lunedì 29 marzo 2021

Il tenore Marco Voleri: “Canto la felicità, nonostante la sclerosi multipla”

Ciò che rende unico Marco non è solo il suo incredibile talento canoro, ma la sua testimonianza che ruota intorno alla parola "felicità"

Una storia che scalda il cuore e che dà speranza. Una storia di riscatto nonostante una malattia invalidante. Una storia unica, piena di felicità benché in salita. E’ la storia di Marco Voleri, giovane tenore livornese affetto da sclerosi multipla.

La mia vita cambia il 19 luglio 2006”, racconta Marco Voleri a In Terris. “Sveglia dopo una serata passata all’anfiteatro di Fiesole. C’era Gianni Schicchi, un’opera di Puccini, il mio compositore preferito. Apro gli occhi, l’aria che si respira sembra uscita da un phon. Mi alzo, un capogiro. Ricado sul letto. Mi tocco la mano destra, un formicolio incredibile. Gamba destra, lo stesso. Parte destra del viso, idem. Lì finisce la mia prima vita e inizia la seconda”.

Un "secondo tempo" segnato dalla sclerosi multipla, una malattia terribile ma che non doma il giovane Voleri che non smette di combattere per il suo sogno: continuare a cantare.

La sclerosi multipla

La sclerosi multipla (SM), chiamata anche sclerosi a placche, è una malattia autoimmune cronica demielinizzante, che colpisce il sistema nervoso centrale causando un ampio spettro di segni e sintomi. Può manifestarsi con una vastissima gamma di sintomi neurologici e può progredire fino alla disabilità fisica e cognitiva. Ad oggi non esiste una cura nota, ma alcuni trattamenti farmacologici sono disponibili per evitare prevenire e rallentare le disabilità: la speranza di vita è di circa da 5 a 10 anni inferiore a quella della popolazione sana.

Al fianco di Marco, la moglie Giulia. “Ci siamo conosciuti a Tivoli durante un convegno Aism – ricorda su l’Osservatore Romano – lei era invitata dalla sezione della nostra città e io ero uno degli ospiti d’onore”. Giulia – anche lei con sclerosi multipla – è il capitano della squadra nazionale di sitting volley, qualificata alle Paraolimpiadi di Tokyo. Dopo qualche anno diventa sua moglie e nel 2015 nasce Andrea. Una nascita, come racconta nella nostra intervista, benedetta addirittura da Papa Francesco.

Un curriculum di altissimo livello

Marco, classe 1975, vanta un curriculum ed una carriera professionale di altissimo livello. Ha deciso di inseguire il suo "sogno incosciente" come lui lo definisce, lasciando il suo lavoro a tempo indeterminato in un negozio di materiale elettrico e dedicando tutto se stesso alla passione della sua vita, il canto e la musica classica.

Tutto inizia con il diploma in canto al Conservatorio G. Verdi di Milano sotto la guida del Maestro Delfo Menicucci. Successivamente, viene selezionato per un corso di perfezionamento presso l’Accademia del Teatro della Scala di Milano, tenuto dal Maestro Carlo Gaifa. Studia dizione e recitazione con Enzina Conte e partecipa a Masterclass di repertorio operistico con maestri del calibro di Mietta Sighele, Veriano Lucchetti, Janos Acs, Bruno De Simone, Enzo Dara, Renato Bruson, Gabriella Ravazzi, Mariella Devia. Si è perfezionato presso l’Accademia del Belcanto di Modena seguito dalla Maestra Mirella Freni. Ha frequentato e preso parte alla prestigiosa Accademia Lirica del Rotary International sotto la guida del Maestro Montanari.

Nel corso degli anni, Marco si è esibito nei più grandi e prestigiosi teatri in Italia e all’estero interpretando più di 40 ruoli operistici e oltre 100 programmi concertistici oltre, come già detto, in Italia anche in Europa Sudamerica, Sudafrica ed Oriente.

È stato diretto da registi di fama mondiale come Franco Zeffirelli, Beppe De Tomasi, Antonello Madau Diaz, Pierluigi Pizzi, Renzo Giacchieri, Renato Bruson, Walter Pagliaro, Nall e direttori come Gianluigi Gelmetti, Bruno Bartoletti, Miguel Gomez Martinez, Michele Mariotti, Daniele Callegari, Elio Boncompagni, Patrick Fourniller, Gustav Khun, Marco Boemi.

Una carriera strepitosa che neppure la malattia ha potuto fermare. Ma ciò che rende davvero unico Marco non è solo il suo incredibile talento nel bel canto, ma la bella storia di vita che – insieme alla moglie – testimonia ogni giorno. Una testimonianza che ruota tutto intorno alla parola "felicità". Un concetto che, nella vita del tenore, è tutt’altro che astratto, come lui stesso racconta nell’intervista alla giornalista Milena Castigli.

L’intervista

Maestro Voleri, lei è uso dire che “la vera malattia è la musica”. Perché?

Perché la malattia può essere intesa come parola in tanti modi: sono "malato" di pianoforte, sono "malato" di quel film… per quel che mi riguarda è la musica. Io, infatti, senza la musica non potrei vivere e ho messo al centro della mia vita questa "malattia" anche se ne ho un’altra ben più antipatica e invalidante, ma cerco di dare più importanza alla musica”.

Nel 2006 la prima diagnosi. Era giovanissimo e soprattutto era all’inizio della sua carriera, che stava diventando internazionale. Come ha vissuto quei primi momenti dopo la diagnosi?

Al momento della diagnosi non ero esattamente contento, come è facile immaginare: ero un trentenne uscito dal conservatorio che si apprestava a debuttare con i primi ruoli da solista nel mondo dell’opera. E quella malattia era totalmente inconciliabile con la vita che facevo. La sclerosi multipla ha tra gli effetti indesiderati la stanchezza, l’instabilità e molto altro. Non sai mai come ti sveglierai la mattina seguente. Tutto sembrava distrutto, ormai impossibile. Poi, con gli anni, questa cosa si è trasformata in forza positiva. Avevo solo due strade davanti a me: o smettevo di cantare o trovavo un modo per farlo nonostante la malattia! Io ho scelto la seconda strada: essere felici”.

In che modo ce l’ha fatta?

Ce l’ho fatta rimodellando un pochino le mie aspettative e le mie abitudini quotidiane. Per questo mi sono messo a cantare in ruoli secondari dove mi potevo stancare meno fisicamente e a ritagliarmi uno spazio in quel repertorio…”.
Fino al 2013, anno in cui avviene un vero colpo di scena quando decide di alzare il sipario sulla sua vita privata scrivendo il libro autobiografico "Sintomi di Felicità – La mia passione per il canto contro la malattia" (Sperling & Kupfer editore). Prima di allora, nessuno sapeva della sua malattia. Con questa rivelazione cosa è cambiato?

Quando è uscito il libro qualcosa è successo. E’ stato un modo per raccontare una debolezza e prendere al tempo stesso maggiore consapevolezza delle cose. Raccontare e condividere la mia storia mi ha aiutato a condividere il peso della malattia. A sentirmi meno solo, e questo credo sia una cosa magnifica. Ci ho messo l’anima tirando fuori tutto quello che avevo dentro facendolo per me stesso ma soprattutto per dare un segnale di apertura, togliendomi quella maschera che fino a poco prima avevo indossato per paura dei pregiudizi, di perdere tutto ciò che avevo costruito negli anni precedenti con tanto sacrificio. E per far sì che la sclerosi multipla non venisse etichettata soltanto come una malattia invalidante…”.

"Sintomi di felicità" nel 2013 diventa anche un’associazione, che produce uno spettacolo fatto di testimonianze e musica. In questi anni ha viaggiato non solo in Italia, ma anche in Spagna, Grecia, Cina, Stati Uniti e Giappone. Inoltre, durante il tour del libro ha avuto un incontro fondamentale.

Sì, durante il tour del libro ho conosciuto una donna, Giulia, che poi è diventata mia moglie e madre di nostro figlio Andrea, che ora ha 5 anni. Anche mia moglie soffre di sclerosi e insieme abbiamo deciso di vivere appieno la vita nonostante la malattia e quindi: matrimonio, figlio, progetti, obiettivi fino a quando sono diventato – un anno fa – anche direttore del festival Mascagni di Livorno”.

Una soddisfazione e un onore, immagino…

Sì, entrambe le cose ma anche un grande onere perché è un progetto che partiva da zero, al quale mi sono dedicato completamente e in questo periodo di pandemia non è stato facile”.

Il 2020 è stato un anno difficile per tutti, in particolare per le persone malate, sole, per i disabili e per gli anziani. Lei come ha vissuto il 2020?

E’ stato un anno che ho vissuto con grande disagio, ma al tempo stesso anche in modo intenso proprio per la nomina che ho ricevuto. Sono stato nominato direttore del festival Mascagni il 3 marzo, in piena crisi pandemica. Sono stato impegnato nell’organizzazione del festival, nonostante i limiti e le difficoltà, per mesi. Il festival dedicato al grande artista livornese Pietro Mascagni è andato in scena dal 9 al 19 settembre alla Terrazza Mascagni, con un’anteprima in Fortezza Nuova il 2 agosto, giorno in cui il musicista è morto nel 1945. Nel 2020 si è inoltre celebrato il 130esimo anniversario di quel capolavoro che è la Cavalleria Rusticana. Un’esperienza intensa, faticosa ma fortissima. Diciamo che ancora una volta la musica mi ha salvato. Anche dai timori legati al coronavirus”.
Il 21 giugno del 2015 lei ha cantato per Papa Francesco. È stato scelto come tenore solista per cantare l’Ave Maria di Vavilov durante la celebrazione a Torino per il bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco. Che ricordo ha di quell’evento?

Ho un ricordo indimenticabile perché, mentre cantavo per il Papa, nasceva mio figlio. Quando ho terminato, ho avuto l’onore di salutare il Pontefice, al quale ho dato la bella notizia e lui mi ha benedetto, dicendosi felicissimo per noi. Del Santo Padre ho il ricordo di un uomo molto accogliente, semplice, sinceramente cordiale. Non dimenticherò mai il suo sorriso gentile”.

Quale augurio farebbe ai nostri lettori e quale pezzo lirico dedicherebbe loro?

L’unico augurio che posso fare è che si possa celebrare la vita nei migliori dei modi, vivere la vita come dono nonostante gli ostacoli che si presentano. Spero che queste festività possano essere un avvicinamento delle anime, spero che tutto questo possa servire a farci apprezzare tutte quelle piccole cose che prima guardavamo con sufficienza o che non guardavamo proprio. Relativamente al pezzo lirico, non vorrei essere retorico perché l’opera rappresenta qualcosa di finto ma non di falso e dunque dedicherei, come augurio, "Nessun Dorma", romanza per tenore della Turandot di Giacomo Puccini: "Dilegua, o notte. Tramontate, stelle. Tramontate, stelle. All’alba vincerò. Vincerò. Vincerò!"”.


di Milena Castigli

3 gennaio 2021

FONTE: In Terris

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