mi aveva preso per i capelli, rischiavo danni neurologici permanenti.
Con il lavoro?
Feci il percorso per l'invalidità e fui la prima in Veneto, così mi dissero, a vedersi riconosciuta l'invalidità di lavoro per allergia alle polveri e sostanze volatili, ero iscritta in liste speciali. Mi chiamarono ad un colloquio in conceria per una mansione amministrativa ma non riuscii neppure ad entrare travolta dagli odori. Ad un altro colloquio in un studio dentistico quasi svenni per l'odore di disinfettanti, quando raggiunsi l'auto rimasi paralizzata per 50 minuti.
Chi la salvò?
Il mio compagno mi raggiunse avvertito da mia madre, che era in ansia per me. Mi portarono in ospedale, ma stavo malissimo, ancora il neurologo, ancora derisa.
Quando incontrò Genovesi?
Un anno fa, smanettai in internet finché non riuscii ad avere il nome di un esperto. Andai a Roma tre giorni, spesi mille euro di analisi: quelle del capello furono mandate in America, quelle sulle cellule a Bologna, una serie di fialette sul Dna. Mi diagnosticò la MCS, ad ottobre sarà registrata.
Che cura le prescrisse?
Una terapia chelante che cattura le parti tossiche e le fa espellere, un enzima per il fegato che ordino in America. Poi su consiglio di una biologa prendo l'azeolite, un minerale che si forma quando la lava incontra l'acqua e funge da calamita delle sostanze chimiche che si sono annidate nel mio corpo, poi bevo l'acqua della Groenlandia per purificare il corpo, faccio bagni di sale dell'Himalaya e della Bretagna. Un toccasana sarebbe la sauna, bisognerebbe averla in casa, ma quella non posso permettermela a Brendola, dove abito con il mio compagno.
Cosa mangia oggi?
Ho eliminato tutto il cibo da supermercato, mangio frutta e verdura biodinamica però sono intollerante a molti prodotti, per cui mi limito a insalata, cappuccio, zucchine, carne una volta la settimana, cereali.
Spende tra medicine e cibo?
Circa 400 euro al mese.
Per l'igiene?
I detersivi per la biancheria li faccio in casa con limone, sale, aceto, acqua, in farmacia prendo un prodotto naturale per lavarmi, niente dentifricio.
È tornata al lavoro?
Da un anno attraverso un concorso del Comune di Vicenza per le liste speciali sono stata assunta ai Musei Civici, sono addetta alla sorveglianza.
Come si destreggia?
È un ambiente coibentato per preservare le opere e allo stesso tempo protegge me. Devo anche dire che ho dei colleghi eccezionali pronti a sostituirmi quando arriva il visitatore troppo profumato, anche la direttrice Avagnina è molto disponibile nei miei confronti.
Come vede il suo futuro?
Sono tornata a sopravvivere e mi sono posta degli obiettivi, tra cui migliorare. Da due mesi ho preso anche un cane e ho iniziato davvero a credere nella pet therapy.
Cosa consiglia agli altri malati?
Uscire allo scoperto, non mollare. Io ho pianto tanto davanti alle umiliazioni e ancor oggi mi sfogo. Ma ora sopravvivo pur con la mia mascherina, ed è questo ciò che conta.
Roberta Bassan
31 luglio 2011
FONTE: ilgiornaledivicenza.it
http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Cronaca/275175__mcs_sopravvivo_ad_un_calvario_da_28_anni/
Un altra storia di MCS, un altra storia di dolore ma anche di speranza, speranza perchè Elena, nonostante le grandi prove che ha dovuto affrontare nella sua vita a causa di questa malattia, con volontà, determinazione e l'aiuto delle persone a lei più vicine (aspetto questo MOLTO importante) è riuscita a risalire la china fino anche a riprendere a lavorare.
Vorrei approfittare di questo articolo per ringraziare pubblicamente tutte le persone colpite da Sensibilità Chimica Multipla che decidono di uscire allo scoperto raccontando la propria dolorosa storia di malattia, facendo così un importante opera di divulgazione e aiutando indirettamente tutte quelle persone che sono affette da questa patologia e che ancora non sanno di esserlo, che sono quindi alla ricerca di un qualcosa che ancora non conoscono. In appena 2 settimane sono uscite 3 storie di MCS sul Giornale di Vicenza, quella di V. M., quella di Cinzia Pegoraro e ora questa di Elena Cimenti, 3 storie simili ma diverse, 3 persone che con coraggio hanno deciso di raccontare la propria vicenda contribuendo così a far conoscere maggiormente questa tremenda patologia. A tutte loro e a tutti coloro che hanno deciso o che decideranno di far conoscere la propria storia, posso solamente dire il mio più sentito... grazie.
Marco
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